Visualizzazione post con etichetta Romanzo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Romanzo. Mostra tutti i post

martedì 31 marzo 2020

LA TURISTA ITALIANA - Maria Tina Bruno


Rinascite

Titolo: La turista italiana
Autore: Maria Tina Bruno
Editore: Pop Edizioni
Anno: 2019
Genere: Romanzo 
Pagine: 480


Milano. Claudia è sola, nel suo appartamento. Marcello è scomparso. Per sempre. Ogni mattina, da quando lui le ha lasciato quel maledetto foglietto contenente le sue intenzioni, Claudia, puntuale, alle dieci, si scola una bottiglia di vino bianco. È il suo rimedio contro il tempo. Marcello se n’è andato senza una parola. E lei, Claudia, è ossessionata, dai ricordi e dal volto di Marcello che pare vedere ovunque. La sua è una disperazione lenta e graduale…. Isola di Creta. Chania. Alekos, come ogni mattina, alle cinque lascia squillare la sveglia, impreca per venti minuti e si riaddormenta. Alle sei in punto sale in sella alla sua moto per recarsi al lavoro. Fa la guida turistica e, a dire il vero, non ha mai capito i turisti e le loro manie di fare le odiate foto ricordo. Alekos è bello come il sole, “un gigante alto due metri”, circondato da donne, anche se solo una è riuscita a impadronirsi del suo cuore. Claudia e Alekos non sanno che un giorno si incontreranno. Già, perché Claudia ha una grande amica, Francesca, la quale la accompagnerà in un viaggio proprio a Creta e, nella gola di Samaria, durante un’escursione i due si incontreranno. E tutto cambierà…

La turista italiana non è solo un romanzo d’amore del quale, indubbiamente, possiede tutti gli ingredienti è, anche, un romanzo sulla rinascita, sul cambiamento, sulla ricerca interiore. Un continuo riscoprirsi per ritrovare se stessi. Il percorso di Claudia inizierà con la scomparsa di Marcello che decide di suicidarsi, continuerà con un delirante tormento (possibile che lei mai si sia accorta del malessere del suo uomo?) per giungere all’incontro con l’affascinante Alekos. Un rapporto contraddittorio il loro, diversi, appassionati, uniti e divisi al tempo stesso. Un ruolo centrale, nelle pagine del romanzo, è quello del sesso, inteso come strumento agile di comunicazione. Un sesso in senso positivo, quindi, dettato dalla passione e reciproca volontà in contrasto con il sesso negativo che, anche esso, occuperà alcune pagine relative nelle vicende relative alla francese Claudette, una delle tante figure femminili del romanzo.  E poi c’è l’amicizia. Sentimento per eccellenza. Ancora di salvezza nei momenti buoi, rappresentato, per Claudia, da Francesca, colei che, sempre e comunque ci sarà. Fanno da contorno alla narrazione i bellissimi panorami, il mare e i paesaggi di Creta con le sue gole, le sue spiagge e la sua incantevole natura. La turista italiana è un romanzo avvincente, rocambolesco, brillante, ironico e divertente con qualche nota di amarezza. Si segnala una particolarità dell’opera: la pubblicazione dalla Casa Editrice Pop la quale, dichiaratamente, si prefigge l’obiettivo di consentire agli scrittori un’alta percentuale sulle vendite, a tal fine, rinunciando alla distribuzione coi canali ordinari, essendo prevista la vendita solo sul sito della casa editrice stessa.


giovedì 26 marzo 2020

IL PAESE DELLE CROCI - Gianfranco Cambosu

      Dolenti ruches
 
Titolo: Il paese delle croci 
Autore: Gianfranco Cambosu 
Editore: Emersioni 
Anno: 2019 
Genere: Noir
 Pagine: 269



Sardegna, Sas Ruches. Il professore Ercole Cassandra si trova da tre giorni nell’isola, a ricoprire la cattedra di insegnante in una scuola media, in un piccolo paesino della Barbagia. Già da subito, Cassandra sente la distanza abissale tra lui e i suoi alunni. Ritiene che tale abisso non potrà essere colmato. Certo potrebbe sempre tornare nella sua, di isola, Nessuno glielo impedirebbe, sarebbe sufficiente una semplice raccomandata o anche una più rapida telefonata. E invece no, lui rimane. “Non è dei Cassandra tirarsi indietro.” Infatti, Il professore è siciliana, ma con quella aspra terra che lo ospita ha un legame particolare: quindici anni prima suo padre, Capitano dei Carabinieri, fu ucciso proprio a Sas Ruches. La sua presenza, quindi, non è dovuta solo all’insegnamento, ma ha anche lo scopo di far luce su quell’omicidio lontano nel tempo che risulta essere ammantato dal mistero. E lui intende conoscere la verità che sa essere difforme da quella ufficiale…

Quinto romanzo dell’autore nuorese Il paese delle croci è un’opera complessa nella quale confluiscono tematiche di diversa natura. Partendo dal nucleo tipico del giallo del quale possiede tutti i canonici pilastri: omicidio-indagine-individuazione del colpevole, Cambosu ci trasporta in un mondo dalle mille sfaccettature immerso in atmosfere grigie e cupe e che danno la stura a una serie di riflessioni. In primis, è un romanzo sulla terra sarda, con le sue tradizioni – non ultimo quelle culinarie - analizzate nei loro tipici aspetti. Particolarmente interessante e degne di nota sono le descrizioni de s’istranzu, il forestiero, e del suo rapporto con la terra ospitante, affidate sia alle parole dello stesso Cassandra, ma che emergono dal quadro generale di quella piccola società che è Sas Ruches. Rapporto tra s’sistranzu e terra ospitante, quindi, descritto molto onestamente e al di fuori di ogni logica campanilistica. Emerge nitidamente la difficoltà, per il forestiero, di inserirsi all'interno di una piccola comunità,. La comunità è chiusa in se stessa, poco aperta alle novità, in una sorta di autarchia spesso insondabile perché granitica, ammantata di segreti, di regole non scritte. Vero è che, nella cultura sarda pienamente rappresentata da Sas Ruches, l'ospite è sacro, è rispettato e finanche coccolato, ma è altresì vero che egli deve "stare al suo posto", osservare, partecipare senza mai esagerare, senza mai confondersi con gli abitanti del luogo perché è, e sempre sarà, unu istranzu. Quello sarà sempre il suo marchio perché ci sono cose che non potrà mai comprendere, ci sono porte che per lui non potranno mai aprirsi. Ancora, colpiscono le pagine dalle quali emerge l’importanza del ruolo dell’insegnante che non è, a dispetto dei programmi ministeriali, quello di fornire nozioni tecniche o freddi dati, ma è soprattutto quello di dotare – seppur con difficoltà e nonostante esse – il giusto bagaglio per affrontare la vita, soprattutto quando la vita ti ha lasciato in eredità i dettami di un mondo omertoso, diffidente e chiuso nel quale tende a prevalere, su tutto, la necessità di non mutare alcunché, di lasciare le cose nello stato di fatto in cui si trovano, stato di fatto che assurge, quasi, al rango di stato di diritto. Un diritto sui generis, certo, ma sempre diritto. 
Infine, il libro regala una speranza, una sorta di messaggio positivo, perché nulla è perduto. Tutto può cambiare, pare dimostrarci. Sono i giovani che rappresentano questa speranza. Sono i giovani il motore del cambiamento, in melius.

lunedì 23 marzo 2020

A.L.F. LA STORIA DI DONOVAN BRADLEY - Maurizio Ricci

Scanzonati, ma non troppo

 Titolo: A.L.F. La storia di Donovan Bradley
Autore: Maurizio Ricci
Editore: Bibliotheka
Anno: 2019
Genere: Romanzo
Pagine: 384

    Siamo a Londra alla fine degli anni '80. Stuart e Donovan sono due giovani molto diversi tra loro per estrazione sociale, per cultura e per esperienze di vita. Stuart è uno studente che può contare sull'appoggio della sua famiglia, si laureerà in chimica e lavorerà nella fabbrica dello zio, una volta ottenuto il titolo. Donovan è figlio della strada, per vivere fa il meccanico. Diversi, ma saldamente uniti da una amicizia sincera e leale. Insieme sono invincibili, condividono tutto. Vivono quasi in simbiosi. E si divertono tanto. Le cose paiono cambiare quando Donovan incontra la bella Lucy, una rampolla di ricca famiglia. Si innamorano e, in tutto ciò, Stuart teme quel cambiamento che sta vedendo nel suo adorato amico. Teme che Lucy con la sua influenza possa allontanare Donovan da lui. Vede con sospetto l'interesse e la graduale conversione di Donovan alla causa animalista....

    Il romanzo di Maurizio Ricci è, essenzialmente, la storia di una grande amicizia, nel senso più ampio del termine: condivisione, amore incondizionato, comprensione. Ma l'amicizia comporta anche ansie e preoccupazioni nonché gelosia e paure. Comporta anche, come sarà per Stuart, seguire un amico, pur non condividendone totalmente le scelte, per un senso di protezione. Stuart, ingenuo e un po' imbranato, seguirà Donovan trovandosi così invischiato in situazioni rocambolesche e avventurose superando finanche i limiti della legalità proprio lui, il bravo ragazzo di buona famiglia, che nella sua vita ha assurto al rango di valore fondamentale proprio la legalità. Amicizia, dunque, ma non solo perché tra le pagine del romanzo tanti sono i temi trattati, c'è l'amore travolgente come solo il primo amore può essere, c'è il peso fondamentale degli ideali, c'è l'amore per gli animali e la ribellione a un sistema che, in nome del progresso scientifico e del dio denaro, infligge crudeltà a esseri indifesi. E ci sono, ancora, gli estremisti. A.L.F. è un romanzo scanzonato, ma non troppo, appassionante,ricco di colpi di scena.
    Dolce, ma anche molto amaro

giovedì 21 novembre 2019

MATRIOSKA - Cristina Comencini

Diverse, ma non troppo

Titolo: Matrioska
Autrice: Cristina Comencini
Editore: Feltrinelli
Anno: 2004 
Pagine:191
Genere: Romanzo


Antonia, l’artista napoletana, la scultrice, si presenta agli occhi di Chiara con un caftano rosso a coprire il suo immenso corpo: il corpo più sterminato che Chiara abbia mai visto. In testa, Antonia, porta un turbante scuro. “Faccio questo libro solo per i soldi”, queste le parole della scultrice. Già, perché Chiara ha accettato l’incarico di scrivere una biografia dell’artista. Solo dopo qualche minuto di conversazione, la futura biografa sente premerle dentro una strana sensazione, quasi un senso di ripulsa nei confronti di quella donna monumentale, forse per il suo eccessivo esibizionismo senile, per quella fastidiosa totale assenza di pudore e anche per il suo autoritarismo. Ma la scrittrice, nonostante quella prima impressione, andrà avanti pur non sapendo ancora come quell’incontro, strano e poco piacevole, sarà l’inizio non solo di un percorso lavorativo, ma anche di una conoscenza di se stessa. Non sa ancora che Antonia, come dirà più avanti scrivendo il libro, assomigli “a una bambola russa che ne contiene altre più piccole, tutte con i pomelli rossi e gli occhi bistratti”, una matrioska, insomma. Ancora non lo sa, ma inizia tirando fuori il suo piccolo registratore…
Cristina Comencini, regista e scrittrice, con Matrioska esegue il ritratto di due donne profondamente diverse sia per carattere, sia per professione, sia per esperienze di vita. Antonia è tendenzialmente proiettata verso il “ciò che è stato”, Chiara, invece, è lanciata verso il suo futuro: la sua crescita professionale, il rapporto con suo marito e la crescita dei figli. Talmente diverse che lo scontro è inevitabile così come è inevitabile il non fuggire in quella sorta di battaglia, ma scontrarsi e combattere continuamente. Ma alla fine, tale lotta non è mai fine a se stessa perché il tutto si inserisce in un quadro nel quale le due protagoniste, in qualche modo, si avvicinano e si completano. Ad un certo punto, si verifica una sorta di transfert: “da quando l’ho incontrata sono assediata dai miei ricordi, li mischio ai suoi”, dirà Chiara. La Comencini, con la delicatezza che le è propria, riscostruisce un universo femminile in tutte le sue articolazioni e complessità. Sia la complessità di Antonia, la matrioska, e della sua vita colma di tante storie che si intersecano, si moltiplicano, si sovrappongono. Sia la complessità, meno evidente, di Chiara che si ritrova a rievocare ricordi del suo passato legato a una madre mancante. E la figura della madre (nelle sue esplicazioni/varianti di rifiuto, abbandono, morte), infine, diviene una sorta di punto di contatto tra le due protagoniste. Divise, ma unite.


giovedì 5 settembre 2019

IL PRIMO UOMO CATTIVO - Miranda July

L'essenza del rosso

Titolo: Il primo uomo cattico
Autrice: July Miranda
Editore: Feltrinelli
Anno: 2016
Genere: Romanzo
Traduzione: Silvia Rota Speri
Pagine: 261

Cheryl Glickman ha quarantatré anni e, da circa trent’anni, il Globus hystericus la tormenta. Un bel giorno decide, su consiglio del suo collega di lavoro Phillip, di consultare il Dottor Jens Broyard, cromoterapeuta. Entra in sala d’aspetto e, in cuor suo, spera di trovarci anche il “suo” – quasi o forse, suo – Phillip ma nulla, lui non c’è. La delusione è grande, per un attimo Cheryl pensa pure di tornarsene a casa, ma rimane: anche senza il “suo” – o quasi o forse, suo – Phillip. Il medico le consegna un flaconcino di vetro con su scritto “rosso”, l’essenza del rosso: la cura per il suo Globus. Appena esce dall’ambulatorio chiama subito Phillip e realizza come sia la prima volta che lo chiama e, nonostante l’imbarazzo, gli mostra un po’ di ardore dicendogli, dopo averlo ringraziato per averle consigliato il medico, “Se ami il rischio fammi un fischio”. Forse Phillip non ha bene colto il segno di quell’ardore che lei voleva rappresentare e, ad ogni buon conto, lui riaggancia. Questa storia di dimostrare l’ardore le era stata consigliata dal suo capo dell’Open Palm, l’associazione no-profit che si occupa di distribuzione di dvd di fitness, nella quale Cheryl lavora “come se fosse nel consiglio di amministrazione”. Quel capo che qualche tempo dopo chiede a Cheryl di ospitare in casa Clee,la sua adorata figliola. Cheryl ancora non sa che l’ingresso di quella figliola altrui nella sua vita cambierà le sue abitudini…

Miranda July, musicista, artista, regista e anche scrittrice statunitense, ha creato con Il primo uomo cattivo un personaggio strampalato, un po’ naif, che si barcamena tra manie e ossessioni – ad esempio, il rigoroso e personalizzato ordine che regna nella sua casa – e tra sogni (erotici e/o sentimentali) e realtà. Intorno a lei una serie di personaggi anch’essi particolari, eufemisticamente parlando: tra tutti Phillip, per il quale la nostra Cheryl nutre un grande sentimento amoroso, ma lui non riesce a cogliere, impegnato com’è a conquistare una adolescente. Poi c’è Clee con la quale Cheryl inizierà una convivenza forzata che porterà alla nascita di un rapporto assai originale, inusuale anch’esso: in un primo momento sarà la violenza – tecnicamente, botte da orbi – a caratterizzare il loro rapporto che, pian piano, si trasformerà. Non mancheranno neanche i figli dei fiori e neanche le riflessioni intorno alla maternità. Insomma, la July non ci fa mancare nulla in questo romanzo divertente e tenero al tempo stesso, ma che – vuoi per la pluralità di argomenti trattati, vuoi per una costruzione caotica forse non supportata da uno stile eccelso – manca di organicità e si sente il peso, in qualche modo, della sovrabbondanza di elementi che, pagina dopo pagina, diventa quasi soffocante. Una curiosità: l’autrice, in un sito, ha posto in vendita cinquanta degli oggetti presenti nel romanzo. Non manca, naturalmente, l’essenza del rosso al prezzo di 159,48 dollari!

Articolo già pubblicato su Mangialibri

mercoledì 3 luglio 2019

LA PRESUNTA STORIA VERA DI GIULIA E GIULIO - Giovanni Follesa


Il gigante egoista

Titolo: La presunta storia vera di Giulia e Giulio
Autore: Giovanni Follesa
Editore: Arkadia
Anno: 2018
Genere: Romanzo
Pagine: 208


Roma, anno 2032. Giulia e Giulio sono due fratelli, gemelli, figli del grande Ernesto Luigi Saccherio, il magistrato, l’uomo che ha dato una svolta al Paese e, soprattutto, a un sistema politico fatto di mollezze e di corruzione, Ernesto chiamato dai figli anche il Papa e, da Giulia, il “grande egoista di merda”. Saccherio padre ha votato la sua esistenza al diritto, appartiene alla categoria di coloro che posseggono una dirittura morale tale da contrastare il decadimento della politica degli anni passati. Con lui,  grazie al suo operato si è attuata una grande trasformazione di tutto il sistema, sotto il vessillo della giustizia, dell’onestà: anche la Chiesa non ha più sede in Italia, ma in Sudamerica. Tutto è cambiato. E di quel padre egoista, egocentrico, sia Giulio sia Giulia seguiranno le orme: entrambi studieranno legge. E impareranno ad amare, seppure in modi diversi, quella materia. Forse perché in quella casa si respirava, in ogni attimo, il diritto, forse perché, nonostante l’insofferenza ne hanno sentito forte il fascino. O la paura. I due giovani hanno quasi terminato il loro percorso di studi, sono alle soglie della laurea. Quando Giulia si recherà dall’esimio professor Bozzolo per chiedere di discutere la tesi con lui, scoprirà che il fratello, di lei più talentuoso e con una visione quasi mistica del diritto, si è già recato dal professore. Vista la duplice richiesta, Bozzolo propone ai due gemelli una tesi congiunta sull’analisi dei fatti, storici e sociali, che hanno portato al quadro attuale: insomma un’analisi dei mutamenti che hanno condotto al vigente sistema con il trasferimento della Chiesa in terra sudamericana. Nel far questo i due giovani dovranno accedere al bunker paterno, il suo archivio segreto, contenente una mole immensa di documenti. I due figlioli troveranno un accordo con il padre: potranno varcare quella porta blindata e ogni giorno, per un mese in tutto, potranno consultare quei documenti. “Troverete la mia vita disegnata su queste carte. Ci troverete il vostro futuro” sentenzierà il grande Saccherio….
Pubblicato per i tipi di Arkadia nel 2018 e recante in copertina la riproduzione del bellissimo dipinto di Sergio Fiorentino, La presunta vera storia di Giulia e Giulio si presenta, già dalle prime pagine, come un romanzo in grado di catturare l’attenzione del lettore, facendolo immergere, piano piano, in una vicenda intricata e costruita abilmente. Ambientato in un futuro non troppo lontano, il 2032, il romanzo ci presenta un nuovo periodo storico nel quale il passato (che, di fatto è il nostro presente) è stato spazzato via. E parallelamente a tale analisi, vi è uno scavo profondo nei rapporti familiari, in affetti tormentati, in mancanze, in ferite sempre purulente. Un viaggio, tortuoso, nell’infanzia dei due gemelli. E, passo dopo passo, con una tensione crescente, scandita da quelle giornate nel bunker paterno, prenderà vita un quadro dalla tinte fosche. Follesa è bravo nel regalarci dosi sempre crescenti di inquietudine, con una gradualità dosata, come uno stillicidio che mantiene sempre viva l’attenzione. Ha molte facce questo romanzo, come la verità che mai è un blocco uniforme e compatto e, di fatto, pone una lunga serie di quesiti. È presente un’analisi del potere nelle sue mille sfaccettature - esiste, alla fine un potere, che sia anche buono? Forse potere e giustizia saranno sempre destinati ad essere riposti nei cassetti degli ossimori insuperabili. Il romanzo è anche un esame sulla verità, sulla sua ardua ricerca e sul fatto che, alla fine dei conti, il suo raggiungimento - o presunto tale-  mai del tutto risulta soddisfacente. Fa riflettere tanto questo libro. Sia sul ruolo delle scelte, di certe scelte, soprattutto politiche, quelle che spesso, con il tempo, perdono di senso e delle quali si smarrisce il filo originario che le ha fatte sviluppare. Sia, infine, su quella che è la situazione politica attuale, su quella che è stata e su quella che sarà. E Follesa non pare regalare speranze: difficile vedere spiragli di luce quando il buio è divenuto parte integrante di noi stessi. Nel chiudere il libro tanta amarezza, senso di impotenza, sensazione che tutto pare destinato a ripetersi solo con volti e nomi diversi, ma che tutto, in fondo, rimanga uguale. Ottimo romanzo, ottima caratterizzazione dei personaggi, ricco di contenuti che non dà risposte, ma ci fa porre tante domande, il tutto con uno stile scorrevole, pulito senza sbavature. Leggerlo è un’esperienza.
Articolo già pubblicato nella rivista Làcanas


giovedì 4 aprile 2019

OGNI ANGELO È TREMENDO - Susanna Tamaro

Infanzie infelici


Titolo: Ogni angelo è tremendo
Autore: Susanna Tamaro
Genere: Romanzo autobiografico
Editore: La Nave di Teseo
Anno: 2018
Pagine. 268

Una lettura faticosa, farraginosa, e un sospiro di sollievo a lettura ultimata. E, in qualche modo, ho rivissuto le sensazioni provate tanto tempo fa alla lettura del grande successo della Tamaro, Va’ dove ti porta il cuore che, appunto, mi lasciò una sensazione non piacevole. Insomma, ci sono amori che non potranno mai nascere.

Italia, Trieste. Quando lei nacque, nell’anno 1957,  la bora soffiava forte. La bora, una bora scura e intrisa di neve, continuava a soffiare quando uscì dal sanatorio mentre con i genitori percorreva una ripida salita che li avrebbe condotti a casa, la prima casa della sua vita. Quella casa si trovava in una palazzina di cemento armato costruita, nell’immediato dopoguerra, sulle macerie di un edificio distrutto dalle bombe. In quegli anni “costruire case e mettere al mondo figli era l’imperativo quasi biologico” e i suoi genitori, come tutti, non si sottrassero a tali impegni tassativi. Allora, suo padre e sua madre, erano giovani e anche ingenui e, in nessuna circostanza, furono anche solo sfiorati dal dubbio che un figlio anziché un “arpione lanciato verso il futuro” potesse, invece, diventare un’ancora che, una volta che è stata issata a bordo, ha la forza e la capacità di trascinare con sé strascichi dal fondale del passato. No, non lo sapevano né lo immaginavano. Forse perché, quei due, non “avevano mai avuto davvero il tempo di osservare il mondo con gli occhi di un neonato.”…

Riprendendo un verso di Rilke, appunto Ogni angelo è tremendo, nel 2013, la Tamaro ha consegnato ai lettori la sua biografia, ripercorrendo gli anni della sua infanzia, dell’adolescenza fino all’età adulta, fino alla Tamaro autrice del best-seller Va’ dove di porta il cuore e delle opere successive. E ne vien fuori il ritratto di una infanzia triste, fatta di dolore, di solitudine, il malinconico dipinto di una bambina perennemente insonne che, per intere ore, piangeva. Apparentemente senza motivo. L’autrice espone, senza remore, il suo mondo sempre minaccioso e la sua visione del mondo esterno, anch’esso terribilmente non protettivo, minaccioso anch’esso. E, infine, quel dolore, quelle assenze, quei pianti, quella solitudine, quelle fragilità che, dall’infanzia, si incollano alla pelle, si trasformano, senza sparire del tutto, in forza, in cambiamento. In opportunità. In strade differenti. Da un lato, indubbiamente è un viaggio introspettivo che possiede quasi il sapore di una seduta terapeutica, di cui però ci si sente spettatori invadenti o, comunque non invitati, e che, dall’altro lato, risulta purtroppo confuso, poco omogeneo, spesso ripetitivo e prolisso.

lunedì 25 marzo 2019

TERRE DI LATTE - Giuseppina De Rienzo

Scosse

Titolo: Terre di latte
Autrice: Giuseppina De Rienzo
Editore: Manni
Anno: 2018
Genere: Romanzo
Pagine: 206


Antonia e Andrès, sono due fratelli che hanno quasi raggiunto la sognila dei quarant’anni, insieme in viaggio verso l’Irpinia, là dove si trovano le loro radici. La terra nella quale hanno vissuto fino all’adolescenza. Quella terra di latte devastata dal terremoto del 1980. La terra della nonna Tonia che si occupò di loro. Alla guida Andrès che rallenta quando si trova davanti il tabellone con la scritta Irpinia. Quello è l’ingresso per un altro mondo, pensa Antonia. Tornano in quei luoohi che li hanno visti crescere, divenire adolescenti per svuotare i la casa della loro infanzia, la casa dove hanno vissuto i loro genitori prima della loro tragica e letale caduta, in auto, in un dirrupo che li ha risucchiati, dopo un volo da un cavalcavia.  Morti insieme, quei due, uniti fino alla fine.  E i loro due figli rimangono orfani. Soli. Ma incatenati tra loro. Fortemente uniti  da un amore immenso, forte, quasi sensuale, tale da sfuggire a qualsiasi ordinaria o conosciuta definizione, perché “uniti da onde invisibili agli altri”. Un legame che ha sede nell’anima, profondamente silenzioso perché non aveva mai avuto bisogno di parole.

Terre di latte dell’autrice napoletana Giuseppina De Rienzo è un romanzo pubblicato nel 2018 tutto incentrato sul tema delle origini, o meglio del ritorno alle stesse. Il ritorno alla terra d’origine, l’Irpinia, nella quale, è sepolto il passato, i ricordi, i pesi e le gioie di qualcosa che non potrà più tornare. Con una prosa raffinata, a momenti lirica, l’autrice ci trasporta nel mondo dei due fratelli protagonisti con un’analisi, accurata e tagliente, del loro animo, delle loro fragilità, delle loro paure. Più che un’analisi quello che compie l’autrice è uno scavo profondo, operato con una non comune sapienza e delicatezza. È un romanzo che dà la stura a numerose riflessioni su temi centrali di ogni esistenza: la morte, la vita, l’infanzia, i legami familiari. Le parole della De Rienzo si muovono in un equilibrio tra dolcezza e amarezza, in terre di latte nel quale il prima e il dopo si confondono mescolandosi con “l’adesso” di Antonia e Andrès, con le loro paure, le loro scelte, forse sbagliate. È tutto un bivio. Fare ancora l’attore, per Andrès, o tornare in Irpinia?  E lei, Antonia, col suo petto prorompente, madre pur senza figli, madre di qualcuno, di qualcosa. Di Paolo o di Niccolò?
Una lettura interessante, un viaggio tra passato e presente, tutto senza punti fermi. Tutto un forse. Si vive in bilico, sull'orlo di precipizi. Si cade qualche volta. Ci si rialza qualche volta. Si attende, sempre. Qualcosa o qualcuno. Da allattare.


martedì 4 dicembre 2018

DIO È TORNATA - Vauro Senesi

Ella

Titolo: Dio è tornata
Autore: Vauro Senesi
Editore: Piemme
Anno: 2018
Pagine: 270
Genere: Romanzo


Sa. Ha la consapevolezza di se stessa all’interno del ventre materno. Si percepisce. Sente il dolore fisico: dolore e amore che si fondono nel magico momento della creazione. Sa. Sa che sta per essere generato, partorito. Stavolta però è diverso: sarà partorito donna. “Fatto uomo sono concepita donna. Donna mi sono generata”. Ha molto freddo e si sofferma sulla sua nudità, non potendo non ricordare come sia nudi che si nasce. Ai piedi del letto vede una coperta ruvida, di colore marrone, e se la avvolge al corpo. Sarà Don Mario a trovarla per strada, e come suo solito, si preoccupa per quella giovane, scossa da tremiti di freddo ma con le mani calde, le chiede di seguirla e lei lo fa. Arrivano nell’abitazione del sacerdote: ad accoglierli trovano Giuseppina la quale, appena li scorge, chiede dove il buon Don Mario abbia raccattato quella ragazza. Perché, è chiaro, una cosa è la carità, che a nessuno si nega, un’altra cosa è portarsi in casa ogni squinternata che Dio manda in terra…
Vauro Senesi, vignettista satirico, giornalista e anche scrittore, ci offre un ritorno di Dio in terra con il quid pluris  della sua declinazione al femminile. Un Dio, quello di Senesi, fuori dai canoni ordinari. Se vogliamo, non onnipotente, che si arrovella con una infinità di dubbi, terreni e no. Un Dio-donna che si cala a perfezione in un mondo terreno, toccando e assaporandone ogni cosa. Conosce il male, il dolore, e già, conosce intensamente pure il dolce sapore dell’amore, la gioia dell’innamoramento, il fuoco della passione negli occhi e nelle parole mute di un mimo, il cui nome è Mimmo. Dio è fragile, insicura e percorre tutti gli anfratti di questo materiale mondo, con passo incerto, titubante, vivendo avventure tragicomiche, leggendo nell'animo delle persone, immedesimandosi con le figure incontrare, rivivendone in modo quasi fisico il loro passato. È empatico questo Dio-donna, si fonde con l’altro, riflette, ascolta, cerca di comprendere senza mai giudicare. E nel suo agire è come se quella netta linea di demarcazione tra divino e umano si dissolvesse.Nonostante la lettura non risulti della stessa intensità per tutta la durata del romanzo, essendo alternata da momenti alti e da altri poco convincenti, nel complesso, vista anche l’interessante idea di partenza, si rivela una gradevole lettura, seppur non imperdibile

sabato 3 novembre 2018

LUNISSANTI - Anna Melis

Figlioli di cani

Titolo: Lunissanti
Autore: Anna Melis
Editore: Frassinelli
Anno: 2018
Genere: Romanzo
Pagine: 292 


Mama Lucia Cherchi è una donna forte, inespugnabile “come una fortezza”. Ha cinque figlie più una nipote a lei affidata. Tutte femmine: è questa la sua maledizione. Mama Lucia cova rancore e odio, tanto odio, soprattutto per quel “figliolu di cani” di Andrea Fresu, suo nipote, per tutto ciò che le aveva fatto in quel giorno, nella settimana di Lunissanti, il lunedì della settimana santa che precede la domenica di Pasqua. Se lo ricorda bene anche la sua figlia più piccola, Lauretta. Quel fatidico dì, Mama vesti bene le sue figliole, da consorelle con il cero in mano. La giornata iniziò con la messa a Santa Maria della Grazie dove il loro zio era divenuto vescovo. Andrea Fresu era un cantore del coro, il più bravo. Dopo la messa iniziò la processione per giungere, come da tradizione, all’abbazia di Tergu. Quel giorno, proprio quel giorno, ricorda Lauretta, sua sorella Adelina e suo cugino Andrea Fresu sparirono. Tutti videro l’abito di Adelina e del cugino ammonticchiati dietro il confessionale. In fondo a mama Lucia non importava tanto quello che era successo ad Adelina, no, le importavano soprattutto i commenti della gente. In paese non si parlò d’altro e si dissero tante cose cattive: sicuramente che lei l’aveva sedotto e, in genere, tutti erano convinti che l’avrebbero ritrovata, ma morta. Adelina tornò,  tutta contenta che “pareva aver visto i santi”. Tutti la aspettavano: la madre, le sorelle, le comari della confraternita e il priore naturamente. La mama fece entrare le comari in una stanzetta le quali spogliarono la giovane e zia Bachisia iniziò a ispezionarla e, alla fine, emise il verdetto: “a posto la bambina è intera". Poi fu la volta dell’esorcismo da parte dello zio…
Anna Melis, cagliaritana di origini, dà alle stampe un romanzo nel quale dipinge il quadro di una Sardegna dei primi anni del novecento tutta ammantata di principi religiosi, di superstizioni, di credenze, ma non solo. Infatti Lunissanti è una grande storia di lotta, pur non manifestata in modo plateale, contro tali principi, lotta in nome della libertà di essere se stessi, in nome dell’amore. Un romanzo femminile, intimo, delicato e allo stesso tempo atroce. Spettatrice, e attenta cronista, delle vicende della famiglia Cherchi è la piccola Lauretta, legata in modo viscerale a sua sorella  Adelina, la pazza (?) che ama intensamente, in modo puro, quasi non umano, che si ritrova a vivere, nel suo percorso di crescita, tra i muri di diverse prigioni e carcerieri: sua madre, arcigna e totalmente priva di empatia impegnata com’è a crogiolarsi nel suo mondo di rabbia e superstizioni, il convento dove viene reclusa per purificarsi, e, in fondo, anche tutto ciò che la circonda è prigione per lei che vuole volare leggera, libera da catene di qualsiasi tipo. E ama, ama intensamente. E sogna, sogna ali per raggiungere il bene più grande: l’indipendenza. Un romanzo di scontri, scontri generazionali, scontri con precetti che paiono inattaccabili, scontri con un mondo che pare sempre ostile. Un romanzo soprattutto di sentimenti, quelli forti, di aneliti verso altre vite, si sogna e si spera. Si combatte anche. Perché, alla fine, le donne di questo romanzo, sono esempi di forza. Una costruzione narrativa complessa che, di certo, sfugge a etichette semplicistiche, e se nell’introduzione, lo scrittore Cristian Mannu si domanda se sia possibile “scrivere un romanzo sull’amore, sui suoi molteplici e irrazionali volti, senza trasformarlo in un banale romanzo d’amore?” rispondo,senza incertezza, come sia possibile, la Melis ci è riuscita in pieno.

giovedì 25 ottobre 2018

PUSSY - Howard Jacobson

Fracassi


Titolo: Pussy
Autore: Howard Jacbson
Editore: La Nave di Teseo
Anno: 2018
Genere: Romanzo satirico
Pagine: 250
Traduzione: Milena Zemira Ciccimarra





Pussy è dissacrante, feroce, senza limiti.

In una mattina di un inverno caldissimo, il professor Probius Kolskeggur vagava, alla ricerca del Palazzo delle Porte Dorate, tra le ziggurat e gli obelischi più alti della Repubblica di Urbs-Ludus. Quella visita significa per lui un nuovo posto di lavoro dopo il licenziamento a seguito dell’accusa di condiscendenza cognitiva. Ma adesso le cose dovrebbero volgere al meglio visto il suo imminente incarico come precettore di Fracassus secondogenito e presunto erede del duca di Origen. Finalmente varca le porte del Palazzo e, dopo meticolosa perquisizione, viene invitato ad accomodarsi per essere poi accompagnato al centodiciassettesimo  piano e introdotto niente meno che alla presenza del granduca e della granduchessa in persona. Lui il granduca, incipriato e ricoperto di medaglie. Lei, con un sontuoso abito da sera. Entrambi con i capelli color crema al limone. Dopo le presentazioni di rito, il granduca espone Probius quello che sarà il suo compito: occuparsi del loro figliolo, Fracassus ormai quindicenne. Fracassus era stato un bambino pressoché comune,dice il granduca, litigioso, egocentrico, presuntuoso, non molto attento al mondo che lo circondava e abituato ad averla sempre vinta. E soprattutto, già da tenera età, il fanciullino era stato un chiaro esempio lampante dei risultati che la libertà dall’istruzione poteva garantire. Chiaro che il padre riponeva nel figlio tutte le ambizioni pur conoscendolo poco essendo “troppo assorbito dall’idea di Fracassus per poter prestare attenzione a quello vero”. AL momento del conferimento dell’incarico, il Professore viene anche autorizzato a epurare gli altri precettori dell’erede, e lui li licenziò tutti, tranne la dottoressa Cobalt..
“Era abituato a svegliarsi con un’erezione e lo attribuiva alle ore che aveva appena trascorso in compagnia di se stesso” (Pag. 119)
Howard Jaboson, scrittore, saggista, giornalista, umorista, vincitore di numerosi premi, tra i quali, nel 2010, il Man Booker Prize per il romanzo L’enigma di Finkler e definito, da più parti, sia per il suo stile, sia per i temi trattati, il Philip Roth inglese ha fatto dell’umorismo il suo punto di forza, sostenendo come solo l’ironia e la comicità siano gli strumenti più adatti a salvare il grande romanzo e, soprattutto, la migliore maniera per cambiare il mondo. E Pussy, uscito nel 2017, e scritto in sole sei settimane, subito dopo la vittoria delle elezioni presidenziali americane di Donald Trump si inserisce a pieno titolo nel canale della comicità e dell’ironia, offrendoci il ritratto, grottesco, surreale, atroce del presidente americano. Nessuna difficoltà per il lettore a identificare Fracassus, il protagonista, con Trump per quanto questi non venga nominato apertamente. Fracassus / Trump è un pozzo di superficialità, di ignoranza, di inettitudine, che vive nella sua tebaide, avvolto nel mondo dei social network, appassionato di ripetute sbirciatine sotto le gonne femminili, tremendamente misogino, titolare di lessico ridotto all’osso (però conosce tutti i sinonimi di puttana) si dimostra, a tutti gli effetti, inidoneo a governare la cosa pubblica. Irriverente, con la struttura di una favola, Pussy si rivela una satira feroce e senza confini, non esiste il senso della misura in questa favola di granduchi e granduchesse, nella quale non vi è spazio per il politicamente corretto, ma tra un sorriso e l’altro (spesso amari) fa riflettere sulla pochezza di alcuni personaggi, sulla triste nostra realtà.

martedì 23 ottobre 2018

IL DOMATORE - Alberto Secci

Amore e odio

Titolo:Il domatore
Autore: Alberto Secci
Editore: Domus De Janas
Anno: 2017
Genere: Romanzo
Pagine:  208


Ho letto questo libro per  caso, o meglio, per via di una casella. Un mio collega, un giorno, mi ha lasciato nella casella avvocati il libro, invitandomi a leggerlo. Successivamente, sempre per caso, ho avuto l’occasione di parlarne diffusamente nel corso della presentazione tenutasi a Seui presso i locali del Museo. E ora, dopo più di un anno dalla prima lettura, mi ritrovo a scrivere qualcosa su questo romanzo con la puntualità che mi è propria, ma il concetto di tempo è relativo, si sa.
Il domatore è un libro che ha un sapore aspro e dolce,  il sapore di storie vecchie, storie di nonni, quelle storie che posseggono concetti e verità che rimangono immutati e immutabili nonostante lo scorrere del tempo. Ha la forza e il fascino dell’oralità pur essendo messo nero su bianco e credo sia proprio questo uno dei punti di forza del libro.
Sardegna. Nel paesino di Colimandola c’è un lieto evento. Nella casa di Don Francesco Pira nasce il piccolo Eusebio, ad assistere la madre nessuna levatrice, ma solo il padrone di casa, don Francesco appunto, che si è preoccupato di allontanare dalla soglia una donna che, benevolmente, intendeva assistere la partoriente. Diciotto giorni dopo quella nascita, la madre di Eusebio morirà, lasciando all’altero Don Francesco il compito di occuparsi di quel figlio marchiato tristemente da precoce orfanezza. Sarà una capra che fornirà il nutrimento vitale a quel bimbo. Il di lui padre forse si aspettava per il figlio una vita diversa, ma il piccolo manifesta, precocemente, una predispozione e una sensibilità abnorme per gli animali. Eusebio ha un animo da domatore, esattamente come il padre o, forse, meglio del padre, riuscendo a stabilire, con gli animali, una sintonia e a comunicare, grazie alle sue doti, con essi. La campagna, il verde e gli animali diventeranno la sua arcadia, ma quando quell’agreste mondo sarà colpito da una forte crisi, che non risparmierà tutto il territorio sardo, Eusebio inseguirà, con sua moglie Caterina, il sogno - allettante oltremodo - della miniera, lasciando Colimandola, lasciando le sue radici, lasciando i suoi animali  e suo padre. Ma la vita, spesso, è un cerchio ed è fatta più che di abbandoni, di ritorni...
Attraverso le vicende personali di Eusebio,  Alberto Secci dipinge un affascinante nonché realistico affresco di storia sarda che copre un arco di tempo di circa cinquantanni. Eusebio è un bimbo sveglio, perspicace ben consapevole di quello che vorrà essere. Il suo rapporto speciale con gli animali , la sua sensibilità fuori dal comune lo porterà a essere un domatore, a seguire la via paterna per raggiungere risultati anche più elevati del suo maestro. E là nelle campagne, a volte generose e a volte ostili, che sceglie di vivere, di crescere di formarsi rinunciando allo studio. Ma quelle campagna, a un certo punto, non basta più soprattutto e, allora, la miniera con le sue promesse di felicità diverrà la sua nuova vita. Ma le promesse molto spesso sono deludenti, la vita in miniera è dura, grigia, faticosa. Alla fine il cerchio si chiuderà con un ritorno: il ritorno al punto di partenza, cresciuto e uomo. Sono storie semplici quelle raccontate da Secci con una scrittura limpida e scorrevole, nella quale si muovono uomini con il loro bagaglio di sogni, di passioni, di amore e odio.  
Al centro del plot narrativo, e all’interno della cornice storica trattata,  si pone il rapporto padre-figlio sempre complesso, fatto di parole non dette, di silenzi pesanti, ma carichi di significati. Un rapporto difficile nel quale l’odio e l’amore lottano incessantemente, senza cedere, né l'uno né l'altro, a una resa. Ma Il domatore non è solo questo, poiché trattasi di romanzo capace di dipanarsi su più piani, c’è anche l’amore intenso, forte travolgente che si erge a pilastro fondamentale. E ci son le donne, dipinte nella loro imperfetta perfezione, dispensatrici di forza, sono cariche di fascino e di saggezza le donne descritte da Secci, sono le donne sarde, frutto di quella terra aspra nella quale si sono formate, alimentando passioni, proteggendo e curando le famiglie, senza mai esagerare con le parole, senza mai fare troppe domande. Senza mai dire troppo, ma spesso indirizzando, con fili invisibili, le scelte altrui. E c’è, su tutto, la terra, quel legame con la terra natia, viscerale, a tratti astioso, ma incancellabile. Insomma, un romanzo contenitore in grado di riempirsi di tante storie, di tanti sentimenti, di sogni, vario e sfaccettato come la vita: ed è questo, infatti, che contiene, tanta vita.

Altri libri:
Carbonia. Eravamo tutti comunisti, Nanni Balestrini

venerdì 19 ottobre 2018

OCCHI CHIUSI SPALLE AL MARE - Donato Cutolo

Distacchi

Titolo: Occhi chiusi spalle al mare
Autore: Donato Cutolo
Editore: Spartaco
Anno: 2017
Genere: Romanzo
Pagine: 143

Il catanese Donato Cutolo, in poche pagine, ci regala una storia delicata e tenera affrontando varie tematiche che vanno dall’analisi di un rapporto padre-figlio assai complesso al tema dell’immigrazione clandestina.
Sono le cinque e ventiquattro di un mattino di giugno. La città dorme, regna  un profondo silenzio tranne che per il rumore del SUV condotto da Piero. Il suo cuore batte all’impazzata all’interno dell’abitacolo. Tensione e sudore. Sente di potercela fare, sente di poter arrivare puntuale a quello che è l’appuntamento più importante della sua vita in un palazzo abbandonato. Lì, lo attendono una donna e un bambino: Jasmine e Yousself. Ha paura, Piero. Tanta paura. È solo la terza volta che usa la macchina di suo padre, l’ingegner Mauro Righieri, l’uomo che, a parer del figlio, non era mai stato bambino, l’uomo adulto da sempre. Sono le 5.30 e Piero perde il controllo del veicolo. Si sveglierà in un letto di ospedale, in una stanza dalla mura bianche, nel reparto di terapia intensiva. Immobile, fermo, occhi chiusi. A un certo punto scorge gli occhi di suo padre là fuori dalla stanza. Suo padre, quel concentrato di ”ammonizione e autorità” ben distante dalla dolcezza di Viola, sua madre, andata via troppo presto: Piero era solo un bambino di nove anni…
“Non era mai a suo agio, lui, cresciuto tra l’intimità delle passeggiate con sua madre e i forti conflitti di quest’ultima con suo padre. L’ingegnere in casa era un estraneo, apriva bocca solo per inveire contro Viola o impartire ordini a lei e a suo figlio, con una violenza tale da impaurire e segnare Piero, giorno dopo giorno sempre più schivo e insicuro. Molto spesso e con una remissività insolita per un bambino di quell’età, obbediva rassegnato ai comandi e si defilava in camera sua quando la discussione tra i genitori diventavano accese.” (Pag. 23)
Quarto romanzo dello scrittore e compositore Donato Cutolo, Occhi chiusi spalle al mare dipinge, con una prosa essenziale e delicata, il quadro di un rapporto padre-figlio dominato dall'assenza di amore. Piero, orfano di madre, è schivo, chiuso nel suo mondo entro i confini delineati da un padre autoritario e privo di slanci affettivi. Ma la vita offre sempre qualche possibilità anche sotto forma di casualità: sarà infatti il caso a fornire a Piero l’opportunità di esprimersi, di essere se stesso e di offrirsi a qualcuno che di opportunità ne ha avute ben poche. E sarà quel caso che permetterà al giovane di staccarsi dal modello paterno con coraggio e, soprattutto, con estrema sensibilità. E sarà possibile vivere con gli occhi aperti e con il viso rivolto al mare. Ambientato in un’isola immaginaria del sud, Isonta, destinazione ideale per gli sbarchi clandestini, l’opera rispecchia argomenti di forte attualità, con il grande merito di essere descritti senza un filo di retorica. Il romanzo è anche accompagnato dalla colonna sonora di Rita Marcotulli con la voce di Sergio Rubini, scaricabile sul sito dell’editore, che aiuta a dare una voce altra ai protagonisti e a rendere ancora più vivide e materiali le immagini.

Altri libri:
Gli amici nascosti, Cecilia Bartoli

martedì 24 aprile 2018

QUANDO ERAVAMO ORFANI - Kazuo Ishiguro


Titolo: Quando eravamo orfani
Autore: Kazuo Ishiguro
Editore: Einaudi
Anno: 2017
Genere: Romanzo
Pagine: 332
Traduzione: Susanna Basso

Ishiguro si rivela sempre scrittore raffinato, anche se – a onor del vero – questo romanzo, pur pregevole, l’ho trovato, in alcuni punti, poco convincente, ingenuo quasi

Nell’estate del 1923 il giovane Christopher Banks, dopo aver terminato gli studi a Cambridge, decise di stabilirsi a Londra, nonostante la zia lo volesse con sé nello Shorphire. Il suo sogno, coltivato fin dall’infanzia e simbolicamente rappresentato da una lente di ingrandimento che i compagni di scuola gli regalarono anni addietro e dalla quale mai si separerà, di divenire investigatore, è ora una realtà. Piano, piano il suo nome diviene noto grazie ai casi che, man mano, risolve. I misteri e la ricerca della verità sono i suoi obiettivi principali. Già, i misteri. Uno in particolare. Uno che riguarda la sua famiglia, la sua infanzia. È quello il mistero che lo ossessiona. Perché tutta la sua esistenza pare non riuscire a smuoversi davvero, ad avere un senso, fintanto che non comprenderà le ragioni vere per le quali i suoi genitori furono rapiti a Shangai. Da quello strano rapimento derivò il suo viaggio, ancora bambino, verso l’Inghilterra, presso la zia. Ma lui ha deciso che tornerà lì, a Shangai, troverà il nascondiglio nel quale si trovano i suoi genitori, rivedrà il suo amico d’infanzia, Akira, perché è certo, il nostro Bansk che Akira si trovi ancora lì visto che ne era innamorato. Sarà quella la sua indagine più importante e seria della sua vita…
Kazuo Ishiguro insignito, lo scorso anno, del Premio Nobel per la letteratura, ancora una volta   conferma, con questo romanzo, la maestria, la delicatezza e la raffinatezza della sua scrittura sempre precisa, attenta e priva di sbavature.. Non ci sono grandi eroi tra le pagine, ci sono personaggi che vagano, ancorati a un passato che non hanno ben inquadrato, che errano con una bagaglio fatto di sogni, di paure, di desideri, tanti desideri. E quello di vagare, senza avere una dimora fissa, pare essere il destino di chi, come il protagonista, ma anche come Jennifer, è orfano: chi è orfano non ha una dimora, continua a cercare, indizi, verità, per colmare vuoti, per ricostruire, a piccoli passi, frammenti di vita passati divenuti, con il tempo, sfumati, poco precisi. Tale ricerca, quasi ossessiva, accompagna il giovane Bansk che vive nel presente, ma è sempre proiettato nella sua infanzia, nei ricordi, come se non avesse un’epoca, un posto suo. Per quanto si resti affascinati dalla bellezza della scrittura, per quanto il tema di fondo sia appassionante, non mancano delle ingenuità, delle coincidenze improbabili oltre che dei colpi di scena poco credibili, se non proprio irreali che, di fatto – è spontaneo il confronto – rendono quest’opera distante da Quel che resta del giorno, che conserva intatto il podio.


giovedì 12 aprile 2018

BASTARDO POSTO - Remo Bassini


Città bastarda

Titolo: Bastardo posto
Autore: Remo Bassini
Editore: Perdisa Pop
Anno: 2010
Genere: Romanzo noir
Pagine: 178


Paolo Limara è un giornalista famoso, scrive per “La civetta”. Un tempo si mormorava che sarebbe diventato il nuovo direttore, ma le cose cambiano - esattamente come cambiano le voci.  In certe notti senza nebbia e senza luna, dopo le tre, si ferma davanti a una vetrina per osservare un manichino senza sesso in un negozio chiuso da ormai quattro anni. Non si vergogna a star lì, immobile. Si ferma a macinare mille pensieri e fuma. Una sigaretta dopo l’altra. A mettere insieme pezzi di uno strano mosaico. La sua vita è distrutta. Paolo Limara è un uomo che soffre: Valeria è morta. Di incidente stradale, è stato detto. È morta proprio mentre parlava al telefono con sua zia Luigina. Valeria era la sua amante. Tutti quanti lo sanno, anche sua moglie Graziella. Valeria l’ha tradito. Forse. Era una grande troia. Forse. Paolo Limara non sa che dietro quella silenziosa vetrina c’è, al buio,  anche un’altra figura: è una donna, la ex proprietaria di quel negozio abbandonato…

Una storia crudele e velenosa quella che ci racconta Remo Bassini nel suo quarto romanzo tutto fatto di vite che si incrociano, si sfiorano e si distruggono. L’autore pare osservare - esattamente come fa il giornalista Paolo Limara - una vetrina nella quale però non ci sono manichini muti e senza sesso, ma uomini e donne e storie che richiamano altre storie. Storie di male. Tante.  L’autore, con abilità da cronista, ci presenta uno spettacolo zeppo di ipocrisie, di verità – molteplici e diverse – di pedofilia, di strane sparizioni, di malavita, di corruzione, di videopoker, di silenzi imposti, di famiglie distrutte e di mafia all’interno di una piccola città di provincia. Una città bastarda nella quale il senso di colpa, il dolore e le paure si mescolano fino a confondersi in una nebbia perennemente presente. E non si può tornare indietro. E non si possono più pronunciare quelle parole che dovevano essere pronunciate prima. Non si può scappare, non ci si può nascondere se si è giornalisti famosi, non è concessa la grazia di un dolore intimo da consumare tra le quattro mura domestiche. No, non è possibile anche perché il dolore privato non può esistere in questo bastardo posto. Le parole di Bassini precipitano come cascate, sono rapide, improvvisamente si interrompono senza che si possa percepire un seppur minima sensazione di pausa. Nessun riposo è consentito una volta che si è avvolti da quel vortice. Un vortice di parole che quasi frastornano che si susseguono e si consumano, quasi impercettibilmente, in sole cinque notti. Cinque notti intense e nere nelle quali tutti paiono destinati ad essere sconfitti e annientati. Dai rimorsi, dalle paure, da ciò che non si può combattere e da quello strano e incredibile, ma tremendamente verosimile, mosaico che si tenta lentamente di ricostruire forse troppo in ritardo. Forse perché è il gelo della morte che arriva sempre puntuale, se non in anticipo.

Altri libri:

giovedì 15 marzo 2018

L'ALBERO DI GIUDA - Silvana Grasso


Il capitale

Titolo: L’albero di Giuda
Autore: Silvana Grasso
Editore: Marsilio
Anno: 2011
Genere: Romanzo
Pagine: 297



Una bella sorpresa questo romanzo perché vivace, frizzante, ironico, ma – a suo modo – anche triste e melanconico.

Sicilia, Bulalà. Alle sei e tre quarti del 15 giugno  Sasà Azzarello, arrivava, puntuale come sempre, alla cancellata della Villa Comunale. Lì, in quella Villa, luogo d’incontro con i suoi amici – o quasi amici, o forse per niente amici – il settantenne Sasà sente, ogni volta, il respiro del mare. Certo, non tutti potevano sentirlo quel respiro: bisognava averci l’anima, bisognava non essere bestiacce con il cervello crudo. Un’anima fine ci voleva, come la sua che non solo il respiro, ma anche il cuore del mare sentiva e ciò in barba alle amarezze che la vita gli aveva donato. E quelle bestiacce dei suoi amici, che di fine non avevano proprio nulla, figuriamoci l’anima, gli ripetevano quanto cretino fosse. No! Non era il mare quello: erano le ciminiere quelle che sentiva. Ma Sasà, intelligente com’era, lo capiva che erano solo degli invidiosi, in  particolare il logorroico Cataratta che ci moriva d’invidia. Ed era anche normale: Sasà è colto, laureato figlio del direttore didattico. Sasà che tutti a Bulalà, chiamavano il filosofo. Per sfotterlo, certo, ma filosofo lui lo era. E il vecchio settantenne ogni volta si riprometteva di non incontrarli quegli avvelenati di invidia , ma poi si ritrovava nel cancelletto della villa perché, in fondo, quei maledetti erano meglio della solitudine, sempre meglio dei ricordi della sua triste vita…

Pubblicato per la prima volta con Einaudi nel 97 poi con Marsilio nel 2011 L’albero di Giuda -tra l’altro vincitore del premio Napoli e del Premio Vittorini nel 1997 – è un romanzo ironico, frizzante, e surreale nel quale, con il veicolo della comicità e del paradosso, si affrontano tematiche forti. Sasà, il protagonista, ormai anziano, ripercorre gli anni della sua vita passata, marchiati dall’infelicità, per scelta propria e altrui, per destino, per mancanza di coraggio, per un arrendersi al corso degli eventi. Si parla di amore, quello grande di Sasà per la friulana, un amore contrastato dal padre, figura dominante, si parla del rapporto padre-figlio nel quale il genitore pretende, e si impegna alacremente in questo, per scrivere la vita del figliolo: decidendo, sin dalla nascita, il suo ruolo nel mondo, la sua intelligenza e, naturalmente, il possesso –tra le gambe – di quel preziosissimo “capitale” perché lui è figlio del direttore didattico!  Tutto nella norma in quella realtà descritta dalla Grasso nella quale la virilità è bene assoluto per quanto poi si tratti solo di virilità solo illustrata e decantata, ma mai dimostrata nel concreto nei fatti. A fine lettura rimane un senso di amarezza perché, alla resa dei conti, nessuno ha vissuto davvero la vita che voleva o, ancor peggio, nessuno ha compreso cosa effettivamente volesse dalla vita…ma, poi, volevano davvero qualcosa? Ampio spazio, in questo assurdo quadro, trovano i ripetuti e costanti pensieri di morte: Sasà, per tutta la vita, ha sognato il suicidio ponendo in essere tentativi sfioranti il grottesco. E solitudine tanta e, poi, la vecchiaia il decadimento, la sordità, i passi lenti, il balbettio. Il tutto narrato con toni comici, divertenti, amari con un uso largo del dialetto che colora e vivacizza.