mercoledì 6 maggio 2020

LILI - Hélène Bessette


Maman, mon amour

Titolo: Lili
Autrice: Hélène Bessette
Editore: Barbès
Anno: 2008
Genere: Romanzo
Pagine: 180
Traduzione: Tommaso Gurreri

Lili vive con sua madre in una casa della Provenza, casa che è anche una pensione. Ci sono tante aiuole tutte ben curate. Lili è la bambina, la bambina adorata della sua mamma Charlotte. Ma Lili piange. Lili ha vent’anni e piange. Perché piange? Perché non lo dice alla sua mammina? “Bisogna dire tutto alla propria madre” le ricorda mamma Charlotte. Niente segreti. Ma, in fondo, non c’è bisogno che Lili parli. Mamma Charlotte capisce, lei sa, le madri indovinano. Sempre. Charlotte lo sa: sa di quel ragazzo. Ma Lili non abbandonerebbe mai la sua mamma dopo tutto quello che ha fatto per la sua figliola, vero Lili? E poi c’è ancora Lili, con Henry, nella camere prestatale dalla sua amica Marthe. Lei e lui. Da soli. Piangono. No, non si baciano. Piangono insieme quei due. Ancora Lili che andrà via, ma poi tornerà dalla sua mamma. Come abbandonarla? E, poi, Lili che si sposerà. Forse senza amore. E non finisce ancora, perché arriverà lui, il suo nuovo amore. E poi…

Lili è un piccolo, ma toccante romanzo di un’autrice francese ancora poco conosciuta in Italia, la quale ci regala pagine dolorose e amare. Lili è un romanzo fatto di catene che imprigionano, fino a stritolarli,  i protagonisti. E quelle catene son fatte d’amore. Amore-prigione. Tutto ruota intorno al conflitto tra Lili e la madre che adora quella figlia tanto da volerla sempre con sé. Sarà quell’amore che priverà Lili della libertà di amare un uomo, di vivere, di essere pienamente se stessa. A Lili viene negata la libertà in quanto sempre costretta a scegliere tra sua madre e il suo uomo. Amore che è un ricatto. Si soffoca, manca l’aria. La Bessette con la sua scrittura pungente e affilata delinea alla perfezione il quadro di un rapporto malato. Certo, il tema del rapporto quasi ossessivo, o comunque non sano o conflittuale, tra madre e figlia non è certo nuovo nella letteratura, la mente vola verso le bellissime pagine de La pianista della Jelineck o anche ad alcune pagine della Nemirovskij, con la differenze che la Bessette colpisce e affonda, in forza del pressante ritmo della sua scrittura, a velocità sostenuta, senza quasi darci il tempo di comprendere da quale punto colpisca. E fa male. Interessante, indubbiamente, lo stile dell’autrice per l’originalità operando la stessa una sorta di capovolgimento dei principi cardine delle regole grammaticali ordinari ingenerando uno sconvolgimento della sintassi. Un ritmo martellante, singhiozzante come i pianti di Lili. E tale originalità si riverbera anche a livello visivo: nelle pagine sono presenti spazi vuoti, i versi risultano non regolari, sono presenti lettere maiuscole. E tale ribaltamento delle regole classiche pare quasi necessario nella narrazione: per dar voce al dolore di Lili, per sentire il lento sgocciolio delle sue lacrime, per udire il rumore sordo del silenzio. Ottima lettura.

giovedì 9 aprile 2020

IANCURA - Paolo Casuscelli


Esperienze del sublime

Titolo: Iancura
Autore: Paolo Casuscelli
Editore: Mucchi
Anno: 2019
Genere: Racconti
Pagine: 88


Dopo aver vinto un concorso per insegnante di scuola media, Casuscelli, sceglie l’Isola di Salina, nell’arcipelago delle Eolie, proprio quella che nessun altro avrebbe scelto. Al momento dello sbarco, reca con sé una ventina di tomi pensando che gli sarebbero bastati per poco, pochissimo tempo. Quanto si sbagliava! L’isola diviene per lui una grande opportunità, una risorsa. Se prima la sua vita si muoveva in una dimensione prettamente spirituale, muovendosi egli tra libri e polverose biblioteche, con l’arrivo a Salina riesce, in un certo senso, a sentire la corporalità delle cose. La natura, il mare e la pesca divengono parte della sua nuova vita. Ah, la pesca, quell’attività che gli riempirà il cuore. Pesca che è fatica, gioia, ma anche delusione. Già, può capitare, per dire, di pescare una cernia di otto chili e, poi, come niente perderla in mare. Vivere a Salina significa anche ritrovarsi la bidella in casa per avvisarti che sei in ritardo per la lezione e che ti intima di prepararti ché intanto lei ti prepara il caffè. Significa avere amici, certo eccentrici, come Gianni Re, con le loro filosofie di vita interessanti. Per non parlare poi degli alunni con i quali si crea un rapporto unico, un rapporto di appartenenza “perché chi è stato alunno continua a sentire l’appartenenza anche da adulto.”

Della raccolta di racconti dell’autore messinese colpisce, in primis, il titolo, Iancura, letteralmente biancore e che, per l’autore, è “la personale esperienza del sublime.” La raccolta contiene l’esperienza di insegnamento dell’autore nell’isola eoliana, una sorta di diario, almeno prima facie. In realtà, in Iancura scorre tanta vita, tante immagini, tante riflessioni. Un’analisi, infine, attenta e profonda di se stessi, la descrizione appassionata del rapporto con la natura e il ruolo del concetto di isola. Perché da un’isola si impara tanto, è un’opportunità “la cosa più importante che impari dall’isola è quella di fare di te stesso un’isola. Non ti spinge a chiuderti, ma a trovare la forza per fare di te una dimora. Un luogo in cui poter accogliere tanto la propria solitudine quanto la propria apertura all’altro” per dirla con le parole di Casuscelli. Numerosi e brillanti anche gli aneddoti sulla scuola non scevri, peraltro, di alcune critiche al sistema -prendiamo, per esempio, il registro, lo strumento più idiota della scuola - e, soprattutto il rapporto speciale che si instaura con gli alunni che esula da ciò che viene trasmesso e recepito, ma assume le vesti di una reciproca e irrazionale appartenenza. Ancora, l’importanza dello studio “meglio un liceo fatto male di una scuola per geometri o ragionieri fatta bene Salina è piena di geometri e ragionieri disoccupati i quali […] non hanno idea della storia della letteratura o della filosofia. E questa per è, per me, una mancanza grave non tanto nei confronti dei doveri scolastici, quanto della vita.” Le storie di Salina posseggono il sapore delle cose speciali anche perché narrate con uno stile curato, a tratti poetico. Sono storie che affascinano e rimangono nel cuore.


martedì 31 marzo 2020

LA TURISTA ITALIANA - Maria Tina Bruno


Rinascite

Titolo: La turista italiana
Autore: Maria Tina Bruno
Editore: Pop Edizioni
Anno: 2019
Genere: Romanzo 
Pagine: 480


Milano. Claudia è sola, nel suo appartamento. Marcello è scomparso. Per sempre. Ogni mattina, da quando lui le ha lasciato quel maledetto foglietto contenente le sue intenzioni, Claudia, puntuale, alle dieci, si scola una bottiglia di vino bianco. È il suo rimedio contro il tempo. Marcello se n’è andato senza una parola. E lei, Claudia, è ossessionata, dai ricordi e dal volto di Marcello che pare vedere ovunque. La sua è una disperazione lenta e graduale…. Isola di Creta. Chania. Alekos, come ogni mattina, alle cinque lascia squillare la sveglia, impreca per venti minuti e si riaddormenta. Alle sei in punto sale in sella alla sua moto per recarsi al lavoro. Fa la guida turistica e, a dire il vero, non ha mai capito i turisti e le loro manie di fare le odiate foto ricordo. Alekos è bello come il sole, “un gigante alto due metri”, circondato da donne, anche se solo una è riuscita a impadronirsi del suo cuore. Claudia e Alekos non sanno che un giorno si incontreranno. Già, perché Claudia ha una grande amica, Francesca, la quale la accompagnerà in un viaggio proprio a Creta e, nella gola di Samaria, durante un’escursione i due si incontreranno. E tutto cambierà…

La turista italiana non è solo un romanzo d’amore del quale, indubbiamente, possiede tutti gli ingredienti è, anche, un romanzo sulla rinascita, sul cambiamento, sulla ricerca interiore. Un continuo riscoprirsi per ritrovare se stessi. Il percorso di Claudia inizierà con la scomparsa di Marcello che decide di suicidarsi, continuerà con un delirante tormento (possibile che lei mai si sia accorta del malessere del suo uomo?) per giungere all’incontro con l’affascinante Alekos. Un rapporto contraddittorio il loro, diversi, appassionati, uniti e divisi al tempo stesso. Un ruolo centrale, nelle pagine del romanzo, è quello del sesso, inteso come strumento agile di comunicazione. Un sesso in senso positivo, quindi, dettato dalla passione e reciproca volontà in contrasto con il sesso negativo che, anche esso, occuperà alcune pagine relative nelle vicende relative alla francese Claudette, una delle tante figure femminili del romanzo.  E poi c’è l’amicizia. Sentimento per eccellenza. Ancora di salvezza nei momenti buoi, rappresentato, per Claudia, da Francesca, colei che, sempre e comunque ci sarà. Fanno da contorno alla narrazione i bellissimi panorami, il mare e i paesaggi di Creta con le sue gole, le sue spiagge e la sua incantevole natura. La turista italiana è un romanzo avvincente, rocambolesco, brillante, ironico e divertente con qualche nota di amarezza. Si segnala una particolarità dell’opera: la pubblicazione dalla Casa Editrice Pop la quale, dichiaratamente, si prefigge l’obiettivo di consentire agli scrittori un’alta percentuale sulle vendite, a tal fine, rinunciando alla distribuzione coi canali ordinari, essendo prevista la vendita solo sul sito della casa editrice stessa.


giovedì 26 marzo 2020

IL PAESE DELLE CROCI - Gianfranco Cambosu

      Dolenti ruches
 
Titolo: Il paese delle croci 
Autore: Gianfranco Cambosu 
Editore: Emersioni 
Anno: 2019 
Genere: Noir
 Pagine: 269



Sardegna, Sas Ruches. Il professore Ercole Cassandra si trova da tre giorni nell’isola, a ricoprire la cattedra di insegnante in una scuola media, in un piccolo paesino della Barbagia. Già da subito, Cassandra sente la distanza abissale tra lui e i suoi alunni. Ritiene che tale abisso non potrà essere colmato. Certo potrebbe sempre tornare nella sua, di isola, Nessuno glielo impedirebbe, sarebbe sufficiente una semplice raccomandata o anche una più rapida telefonata. E invece no, lui rimane. “Non è dei Cassandra tirarsi indietro.” Infatti, Il professore è siciliana, ma con quella aspra terra che lo ospita ha un legame particolare: quindici anni prima suo padre, Capitano dei Carabinieri, fu ucciso proprio a Sas Ruches. La sua presenza, quindi, non è dovuta solo all’insegnamento, ma ha anche lo scopo di far luce su quell’omicidio lontano nel tempo che risulta essere ammantato dal mistero. E lui intende conoscere la verità che sa essere difforme da quella ufficiale…

Quinto romanzo dell’autore nuorese Il paese delle croci è un’opera complessa nella quale confluiscono tematiche di diversa natura. Partendo dal nucleo tipico del giallo del quale possiede tutti i canonici pilastri: omicidio-indagine-individuazione del colpevole, Cambosu ci trasporta in un mondo dalle mille sfaccettature immerso in atmosfere grigie e cupe e che danno la stura a una serie di riflessioni. In primis, è un romanzo sulla terra sarda, con le sue tradizioni – non ultimo quelle culinarie - analizzate nei loro tipici aspetti. Particolarmente interessante e degne di nota sono le descrizioni de s’istranzu, il forestiero, e del suo rapporto con la terra ospitante, affidate sia alle parole dello stesso Cassandra, ma che emergono dal quadro generale di quella piccola società che è Sas Ruches. Rapporto tra s’sistranzu e terra ospitante, quindi, descritto molto onestamente e al di fuori di ogni logica campanilistica. Emerge nitidamente la difficoltà, per il forestiero, di inserirsi all'interno di una piccola comunità,. La comunità è chiusa in se stessa, poco aperta alle novità, in una sorta di autarchia spesso insondabile perché granitica, ammantata di segreti, di regole non scritte. Vero è che, nella cultura sarda pienamente rappresentata da Sas Ruches, l'ospite è sacro, è rispettato e finanche coccolato, ma è altresì vero che egli deve "stare al suo posto", osservare, partecipare senza mai esagerare, senza mai confondersi con gli abitanti del luogo perché è, e sempre sarà, unu istranzu. Quello sarà sempre il suo marchio perché ci sono cose che non potrà mai comprendere, ci sono porte che per lui non potranno mai aprirsi. Ancora, colpiscono le pagine dalle quali emerge l’importanza del ruolo dell’insegnante che non è, a dispetto dei programmi ministeriali, quello di fornire nozioni tecniche o freddi dati, ma è soprattutto quello di dotare – seppur con difficoltà e nonostante esse – il giusto bagaglio per affrontare la vita, soprattutto quando la vita ti ha lasciato in eredità i dettami di un mondo omertoso, diffidente e chiuso nel quale tende a prevalere, su tutto, la necessità di non mutare alcunché, di lasciare le cose nello stato di fatto in cui si trovano, stato di fatto che assurge, quasi, al rango di stato di diritto. Un diritto sui generis, certo, ma sempre diritto. 
Infine, il libro regala una speranza, una sorta di messaggio positivo, perché nulla è perduto. Tutto può cambiare, pare dimostrarci. Sono i giovani che rappresentano questa speranza. Sono i giovani il motore del cambiamento, in melius.

lunedì 23 marzo 2020

A.L.F. LA STORIA DI DONOVAN BRADLEY - Maurizio Ricci

Scanzonati, ma non troppo

 Titolo: A.L.F. La storia di Donovan Bradley
Autore: Maurizio Ricci
Editore: Bibliotheka
Anno: 2019
Genere: Romanzo
Pagine: 384

    Siamo a Londra alla fine degli anni '80. Stuart e Donovan sono due giovani molto diversi tra loro per estrazione sociale, per cultura e per esperienze di vita. Stuart è uno studente che può contare sull'appoggio della sua famiglia, si laureerà in chimica e lavorerà nella fabbrica dello zio, una volta ottenuto il titolo. Donovan è figlio della strada, per vivere fa il meccanico. Diversi, ma saldamente uniti da una amicizia sincera e leale. Insieme sono invincibili, condividono tutto. Vivono quasi in simbiosi. E si divertono tanto. Le cose paiono cambiare quando Donovan incontra la bella Lucy, una rampolla di ricca famiglia. Si innamorano e, in tutto ciò, Stuart teme quel cambiamento che sta vedendo nel suo adorato amico. Teme che Lucy con la sua influenza possa allontanare Donovan da lui. Vede con sospetto l'interesse e la graduale conversione di Donovan alla causa animalista....

    Il romanzo di Maurizio Ricci è, essenzialmente, la storia di una grande amicizia, nel senso più ampio del termine: condivisione, amore incondizionato, comprensione. Ma l'amicizia comporta anche ansie e preoccupazioni nonché gelosia e paure. Comporta anche, come sarà per Stuart, seguire un amico, pur non condividendone totalmente le scelte, per un senso di protezione. Stuart, ingenuo e un po' imbranato, seguirà Donovan trovandosi così invischiato in situazioni rocambolesche e avventurose superando finanche i limiti della legalità proprio lui, il bravo ragazzo di buona famiglia, che nella sua vita ha assurto al rango di valore fondamentale proprio la legalità. Amicizia, dunque, ma non solo perché tra le pagine del romanzo tanti sono i temi trattati, c'è l'amore travolgente come solo il primo amore può essere, c'è il peso fondamentale degli ideali, c'è l'amore per gli animali e la ribellione a un sistema che, in nome del progresso scientifico e del dio denaro, infligge crudeltà a esseri indifesi. E ci sono, ancora, gli estremisti. A.L.F. è un romanzo scanzonato, ma non troppo, appassionante,ricco di colpi di scena.
    Dolce, ma anche molto amaro

martedì 17 marzo 2020

FINALMENTE PARIGI - Mark Twain

Ah, Paris

Titolo: Finalmente Parigi
Autore: Mark Twain
Editore: Mattioli 1885
Anno: 2019
Genere: Viaggi
Pagine: 161
Traduzione: Livio Crescenzi

La partenza del piroscafo Quaker City da New York per la “Grande Escursione di Piacere in Europa e Terra Santa” è fissata per il giorno 8 giugno 1867: è un sabato. L’orario per il salpo è previsto alle dodici. Tra i partecipanti a quel tanto commentato viaggio vi è anche un giovane trentaduenne Mark Twain, il quale è riuscito a farselo finanziare dal Daily Alta California. E in quell’atteso sabato il giovane cronista osserva il molo affollato, i ponti dell’imbarcazione strapieni di bauli e valigie, ma soprattutto i crocieristi, provenienti da diverse città, con i loro orribili abiti da viaggio e il loro pigolio incessante tanto che “sembravano tani polli mogi e abbattuti che stessero facendo la muta delle penne.” In alto, si intravede issata una maestosa bandiera. È nell’insieme uno spettacolo tristissimo nonostante quello fosse un viaggio di piacere! Alfine, arriva l’ordine: Mollare! Ma piove, piove copiosamente: c’è una tempesta. Pertanto i passeggeri debbono rimanere ormeggiati nelle acque del porto. Domenica mattina la tempesta si placa, ma il mare è ancora agitato: resteranno ormeggiati fino al lunedì. Poi finalmente si solcherà l’oceano. I passeggeri iniziano subito ad adattarsi alla vita di bordo che, ben presto, diviene monotona come “la routine di una caserma”. Non noiosa, per carità! Ma, a onor del vero, ci va molto vicino. I crocieristi, iniziano ben presto a modificare il loro lessico e ad appropriarsi dei termini marinareschi “cabina a pruavia” e “cabina a proravia” diventano espressioni usuali. Il viaggio è appena agli inizi, torneranno a New York il 19 novembre…

Nel 1869 un non ancora famoso Mark Twain, pseudonimo di Samuel Langhome Clemens, diede alle stampe The innocent abroad Gli innocenti all’estero, volume nel quale raccontava, con piglio di cronista, di una crociera in Europa, Nordafrica e Terrasanta. Oggi, l’editore Mattioli 1885 ripropone quell’opera in due volume distinti: Finalmente Parigi, appunto, che narra della prima parte del viaggio e il volume In questa Italia che non capisco. Viaggio nel Belpaese, dedicato alla seconda parte della Grande Escursione. Finalmente Parigi, quindi, rientra nella produzione giovanile di Twain prima che egli assurgesse al rango ufficiale di grande scrittore, prima che Faulkner lo definisse come il più grande scrittore americano. In queste dense pagine ci offre una cronaca precisa di questo viaggio di piacere che, a pieno titolo, si inserisce in quel periodo ottocentesco nel quale il viaggio diviene strumento accessibile non più solo al ceto aristocratico ma anche alla borghesia, viaggio che reca in sé lo strumento per un arricchimento culturale, trasformandosi in una tappa dell’iter formativo e di crescita dell’uomo. Non è un caso che la prima agenzia di viaggi fu creata proprio nel 1865 da Thomas Cook, a Londra, il quale già venti anni prima aveva organizzato il primo pacchetto turistico della storia. In questo clima si inserisce anche il viaggio narrato da Twain che, con spirito critico e con l’acume e la sagacia che sempre lo caratterizzeranno, ci racconterà dei paesi visitati, senza mai dimenticare di scagliare la sua usuale dose dardi velenosi: i suoi compagni di viaggio sono dei pennuti, la comunità delle Azzorre “lenta, povera, inetta, assonnata e pigra”, una comunità fertile per gli imbrogli dei gesuiti. Nessun luogo sfugge alle mordaci parole di Twain, ma soprattutto nessuna persona, perché è vero che si parla di viaggi ma nel mirino del perfido cronista ci sono prevalentemente gli uomini, con i loro vizi, difetti, con le loro banalità.

domenica 15 marzo 2020

UN LEGAME SOTTILE - Paola Cosmacini

Di sage femme
Titolo: Un legame sottile
Autrice: Paola Cosmacini
Editore: Baldini & Castoldi
Anno: 2019
Genere: Saggio salute
Pagine: 215

L’ostetricia, da ob stare, stare davanti, ha le sue radici in Francia. Essa è innanzitutto un’arte, l’arte di assistere la partoriente e il neonato nelle prime ore di vita. Ci sono dei momenti fondamentali nell’evoluzione di tale arte prima che si arrivi a considerarla una vera e propria scienza. Nel 1513 nella luterana Strasburgo compare Der roszgarten, il primo libro a tema ostetrico. Testo fondamentale che costituirà, per più di due secoli, un importante punto di riferimento non solo per le levatrici. Ma anche per i medici. Al tempo della sua pubblicazione l’accouchement, il parto, è quasi esclusivamente un affare di donne e sarà fino alla metà del 600 che, in tale delicato momento, non si ricorrerà a figure maschili se non per casi particolarmente complicati per i quali è indispensabile l’intervento di un medico, quindi di un uomo. Di fatto, chi si occuperà per secoli del parto sarà la sage femme, ossia la figlia o moglie del medico capace di gestire il parto eutocico e distocico e alla quale anche la comunità religiosa aveva riconosciuto un certo status sociale autorizzandola, finanche, a battezzare in situazione drammatiche. Nel 1627 la sage femme Louyse Bourgeois promotrice e sostenitrice dell’eliminazione nel parto di vincoli - sostenendo come debba essere la donna a scegliere la posizione più adatta - pubblica un opuscolo, Apologie contre le rapport de Médecin con il quale critica l’ingerenza dei medici nel campo ostetrico. Con il tempo e con l’acquisizione di maggiori conoscenze sanitarie, la prerogativa femminile nel campo dell’ostetricia viene meno e ciò quando l’ostetricia assume, gradualmente, le forme di una disciplina medico-scientifica, quindi per ciò stesso di appannaggio maschile. Nasce quindi un sapere nuovo praticato e insegnato da una nuova figura, l’accoucher, esclusivamente maschile…
Paola Cosmacini, medico radiologo, divulgatrice scientifica, nel descrivere due figure fondamentali nel campo dell’ostetricia, Madame Marie Boivin e Monsieur Stéphane Tarnier, ci delinea, in modo completo e dettagliato, il lungo e tortuoso excursus storico dell’antica arte di assistere la partoriente. Un’arte che, per molti secoli è stata di esclusiva competenza della donna (in alcune epoche della donna-strega). Momento storico che passa anche attraverso le figure di Boivin che fu levatrice e divenne medico e di Tarnier il primo ostetrico con particolare attenzione a quel legame sottile che li unì. Due studiosi che, di fatto, non si conobbero personalmente, ma furono comunque uniti dalla smisurata passione per lo studio per la ricerca nonché mossi da una attenzione per la cura e l’assistenza delle persone sofferenti. Entrambi vissuti nella Parigi dell’Ottocento, “si passarono il testimone della scienza ostetrica e ginecologica”. Due mani piccole, delicate e femminili quelle della Boivin e due mani armate quelle di Tarnier: entrambi furono animati dal medesimo spirito medico avanguardista che ha rappresentato il “vero motore di un’ostetricia d’ancien regime verso l’alba dell’ostetricia moderna” (Tarnier è considerato anche l’ideatore della incubatrice neonatale). Un apprezzabile testo documentato e ricco di riferimenti bibliografici dietro il quale si intravede uno studio attento delle fonti storiche anche nel delineare sia quel sempre difficile e ostacolato percorso di evoluzione del ruolo della donna in campo medico sia quel passaggio storico nel quale il parto da momento intimo da svolgersi tra le quattro mura di una casa (con tutti i pericoli connessi alla salute della donna e del nascituro) diviene momento da svolgersi in ospedale (con maggiori garanzie per la salute).

sabato 14 marzo 2020

IL COMMEDIANTE TRASFORMATO - Stefan Zweig

Protezioni
 
 Titolo: Il commediante trasformato
Autore: Stefan Zweig
Editore: Vie Del Vento
Anno: 2019
Genere: Teatro
Pagine: 41
Traduzione: Claudia Ciardi


Nel grande salone in stile rococò fa ingresso la contessa, la favorita del principe, la quale domanda alla sua damigella quali siano le novità. La zelante damigella le consegna il programma dei divertimenti settimanali: caccia alla volpe, giostra, festa da ballo, ricevimenti. Insomma, una settimana intensa, ma – di fatto – il solito tran tran. Inoltre, la damigella in questione si premura anche di comunicarle come là fuori, da parecchio tempo, ci sia un giovane che attende, impaziente, udienza. Si tratta di un commediante. Giovane, magro, dinoccolato. Viene fatto entrare, la contessa lo guarda con estrema curiosità e non senza una certa superiorità – certo, normale in lei – gli chiede un bel “Desidera?”. Al che il giovane prende la parola evidenziando, in particolare, il fatto che nessuno protegga i teatranti e come la loro vita sia spesso governata dal vento e dall’inedia e, pertanto, egli implora “la sua misericordia affinché la contessa conceda a lui e alla sua compagnia protezione”. Questo cerca: aiuto, protezione e sicurezza. Di questo ha bisogno l’arte, altrimenti non si può andare avanti. All’improvviso, a interrompere le richieste del giovane, si ode un forte trambusto davanti alla porta della sala e, repentinamente, fa ingresso un uomo, il cavaliere, ben noto alla contessa…

Pubblicato dalla casa editrice Via del Vento nella collana i Quadernidiviadelvento, che si è posta l’obiettivo di riscoprire testi inediti e rari del ‘900, Il commediante trasformato si inserisce nella produzione giovanile di Zweig. Infatti il teatro fu uno dei primi amori del grande autore tedesco e pare come, nonostante nelle opere successive e più conosciute egli abbia preso altre strade, che quel primo amore non si sia mai affievolito. Trattasi di un’opera in atto unico nella quale si analizzano e espongono, tramite la voce del commediante, le angustie, i crucci, le sofferenze dell’attore, del suo ruolo nella società. Attore non votato a un buon destino quanto piuttosto votato a morte certa se privo di tutela o protezione da un potente. Attore destinato, senza tale ancora di salvezza, a vivere ai margini: “non abbiamo altro tetto che questo carro esposto a vento e pioggia” dirà il nostro commediante. E nonostante questo inizio desolante il teatrante, nel corso delle vicende che si sviluppano nel palazzo, acquisisce forza e una grande consapevolezza di sé e del suo ruolo, da qui il trasformato del titolo. Nell’opera non è difficile cogliere echi shakespeariani, ma anche tematiche nostrane come quelle di Pirandello “tra un’ora damerino ventenne metterò in scena la sua persona. E tutto quello di cui fa sfoggio […]mi appenderò tutto come una maschera con quell’aria tronfia che le appartiene. Non uno ma cento come lei farei vivere in un’ora”. Lo stesso Pirandello che, peraltro volle tradotto in tedesco dallo Zweig il suo dramma Non si sa come. Un atto unico decisamente affascinante per stile e tematiche e che, inevitabilmente. stimola a conoscere ancor meglio lo Zweig drammaturgo.