mercoledì 14 novembre 2018

LA RONDINE SUL TERMOSIFONE - Edith Bruck

Righe d'amore
Titolo: La rondine sul termosifone
Autore: Edith Bruck
Editore: La Nave di Teseo
Anno: 2017
Pagine: 140
Genere: Romanzo

Quando prendo in mano romanzi che affrontano il tema della malattia ho sempre il timore di ritrovarmi sommersa di retorica. Ciò avviene soprattutto quando si parla della malattia di un marito, di un compagno, di un genitore. Inoltre la retorica tende a crescere in base alla gravità della malattia e raggiunge livelli altissimi quando si arriva alla morte. Infatti accade spesso che di fronte a un caro malato, ci si ritrovi quasi a cancellare il passato, a cancellare i difetti, a descrivere persone completamente diverse da quello che in realtà sono state. Ammantando il caro, defunto o quasi, di qualità che, di fatto non ha mai posseduto. Ecco, quei libri così mi spaventano perché in essi è la finzione che domina, conscia o inconscia che sia. La rondine sul termosifone è, invece, onesto, è privo di retorica. Un libro sincero. Vero. È un romanzo sulla forza della scrittura, sulla forza della memoria, ma è anche un romanzo sull’amore. Quello imperfetto, vero insomma.
Scrive, scrive. Di lui, di loro. Del prima e del dopo. Scrive ed è contenta e ogni riga che colora di nero il foglio bianco ha un significato: è un furto. Vuol dire rubare un po’ di tempo a lui, a suo marito Nelo. E lei è tante cose per quell’uomo: è la madre, è la moglie, è la sorella, è l’infermiera. Ma, soprattutto, lei è memoria. Tutto ciò con la pazienza di Giobbe e lo spirito di sacrificio di Sisifo. Ma quando è iniziato tutto? Quando è iniziato il declino del poeta e regista? Quando è entrato nel tunnel senza ritorno della malattia? C’è sempre un inizio. Il primo segnale, dieci anni prima, ad Assisi. Lei e suo marito erano in vacanza e lì, su quelle strade, lo vide camminare in un modo anomalo, piegato all’indietro. Lo ricorda bene quel suo incedere totalmente scoordinato. E poi la caduta. Lui non volle recarsi al pronto soccorso adducendo, a giustificazione, una lunga serie di forse. Forse era solo inciampato. Forse era solo un malore passeggero dovuto al caldo. Forse. E Nelo decise di porre fine a quella vacanza. Decise che sarebbero tornati a Roma nonostante avessero prenotato per una settimana.
“Se non riesco a capire, indovinare ciò che vorrebbe dire o non vedo ciò che immagina di vedere, i pagliacci sul muro, la rondine sul termosifone, se la prende con me. So di sbagliare molto spesso a non entrare immediatamente nel suo mondo senza mai contrariarlo, ma io sono un animale istintivo e la verità mi scivola di bocca da sola, le sue farneticazioni mi rattristano troppo, poi mi affretto a correggermi prima che mi guardi male e cominci a dirmi che sono una pazza,”
Nelo Risi, classe 1920, è stato un poeta e regista italiano e marito di Edith Bruck la quale, in queste pagine, racconta, con una sincerità disarmante, gli ultimi anni di vita del coniuge inoltratosi nei gorghi della demenza senile. Ne esce fuori, comunque, un ritratto dell’uomo, del poeta, umile, disinteressato ai beni materiali e di un matrimonio intenso, fatto di un grande amore. Un grande amore ricco anche di dolore, di tradimenti, un amore reale, insomma. In queste intense pagine, la Bruck,  si denuda esponendo tutti i suoi sentimenti, descrivendo, senza edulcoranti, tutte le sensazioni che si provano di fronte a un uomo - l’uomo della propria vita - che non la riconosce e che talora, nel buio della demenza, la chiama mamma. Una donna che, nonostante il percorso difficile, nonostante le allucinazioni di Nelo (il titolo del romanzo è, infatti, una delle allucinazioni del poeta), decide di stare con lui. E non nasconde nulla di questo “accompagnarlo”, né la rabbia, né la desolazione, né la sua continua fragilità. Un romanzo sull’amore, ma non buonista e neanche buono a dire il vero, amaro e tenero, nel quale un ruolo di primo piano è occupato dalla memoria, dalla necessità di fermare su carta, vite, ricordi, frammenti. Lasciare, in ultima analisi, qualcosa di scritto per qualcuno perché la memoria è importante, soprattutto per chi, come la Bruck, ha vissuto l’esperienza tragica dell’olocausto sulla propria pelle raccontandola nel suo primo romanzo autobiografico Chi ti ama così.

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