martedì 8 gennaio 2013

Cronache di letture Proustiane I

Marcel Proust
Era il 25 di Luglio. Era il mio compleanno, 25 anni (più 15). Un caldo terribile, terribile e insopportabile quasi quanto il mio eritema. E Proust, dico Marcel, arrivò. Arrivò nel suo cofanetto nero. Emozione, tanta. Marito dagli occhi verdi non sbaglia mai un regalo. Mai. Rimase il problema del "quando": quando iniziare a leggere quegli otto volumi che, da un lato,, affascinavano e, dall'altro, impaurivano? Domanda difficile. Passarono i giorni e, poi, i mesi. Proust se ne stava lì, silente, nella sua mensolina a guardarmi. Non mi chiamava, mi guardava e basta. Attendeva, con me, che quei giorni passassero. I giorni scivolarono piano piano, tatuandomi la triste consapevolezza di quanto la vita riservi sempre delle sorprese -brutte, molto spesso-, di quanto la vita possa essere bastarda, di quanta forza sia necessaria per superare ostacoli che, a volte, sembrano insormontabili. Ma la vita è anche altro: il sorriso di mia figlia, marito dagli occhi verdi, famiglia. Amore, tanto amore. Sono risorta, ancora una volta seppur non il terzo giorno.
Arrivò Dicembre, l'inverno sembrava avere ancora un certo timore reverenziale a palesarsi, Proust continuava a farsi i fatti suoi nel suo nero cofanetto. Sempre in silenzio. Immobile. Intanto, iniziai a respirare. E a sorridere. Arrivò Gennaio e presi in mano quel cofanetto. Estrassi il primo volume 'Dalla parte di Swann' e cantai le prime parole dell'incipit " A lungo, mi sono coricato di buonora. Qualche volta, appena spenta la candela, gli occhi mi si chiudevano così in fretta che non avevo il tempo di dire a me stesso: "Mi addormento". E, mezz'ora più tardi, il pensiero che era tempo di cercar sonno mi svegliava". Ecco, quasi senza che me ne accorgessi sono entrata nella Recherche. Proust ha iniziato a parlarmi. Non tace più.

venerdì 4 gennaio 2013

POLVERE DI SILENZI - Giovanni Sicuranza. Righe strette

Titolo: Polvere di Silenzi
Autore: Giovanni Sicuranza
Editore: Ilmiolibro.it
Anno: 2012
Pagine: 174


"-Ho capito, bruciamo tutti i suoi libri!
- Altra pubblicità. Lo sento già ardere vendetta, quello scrittorucolo.
- Ah, ma dunque? Mi sono stancato di ignorarlo. Non serve, anzi, sembra trarne maggiore determinazione per tornare con quei raccontini insipidi.
- Sai cosa.
- Cosa?
- Penso.
- Cosa?
- Come fargli capire quanto nulla vale.
- Come?
- Lo esiliamo in un suo libro. Lo costringiamo a vivere tra le sue scempiaggini. Tra i suoi dialoghi, le sue idiote trame."





Tutto può capitare. Può capitare che uno scrittore sia condannato ad una fine quantomeno bizzarra per aver commesso un reato gravissimo: scrivere un libro. Può capitare che, come punizione per la sua boria, sia condannato all’esilio. No, non in una Sant’Elena di memoria napoleonica, ma esiliato nel suo stesso libro. Incastrato, nel vero senso della parola, tra le sue stesse righe. A stretto contatto con i suoi personaggi nelle sue grigie ambientazioni.  La sentenza di condanna è pronunciata dai malefici recensorum, l’élite dei lettori che non concedono all’autore grazia alcuna. E tra quelle righe, tra quei racconti di suo pugno redatti lo scrittore, stritolato dalle lettere che lasciano poco spazio anche per respirare, si rivolge al lettore implorandolo di continuare a leggere posto che una chiusura repentina del libro potrebbe causare la sua morte. Per la gioia dei saccenti recensorum.
‘Polvere di silenzi’  è il terzo romanzo di Giovanni Sicuranza che mi trovo a leggere e, esattamente come la prima volta, ho provato quella strana sensazione: un misto di sorpresa e di incanto. Capita, se a scrivere è Sicuranza, niente è come lo si immaginava. Polvere di silenzi non può, assolutamente, essere definito come una  semplice raccolta di racconti, sarebbe riduttivo e significherebbe non tener conto del fatto che i racconti son costruiti ad incastro in modo impeccabile tanto da poter definire l’opera un vero e proprio romanzo che solo una mente creativa e fantasiosa poteva creare. E in questo romanzo ascoltiamo più voci che si mescolano in un quadro atrocemente  surreale nel quale domina, nel bene e nel male, la figura dello scrittore esiliato. Ma al di là del surreale, delle morti grottescamente descritte, al di là di uno scrittore incastrato tra le sue stesse righe io credo che vi sia tanta verità in questo romanzo. Precisamente, quella realtà, difficile certo, degli scrittori emergenti, degli ‘sconosciuti’ che, pur avendo ottime capacità, devono combattere con logiche di mercato atroci che, spesso, premiano autori non meritevoli ma solo ‘vendibili’. È come se non vi fosse spazio per chi non è stato osannato dal recensorum di turno. Sicuranza è un autore che ha padronanza della scrittura, ho già letto con gusto i suoi due precedenti romanzi – ‘Storia da città di solitudine e dal km 26’ e ‘Ritorno a Città di Solitudine’ – nei quali la morte è protagonista, gli aspetti cimiteriali e gotici dominano in un sottofondo nel quale il sole non pare mai splendere tutto essendo confinato in una rete di tristezza e malinconia che si incolla  addosso. La scrittura di Sicuranza è ammaliante riuscendo egli a catturare l’attenzione del lettore – non recensorum – senza mai fargli perdere l’attenzione. C’è sempre la voglia di voltare la pagina per vedere come sarà la successiva e chiedersi, ogni volta, “ma dove arriverà ‘sto Sicuranza?”, pur con la consapevolezza che dietro quella pagina non ci sarà mai una passeggiata mano nella mano o una cena a lume di candela, ma solo temi macabri dall’odor di morte trattati con ironia e intelligenza. Molta intelligenza.