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giovedì 26 marzo 2020

IL PAESE DELLE CROCI - Gianfranco Cambosu

      Dolenti ruches
 
Titolo: Il paese delle croci 
Autore: Gianfranco Cambosu 
Editore: Emersioni 
Anno: 2019 
Genere: Noir
 Pagine: 269



Sardegna, Sas Ruches. Il professore Ercole Cassandra si trova da tre giorni nell’isola, a ricoprire la cattedra di insegnante in una scuola media, in un piccolo paesino della Barbagia. Già da subito, Cassandra sente la distanza abissale tra lui e i suoi alunni. Ritiene che tale abisso non potrà essere colmato. Certo potrebbe sempre tornare nella sua, di isola, Nessuno glielo impedirebbe, sarebbe sufficiente una semplice raccomandata o anche una più rapida telefonata. E invece no, lui rimane. “Non è dei Cassandra tirarsi indietro.” Infatti, Il professore è siciliana, ma con quella aspra terra che lo ospita ha un legame particolare: quindici anni prima suo padre, Capitano dei Carabinieri, fu ucciso proprio a Sas Ruches. La sua presenza, quindi, non è dovuta solo all’insegnamento, ma ha anche lo scopo di far luce su quell’omicidio lontano nel tempo che risulta essere ammantato dal mistero. E lui intende conoscere la verità che sa essere difforme da quella ufficiale…

Quinto romanzo dell’autore nuorese Il paese delle croci è un’opera complessa nella quale confluiscono tematiche di diversa natura. Partendo dal nucleo tipico del giallo del quale possiede tutti i canonici pilastri: omicidio-indagine-individuazione del colpevole, Cambosu ci trasporta in un mondo dalle mille sfaccettature immerso in atmosfere grigie e cupe e che danno la stura a una serie di riflessioni. In primis, è un romanzo sulla terra sarda, con le sue tradizioni – non ultimo quelle culinarie - analizzate nei loro tipici aspetti. Particolarmente interessante e degne di nota sono le descrizioni de s’istranzu, il forestiero, e del suo rapporto con la terra ospitante, affidate sia alle parole dello stesso Cassandra, ma che emergono dal quadro generale di quella piccola società che è Sas Ruches. Rapporto tra s’sistranzu e terra ospitante, quindi, descritto molto onestamente e al di fuori di ogni logica campanilistica. Emerge nitidamente la difficoltà, per il forestiero, di inserirsi all'interno di una piccola comunità,. La comunità è chiusa in se stessa, poco aperta alle novità, in una sorta di autarchia spesso insondabile perché granitica, ammantata di segreti, di regole non scritte. Vero è che, nella cultura sarda pienamente rappresentata da Sas Ruches, l'ospite è sacro, è rispettato e finanche coccolato, ma è altresì vero che egli deve "stare al suo posto", osservare, partecipare senza mai esagerare, senza mai confondersi con gli abitanti del luogo perché è, e sempre sarà, unu istranzu. Quello sarà sempre il suo marchio perché ci sono cose che non potrà mai comprendere, ci sono porte che per lui non potranno mai aprirsi. Ancora, colpiscono le pagine dalle quali emerge l’importanza del ruolo dell’insegnante che non è, a dispetto dei programmi ministeriali, quello di fornire nozioni tecniche o freddi dati, ma è soprattutto quello di dotare – seppur con difficoltà e nonostante esse – il giusto bagaglio per affrontare la vita, soprattutto quando la vita ti ha lasciato in eredità i dettami di un mondo omertoso, diffidente e chiuso nel quale tende a prevalere, su tutto, la necessità di non mutare alcunché, di lasciare le cose nello stato di fatto in cui si trovano, stato di fatto che assurge, quasi, al rango di stato di diritto. Un diritto sui generis, certo, ma sempre diritto. 
Infine, il libro regala una speranza, una sorta di messaggio positivo, perché nulla è perduto. Tutto può cambiare, pare dimostrarci. Sono i giovani che rappresentano questa speranza. Sono i giovani il motore del cambiamento, in melius.

lunedì 23 marzo 2020

A.L.F. LA STORIA DI DONOVAN BRADLEY - Maurizio Ricci

Scanzonati, ma non troppo

 Titolo: A.L.F. La storia di Donovan Bradley
Autore: Maurizio Ricci
Editore: Bibliotheka
Anno: 2019
Genere: Romanzo
Pagine: 384

    Siamo a Londra alla fine degli anni '80. Stuart e Donovan sono due giovani molto diversi tra loro per estrazione sociale, per cultura e per esperienze di vita. Stuart è uno studente che può contare sull'appoggio della sua famiglia, si laureerà in chimica e lavorerà nella fabbrica dello zio, una volta ottenuto il titolo. Donovan è figlio della strada, per vivere fa il meccanico. Diversi, ma saldamente uniti da una amicizia sincera e leale. Insieme sono invincibili, condividono tutto. Vivono quasi in simbiosi. E si divertono tanto. Le cose paiono cambiare quando Donovan incontra la bella Lucy, una rampolla di ricca famiglia. Si innamorano e, in tutto ciò, Stuart teme quel cambiamento che sta vedendo nel suo adorato amico. Teme che Lucy con la sua influenza possa allontanare Donovan da lui. Vede con sospetto l'interesse e la graduale conversione di Donovan alla causa animalista....

    Il romanzo di Maurizio Ricci è, essenzialmente, la storia di una grande amicizia, nel senso più ampio del termine: condivisione, amore incondizionato, comprensione. Ma l'amicizia comporta anche ansie e preoccupazioni nonché gelosia e paure. Comporta anche, come sarà per Stuart, seguire un amico, pur non condividendone totalmente le scelte, per un senso di protezione. Stuart, ingenuo e un po' imbranato, seguirà Donovan trovandosi così invischiato in situazioni rocambolesche e avventurose superando finanche i limiti della legalità proprio lui, il bravo ragazzo di buona famiglia, che nella sua vita ha assurto al rango di valore fondamentale proprio la legalità. Amicizia, dunque, ma non solo perché tra le pagine del romanzo tanti sono i temi trattati, c'è l'amore travolgente come solo il primo amore può essere, c'è il peso fondamentale degli ideali, c'è l'amore per gli animali e la ribellione a un sistema che, in nome del progresso scientifico e del dio denaro, infligge crudeltà a esseri indifesi. E ci sono, ancora, gli estremisti. A.L.F. è un romanzo scanzonato, ma non troppo, appassionante,ricco di colpi di scena.
    Dolce, ma anche molto amaro

venerdì 23 agosto 2019

SEMPRE CARO - Marcello Fois

Titolo: Sempre caro
Autore: Marcello Fois
Editore: Einaudi
Anno: 2015
Genere: Romanzo
Pagine: 100

Si diceva che Bustianu, dopo pranzo, stesse andando a fare una passeggiata: il “sempre caro”. Così la chiamava, proprio come la poesia di Leopardi. E con “sempre caro” egli non intendeva il colle, intendeva proprio prendersi un po’ di fresco in altura e godersi il panorama. Si diceva che Bustianu fosse pensieroso e ciò poteva solo significare che avesse tra le mani una causa complessa e che, pare, non volgesse al meglio. Stava difendendo un giovane, Zenobi, bello come il sole che si era messo nei guai: accusato di aver derubato degli agnelli per poi rivenderseli. E nulla, quella causa non andava proprio bene, dato che il giovine si era dato alla latitanza. E, no, ripeteva zia Rosina, madre di Zenobi, che non poteva aver fatto una cosa simile suo figlio: lei lo conosceva bene. E poi, c’era anche la storia di Sisinnia, bella come una madonnina, e pare che tra lei e il giovane latitante ci fosse del tenero. E pare ancora che il padre di lei, della madonnina, fosse pure contento di quella simpatia tra i due. E allora, perché Zenobi avrebbe dovuto rubare gli agnelli proprio a Casula Pès, padre di Sisinnia? Perché?...

Sempre caro fa parte del progetto letterario di Marcello Fois mirante a creare una saga con personaggio fisso e di cui costituisce il primo volume, seguito da Sangue dal cielo e L’altro mondo, tutti editi da Einaudi. Il protagonista Bustianu trova la sua origine in un personaggio realmente esistito: il grande avvocato, poeta e intellettuale nuorese Sebastiano Satta. La storia raccontata rispecchia lo schema tipico del giallo: delitto-indagine- individuazione del colpevole, ma si arricchisce di nuovi elementi tanto da potersi indubbiamente definire un giallo atipico che fuoriesce da quelli che sono i rigidi confini di tale genere. Un romanzo di più ampio respiro quindi, innovativo sia per l’impianto narrativo sia, e soprattutto, per lo stile e per l’uso attento e originale della lingua utilizzata dall’autore. In primis, risulta strutturata su più voci che si alternano senza sovrapporsi: un primo narratore che ci presenta Bustianu; Bustianu stesso che ci racconta la storia dal suo punto di vista e, infine, un terzo narratore. Voci con tre registri narrativi diversi e che, talora, attingendo all’oralità, tessono un romanzo intricato, poetico, con bellissime descrizioni che restituiscono immagini di paesaggi agresti, ma anche riflessioni sulla società sarda dell’ottocento, sul ruolo-missione dell’avvocato, sul concetto di giustizia. Su tutto domina la lingua utilizzata da Fois: si passa da interi periodi in sardo a singoli lemmi e anche, traduzioni letterali in italiano, di modi di dire o espressioni tipicamente sarde. Un romanzo sui generis come lo definisce Camilleri nella prefazione che, nel concentrarsi sul concetto di lingua dell’autore, richiama, a proposito, le parole di Sergio Atzeni: “quando cerco una parola che abbia un suono diverso, che porti a una specificazione più precisa, uso il sardo. Credo che questo sia il contributo che ogni etnia regionale dovrebbe portare”.

mercoledì 3 luglio 2019

LA PRESUNTA STORIA VERA DI GIULIA E GIULIO - Giovanni Follesa


Il gigante egoista

Titolo: La presunta storia vera di Giulia e Giulio
Autore: Giovanni Follesa
Editore: Arkadia
Anno: 2018
Genere: Romanzo
Pagine: 208


Roma, anno 2032. Giulia e Giulio sono due fratelli, gemelli, figli del grande Ernesto Luigi Saccherio, il magistrato, l’uomo che ha dato una svolta al Paese e, soprattutto, a un sistema politico fatto di mollezze e di corruzione, Ernesto chiamato dai figli anche il Papa e, da Giulia, il “grande egoista di merda”. Saccherio padre ha votato la sua esistenza al diritto, appartiene alla categoria di coloro che posseggono una dirittura morale tale da contrastare il decadimento della politica degli anni passati. Con lui,  grazie al suo operato si è attuata una grande trasformazione di tutto il sistema, sotto il vessillo della giustizia, dell’onestà: anche la Chiesa non ha più sede in Italia, ma in Sudamerica. Tutto è cambiato. E di quel padre egoista, egocentrico, sia Giulio sia Giulia seguiranno le orme: entrambi studieranno legge. E impareranno ad amare, seppure in modi diversi, quella materia. Forse perché in quella casa si respirava, in ogni attimo, il diritto, forse perché, nonostante l’insofferenza ne hanno sentito forte il fascino. O la paura. I due giovani hanno quasi terminato il loro percorso di studi, sono alle soglie della laurea. Quando Giulia si recherà dall’esimio professor Bozzolo per chiedere di discutere la tesi con lui, scoprirà che il fratello, di lei più talentuoso e con una visione quasi mistica del diritto, si è già recato dal professore. Vista la duplice richiesta, Bozzolo propone ai due gemelli una tesi congiunta sull’analisi dei fatti, storici e sociali, che hanno portato al quadro attuale: insomma un’analisi dei mutamenti che hanno condotto al vigente sistema con il trasferimento della Chiesa in terra sudamericana. Nel far questo i due giovani dovranno accedere al bunker paterno, il suo archivio segreto, contenente una mole immensa di documenti. I due figlioli troveranno un accordo con il padre: potranno varcare quella porta blindata e ogni giorno, per un mese in tutto, potranno consultare quei documenti. “Troverete la mia vita disegnata su queste carte. Ci troverete il vostro futuro” sentenzierà il grande Saccherio….
Pubblicato per i tipi di Arkadia nel 2018 e recante in copertina la riproduzione del bellissimo dipinto di Sergio Fiorentino, La presunta vera storia di Giulia e Giulio si presenta, già dalle prime pagine, come un romanzo in grado di catturare l’attenzione del lettore, facendolo immergere, piano piano, in una vicenda intricata e costruita abilmente. Ambientato in un futuro non troppo lontano, il 2032, il romanzo ci presenta un nuovo periodo storico nel quale il passato (che, di fatto è il nostro presente) è stato spazzato via. E parallelamente a tale analisi, vi è uno scavo profondo nei rapporti familiari, in affetti tormentati, in mancanze, in ferite sempre purulente. Un viaggio, tortuoso, nell’infanzia dei due gemelli. E, passo dopo passo, con una tensione crescente, scandita da quelle giornate nel bunker paterno, prenderà vita un quadro dalla tinte fosche. Follesa è bravo nel regalarci dosi sempre crescenti di inquietudine, con una gradualità dosata, come uno stillicidio che mantiene sempre viva l’attenzione. Ha molte facce questo romanzo, come la verità che mai è un blocco uniforme e compatto e, di fatto, pone una lunga serie di quesiti. È presente un’analisi del potere nelle sue mille sfaccettature - esiste, alla fine un potere, che sia anche buono? Forse potere e giustizia saranno sempre destinati ad essere riposti nei cassetti degli ossimori insuperabili. Il romanzo è anche un esame sulla verità, sulla sua ardua ricerca e sul fatto che, alla fine dei conti, il suo raggiungimento - o presunto tale-  mai del tutto risulta soddisfacente. Fa riflettere tanto questo libro. Sia sul ruolo delle scelte, di certe scelte, soprattutto politiche, quelle che spesso, con il tempo, perdono di senso e delle quali si smarrisce il filo originario che le ha fatte sviluppare. Sia, infine, su quella che è la situazione politica attuale, su quella che è stata e su quella che sarà. E Follesa non pare regalare speranze: difficile vedere spiragli di luce quando il buio è divenuto parte integrante di noi stessi. Nel chiudere il libro tanta amarezza, senso di impotenza, sensazione che tutto pare destinato a ripetersi solo con volti e nomi diversi, ma che tutto, in fondo, rimanga uguale. Ottimo romanzo, ottima caratterizzazione dei personaggi, ricco di contenuti che non dà risposte, ma ci fa porre tante domande, il tutto con uno stile scorrevole, pulito senza sbavature. Leggerlo è un’esperienza.
Articolo già pubblicato nella rivista Làcanas


lunedì 14 gennaio 2019

FOTOGRAMMI SLEGATI - Pier Bruno Cosso

Titolo: Fotogrammi slegati
Autore: Pier Bruno Cosso
Editore: Il Seme Bianco
Anno: 2018
Genere: Racconti
Pagine: 210

Uomini, tormenti, dolori, sogni si muovono in questi fotogrammi che indagano nell'animo umano, nella pochezza dell'essere, ma anche negli slanci emotivi, nelle speranze. Sono fotogrammi che, a un certo punto, e a dispetto del titolo si slegano. E parlano.

Una furia  cieca è quella che anima il vecchio cinghiale protagonista del racconto che dà inizio alla raccolta. Il vecchio cinghiale, corre, corre. Stordito, arrabbiato, si lancia verso i cacciatori: quelli che gli hanno ucciso il suo figlioletto. Un piccolo cinghiale che ancora non conosceva bene la vita, la crudeltà del mondo. In quella furiosa corsa che pare infinita è animato solo dalla voglia di annientare questo mondo sbagliato....
Cagliari, Sant'Elia. Il professor Silverio Isuledda guarda verso l'asfalto, verso il corpo disteso di Loris, il suo alunno. In sottofondo la voce guida del defibrillatore. La scuola, la Sua scuola, non è riuscita a divenire un ambiente protetto. Quella scuola, poco più in là, ha perso Raul, disteso e coperto da un lenzuolo bianco...Poi c'è Luisa, Luisa e quello che doveva essere un giorno speciale. Era tutto programmato. Un colloquio di lavoro importante: da esso lei si attende un grande cambiamento. Una rivalsa. Dominare, per una volta la sua vita. Impadronirsene....

In questo album dell'autore sassarese si muovono storie, uomini, donne tutti in bilico su un sottile filo di amarezza. Sono narrazioni, quelle di Cosso, prive di eroi, di medaglie al vincitore, ma anche così ricche di aneliti, di sogni, di slanci verso un "oltre" non ben identificato, verso mondi differenti, o forse solo verso una opportunità. E per quanto ci sia questo slancio, tremendamente forte in alcuni casi, l'obiettivo finale si ammanta di una patina evanescente, sfumata, divenendo inafferrabile. Non manca mai una continua analisi (auto-analisi il più delle volte) dell'animo umano che conduce all'arrendersi, o al raggiungimento della consapevolezza di aver rinunciato, a sognare o a combattere. Perché il mondo, il loro piccolo-grande mondo, è crudele, non aiuta. Tutti i personaggi si muovono su terreni scoscesi o friabili. Ci sono i quartieri malfamati e il marchio dell'emarginazione che essi imprimono. Ci sono vizi che imprigionano. Ci sono persone destinate sempre a zoppicare per dover trasportare, giorno dopo giorno, fardelli ingombranti non smaltibili.
Sono racconti che scandagliano l'animo umano in tutte le sue imperfezioni, le sue fragilità in quel cammino, talora complesso e spogliato di speranze che, spesso, è la vita.  

Conclude la raccolta il monologo teatrale Era solo uno schiaffo che affronta il problema della violenza sulle donne, tematica per la quale l'autore ha mostrato sempre molta sensibilità-
Lettura interessante.

sabato 3 novembre 2018

LUNISSANTI - Anna Melis

Figlioli di cani

Titolo: Lunissanti
Autore: Anna Melis
Editore: Frassinelli
Anno: 2018
Genere: Romanzo
Pagine: 292 


Mama Lucia Cherchi è una donna forte, inespugnabile “come una fortezza”. Ha cinque figlie più una nipote a lei affidata. Tutte femmine: è questa la sua maledizione. Mama Lucia cova rancore e odio, tanto odio, soprattutto per quel “figliolu di cani” di Andrea Fresu, suo nipote, per tutto ciò che le aveva fatto in quel giorno, nella settimana di Lunissanti, il lunedì della settimana santa che precede la domenica di Pasqua. Se lo ricorda bene anche la sua figlia più piccola, Lauretta. Quel fatidico dì, Mama vesti bene le sue figliole, da consorelle con il cero in mano. La giornata iniziò con la messa a Santa Maria della Grazie dove il loro zio era divenuto vescovo. Andrea Fresu era un cantore del coro, il più bravo. Dopo la messa iniziò la processione per giungere, come da tradizione, all’abbazia di Tergu. Quel giorno, proprio quel giorno, ricorda Lauretta, sua sorella Adelina e suo cugino Andrea Fresu sparirono. Tutti videro l’abito di Adelina e del cugino ammonticchiati dietro il confessionale. In fondo a mama Lucia non importava tanto quello che era successo ad Adelina, no, le importavano soprattutto i commenti della gente. In paese non si parlò d’altro e si dissero tante cose cattive: sicuramente che lei l’aveva sedotto e, in genere, tutti erano convinti che l’avrebbero ritrovata, ma morta. Adelina tornò,  tutta contenta che “pareva aver visto i santi”. Tutti la aspettavano: la madre, le sorelle, le comari della confraternita e il priore naturamente. La mama fece entrare le comari in una stanzetta le quali spogliarono la giovane e zia Bachisia iniziò a ispezionarla e, alla fine, emise il verdetto: “a posto la bambina è intera". Poi fu la volta dell’esorcismo da parte dello zio…
Anna Melis, cagliaritana di origini, dà alle stampe un romanzo nel quale dipinge il quadro di una Sardegna dei primi anni del novecento tutta ammantata di principi religiosi, di superstizioni, di credenze, ma non solo. Infatti Lunissanti è una grande storia di lotta, pur non manifestata in modo plateale, contro tali principi, lotta in nome della libertà di essere se stessi, in nome dell’amore. Un romanzo femminile, intimo, delicato e allo stesso tempo atroce. Spettatrice, e attenta cronista, delle vicende della famiglia Cherchi è la piccola Lauretta, legata in modo viscerale a sua sorella  Adelina, la pazza (?) che ama intensamente, in modo puro, quasi non umano, che si ritrova a vivere, nel suo percorso di crescita, tra i muri di diverse prigioni e carcerieri: sua madre, arcigna e totalmente priva di empatia impegnata com’è a crogiolarsi nel suo mondo di rabbia e superstizioni, il convento dove viene reclusa per purificarsi, e, in fondo, anche tutto ciò che la circonda è prigione per lei che vuole volare leggera, libera da catene di qualsiasi tipo. E ama, ama intensamente. E sogna, sogna ali per raggiungere il bene più grande: l’indipendenza. Un romanzo di scontri, scontri generazionali, scontri con precetti che paiono inattaccabili, scontri con un mondo che pare sempre ostile. Un romanzo soprattutto di sentimenti, quelli forti, di aneliti verso altre vite, si sogna e si spera. Si combatte anche. Perché, alla fine, le donne di questo romanzo, sono esempi di forza. Una costruzione narrativa complessa che, di certo, sfugge a etichette semplicistiche, e se nell’introduzione, lo scrittore Cristian Mannu si domanda se sia possibile “scrivere un romanzo sull’amore, sui suoi molteplici e irrazionali volti, senza trasformarlo in un banale romanzo d’amore?” rispondo,senza incertezza, come sia possibile, la Melis ci è riuscita in pieno.

martedì 23 ottobre 2018

IL DOMATORE - Alberto Secci

Amore e odio

Titolo:Il domatore
Autore: Alberto Secci
Editore: Domus De Janas
Anno: 2017
Genere: Romanzo
Pagine:  208


Ho letto questo libro per  caso, o meglio, per via di una casella. Un mio collega, un giorno, mi ha lasciato nella casella avvocati il libro, invitandomi a leggerlo. Successivamente, sempre per caso, ho avuto l’occasione di parlarne diffusamente nel corso della presentazione tenutasi a Seui presso i locali del Museo. E ora, dopo più di un anno dalla prima lettura, mi ritrovo a scrivere qualcosa su questo romanzo con la puntualità che mi è propria, ma il concetto di tempo è relativo, si sa.
Il domatore è un libro che ha un sapore aspro e dolce,  il sapore di storie vecchie, storie di nonni, quelle storie che posseggono concetti e verità che rimangono immutati e immutabili nonostante lo scorrere del tempo. Ha la forza e il fascino dell’oralità pur essendo messo nero su bianco e credo sia proprio questo uno dei punti di forza del libro.
Sardegna. Nel paesino di Colimandola c’è un lieto evento. Nella casa di Don Francesco Pira nasce il piccolo Eusebio, ad assistere la madre nessuna levatrice, ma solo il padrone di casa, don Francesco appunto, che si è preoccupato di allontanare dalla soglia una donna che, benevolmente, intendeva assistere la partoriente. Diciotto giorni dopo quella nascita, la madre di Eusebio morirà, lasciando all’altero Don Francesco il compito di occuparsi di quel figlio marchiato tristemente da precoce orfanezza. Sarà una capra che fornirà il nutrimento vitale a quel bimbo. Il di lui padre forse si aspettava per il figlio una vita diversa, ma il piccolo manifesta, precocemente, una predispozione e una sensibilità abnorme per gli animali. Eusebio ha un animo da domatore, esattamente come il padre o, forse, meglio del padre, riuscendo a stabilire, con gli animali, una sintonia e a comunicare, grazie alle sue doti, con essi. La campagna, il verde e gli animali diventeranno la sua arcadia, ma quando quell’agreste mondo sarà colpito da una forte crisi, che non risparmierà tutto il territorio sardo, Eusebio inseguirà, con sua moglie Caterina, il sogno - allettante oltremodo - della miniera, lasciando Colimandola, lasciando le sue radici, lasciando i suoi animali  e suo padre. Ma la vita, spesso, è un cerchio ed è fatta più che di abbandoni, di ritorni...
Attraverso le vicende personali di Eusebio,  Alberto Secci dipinge un affascinante nonché realistico affresco di storia sarda che copre un arco di tempo di circa cinquantanni. Eusebio è un bimbo sveglio, perspicace ben consapevole di quello che vorrà essere. Il suo rapporto speciale con gli animali , la sua sensibilità fuori dal comune lo porterà a essere un domatore, a seguire la via paterna per raggiungere risultati anche più elevati del suo maestro. E là nelle campagne, a volte generose e a volte ostili, che sceglie di vivere, di crescere di formarsi rinunciando allo studio. Ma quelle campagna, a un certo punto, non basta più soprattutto e, allora, la miniera con le sue promesse di felicità diverrà la sua nuova vita. Ma le promesse molto spesso sono deludenti, la vita in miniera è dura, grigia, faticosa. Alla fine il cerchio si chiuderà con un ritorno: il ritorno al punto di partenza, cresciuto e uomo. Sono storie semplici quelle raccontate da Secci con una scrittura limpida e scorrevole, nella quale si muovono uomini con il loro bagaglio di sogni, di passioni, di amore e odio.  
Al centro del plot narrativo, e all’interno della cornice storica trattata,  si pone il rapporto padre-figlio sempre complesso, fatto di parole non dette, di silenzi pesanti, ma carichi di significati. Un rapporto difficile nel quale l’odio e l’amore lottano incessantemente, senza cedere, né l'uno né l'altro, a una resa. Ma Il domatore non è solo questo, poiché trattasi di romanzo capace di dipanarsi su più piani, c’è anche l’amore intenso, forte travolgente che si erge a pilastro fondamentale. E ci son le donne, dipinte nella loro imperfetta perfezione, dispensatrici di forza, sono cariche di fascino e di saggezza le donne descritte da Secci, sono le donne sarde, frutto di quella terra aspra nella quale si sono formate, alimentando passioni, proteggendo e curando le famiglie, senza mai esagerare con le parole, senza mai fare troppe domande. Senza mai dire troppo, ma spesso indirizzando, con fili invisibili, le scelte altrui. E c’è, su tutto, la terra, quel legame con la terra natia, viscerale, a tratti astioso, ma incancellabile. Insomma, un romanzo contenitore in grado di riempirsi di tante storie, di tanti sentimenti, di sogni, vario e sfaccettato come la vita: ed è questo, infatti, che contiene, tanta vita.

Altri libri:
Carbonia. Eravamo tutti comunisti, Nanni Balestrini

sabato 24 marzo 2018

PIERRE - Nello Rubattu

Ode alla Piazza

Titolo: Pierre
Autore: Nello Rubattu
Editore: Angelica
Anno: 2010
Pagine: 2016
Genere: Romanzo

Pierre Niort, detto Lu Franzesu, è nato in Sardegna nel 1889, ma c’è stato poco tempo, o meglio soltanto “il giusto”.
Pierre aveva una incontenibile voglia di viaggiare tant’è che le “usciva dalle mutande”: che poteva fare se non assecondare questa voglia così, come dire, prorompente? Così, infatti, fece: nella sua vita viaggiò tantissimo. È stato in Argentina, si è arruolato nella terribile Legione Straniera, ha fatto pure una capatina nel Grande Massacro, il famigerato ‘14-18. Poi, giusto per non farsi mancare nulla (non sia mai), è stato, per un periodo, in Francia, in quel di Marsiglia. Un giorno tornerà nella sua terra, a Sassari, nella piccola e immensa Piazza Tola o semplicemente La Piazza…


Nello Rubattu, scrittore sassarese che non ama molto gli scrittori italiani che, a suo dire, si “sentono troppo vicini a Dio e molto lontani da un uovo alla coque”, già autore, nell'anno 2006, di Hanno morto a Vinnèpaitutti edito da Il Maestrale ci presenta la figura di un personaggio bizzarro, avventuroso e affascinante, Pierre, Lu Franzesu. E dopo avercelo presentato nell’incipit del romanzo, si dilegua. Infatti, si ha quasi la sensazione che lo scrittore abdichi al suo ruolo in favore di Pierre. Già, perché in fondo chi tiene le briglia di questa storia è sempre e solo Pierre. Lui ci parla della sua vita, dei suoi sentimenti, delle sue avventure rocambolesche e, a volte, surreali. Ma c’è anche un altro fondamentale protagonista in questo vivace romanzo: è la Piazza Tola di Sassari che ha sempre avuto un ruolo centrale per l’economia della città, ma anche per le singole vite dei suoi abitanti. È il cuore pulsante della città nella quale si intrecciano storie di sfortune, di amori “misti” e sulla carta impossibili, quegli amori tra i ricchi e i poveri. È il luogo che funge da mixer tra il possibile e l’impossibile, tra sante e prostitute, tra sassaresi doc e “accudiddi”. È, esattamente, il centro dal quale Pierre un giorno deciderà di partire per poi, un giorno, tornare ed insegnare a quei bimbi assetati di storie quello che la grande maestra, Sua Signoria La vita, gli aveva insegnato negli anni. Nella postfazione al romanzo si legge come Pierre sia realmente esistito; quando egli è morto, Nello Rubattu era un bambino, ma ne ha conservato memoria dedicandogli, o meglio, cedendogli, questo frizzante romanzo. Romanzo nel quale il punto di forza oltre al fascino, inevitabile, che ci regala la figura di Pierre, uno di quegli uomini che molti di noi avrebbero voluto conoscere, è la scrittura di Rubattu che rende la storia avvincente. La sua è una lingua ricca, variegata, in cui i diversi idiomi si mescolano senza intoppi. Panta rei, con immenso piacere

Altre recensioni:
Dannato cuore, Pier Bruno Cosso
La metà del gigante, Gianfranco Cambosu
Le destinazioni del cielo, Giampaolo Cassitta
Pentamerone barbaricino, Gianfranco Cambosu

domenica 30 luglio 2017

LE DESTINAZIONI DEL CIELO - Giampaolo Cassitta

Una, nessuna, centomila verità

Titolo: Le destinazioni del cielo
Autore: Giampaolo Cassitta
Editore: Arkadia
Anno: 2014
Pagine: 176
Genere: Romanzo giallo

Anno 1985. Claudio Marceddu ha vinto il concorso per uditore giudiziario e dovrà espletare un periodo di prova presso il Tribunale di Sassari, così dice il telegramma che ha appena ricevuto. Il primo incarico non si fa attendere, appena arrivato il Procuratore Generale, Gianuario Perra Tassicai, gli consegna una lettera indirizzata al maresciallo. Dovrà indagare su un omicidio avvenuto nel lontano 1946 nelle campagne di Gosilì, un paesino di poche anime nel quale dovrà recarsi. E mentre si chiede il perché di quell’incarico il Procuratore Generale gli ricorda come non sia possibile amministrare la giustizia se prima non si conosce la storia, la gente e i suoni delle cose. In fondo, tutto è importante. E così Marceddu partirà per quel piccolo paesino per far luce sul caso…

Le destinazioni del cielo è il romanzo della verità e della sua infinita ricerca che dimostra come, spesso, non possa esistere una sola verità, ma tante sfumature della stessa. La storia si svolge a tappe e, per ogni tappa raggiunta, è lecito porre in discussione i risultati raggiunti precedentemente che parevano incontrovertibili. C’è chi, rinunciando alla giustizia, brama ardentemente solo la verità, chi cerca, invece, di nasconderla senza sapere che ciò che cerca di nascondere non è una verità assoluta e chi, infine, per anni la conosceva, ma non l’ha mai rivelata. Tutte quelle singole e discrepanti verità si scontreranno con l’ultima grande verità inaspettata e imprevedibile.  Cassitta mescola continuamente le carte, i ruoli, fa crollare le certezze a conferma del fatto che non esiste nulla di stabile a cui aggrapparsi. Son tutti colpevoli o tutti innocenti? Con uno stile fluido Le destinazioni del cielo ci dà una storia avvincente e misteriosa tra i paesaggi e i cieli della Sardegna di ieri e di oggi che, intatti, conservano il loro fascino.

Vedi anche:
Pierre, Nello Rubattu

lunedì 8 maggio 2017

PENTAMERONE BARBARICINO - Gianfranco Cambosu

Attese

Titolo:  Pentamerone barbaricino
Autore: Gianfranco Cambosu
Anno: 2009
Editore: Fratelli Frilli
Pagine: 307
Genere: Romanzo noir

Siamo in Sardegna e un gruppo di amici, amici più per necessità che per scelta, tenta di attuare una rapina ai danni di una banca. È il colpo della loro vita.
Con la descrizione di un piano dettagliato inizia tra le montagne barbaricine, in una fredda giornata nevosa, il Pentamerone barbaricino, titolo che porta, inevitabilmente, a ricordare le novelle del Decamerone di Boccaccio; con la differenza che, nel nostro romanzo, i narratori si riuniscono non per sfuggire alla peste, o forse sì. Tutto dipende da che concetto di peste si assume. Tutto è relativo.
Una rapina che non va come previsto, qualcosa in quel meccanismo ben ideato si inceppa, sopravvivono due rapinatori soltanto : Tinteri, il “buono”, e Cadena, il “cattivo” i quali, causa l’evolversi degli eventi, sono costretti a rimanere reclusi in banca con due ostaggi. Attendono che la situazione muti, attendono come sempre hanno fatto nella loro vita, ma alla fine nulla cambia o il cambiamento è diverso da quello che avevano previsto. Come sempre.
Trascorrono alcune notti all’interno di quella gelida banca nelle quali le riserve di gasolio stanno per terminare e si sente nell’aria il presagio di un gelo ancora più freddo della neve che cade silenziosa dal cielo della Barbagia.
Nell’attesa di una macchina che li conduca lontano, nell’attesa, comunque, di qualcosa iniziano a raccontare storie, brevi “favole” nelle quali il lieto fine è solo una chimera.
Ogni racconto, che si sviluppa nell’arco dei giorni della reclusione, non è altro che un estratto delle loro misere esistenze.
In questo raccontarsi emergono temi che hanno colorato le loro vite: la vita dell’ostaggio è stata dipinta con i colori del satanismo, quella di Tinteri dai colori opachi della faida e quella di Cadena dalle forti tinte della violenza.
Emergono dalla penna di Cambosu, delicata, quasi silenziosa ma efficace, argomenti difficili quali quello della faida dai quale affiora la figura della donna-madre sarda, dura e ferma come il suo sguardo. Una donna che non parla, ma sa, prevede, comprende e ordina con il solo ausilio del suo dignitoso silenzio maturato in un giaciglio di dolore, di tragedie e di continui lutti destinati a perpetuarsi all’infinito. Catene che sembrano destinate a non spezzarsi mai.
Emerge anche una sorta di fatalismo, quasi l’impossibilità per i protagonisti di allontanarsi troppo dal loro mondo, un passo oltre il confine disegnato da quello strano destino li riporta come una calamita verso ciò che sono sempre stati, verso il loro mondo originario. E non manca la voglia di riscatto, non mancano i tentativi di evasione, non mancano i sogni.
Umani, fin troppo umani con il fardello delle loro paure, del loro passato, del loro dolore che non è individuale, ma è familiare, un dolore di stirpe.
Tinteri e Cadena, sino alla fine, sperano, con tenace ottimismo, di uscire dalla banca con le tasche piene di denaro nonostante abbiano la percezione che qualcosa, fuori dalle porte scorrevoli della banca, non stia andando come dovrebbe.
Perché è chiaro che là fuori ci sia qualcosa di anomalo e di inspiegabile razionalmente, una fitta nebbia di mistero che si chiarirà, in modo peraltro surreale, solo al termine del romanzo.
Lo stile di Cambosu è molto lineare. È ripetuto l’uso di termini sardi che non appesantiscono la lettura, anzi hanno l’effetto di regalare al lettore, anche al lettore non sardo, qualcosa in più; quei termini in corsivo, non ostacolano il percorso di lettura proprio perché con essi lo scrittore ci dà delle tenui sfumature che abbelliscono e rendono vive le immagini.

Vedi anche:
Bastardo posto, Remo Bassini
Pierre, Nello Rubattu
Savage Lane, Jason Starr






giovedì 30 marzo 2017

CARTA FORBICE SASSO - Giulio Neri

Decadenze
Titolo: Carta forbice sasso
Autore: Giulio Neri
Editore: Asterios
Anno: 2016
Pagine: 142
Genere: Romanzo

Tangeri, anno 2112. “Tutte le città muoiono” così inizia la lettera di Egidio Sant Just, nato in una città morente, nella quale dichiara di essere venuto in possesso, nella sua gioventù, di una mole di pubblicazioni, diari e corrispondenza privata che, con le opportune ricerche storiografiche costituirà il libro di memorie, senza raccordo. Lo stesso racconta, attraverso le voci dei protagonisti, trent’anni di vita in una Cagliari agonizzante che ha perduto il suo ruolo di centralità. Partendo dall’anno 2037 si intrecciano le vicende dei vari personaggi e il ruolo centrale è occupato da una Onlus –I serafini di San Lucifero – fondata da Lucrezia Melecrinis, una santa, si dice. Ma lo è davvero una santa? Attorno a lei, il marito, un erotomane, il vecchio amante, Elia Farigu, con il  quale ebbe una relazione quando lui era un suo studente perché, come dirà Elia, all’epoca lei “doveva aver incontrato troppi uomini dalle rose facili e si inteneriva per i germogli” e lui lo era, un germoglio. E, ancora, il pugile Cappai e la bellissima Marta Sant Just, madre, appunto di Egidio…

“Carta, forbice, sasso.”
Mi avvicino. “La morra cinese?”
“Sì.”
“Perché?”
Si scosta appena. “Una metafora, credo…La carta avvolge il sasso, ma è tagliata dalle forbici…”
“Che il sasso può spezzare. Nessuno può dirsi certo della vittoria.”
Ora sorride. “Ma nemmeno della sconfitta.” (Pag.142)

Un’opera fuori dagli schemi quella nata dalla penna dell’antiquario cagliaritano Giulio Neri che, prima della pubblicazione con Asterios, aveva concorso al XXIX Premio Calvino. 
In un’ambientazione futura, in una città spopolata, “Cagliari vive di palpiti isolati, si accende per spegnersi nel giro di pochi minuti”, che si avvia al tramonto, si intrecciano le storie, frammentate, dei protagonisti. Un coro di voci si muove per tutto il libro, Marta, Lucrezia, Elia e tanti altri. E la decadenza della città pare riflettersi sulle vite di personaggi che suscitano, indubbiamente, poca empatia privi, come sono, di provare qualcosa che si avvicini a un sentimento puro o, almeno, sano.

“A condannarci non sono mai le certezze, ma i sospetti. Dunque aspetto che la storia si compia. Come al solito, senza capirla sino in fondo.”
(Pag. 108)

Su tutto paiono dominare i colori foschi degli intrighi, dei giochetti politici, delle ipocrisie che ne fanno un’opera amara, governata da un pessimismo di fondo. Perché in quella città che “nientifica” pare vi sia poco spazio per qualcosa di buono. Questo è l’uomo, questa è la Storia del futuro, questa è la Storia di sempre. Guerre, dolore, intrighi, sospetti.
Una lettura originale, sia per la struttura, sia per il linguaggio, a tratti aulico, forse non un romanzo nel senso canonico del termine, ma ben venga l’atipicità.

Vedi anche:
Pierre, Nello Rubattu


sabato 23 luglio 2016

EX VOTO - Marcello Fois

Di miracoli e altre storie

Titolo: Ex voto
Autore: Marcello Fois
Editore: Minimum Fax
Anno: 2015
Pagine: 101
Genere: Romanzo breve

Mi incuriosiva leggere questo libro. Vedere la penna di Fois lontana dalla sua isola. Ed è inutile negarlo: un romanzo ben scritto, anche interessante, ma lontano da quel Fois che mi fa battere il cuore. E ci rimango pure male nel dirlo.

Australia, Adelaide. È il sabato della vigilia di Pasqua del 2014 e di pomeriggio, Ryan e Antonia, o meglio Tony, vanno in spiaggia a fare surf. In un attimo il cielo diventa scuro, i due a malapena riescono a radunare le loro cose e, rapidamente, raggiungono la macchina. Tornano a casa e, nel momento in cui sono a letto, arriva - interrompendo il loro amplesso - una telefonata. Ryan sente Tony che dice al suo interlocutore “quale ospedale?” e, ancora “sei veramente un coglione, John! Sto arrivando”. La conversazione termina, Ryan  aspetta una spiegazione, comprende solo che si trattava dell’ex marito di Tony. Silenzio. Jenny, la figlia di Tony si è fatta male, è in ospedale. Si offre di accompagnarla, ma lei rifiuta. Si precipita in ospedale, ad attenderla c’è John che le indica l’ambulatorio. Entra e la vede: lì a cavalcioni su un cavalletto che dondola le gambe. Niente di grave, solo una caduta mentre facevano il barbecue, un piccolo taglio allo zigomo. La sua bambina sta bene. Ha bisogno solo di una piccola medicazione. Già, la sua bambina di diciassette anni. Con le sue efelidi, la sua inseparabile bambola, Carlotta, e quei disegni sempre simili a macchie. E disegna, disegna in continuazione perché lei vuole sentirsi invisibile…

Marcello Fois con questa fulminea storia abbandona le atmosfere della sua isola, la Sardegna, per trasportarci in Australia. Tre donne le protagoniste: Antonia, sua figlia Jenny e sua madre, Mariarca. In un arco temporale ridottissimo, tre giorni che vanno dalla viglia di Pasqua al lunedì dell’angelo, si mescolano superstizioni, storie familiari, amore materno, elementi divini, scontri generazionali, e quel necessario confronto con le radici (napoletane, nel caso di Antonia) per quanto spesso si cerchi, per difesa, di chiuderle in un cassetto, per non ricordarle perché possono far male. Su tutte le loro vicende, i loro conflitti, le loro parole domina il concetto di miracolo che, in qualunque modo lo si intenda, diviene il nucleo centrale del romanzo perché è da quello che Mariarca chiese alla Madonna dell’Arco che tutto iniziò, è da quel miracolo che lei divenne per tutti  “la Strega” ed è lo stesso per il quale scapparono da Napoli per rifugiarsi in Australia. Ex voto nasce come supporto narrativo a uno studio antropologico relativo al culto napoletano della Madonna dell’Arco e conferma, ancora una volta, le grandi doti scrittorie di Fois e la sua capacità di indagare, come pochi sanno fare, l’animo umano anche se, a onor del vero, manca -in questo pur pregevole romanzo- quel pathos e quell’intensità che caratterizza le sue opere precedenti: inevitabile il confronto, con un po’ di nostalgia (lo ammetto), con la magia che regala la trilogia dedicata alla famiglia Chironi.


venerdì 13 maggio 2016

VERITÀ PROCESSUALE - Paolo Pinna Parpaglia



 "Veritas filia temporis...forse"

Titolo: Verità processuale

Autore: Paolo Pinna Parpaglia

Editore: La Zattera Edizioni

Anno: 2015

Pagine: 372

Genere: Legal thriller



Ognuno ha le proprie fisse. Per esempio, io ne ho tante. Tra queste, quella di acquistare il primo volume di un fumetto appena uscito e, poi, decidere se acquistare o meno gli altri e, con essa, quella di conoscere le nuove case editrici con l’acquisto dei loro libri. Così è successo, appunto, per questo libro: appena ho saputo che era nata (o meglio, rinata) la Zattera Edizioni mi sono precipitata in libreria a conoscere Verità processuale.



Quirico D’Escard è un avvocato civilista, preparato, amante della sua professione che, comunque, attende il salto di qualità. Cosa non certo facile in quel di Cagliari dove, a detta di Matteo suo collega, non conta essere un buon avvocato quanto piuttosto “essere un avvocato conosciuto, carismatico, uno che qualsiasi cosa dici, anche la peggio cazzata, vieni ascoltato, se poi la causa la perdi, vaffanculo. Puoi conoscere il codice a memoria ma sarai sempre considerato inferiore a quello che conosce due articoli ma se li vende bene. Questo è il mondo dell’apparire non dell’essere e, in questo buco di città, è più che mai così.”  E mentre Quirico, nel balcone della casa dei suoi genitori (già, lui non ce l’ha una casa sua) riflette sul suo approccio alla professione e al famoso salto di qualità riceve una telafonata. È il suo amico Gabriele che lo invita a guardare il telegiornale per la notizia del giorno: il professor Enrico La Torre è stato arrestato per l’omicidio di una sua studentessa durante un gita scolastico. Enrico,  il suo amico,, un assassino? Impossibile. Un tipo strano, eccentrico, forse con qualche problema caratteriale, ma non certo un violento. Quirico non può crederci. Pochi giorni dopo riceve un telegramma dalla Casa Circondariale di Buoncammino: Enrico La Torre lo nomina suo difensore. Lui, suo amico. Lui, avvocato civilista…



Primo romanzo pubblicato dalla casa editrice cagliaritana La Zattera di Alessandro Cocco, Verità processuale è un legal thriller ben congegnato che, al di là dell’intreccio rappresentato dalla triade omicido-accusa-difesa, ruota sia intorno a temi molto vicini a chi svolge la professione di avvocato sia intorno a temi di valenza universale. 
Il mondo lavorativo di Quirico risulta dominato da necessarie apparenze che, talora, paiono scontrarsi con i dubbi, le paure e il senso di inadeguatezza che un avvocato deve affrontare in un micromondo (che, spesso, crede di essere un macro-mondo se non l’unico mondo possibile)  difficile e complesso. Quirico è inesperto forse, ma preparato, e, indubbiamente, genuino e si trova, all’improvviso, a dover difendere un amico e questo fatto – l’amicizia -  cambia le dinamiche e le prospettive come se non bastasse, a ciò si aggiunge il fatto che egli ha una fede incrollabile sull’innocenza dell’amico.

Il tessuto narrativo ruota intorno all’amato, perseguito, ma al tempo stesso misterioso concetto di verità. Già, la famosa verità: concetto non spesso univoco, suscettibile di labirintiche biforcazioni perché, se in qualche modo, è vero che la verità processuale può essere unica è altrettanto vero che la verità, in sé, può essere molteplice e frammentaria.

Una lettura scorrevole, trascinante e appassionate che tiene incollati alle pagine sia per l’quo bilanciamento di passione, forza emotiva e leggerezza, ma anche per la buona caratterizzazione dei personaggi che, per le loro fragilità, i loro dubbi e i loro pregi e difetti, sentiamo comunque vicini, “conosciuti”.

Buona lettura!