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sabato 3 novembre 2018

LUNISSANTI - Anna Melis

Figlioli di cani

Titolo: Lunissanti
Autore: Anna Melis
Editore: Frassinelli
Anno: 2018
Genere: Romanzo
Pagine: 292 


Mama Lucia Cherchi è una donna forte, inespugnabile “come una fortezza”. Ha cinque figlie più una nipote a lei affidata. Tutte femmine: è questa la sua maledizione. Mama Lucia cova rancore e odio, tanto odio, soprattutto per quel “figliolu di cani” di Andrea Fresu, suo nipote, per tutto ciò che le aveva fatto in quel giorno, nella settimana di Lunissanti, il lunedì della settimana santa che precede la domenica di Pasqua. Se lo ricorda bene anche la sua figlia più piccola, Lauretta. Quel fatidico dì, Mama vesti bene le sue figliole, da consorelle con il cero in mano. La giornata iniziò con la messa a Santa Maria della Grazie dove il loro zio era divenuto vescovo. Andrea Fresu era un cantore del coro, il più bravo. Dopo la messa iniziò la processione per giungere, come da tradizione, all’abbazia di Tergu. Quel giorno, proprio quel giorno, ricorda Lauretta, sua sorella Adelina e suo cugino Andrea Fresu sparirono. Tutti videro l’abito di Adelina e del cugino ammonticchiati dietro il confessionale. In fondo a mama Lucia non importava tanto quello che era successo ad Adelina, no, le importavano soprattutto i commenti della gente. In paese non si parlò d’altro e si dissero tante cose cattive: sicuramente che lei l’aveva sedotto e, in genere, tutti erano convinti che l’avrebbero ritrovata, ma morta. Adelina tornò,  tutta contenta che “pareva aver visto i santi”. Tutti la aspettavano: la madre, le sorelle, le comari della confraternita e il priore naturamente. La mama fece entrare le comari in una stanzetta le quali spogliarono la giovane e zia Bachisia iniziò a ispezionarla e, alla fine, emise il verdetto: “a posto la bambina è intera". Poi fu la volta dell’esorcismo da parte dello zio…
Anna Melis, cagliaritana di origini, dà alle stampe un romanzo nel quale dipinge il quadro di una Sardegna dei primi anni del novecento tutta ammantata di principi religiosi, di superstizioni, di credenze, ma non solo. Infatti Lunissanti è una grande storia di lotta, pur non manifestata in modo plateale, contro tali principi, lotta in nome della libertà di essere se stessi, in nome dell’amore. Un romanzo femminile, intimo, delicato e allo stesso tempo atroce. Spettatrice, e attenta cronista, delle vicende della famiglia Cherchi è la piccola Lauretta, legata in modo viscerale a sua sorella  Adelina, la pazza (?) che ama intensamente, in modo puro, quasi non umano, che si ritrova a vivere, nel suo percorso di crescita, tra i muri di diverse prigioni e carcerieri: sua madre, arcigna e totalmente priva di empatia impegnata com’è a crogiolarsi nel suo mondo di rabbia e superstizioni, il convento dove viene reclusa per purificarsi, e, in fondo, anche tutto ciò che la circonda è prigione per lei che vuole volare leggera, libera da catene di qualsiasi tipo. E ama, ama intensamente. E sogna, sogna ali per raggiungere il bene più grande: l’indipendenza. Un romanzo di scontri, scontri generazionali, scontri con precetti che paiono inattaccabili, scontri con un mondo che pare sempre ostile. Un romanzo soprattutto di sentimenti, quelli forti, di aneliti verso altre vite, si sogna e si spera. Si combatte anche. Perché, alla fine, le donne di questo romanzo, sono esempi di forza. Una costruzione narrativa complessa che, di certo, sfugge a etichette semplicistiche, e se nell’introduzione, lo scrittore Cristian Mannu si domanda se sia possibile “scrivere un romanzo sull’amore, sui suoi molteplici e irrazionali volti, senza trasformarlo in un banale romanzo d’amore?” rispondo,senza incertezza, come sia possibile, la Melis ci è riuscita in pieno.

sabato 5 dicembre 2015

FEBBRE - Mary Beth Kean

TIFO & VELENI

Titolo: Febbre

Autrice: Mary Beth Keane

Editore: Frassinelli

Anno: 2015

Traduzione: Laura Bussotti

Genere: romanzo

Febbre, biografia romanzata, è una lettura gradevole e, soprattutto, interessante che ci presenta, la figura di Mary Mollon, donna etichettata e, conseguentemente, isolata per la sua “pecca”: essere portatrice sana di tifo. In particolare, la Keane, mette in luce quella lotta inevitabile tra la conoscenza scientifica e la superstizione nella quale quest’ultima è destinata a vincere. La Keane affascina e, al tempo stesso, fa riflettere soprattutto sulla cecità dell’essere umano di fronte a fenomeni che non riesce a spiegare con la razionalità.

New York, fine ottocento. La giovane irlandese Mary Mollon fa la cuoca presso l’agiata famiglia Kirkenbauer e la sua giornata non sembra delle migliori: tanto per iniziare, il latte è andato a male e, soprattutto, il piccolo della famiglia alla quale la cuoca è molto affezionata non sta bene e pare peggiorare di ora in ora. Alla settima sera di malattia il corpicino del bimbo si affloscia, divenendo pesante tra le calde braccia di Mary. Lei comprende, terrorizzata, che quella pesantezza non è sonno: il bambino se n’è andato.

24 marzo 1907. Un quotidiano riporta la notizia che la cuoca di una delle migliori famiglie dell’Upper East Side è stata allontanata, con l’ausilio della forza, dal posto di lavoro e, subito dopo, messa in quarantena al William Parker Hospital e ciò a seguito delle dichiarazioni rese dall’ingegnere sanitario George A. Soper il quale aveva affermato che la donna trasmetteva il tifo tramite il cibo che cucinava. Nonostante la stessa non avesse mai manifestato alcun sintomo della malattia. Quella donna era Mary Mollon…


Per Mary Beth Keane, scrittrice americana, la figura della giovane immigrata irlandese Mary Mollon, a un certo punto della sua vita e a seguito della visione di un documentario nel quale per la prima volta ne sentì parlare, è divenuta quasi un’ossessione. Da lì una lunga e intensa attività di ricerca e documentazione per restituirci, con questo romanzo, la figura di una donna forte, combattiva e passionale nota meglio come Mary la tifoidea colpevole, suo malgrado, della morte di varie persone. Una storia di isolamento, di lotta tra razionalità e superstizione, della ricerca di un equilibrio, spesso irraggiungibile (vista anche l’epoca storica in cui visse la Mollon) tra scienza medica e ignoranza. E in quella New York offuscata dal germe della paura si erge con tutta la forza di cui possiede una donna, additata, esclusa dalla società civile, alla quale è stato negato il diritto di lavorare o, per lo meno, di fare il lavoro che più di tutti amava quello, appunto, della cuoca. Un romanzo che contiene messaggi di carattere universalmente validi e che offre interessanti spunti di riflessione anche in relazione all’epoca attuale perché, purtroppo, è spesso vero che – sotto alcuni aspetti – non ci si migliora nonostante il passare degli anni, spesso è fin troppo vero come l’ignoranza riesca, come erba velenosa, ad attecchire ovunque.