Attese
Titolo: Pentamerone
barbaricino
Autore: Gianfranco Cambosu
Anno: 2009
Editore: Fratelli Frilli
Pagine: 307
Genere: Romanzo noir
Siamo in Sardegna e un gruppo di amici, amici più per
necessità che per scelta, tenta di attuare una rapina ai danni di una banca. È
il colpo della loro vita.
Con la descrizione di un piano dettagliato inizia tra le montagne barbaricine,
in una fredda giornata nevosa, il Pentamerone barbaricino, titolo che porta,
inevitabilmente, a ricordare le novelle del Decamerone di Boccaccio; con la
differenza che, nel nostro romanzo, i narratori si riuniscono non per sfuggire
alla peste, o forse sì. Tutto dipende da che concetto di peste si assume. Tutto
è relativo.
Una rapina che non va come previsto, qualcosa in quel meccanismo ben ideato si
inceppa, sopravvivono due rapinatori soltanto : Tinteri, il “buono”, e Cadena,
il “cattivo” i quali, causa l’evolversi degli eventi, sono costretti a rimanere
reclusi in banca con due ostaggi. Attendono che la situazione muti, attendono
come sempre hanno fatto nella loro vita, ma alla fine nulla cambia o il
cambiamento è diverso da quello che avevano previsto. Come sempre.
Trascorrono alcune notti all’interno di quella gelida banca nelle quali le
riserve di gasolio stanno per terminare e si sente nell’aria il presagio di un
gelo ancora più freddo della neve che cade silenziosa dal cielo della Barbagia.
Nell’attesa di una macchina che li conduca lontano, nell’attesa, comunque, di
qualcosa iniziano a raccontare storie, brevi “favole” nelle quali il lieto fine
è solo una chimera.
Ogni racconto, che si sviluppa nell’arco dei giorni della reclusione, non è
altro che un estratto delle loro misere esistenze.
In questo raccontarsi emergono temi che hanno colorato le loro vite: la vita
dell’ostaggio è stata dipinta con i colori del satanismo, quella di Tinteri dai
colori opachi della faida e quella di Cadena dalle forti tinte della violenza.
Emergono dalla penna di Cambosu, delicata, quasi silenziosa ma efficace,
argomenti difficili quali quello della faida dai quale affiora la figura della
donna-madre sarda, dura e ferma come il suo sguardo. Una donna che non parla,
ma sa, prevede, comprende e ordina con il solo ausilio del suo dignitoso
silenzio maturato in un giaciglio di dolore, di tragedie e di continui lutti
destinati a perpetuarsi all’infinito. Catene che sembrano destinate a non
spezzarsi mai.
Emerge anche una sorta di fatalismo, quasi l’impossibilità per i protagonisti
di allontanarsi troppo dal loro mondo, un passo oltre il confine disegnato da
quello strano destino li riporta come una calamita verso ciò che sono sempre
stati, verso il loro mondo originario. E non manca la voglia di riscatto, non
mancano i tentativi di evasione, non mancano i sogni.
Umani, fin troppo umani con il fardello delle loro paure, del loro passato, del
loro dolore che non è individuale, ma è familiare, un dolore di stirpe.
Tinteri e Cadena, sino alla fine, sperano, con tenace ottimismo, di uscire
dalla banca con le tasche piene di denaro nonostante abbiano la percezione che
qualcosa, fuori dalle porte scorrevoli della banca, non stia andando come
dovrebbe.
Perché è chiaro che là fuori ci sia qualcosa di anomalo e di inspiegabile
razionalmente, una fitta nebbia di mistero che si chiarirà, in modo peraltro
surreale, solo al termine del romanzo.
Lo stile di Cambosu è molto lineare. È ripetuto l’uso di termini sardi che non
appesantiscono la lettura, anzi hanno l’effetto di regalare al lettore, anche
al lettore non sardo, qualcosa in più; quei termini in corsivo, non ostacolano
il percorso di lettura proprio perché con essi lo scrittore ci dà delle tenui
sfumature che abbelliscono e rendono vive le immagini.
Vedi anche:
Bastardo posto, Remo Bassini
Pierre, Nello Rubattu
Savage Lane, Jason Starr
Vedi anche:
Bastardo posto, Remo Bassini
Pierre, Nello Rubattu
Savage Lane, Jason Starr
Nessun commento:
Posta un commento