Decadenze
Titolo: Carta forbice
sasso
Autore: Giulio Neri
Editore: Asterios
Anno: 2016
Pagine: 142
Genere: Romanzo
Tangeri, anno 2112. “Tutte le città muoiono” così inizia la lettera di Egidio Sant Just,
nato in una città morente, nella quale dichiara di essere venuto in possesso,
nella sua gioventù, di una mole di pubblicazioni, diari e corrispondenza
privata che, con le opportune ricerche storiografiche costituirà il libro di
memorie, senza raccordo. Lo stesso racconta, attraverso le voci dei protagonisti,
trent’anni di vita in una Cagliari agonizzante che ha perduto il suo ruolo di
centralità. Partendo dall’anno 2037 si intrecciano le vicende dei vari
personaggi e il ruolo centrale è occupato da una Onlus –I serafini di San
Lucifero – fondata da Lucrezia Melecrinis, una santa, si dice. Ma lo è davvero
una santa? Attorno a lei, il marito, un erotomane, il vecchio amante, Elia Farigu,
con il quale ebbe una relazione quando lui era un suo studente perché, come
dirà Elia, all’epoca lei “doveva aver incontrato troppi uomini dalle rose
facili e si inteneriva per i germogli” e lui lo era, un germoglio. E, ancora,
il pugile Cappai e la bellissima Marta Sant Just, madre, appunto di Egidio…
“Carta, forbice, sasso.”
Mi avvicino. “La morra cinese?”
“Sì.”
“Perché?”
Si scosta appena. “Una metafora, credo…La carta
avvolge il sasso, ma è tagliata dalle forbici…”
“Che il sasso può spezzare. Nessuno può dirsi certo
della vittoria.”
Ora sorride. “Ma nemmeno della sconfitta.” (Pag.142)
Un’opera fuori dagli schemi quella nata dalla penna dell’antiquario
cagliaritano Giulio Neri che, prima della pubblicazione con Asterios, aveva
concorso al XXIX Premio Calvino.
In un’ambientazione
futura, in una città spopolata, “Cagliari
vive di palpiti isolati, si accende per spegnersi nel giro di pochi minuti”,
che si avvia al tramonto, si intrecciano le storie, frammentate, dei
protagonisti. Un coro di voci si muove per tutto il libro, Marta, Lucrezia,
Elia e tanti altri. E la decadenza della città pare riflettersi sulle vite di
personaggi che suscitano, indubbiamente, poca empatia privi, come sono, di
provare qualcosa che si avvicini a un sentimento puro o, almeno, sano.
“A condannarci non sono mai le certezze, ma i
sospetti. Dunque aspetto che la storia si compia. Come al solito, senza capirla
sino in fondo.”
(Pag. 108)
Su tutto paiono dominare i colori foschi degli
intrighi, dei giochetti politici, delle ipocrisie che ne fanno un’opera amara,
governata da un pessimismo di fondo. Perché in quella città che “nientifica” pare
vi sia poco spazio per qualcosa di buono. Questo è l’uomo, questa è la Storia
del futuro, questa è la Storia di sempre. Guerre, dolore, intrighi, sospetti.
Una lettura originale, sia per la struttura, sia per
il linguaggio, a tratti aulico, forse non un romanzo nel senso canonico del
termine, ma ben venga l’atipicità.
Vedi anche:
Pierre, Nello Rubattu
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