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mercoledì 5 luglio 2017

LEGGERE. PERCHÉ I LIBRI CI RENDONO MIGLIORI, PIÙ ALLEGRI E PIÙ LIBERI - Corrado Augias

Non solo pagine
Titolo: Leggere. Perché i libri ci rendono migliori, più allegri e più liberi
Autore: Corrado Augias
Editore: Mondadori
Anno: 2007
Pagine: 120
Genere: Saggio letteratura

I libri sui libri hanno sempre qualcosa di speciale perché sono un continuo rimando ad altri libri, ad altri messaggi e sentir parlare di libri da chi, del libro, ha fatto il proprio mondo è un'esperienza illuminante oltre che infinita.

"La letteratura non ha messaggi né valori morali da proporre, e quando ne ha, si tratta di cattiva letteratura. Il suo solo compito è di rappresentare la contraddittoria esperienza del tutto e del nulla della vita, del suo valore e della sua assurdità."

Un libro dev’essere l’ascia che spezza il mare ghiacciato dentro di noi” così diceva il grande Kafka. Ma, in fondo, perché si legge?  O non sarebbe meglio chiedersi perché si scrive? La scrittura è, tra le forme di comunicazione, la migliore. Ma la scrittura è anche una forma di comunicazione artificiosa e innaturale: un insieme di segni che, messi insieme, assumono un dato significato. Si tratta chiaramente di un’operazione mentale e di questa operazione mentale fa parte anche l’attività del leggere. E, quindi, per riprendere un passo di Diderot: chi sarà il padrone? Lo scrittore o il lettore? Entrambi, forse. O, invece, seguendo l’insegnamento di Umberto Eco, il vero padrone è il lettore, ossia l’interprete?  E cosa accade nel momento in cui ci si lascia andare al piacere di leggere? Quali sono i meccanismi di natura emotiva che ne nascono? Innanzitutto, la lingua è una struttura logica, ma è anche un complesso sistema emotivo atto a far sorgere sentimenti e non solo trasmettere informazioni. Leggere un testo, la lingua di un testo, è un’attività che richiede impegno, perché leggendo, vediamo e cogliamo i simboli riuscendo a vedere, non i simboli, ma le cose in sé.…
Scrittore, giornalista, conduttore televisivo, Corrado Augias, con questo piccolo libro ci apre le porte per farci entrare nel suo mondo costellato di libri. Tutto iniziò quel lontano giorno nel quale da “mediocre alunno di ginnasio” divenne uno studente interessato a ciò che leggeva. Era una mattina qualunque quando il suo professore di italiano lesse, a voce alta, un pezzo dei Sepolcri di Ugo Foscolo: quella lettura, ricca di passione ebbe la potenza di dissolvere la noia che dominava quella mattina che da qualunque, divenne speciale. In quel momento, nacque il suo amore per la lettura perché la lettura, che è atto tutt’altro che naturale, scaturisce per forza da un gesto di seduzione. Da quel folgorante inizio, l’autore prosegue nel narrare aneddoti interessanti e divertenti sulla sua vita di lettore, interessato, vorace e curioso. E in ogni pagina, in ogni vicenda descritta, in ogni citazione –alcune bellissime-viene alla luce, senza bisogno di evidenziarlo, un amore fuori dal comune per la pagina scritta.
"Lo scrittore Giuseppe Pontiggia, troppo presto scomparso, diceva: «Dobbiamo difendere la lettura come esperienza che non coltiva l’ideale della rapidità, ma della ricchezza, della profondità, della durata. Una lettura concentrata, amante degli indugi, dei ritorni su di sé, aperta più che alle scorciatoie, ai cambiamenti di andatura che assecondano i ritmi alterni della mente e vi imprimono le emozioni e le acquisizioni."
Hugo, Chandler, Sherazade, Bradbury, Chateubriand e tanti altri autori con i loro personaggi e le loro storie appaiono in queste intense pagine. Il testo è suddiviso in capitoli a seconda dei temi trattati che  vanno dalla lettura erotica, alla lettura che “fa male” e a quella che “fa bene”, per concludere con il sonetto del Belli Er mercato de Piazza Navona”., Da non sottovalutare anche gli innumerevoli spunti di lettura che obbligano quasi ad annotare, di tanto in tanto, un nome, un titolo per un “poi” che si vorrebbe non troppo lontano. Anche questa è seduzione.


Ch’er mercordí a mmercato, ggente mie,
sce siino ferravecchi e scatolari,
rigattieri, spazzini, bbicchierari,
stracciaroli e ttant’antre marcanzie,
nun c'è  ggnente da dí.
 Ma ste scanzìe
da libbri, e sti libbracci e sti libbrari.
che cce veinghen'a ffà? ccosa sc'impari
da tanti libbri e ttante libbrarie?
Tu ppijja un librro a ppanza vòta, e ddoppo
che ll'hai tienuto pe cquarc'ora in mano,
dimme s'hai fame o ss'hai maggnato troppo. 
Cche ppredicava a la Missione er prete?
«Li llibbri nun zò rrobba da cristiano:
fijji pe ccarità, nun li leggete»

20 marzo 1834 - Giuseppe Gioacchino Belli, Er mercato de Piazza Navona





Altri libri:





venerdì 4 gennaio 2013

POLVERE DI SILENZI - Giovanni Sicuranza. Righe strette

Titolo: Polvere di Silenzi
Autore: Giovanni Sicuranza
Editore: Ilmiolibro.it
Anno: 2012
Pagine: 174


"-Ho capito, bruciamo tutti i suoi libri!
- Altra pubblicità. Lo sento già ardere vendetta, quello scrittorucolo.
- Ah, ma dunque? Mi sono stancato di ignorarlo. Non serve, anzi, sembra trarne maggiore determinazione per tornare con quei raccontini insipidi.
- Sai cosa.
- Cosa?
- Penso.
- Cosa?
- Come fargli capire quanto nulla vale.
- Come?
- Lo esiliamo in un suo libro. Lo costringiamo a vivere tra le sue scempiaggini. Tra i suoi dialoghi, le sue idiote trame."





Tutto può capitare. Può capitare che uno scrittore sia condannato ad una fine quantomeno bizzarra per aver commesso un reato gravissimo: scrivere un libro. Può capitare che, come punizione per la sua boria, sia condannato all’esilio. No, non in una Sant’Elena di memoria napoleonica, ma esiliato nel suo stesso libro. Incastrato, nel vero senso della parola, tra le sue stesse righe. A stretto contatto con i suoi personaggi nelle sue grigie ambientazioni.  La sentenza di condanna è pronunciata dai malefici recensorum, l’élite dei lettori che non concedono all’autore grazia alcuna. E tra quelle righe, tra quei racconti di suo pugno redatti lo scrittore, stritolato dalle lettere che lasciano poco spazio anche per respirare, si rivolge al lettore implorandolo di continuare a leggere posto che una chiusura repentina del libro potrebbe causare la sua morte. Per la gioia dei saccenti recensorum.
‘Polvere di silenzi’  è il terzo romanzo di Giovanni Sicuranza che mi trovo a leggere e, esattamente come la prima volta, ho provato quella strana sensazione: un misto di sorpresa e di incanto. Capita, se a scrivere è Sicuranza, niente è come lo si immaginava. Polvere di silenzi non può, assolutamente, essere definito come una  semplice raccolta di racconti, sarebbe riduttivo e significherebbe non tener conto del fatto che i racconti son costruiti ad incastro in modo impeccabile tanto da poter definire l’opera un vero e proprio romanzo che solo una mente creativa e fantasiosa poteva creare. E in questo romanzo ascoltiamo più voci che si mescolano in un quadro atrocemente  surreale nel quale domina, nel bene e nel male, la figura dello scrittore esiliato. Ma al di là del surreale, delle morti grottescamente descritte, al di là di uno scrittore incastrato tra le sue stesse righe io credo che vi sia tanta verità in questo romanzo. Precisamente, quella realtà, difficile certo, degli scrittori emergenti, degli ‘sconosciuti’ che, pur avendo ottime capacità, devono combattere con logiche di mercato atroci che, spesso, premiano autori non meritevoli ma solo ‘vendibili’. È come se non vi fosse spazio per chi non è stato osannato dal recensorum di turno. Sicuranza è un autore che ha padronanza della scrittura, ho già letto con gusto i suoi due precedenti romanzi – ‘Storia da città di solitudine e dal km 26’ e ‘Ritorno a Città di Solitudine’ – nei quali la morte è protagonista, gli aspetti cimiteriali e gotici dominano in un sottofondo nel quale il sole non pare mai splendere tutto essendo confinato in una rete di tristezza e malinconia che si incolla  addosso. La scrittura di Sicuranza è ammaliante riuscendo egli a catturare l’attenzione del lettore – non recensorum – senza mai fargli perdere l’attenzione. C’è sempre la voglia di voltare la pagina per vedere come sarà la successiva e chiedersi, ogni volta, “ma dove arriverà ‘sto Sicuranza?”, pur con la consapevolezza che dietro quella pagina non ci sarà mai una passeggiata mano nella mano o una cena a lume di candela, ma solo temi macabri dall’odor di morte trattati con ironia e intelligenza. Molta intelligenza.