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giovedì 9 aprile 2020

IANCURA - Paolo Casuscelli


Esperienze del sublime

Titolo: Iancura
Autore: Paolo Casuscelli
Editore: Mucchi
Anno: 2019
Genere: Racconti
Pagine: 88


Dopo aver vinto un concorso per insegnante di scuola media, Casuscelli, sceglie l’Isola di Salina, nell’arcipelago delle Eolie, proprio quella che nessun altro avrebbe scelto. Al momento dello sbarco, reca con sé una ventina di tomi pensando che gli sarebbero bastati per poco, pochissimo tempo. Quanto si sbagliava! L’isola diviene per lui una grande opportunità, una risorsa. Se prima la sua vita si muoveva in una dimensione prettamente spirituale, muovendosi egli tra libri e polverose biblioteche, con l’arrivo a Salina riesce, in un certo senso, a sentire la corporalità delle cose. La natura, il mare e la pesca divengono parte della sua nuova vita. Ah, la pesca, quell’attività che gli riempirà il cuore. Pesca che è fatica, gioia, ma anche delusione. Già, può capitare, per dire, di pescare una cernia di otto chili e, poi, come niente perderla in mare. Vivere a Salina significa anche ritrovarsi la bidella in casa per avvisarti che sei in ritardo per la lezione e che ti intima di prepararti ché intanto lei ti prepara il caffè. Significa avere amici, certo eccentrici, come Gianni Re, con le loro filosofie di vita interessanti. Per non parlare poi degli alunni con i quali si crea un rapporto unico, un rapporto di appartenenza “perché chi è stato alunno continua a sentire l’appartenenza anche da adulto.”

Della raccolta di racconti dell’autore messinese colpisce, in primis, il titolo, Iancura, letteralmente biancore e che, per l’autore, è “la personale esperienza del sublime.” La raccolta contiene l’esperienza di insegnamento dell’autore nell’isola eoliana, una sorta di diario, almeno prima facie. In realtà, in Iancura scorre tanta vita, tante immagini, tante riflessioni. Un’analisi, infine, attenta e profonda di se stessi, la descrizione appassionata del rapporto con la natura e il ruolo del concetto di isola. Perché da un’isola si impara tanto, è un’opportunità “la cosa più importante che impari dall’isola è quella di fare di te stesso un’isola. Non ti spinge a chiuderti, ma a trovare la forza per fare di te una dimora. Un luogo in cui poter accogliere tanto la propria solitudine quanto la propria apertura all’altro” per dirla con le parole di Casuscelli. Numerosi e brillanti anche gli aneddoti sulla scuola non scevri, peraltro, di alcune critiche al sistema -prendiamo, per esempio, il registro, lo strumento più idiota della scuola - e, soprattutto il rapporto speciale che si instaura con gli alunni che esula da ciò che viene trasmesso e recepito, ma assume le vesti di una reciproca e irrazionale appartenenza. Ancora, l’importanza dello studio “meglio un liceo fatto male di una scuola per geometri o ragionieri fatta bene Salina è piena di geometri e ragionieri disoccupati i quali […] non hanno idea della storia della letteratura o della filosofia. E questa per è, per me, una mancanza grave non tanto nei confronti dei doveri scolastici, quanto della vita.” Le storie di Salina posseggono il sapore delle cose speciali anche perché narrate con uno stile curato, a tratti poetico. Sono storie che affascinano e rimangono nel cuore.


lunedì 12 novembre 2018

FOLLIE DI FINE ESTATE - Samuele Cau

Attese

Titolo: Follie di fine estate
Autore: Samuele Cau
Editore: Bonfirraro
Anno: 2017
Pagine: 318
Genere: Romanzo


La rievocazione di quel tragico 29 settembre 1944 accompagnato da buon cibo e buon vino. A dire il vero, spesso, quei buoni piatti siciliani prendono il sopravvento sul resto, ma nel complesso una gradevole lettura considerando che è il primo romanzo dell'autore (che per via del cognome pensavo fosse sardo). 
Nel settembre del 2006, Santo Bellomo riesce finalmente a fare un viaggio in Sicilia, terra nella quale sono nati e cresciuti, fino al trasferimento in Argentina, i suoi genitori. In quella terra, nell’ultima casa del paesino, ritroverà Gaetano Venticinque, amico d’infanzia del padre. La loro fu un’amicizia forte e intensa e durò fino a che la follia fascista non li costrinse a dividersi. Il padre di Santo, per salvarsi, scelse di emigrare e Gaetano rimase in Italia per amore di Concetta. Gaetano perse tutto, sogni, amore e speranze e si ritirò, a vivere da solo, con la sua barchetta. Appena giunto, Santo, trova una pensione-ristorante gestita da due gemelli che gli assegnano la camera numero tri e il nostro Santo ancora non sa che, per una serie di eventi, quella camera sarà sempre sua. E sente anche chiaramente l’acquolina in bocca quando, il primo giorno, uno dei gemelli, Santo, gli comunica il menù della sera pisci spata all’acqua pazza e pasta frisca, cozza, pacchino e ricotta e quello sarà il primo di una lunga serie di pasti che faranno impazzire il suo palato. E, soprattutto, con quell'incontro si seminerà il germe di una nuova amicizia che inizierà con le parole di Santo:
"Innanzitutto, mi devi ascoltare e te lo dico schietto. A mia, stu' darisi del lei, mi ha sempre scassato la minchia. Tu come hai detto che ti chiami? (Pag. 17)
Opera prima del fiorentino Samuele Cau, Follie di fine estate è una storia di grandi amicizie, di solitudini, di perdite, di mare, di profumi e di cibo. Sotto il caldo sole siciliano, nella quiete di fine estate, tra i goduriosi piatti di pesce, si muovono racconti di vite fatte di dolore e di grandi strazi. I protagonisti, tutti, hanno un peso nel cuore, qualcosa di insoluto e ferite che bruciano, nonostante lo scorrere degli anni. Perché ci sono dolori che non passano. Uomini segnati dalla Storia che sia quel famoso 29 settembre 1944 nel quale ebbe inizio la strage di Marzabotto o la terribile dittatura argentina o qualche fatto privato risalente all'infanzia e rimasto tra i ristretti confini di un’isola, ma non per questo meno atroce. Uomini lacerati, feriti, che vivono di ricordi che non sono mai troppo lontani e che, resistono, attendendo, già poiché, alla fine, la loro grande forza risiede nel saper aspettare. Per quanto il tema di fondo risulti drammatico, il risultato è un’opera assai  scorrevole, intervallata da momenti di allegria –come dimenticare quei succulenti pasti siciliani o l’atteggiamento scherzoso del ristoratore?- e di forte ironia.












venerdì 19 ottobre 2018

OCCHI CHIUSI SPALLE AL MARE - Donato Cutolo

Distacchi

Titolo: Occhi chiusi spalle al mare
Autore: Donato Cutolo
Editore: Spartaco
Anno: 2017
Genere: Romanzo
Pagine: 143

Il catanese Donato Cutolo, in poche pagine, ci regala una storia delicata e tenera affrontando varie tematiche che vanno dall’analisi di un rapporto padre-figlio assai complesso al tema dell’immigrazione clandestina.
Sono le cinque e ventiquattro di un mattino di giugno. La città dorme, regna  un profondo silenzio tranne che per il rumore del SUV condotto da Piero. Il suo cuore batte all’impazzata all’interno dell’abitacolo. Tensione e sudore. Sente di potercela fare, sente di poter arrivare puntuale a quello che è l’appuntamento più importante della sua vita in un palazzo abbandonato. Lì, lo attendono una donna e un bambino: Jasmine e Yousself. Ha paura, Piero. Tanta paura. È solo la terza volta che usa la macchina di suo padre, l’ingegner Mauro Righieri, l’uomo che, a parer del figlio, non era mai stato bambino, l’uomo adulto da sempre. Sono le 5.30 e Piero perde il controllo del veicolo. Si sveglierà in un letto di ospedale, in una stanza dalla mura bianche, nel reparto di terapia intensiva. Immobile, fermo, occhi chiusi. A un certo punto scorge gli occhi di suo padre là fuori dalla stanza. Suo padre, quel concentrato di ”ammonizione e autorità” ben distante dalla dolcezza di Viola, sua madre, andata via troppo presto: Piero era solo un bambino di nove anni…
“Non era mai a suo agio, lui, cresciuto tra l’intimità delle passeggiate con sua madre e i forti conflitti di quest’ultima con suo padre. L’ingegnere in casa era un estraneo, apriva bocca solo per inveire contro Viola o impartire ordini a lei e a suo figlio, con una violenza tale da impaurire e segnare Piero, giorno dopo giorno sempre più schivo e insicuro. Molto spesso e con una remissività insolita per un bambino di quell’età, obbediva rassegnato ai comandi e si defilava in camera sua quando la discussione tra i genitori diventavano accese.” (Pag. 23)
Quarto romanzo dello scrittore e compositore Donato Cutolo, Occhi chiusi spalle al mare dipinge, con una prosa essenziale e delicata, il quadro di un rapporto padre-figlio dominato dall'assenza di amore. Piero, orfano di madre, è schivo, chiuso nel suo mondo entro i confini delineati da un padre autoritario e privo di slanci affettivi. Ma la vita offre sempre qualche possibilità anche sotto forma di casualità: sarà infatti il caso a fornire a Piero l’opportunità di esprimersi, di essere se stesso e di offrirsi a qualcuno che di opportunità ne ha avute ben poche. E sarà quel caso che permetterà al giovane di staccarsi dal modello paterno con coraggio e, soprattutto, con estrema sensibilità. E sarà possibile vivere con gli occhi aperti e con il viso rivolto al mare. Ambientato in un’isola immaginaria del sud, Isonta, destinazione ideale per gli sbarchi clandestini, l’opera rispecchia argomenti di forte attualità, con il grande merito di essere descritti senza un filo di retorica. Il romanzo è anche accompagnato dalla colonna sonora di Rita Marcotulli con la voce di Sergio Rubini, scaricabile sul sito dell’editore, che aiuta a dare una voce altra ai protagonisti e a rendere ancora più vivide e materiali le immagini.

Altri libri:
Gli amici nascosti, Cecilia Bartoli

martedì 27 febbraio 2018

PAZIENTE 64 - Jussi Adler-Olsen


Sezione Q, Atto IV

Autore: Jussi Adler-Olsen
Editore: Marsilio
Anno: 2014
Genere:Thriller
Pagine: 522
Traduzione: Maria Valeria D’Avino


Novembre 1985. Nete è con suo marito, Andreas Rosen, a una cena in onore del vincitore del Gran Premio nordico per la medicina. Tra gli invitati intravede una figura. Quella figura le si avvicina: è lui, Curt Ward. È invecchiato, son passati 25 anni. “Sei la puttana del dottor Rosen, adesso?” le dice e continua ricordandole l’isola di Sprøgo, i suoi aborti, la sterilizzazione. Nete fugge dalla sala con suo marito. In auto solo silenzio e distanze incolmabili. Poi lui le dice “Stasera faccio la valigia” e continua a guidare, lei alza una mano, la avvicina al volante, lo afferra e lo tira a sé: la strada sparisce, attraversano una siepe e toccano il mare… Novembre 2010. Carl Mørk ha appena appreso la notizia che la proprietaria di un’agenzia di escort è stata aggredita con l’acido solforico quando Rose, la sua assistente, le recapita una pila di fascicoli relativi a casi irrisolti e, tra questi, quello riguardante la scomparsa, negli anni ’80, di Rita Nielsen. Carl non sa ancora che quella sparizione è il primo tassello di una lunga indagine…

Grande esponente del thriller scandinavo, Adler-Olsen, presenta la quarta indagine della Sezione Q diretta da Carl Mørk che, stavolta, lavorerà con Rose e Assad. Abilissimo nel costruire una trama ad incastri sapientemente articolata e portare il lettore, tassello dopo tassello, ad una verità crudele nella quale il vero protagonista è l’uomo con il suo bagaglio di follia. Un paziente scavo nel passato della storia danese che porterà alla luce l’orrore di una vicenda – quella relativa all’isola di Sprøgo divenuta celebre per l’internamento di donne ritenute promiscue o affette da ritardi mentali e sottoposte a tecniche coattive di sterilizzazione– capace di dimostrare come il male e l’insania possano trovare terreno fertile ovunque anche in paesi che, nel comune immaginario, son ritenuti per definizione perfetti e impeccabili. Avvincente e scorrevole come solo un buon thriller sa essere: non resta che attendere la traduzione italiana della quinta indagine già edita in lingua originale col titolo Mark Effetken.



martedì 18 luglio 2017

L'AMORE QUANDO TUTTO È PERDUTO - Isabelle Autissier

Cuori senza capanna

Titolo: L’amore quando tutto è perduto
Autore: Isabelle Autissier
Editore: Rizzoli
Anno: 2016
Genere: Romanzo
Pagine: 205
Traduzione: Maurizio Ferrara

Louise e Ludovic sono una coppia francese che, finalmente, realizza quello che era un sogno, soprattutto di Ludovic: un anno in viaggio per mare nella loro barca, Jason. Nel corso del loro percorso arrivano in un’isola australe, nel mezzo dell’Atlantico. Decidono di approdarvi pur sapendo che si tratta di una riserva naturale dove, in teoria, non sarebbe consentito stare. Ma uno strappo alle regole ogni tanto si può fare. Mentre esplorano quei paesaggi nuovi il cielo inizia ad oscurarsi e, in poco tempo, tutto cambia: onde rabbiose impediscono loro di ripartire. Decidono di trascorrere la notte lì e di rimettersi in viaggio la mattina. Arriva finalmente la mattina, il sole splende alto nel cielo, corrono verso la baia e, spaventati, scoprono che la loro barca non c’è più. Hanno paura, tutti i loro amici sanno che loro sono in Sudafrica. Non li troverà nessuno. Ludovic per quanto sia sempre stato “animato da un’inclinazione naturale fondamentale per la felicità” è spaventato e la minuta Louise che è sempre stata riflessiva e, in fondo, ha assecondato questa idea del viaggio nata da lui è angosciata al pensiero che, non solo sono soli, senza un tetto, ma anche che “sono condannati l’uno all’altra, l’uno alla compagnia dell’altra, l’una contro l’altra. Quale coppia resisterebbe a una reclusione del genere?”. Resisteranno? O il loro legame diventerà più solido?...

Non si può certo negare che Isabelle Autissier, classe 1956, non conosca le situazioni estreme la stessa, infatti, è stata la prima donna a compiere giro del mondo in barca a vela in solitaria, successivamente la sua imbarcazione, durante una competizione, si è ribaltata nell’Oceano Pacifico (sarà il nostro Soldini a salvarla). Ed è proprio una storia estrema quella che ci racconta in questo romanzo contenente uno dei classici temi dei romanzi d’avventura: due giovani in un’isola abbandonata.  Con precisione quasi chirurgica, l’autrice francese analizza una pluralità di aspetti che entrano in gioco nel momento in cui l’uomo si sente solo, abbandonato e lontano dalla civiltà con tutti i sentimenti contrastanti e altalenanti che ne derivano. Dall’amore che in  primo momento pare luogo naturale per la solidarietà, si passa all’odio, dai litigi furibondi si passa a notti, in un letto improvvisato, strettamente abbracciati. E, prevalentemente, la fame che debilita, in una natura avversa, e poi l’egoismo, quella infinita lotta per non cedere, per non morire. Non mancano slanci di tenerezza nei loro, talvolta flebili, tentativi di rimanere umani, “normali” appigliandosi al ricordo del mondo precedente: ritornare con la mente all’infanzia, alle filastrocche, all’odore del budino al cioccolato. Bisogna conservarli quei ricordi, per resistere. E ci provano, spossati, crollano, ma ci riprovano. Cosa rimane di loro? Cosa son diventati? Un romanzo crudo, ruvido, vero che non lascia spazio a romanticherie del modello due cuori e una capanna perché per esse, in un isola deserta, non c’è tempo. Né spazio.


venerdì 19 maggio 2017

NELLE ISOLE ESTREME - Amy Liptrot

Isolitudine
Titolo: Nelle isole estreme
Autore: Amy Liptrot
Editore: Guanda
Anno: 2017
Traduzione: Stefania De Franco
Genere: Romanzo biografico
Pagine: 272
Un romanzo biografico nel quale l’autrice racconta la sua esperienza nel tunnel dell’alcolismo e la sua risalita dagli abissi, dominato dalle descrizioni di una natura affascinante e ricca di magia quale è quella delle Orcadi.
Nelle Orcadi – arcipelago di isole tra il mare del Nord e l’Atlantico – anche nei giorni più limpidi soffia un vento freddo, lì, in quelle isole, in un giorno di maggio Amy Liptrot è nata. E proprio quel giorno il padre, allora ventottenne, urlante e fuori di sé, fu bloccato e sedato. Quella nascita fu, per quel padre fragile, un evento emotivamente forte tale da scatenargli una crisi maniacale.
"In mezzo al turbinio delle pale di un elicottero, una donna in sedia a rotelle con una bambina appena nata tra le braccia viene spinta lungo la pista di atterraggio dell’isola verso un uomo in sedia a rotelle e camicia di forza che viene spinto nella direzione opposta.
Quel giorno i due, entrambi ventottenni, sono stati assistiti nel piccolo ospedale lì vicino. 
Lei ha partorito la sua prima figlia. 
Lui, urlante e fuori controllo, è stato immobilizzato e sedato." 
(Incipit)
Le isole sono i luoghi della sua infanzia e della sua adolescenza, trascorsa in una fattoria a contatto con la natura e con gli animali. A diciotto anni, nasce in lei la voglia incontenibile di andare via perché “la vita nella fattoria sembrava dura, sporca e malpagata.” Quando lei, invece, voleva “comodità, glamour” e sapeva esattamente dove voleva trovarsi: “al centro del mondo”. Dopo dieci anni di lontananza, trascorsi a Londra e che segneranno il suo declino ma anche la sua voglia incontenibile di vita “Ero strafatta, ma non mi bastava. Volevo sfregarmi la città sulla pelle, volevo respirare le strade”, tornerà in quei luoghi: i genitori si sono separati, suo padre vive in una roulotte, porta la sua solita tuta da lavoro, il solito coltellino in tasca e porta il maglione fatto ai ferri dalla moglie tutto rattoppato sui gomiti…
Nelle isole estreme segna l’esordio in letteratura, peraltro ben riuscito, di Amy Liptrot che le è valso anche il premio Wainwright Prize 2016. Un romanzo sincero, trasparente, nel quale l’autrice narra senza veli la sua esperienza di alcolismo, la sua caduta verso il basso, definendosi un relitto, e il lento, ma tenace percorso di risalita e di rinascita. Relitti che, spesso non si perdono, ma si salvano non solo in virtù di una forza di volontà immane, ma anche grazie a un ritorno: il ritorno nelle Orcadi, un immenso contenitore di ricordi, di poetici cieli, di leggende, di paesaggi, di fauna marina che le regaleranno la salvezza. Sono delicate e evocative le pagine dedicate alla descrizione dei cieli delle Orcadi, arcipelaghi fatti di vento perché “crescere nel vento rende forti, inclini e abili a cercare riparo”. Isola, quindi, come spazio infinito, ma anche come prigione, poiché, a un certo punto, i suoi confini paiono troppo stretti, e nasce la voglia di spazi più ampi, di libertà, ma poi, una volta varcati quei confini, rinasce la voglia di ritornarci, perché l’Isola, come madre amorevole, è sempre lì, ad aspettare, ad accogliere nelle sua calde braccia chi ci è nato.


sabato 6 maggio 2017

LA DONNA È UN'ISOLA - Audur Ava Ólafsdóttir


Di oche e altre storie 



Titolo: La donna è un’isola
Autore: Audur Ava Olafsdóttir
Editore: Einaudi
Anno: 2014
Genere: Romanzo
Traduzione: Stefano Rosatti
Pagine: 261


Islanda. Ci sono giornate che iniziano in modo strano e terminano ancora peggio. Quel giorno una giovane traduttrice investe con la sua macchina un’oca e, sollevata per il fatto che non si tratti di un bambino, la carica in macchina per cucinarla. Subito dopo, sale al terzo piano di un condominio dove abita il suo amante. Ha fretta: deve comprare il contorno per l’oca. Quello sarà l’ultimo incontro con quell’uomo. Un piccolo salto dalla medium la quale le ricorda come non sarebbe una cattiva idea giocare alcuni numeri al lotto. Lei, in seguito, li giocherà e vincerà per ben due volte. Torna a casa e suo marito le comunica che sta per diventare padre. Già, lui e Nina Lind la centralinista del suo ufficio, avranno presto un bambino. Ma, si sa, come “le grandi decisioni si prendono in un secondo” invece per la tinta delle pareti nel corridoio lei e suo marito non riuscirono mai a trovare, in cinque anni di convivenza, un accordo…

La casa editrice Einaudi, dopo il grande successo di Rosa candida aggiunge  al suo catalogo anche La donna è un’isola dell’autrice islandese Olafsdóttir la quale, anche in questo romanzo, affronta il tema del viaggio. Stavolta la protagonista viaggerà, dopo la fine del suo matrimonio (senza troppi traumi, a dire il vero), con un bambino di quattro anni, Tumi, figlio della sua amica. Un bimbo un po’ particolare, un po’ sordo, con qualche problema di linguaggio. Quel viaggio verso l’est sarà una sorta di terapia per la protagonista, un’occasione per guardarsi dentro, per comprendere. Certo, l’idea è buona, ma manca quella delicatezza e quel fascino che, invece, erano tutti presenti in Rosa candida risultandone un romanzo a tratti claudicante. Da segnalare come nelle ultime pagine vi sia una sorta di ricettario (compresa la ricetta dell’oca, ovviamente) che vale la pena di leggere per la carica ironica in esso contenuta.