Visualizzazione post con etichetta Guanda. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Guanda. Mostra tutti i post

lunedì 9 settembre 2019

IL PARTIGIANO EDMOND - Aharon Appelfeld

Corri, Edmond

Titolo: Il partigiano Edmond
Autore: Aharon Appelfeld
Editore: Guanda
Anno: 2017
Genere: Romanzo
Pagine: 332
Traduzione: Elena Loewenthal


Ucraina. Edmond è un ragazzo di diciassette anni, è scampato alla deportazione: non ha mai preso quel treno che lo attendeva per il viaggio verso la morte. In stazione con lui, suo padre e sua madre. Sente ancora le loro voci che lo incitavano, con decisione, a scappare via. Lui li ascoltò: li lasciò lì, per salvarsi, senza mai prendere quel treno. Ed è finito sulle colline, con il gruppo dei partigiani comandati da Kamil, uomo allenato alla guerra di pochi contro molti. Colline desolate, prive di boschi e, loro, i partigiani hanno imparato a nascondersi, a strisciare per terra. Ma quelle colline ben presto verranno abbandonate, Il comandante ha deciso di cambiare zona, andranno in un posto pieno d’acqua e paludi. E avanzano, lentamente, ma con costanza e solo di notte perché il giorno “non sta dalla loro parte e, alla fine, hanno imparato ad apprezzare le tenebre”. I giorni passano, Edmond pensa al fatto che, solo un anno prima, era seduto sui banchi di scuola. Bravo negli studi, follemente innamorato di Anastasia e, ora, invece la sua giornata inizia puntualmente alle sei del mattino, scandita dalle solite attività: corsa, ginnastica, colazione e, naturalmente, esercitazioni…

Aharon Appelfeld, come è noto, è scrittore ebraico che conobbe, da giovane, l’orrore dei campi di concentramento: deportato riuscì a salvarsi, fuggendo. E in queste pagine, cariche di sofferenza e di umanità, ci racconta, le giornate di un gruppo di partigiani. Non sono grandi eroi gli uomini, i giovani, i comandanti, raccontati dallo scrittore ebraico, ma uomini che, incessantemente, lottano non solo con il grande e ingiusto nemico tedesco, ma anche con se stessi: con le loro paure, con i crolli emotivi che, spesso, prendono il sopravvento, con i rimorsi (loro si sono, alla fine salvati, ma gli altri sono saliti su quei maledetti treni per un viaggio senza ritorno). Uomini spaventati, ma al tempo stesso animanti da elevati ideali, dal desiderio di proteggere i più deboli “a volte è come se lo scopo della nostra vita fosse vegliare su coloro che non sono in grado di badare a se stessi”: è questo il loro principale dovere, una cosa naturale che non merita riconoscimenti o medaglie, “faccio quello che devo fare. Il dovere non è da considerarsi un atto nobile”, dirà uno dei partigiani. Con una scrittura lineare Apperfeld ci regala una sorta di diario di una guerra nella guerra ricca di sofferenza, per l’inverno duro e rigido, per le piccole sconfitte, per la fame, per la depressione che incupisce gli animi, animi provati, ma anche ricchi di umanità, di solidarietà e di senso di fratellanza che riescono a germogliare anche in quei terreni resi aridi dalla ferocia e dalla follia dell’uomo.

venerdì 19 maggio 2017

NELLE ISOLE ESTREME - Amy Liptrot

Isolitudine
Titolo: Nelle isole estreme
Autore: Amy Liptrot
Editore: Guanda
Anno: 2017
Traduzione: Stefania De Franco
Genere: Romanzo biografico
Pagine: 272
Un romanzo biografico nel quale l’autrice racconta la sua esperienza nel tunnel dell’alcolismo e la sua risalita dagli abissi, dominato dalle descrizioni di una natura affascinante e ricca di magia quale è quella delle Orcadi.
Nelle Orcadi – arcipelago di isole tra il mare del Nord e l’Atlantico – anche nei giorni più limpidi soffia un vento freddo, lì, in quelle isole, in un giorno di maggio Amy Liptrot è nata. E proprio quel giorno il padre, allora ventottenne, urlante e fuori di sé, fu bloccato e sedato. Quella nascita fu, per quel padre fragile, un evento emotivamente forte tale da scatenargli una crisi maniacale.
"In mezzo al turbinio delle pale di un elicottero, una donna in sedia a rotelle con una bambina appena nata tra le braccia viene spinta lungo la pista di atterraggio dell’isola verso un uomo in sedia a rotelle e camicia di forza che viene spinto nella direzione opposta.
Quel giorno i due, entrambi ventottenni, sono stati assistiti nel piccolo ospedale lì vicino. 
Lei ha partorito la sua prima figlia. 
Lui, urlante e fuori controllo, è stato immobilizzato e sedato." 
(Incipit)
Le isole sono i luoghi della sua infanzia e della sua adolescenza, trascorsa in una fattoria a contatto con la natura e con gli animali. A diciotto anni, nasce in lei la voglia incontenibile di andare via perché “la vita nella fattoria sembrava dura, sporca e malpagata.” Quando lei, invece, voleva “comodità, glamour” e sapeva esattamente dove voleva trovarsi: “al centro del mondo”. Dopo dieci anni di lontananza, trascorsi a Londra e che segneranno il suo declino ma anche la sua voglia incontenibile di vita “Ero strafatta, ma non mi bastava. Volevo sfregarmi la città sulla pelle, volevo respirare le strade”, tornerà in quei luoghi: i genitori si sono separati, suo padre vive in una roulotte, porta la sua solita tuta da lavoro, il solito coltellino in tasca e porta il maglione fatto ai ferri dalla moglie tutto rattoppato sui gomiti…
Nelle isole estreme segna l’esordio in letteratura, peraltro ben riuscito, di Amy Liptrot che le è valso anche il premio Wainwright Prize 2016. Un romanzo sincero, trasparente, nel quale l’autrice narra senza veli la sua esperienza di alcolismo, la sua caduta verso il basso, definendosi un relitto, e il lento, ma tenace percorso di risalita e di rinascita. Relitti che, spesso non si perdono, ma si salvano non solo in virtù di una forza di volontà immane, ma anche grazie a un ritorno: il ritorno nelle Orcadi, un immenso contenitore di ricordi, di poetici cieli, di leggende, di paesaggi, di fauna marina che le regaleranno la salvezza. Sono delicate e evocative le pagine dedicate alla descrizione dei cieli delle Orcadi, arcipelaghi fatti di vento perché “crescere nel vento rende forti, inclini e abili a cercare riparo”. Isola, quindi, come spazio infinito, ma anche come prigione, poiché, a un certo punto, i suoi confini paiono troppo stretti, e nasce la voglia di spazi più ampi, di libertà, ma poi, una volta varcati quei confini, rinasce la voglia di ritornarci, perché l’Isola, come madre amorevole, è sempre lì, ad aspettare, ad accogliere nelle sua calde braccia chi ci è nato.


sabato 1 aprile 2017

IL RISCATTO DI CAPO ROSSO - O. Henry

Idee quasi geniali

Titolo:  Il riscatto di Capo Rosso
Autore: O. Henry
Editore: Guanda
Anno: 2014
Traduzione: Luigi Brioschi
Pagine: 197
Genere: Racconti
Adoro i racconti, il loro concentrare in poche pagine una storia, una vita, emozioni, il loro colpo di grazia dato dal finale, spesso non previsto. Non conoscevo O. Henry ed è stata una piacevole scoperta. Una sfilza di personaggi un po’ buffi, piccoli truffatori, scansafatiche senza l’ambizione di divenire dei grandi malfattori. si muovono nelle pagine di questa raccolta caratterizzata  da un’alta cifra di umorismo. Lettura gradevolissima.
Alabama. Bill  e Sam ebbero la “temporanea folgorazione” di rapire un bambino onde raggiungere la somma mancante di duemila dollari per porre in essere una frode edilizia. Individuata la vittima in un bimbo di dieci anni attuano il loro piano. Ma le cose non vanno esattamente come avevano previsto... Il maggiore Talbot e sua figlia si trasferiscono a Washington dove prendono in affitto alcune stanze comprensive di uno studio nel quale il maggiore potrà lavorare al suo libro. Il tempo passa e, nel frattempo, i soldi finiscono... Andy e Tucker in possesso di un rotolo di biglietti grosso come il timone di una carrozza decidono di metter su un'agenzia matrimoniale ritenendo di poter, nell'arco di due mesi, raddoppiare il malloppo. Iniziano con un'inserzione sul giornale firmata “Cuore solitario”... Maggio è il mese dominato da spiriti pazzi e burloni e, soprattutto, è il mese nel quale Cupido si diverte a sparare alla cieca. E maggio pizzicò il vecchio e gottoso signor Coulson...

O. Henry, pseudonimo di William Sidney Porter, è stato un maestro nell’arte del racconto breve. I racconti della raccolta Il riscatto di Capo rosso si caratterizzano per la presenza di un finale sempre a sorpresa in grado di stravolgere l’intera vicenda o gli obiettivi iniziali che i protagonisti si erano prefissi. I suoi personaggi non sono mai dei grandi criminali, non potrebbero, per intenderci, occupare un ruolo in una grande associazioni a delinquere perché son quasi innocui, capaci di architettare piccole truffe, perdigiorno e, alla fine, è impossibile non provare per loro simpatia. Il punto forte di queste storie è, indubbiamente, la generosa dose di umorismo precisamente di quell’umorismo, come l’ha definito Manganelli, da contafavole molto vicino a quello di Mark Twain. Considerato come la risposta americana a Guy de Maupassant, altra figura di riferimento del genere racconto, con il quale ha sicuramente in comune la costruzione del finale, ma riesce comunque a distinguersene per la mancanza di quella cupezza che, invece, dà l’impronta a molti dei racconti dell’autore francese. E in quell’umorismo e quelle vicende che fanno sorridere e meravigliare Henry offre uno spaccato dell’America del suo tempo che l’autore, con occhio attento, ha registrato dall'interno della sua cella, durante gli anni della prigionia nel penitenziario dell’Ohio.


mercoledì 11 novembre 2015

E ADESSO? - Brigitte Giraud

ERAVAMO NOI
 Titolo: E adesso?
Autrice: Brigitte Giraud
Editore: Guanda
Anno: 2009
Genere: Romanzo
Traduzione: Marcella Uberti-Bona



Un romanzo forte, doloroso. Come si può raccontare la morte? Come si può raccontare ciò che siamo, quello che proviamo noi che restiamo? Siamo vittime di un elemento, potente e inattaccabile, che cancella vite, senza chiederci il permesso, e non ci dà possibilità di appello. Non c’è tutela. E continuiamo a vivere con pezzi mancanti. Diventiamo mosaici incompleti che non potranno più splendere.

“Era prima, era altrove. Eravamo noi. Stasera Claude è morto, e io sono viva. Mi lascia senza averlo voluto, per distrazione. Mi lascia con il mio desiderio, con le mie domande.”

Claude non c’è più. Non sentirà più la sua voce, le sue mani non la toccheranno più, il suo profumo svanito. Claude era suo marito. Claude è morto all’improvviso in un incidente in moto dopo qualche ora di sofferenza in ospedale. Non c’è stato nulla da fare, diranno i medici. Muore senza avvisarla. Muore tre giorni prima del trasloco nella loro nuova casa. La loro prima vera casa. E ora? Bisogna scegliere la bara, scegliere la musica per la cerimonia e contattare l’organista, andare al supermercato per fare la spesa per il ricevimento successivo al funerale e lei ha sempre odiato quel genere di ricevimenti. Come potrà vivere adesso dopo vent’anni di vita felice insieme? Perché non si sono abbracciati forte quella mattina? Perché solo un saluto fugace, un leggero sfioramento? E, soprattutto, come dire al loro figlio di solo otto anni che il suo caro papà è morto? Com’è possibile mettere in una sola frase la parola morte con la parola papà?...
Un romanzo che si concentra in un uno spazio temporale brevissimo: quel piccolo frammento di tempo, l’adesso, ossia quel segmento di esistenza che ci si trova a vivere tra la notizia della morte di una persona amata e il dopo. Una sorta di limbo fatto di vuoto incolmabile, di dolore, di domande che la Giraud descrive con coraggio e sobrietà senza mai farsi vincere dal patetismo. La morte vista come elemento onnipotente a fronte del quale neppure un amore solido e duraturo può nulla. Perché l’amore non ci prepara a sufficienza perché nell’ipotetico bugiardino dei sentimenti non è indicata la perdita come conseguenza della sua assunzione. Si rimane sperduti, soli, con il peso dei ricordi che, a volte, sollevano e, a volte, ci trascinano nel baratro. E rimaniamo, a respirare, a parlare a muoverci ancora: siamo condannati alla sopravvivenza, comunque. Quasi una punizione. E non possiamo né autotutelarci né ricorrere a tribunali per ottenere la riparazione per il torto subito. No, ci teniamo la perdita, la solitudine, il dolore in tutte le sue sfumature.
“Si vive, è normale, poi si muore, e nessuno ci è abituato. Allora improvvisi. Imbastisci il niente con il niente.”

Caratterizzato da periodi brevi e incisivi, a dir poco martellanti E adesso? è uno scavo nell’animo umano, nei sentimenti profondi, è uno svelare noi stessi con le nostre paure, una conferma del piccolo che siamo rispetto all’immensità della morte. Atroce.