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martedì 27 febbraio 2018

PAZIENTE 64 - Jussi Adler-Olsen


Sezione Q, Atto IV

Autore: Jussi Adler-Olsen
Editore: Marsilio
Anno: 2014
Genere:Thriller
Pagine: 522
Traduzione: Maria Valeria D’Avino


Novembre 1985. Nete è con suo marito, Andreas Rosen, a una cena in onore del vincitore del Gran Premio nordico per la medicina. Tra gli invitati intravede una figura. Quella figura le si avvicina: è lui, Curt Ward. È invecchiato, son passati 25 anni. “Sei la puttana del dottor Rosen, adesso?” le dice e continua ricordandole l’isola di Sprøgo, i suoi aborti, la sterilizzazione. Nete fugge dalla sala con suo marito. In auto solo silenzio e distanze incolmabili. Poi lui le dice “Stasera faccio la valigia” e continua a guidare, lei alza una mano, la avvicina al volante, lo afferra e lo tira a sé: la strada sparisce, attraversano una siepe e toccano il mare… Novembre 2010. Carl Mørk ha appena appreso la notizia che la proprietaria di un’agenzia di escort è stata aggredita con l’acido solforico quando Rose, la sua assistente, le recapita una pila di fascicoli relativi a casi irrisolti e, tra questi, quello riguardante la scomparsa, negli anni ’80, di Rita Nielsen. Carl non sa ancora che quella sparizione è il primo tassello di una lunga indagine…

Grande esponente del thriller scandinavo, Adler-Olsen, presenta la quarta indagine della Sezione Q diretta da Carl Mørk che, stavolta, lavorerà con Rose e Assad. Abilissimo nel costruire una trama ad incastri sapientemente articolata e portare il lettore, tassello dopo tassello, ad una verità crudele nella quale il vero protagonista è l’uomo con il suo bagaglio di follia. Un paziente scavo nel passato della storia danese che porterà alla luce l’orrore di una vicenda – quella relativa all’isola di Sprøgo divenuta celebre per l’internamento di donne ritenute promiscue o affette da ritardi mentali e sottoposte a tecniche coattive di sterilizzazione– capace di dimostrare come il male e l’insania possano trovare terreno fertile ovunque anche in paesi che, nel comune immaginario, son ritenuti per definizione perfetti e impeccabili. Avvincente e scorrevole come solo un buon thriller sa essere: non resta che attendere la traduzione italiana della quinta indagine già edita in lingua originale col titolo Mark Effetken.



giovedì 3 dicembre 2015

SAVAGE LANE - Jason Starr

DI MATRIMONI E ALTRE STORIE


Titolo: Savage Lane

Autore: Jason Starr

Editore: 1rosso (Parallelo45 Edizioni)

Anno: 2015

Pagine: 301

Traduzione: Barbara Merendoni

Genere: Romanzo thriller

Niente è mai come sembra, neanche nell’ovattata Savage Lane, con i suoi vialetti ordinati, con il suo country club con i suoi drink e le immancabili partite a golf. I matrimoni non sono fatti d’amore, ma di fughe, almeno con il pensiero in attesa di un’evoluzione, forse.

Mark e Deb consumano un matrimonio di facciata, hanno due figli, stanno bene economicamente, hanno tanti amici. Sembrerebbe un quadretto perfetto. Sembrerebbe, infatti che Mark, per dirne una, si sia preso una cotta colossale per la vicina, la bella e atletica Karen: separata, con figli, che smanetta su internet alla ricerca dell’uomo giusto (che, a dire il vero, pare non esistere in quel fatato luogo che è Savage Lane). Mark è un sognatore giusto per usare un eufemismo perché la realtà è che il maritino di Deb è un onanista mentale: nella sua testa fantasiosa ha deciso che anche Karen sia innamorata di lui, inoltre, ha anche  deciso che Karen abbia il sogno di finire tra le sue braccia e attenda che il suo “amato” si separi da Deb che, tra l’altro, ha anche qualche problemino con l’alcol. Inutile dire che Karen non abbia nessun pensiero impudico nei confronti di quel passivo di Mark, ma lui, ahinoi, non vede la realtà. E poi c’è la mogliettina di Mark che accusa il potenziale fedifrago di tradimento dall’alto della sua storia con il giovine Owen. Questa è la situazione: giorni uguali ai giorni, nel quale i protagonisti si muovono sempre con gli stessi gesti e le stesse abitudini, fedifraghe o quasi, salvo poi il verificarsi di un evento tragico che atto a sconvolgere la vita di tutti: Deb sparisce…



Jason Starr, americano, è un grande autore di fama internazionale che ha fatto del thriller e del noir il suo cavallo di battaglia. In Savage Lane, tradotto in Italia da Barbara Merendoni  per 1rosso, marchio della Parallelo45, piccola casa editrice indipendente, Starr ci regala una storia al limite del paradosso, i cui personaggi paiono quasi tutti possedere delle tare prima fra tutte quella della insensibilità, della superficialità, e che navigano in una fastidiosa apparenza di ruoli nella quale la discrepanza tra ciò che si è e ciò che si appare è abissale e, parrebbe, incolmabile. Grande la capacità dell’autore nella caratterizzazione dei personaggi che risultano, oltre modo, ben riusciti  (da lettrice e, soprattutto da donna, nasce  incontenibile la voglia di dare una bella lezione a quel bamboccione di Mark). La prima parte, comica e divertente, è caratterizzata dalla predominanza dell’equivoco rappresentato, senza dubbio, dai monologhi di Mark tutti imbevuti di una fantasia esacerbata che non ha un minimo appiglio nella realtà, la sua capacità di non leggere negli altri assume toni surreali che rubano, inevitabilmente, dei sorrisi. Mentre nella seconda parte dalle tinte più fosche, segnata dalla sparizione della di lui moglie, emerge il lato nascosto e vero dei personaggi, la loro ipocrisia, la quasi assenza di sentimenti rappresentata dalle parole della figlia adolescente di Mark, Riley (che, a onor del vero, pare l’unica dotata di un sentimento sincero) “Che cazzo di problema avete? (…) Justin sta giocando ai videogame, tu guardi le trasmissioni di Borsa? Non ve ne frega nulla che la mamma sia scomparsa?“ .

Un romanzo che cattura, scorrevole e intrigante nel quale manca, forse, la suspence tipica dei thriller canonici, ma che non toglie nulla al fatto che Starr sia un grande narratore. Che con questo thriller atipico mescolando sapientemente il noir, il comico e il surreale, riesce a regalare ore di piacevole lettura e di riflessione circa il ruolo dell’apparenza nella nostra società e sul fatto che, spesso, è difficile essere se stessi: di Mark è pieno il mondo, insomma.

giovedì 21 novembre 2013

L'INQUILINO DEL TERZO PIANO - Roland Topor

La malerba del vicino

Titolo: L'inquilino del terzo piano
Autore: Roland Topor
Editore: Bompiani
Anno: 2004
Pagine: 159
Genere: Romanzo
Traduzione: Giovanni Gandini

Partiamo dalle origini. È necessario chiarire come non ci si trovi di fronte alle solite beghe condominiali per infiltrazioni provenienti dal lastrico solare o alla pressante questione dell’esatta determinazione dei millesimi “all’uopo necessaria per la ripartizione delle spese per il cancello condominiale” come si legge nei tanto detestati verbali d’assemblea. Niente di tutto questo.
Il titolo dell’opera, in originale, è “Le locataire Chimérique” divenuto, in italiano, prima “L’inquilino stregato” e, infine, l’anonimo quanto insipido, “L’inquilino del terzo piano” . Insomma, i soliti limiti delle traduzioni. Andiamo oltre, oggi non sono in vena di polemiche.
Continuo, pertanto, per parlarvi di questo bellissimo romanzo. Un romanzo un po’ stregato, un po’ surreale, un po’ angosciante che mi ha dato quasi l’illusione di precipitare all’interno di un’agghiacciante spirale. E, in qualche modo, vi ho trovato le atmosfere di altri autori da me amati, come Kafka e, soprattutto, Buzzati.
Un romanzo quasi onirico, nel quale nulla è scontato, dove tutto può essere perfettamente reale o perfettamente allucinato o visionario. Una carrellata di Immagini che si riflettono, si distorcono e frantumano in una fittizia casa di specchi. Riflettendosi, si moltiplicano all’infinito fino a rendere ardua l’individuazione dell’immagine prima. Impossibile, anche ad un abile cercatore, reperirla in quell’ingorgo di riflessi.
Un libro che pare una pittura di Topor della quale possiede, indubbiamente, i colori. Ma anche uno specchio frantumato. Un libro costruito a “spire, O Voi Letterati e Critici passatemi il termine, che si restringono, lentamente, in arie cupe e surreali prive di una omologata ripartizione dei confini della lucidità e della follia. Lucidità e follia danzano sinuosamente in questo condominio tetro, sfumato e incongruo come i sogni stessi.
Il protagonista è un normale impiegato, Trelkovsky.
Sfrattato, su consiglio di un amico trova un nuovo appartamento precedentemente affittato alla misteriosa Simonetta Choule la quale, nel momento in cui lui conclude il contratto d’affitto, si trova in fin di vita all’ospedale per un tentativo di suicidio. A quanto pare, Simonetta si è lanciata nel vuoto dalla finestra della sua casa. Quella stessa finestra alla quale il nostro Trelkovsky si affaccerà spesso.
Per Trelkovsky, inizialmente, quell’appartamento appare come un segno divino. E’ ancora ignaro del fatto che dio non sia cosi buono e generoso. Dio o chi per lui.
Il protagonista, persona discreta ed educata, vivrà circondato da vicini che lo accuseranno, spesso e volentieri, di fare troppo baccano. Questi onnipresenti condomini, più simili a ombre che a uomini, diverranno la sua ossessione. Egli farà di tutto per evitare le loro lamentele: rinuncerà alle visite degli amici, alle visite delle donne fino a rinunciare alla sua vita, alla sua identità. Identità che nel corso degli eventi, mai troppo chiari, subisce delle lente trasformazioni. Flemmatiche e impercettibili, paragonabili allo stillicidio del rubinetto che, nelle sue tetre fantasticherie, Trelkovsky sente all’interno del suo appartamento (o forse no?).
E nel momento in cui i ladri si introducono nel suo appartamento ripulendoglielo, capisce. L’illuminazione! Lui è al centro di un complotto, illogico sembrerebbe, ordito dai suo vicini. Dalle riflessioni contorte e toccanti di Trelkovsky emerge come Simonetta Choule non si sia suicidata, ma sia stata indotta a farlo dagli inquilini i quali vorrebbero ripetere l’esperienza con lui. Così pare, ma ciò che sembra non sempre è ciò che è reale. Ciò che è sicuro è che il protagonista sarà assorbito in un tragico gorgo nel quale non vi sono vie d’uscita, né principali, né d’emergenza. Fino all’epilogo che, in qualche modo, chiarirà l’enigma, ma non lo farà in modo netto. Rimarranno dubbi e domande irrisolte.
La domanda fondamentale è: chi è davvero Trelkovsky? È uno o duplice? Se è uno, è folle, visionario soggetto ad allucinazioni o sono, invece, i vicini che, con magistrale sadismo, lo conducono in quel baratro? O, invece, egli è l’emblema della frammentazione dell’io?Egli rappresenta, contemporaneamente, ciò che concretamente è visibile e anche quella parte che si trova sempre al di là della normale percezione, ossia la parte sconosciuta di ognuno di noi? E’ l’inconscio che si libera da rigide catene e si vendica, crudelmente, di una lunga prigionia?Roland Topor (1938-1997) è un artista poliedrico dedicatosi alla scrittura, al disegno, alla scultura, al teatro e alla sceneggiatura. Ha collaborato a numerose riviste. È il fondatore, con Jodorowsky e Arrabal del movimento surrealista cd. Panico che prende il nome dal dio Pan, appunto un dio senza forma che provoca il terrore e il riso. Topor ha scritto anche “Alice nel paese delle lettere” ed. Nuovi Equilibri, “I seni più belli del mondo” Feltrinelli.
Segnalo il film “L’inquilino del terzo piano” diretto da Roman Polansky tratto, appunto, al romanzo.
Dedico queste parole belle o brutte che siano, a chi si ostina a portare i rasta a 40 anni incurante di tutto, a chi combatte la medicina tradizionale e ti ammorba con le sue battaglie anti-cortisone, a chi non vuole essere eccentrico a tutti i costi semplicemente perché è nato eccentrico.

P.s. Ogni riferimento a C. Z. Jodorowskyano convinto, mio caro Amico squilibrato, è puramente NON casuale.

Altri libri: 
Finzioni, Jorge Luis Borges
Il ladro del silenzio, Rawi Hage
Quello che è successo a Joana, Valério Romão

venerdì 28 giugno 2013

IL FATTORE K - Antonello Ardu. Non è tutto Killer ciò che luccica


Titolo: Il fattore K
Autore: Antonello Ardu
Editore: Youcanprint
Anno: 2012
Genere: Thriller
Pagine: 370

Anno 2009. È un gelido inverno quello che attanaglia Cagliari, la neve scende lenta e ricopre la città. Tutto sembra tacere. Ma nulla dura per sempre, neanche la serenità di una città che pare fin troppo pacata. Dapprima spariscono gatti e, ovviamente, nessuno se ne occupa almeno fino a che non viene assassinata la figlia di "uno che conta". Almeno fino a che altri, troppi, omicidi non saranno consumati. Almeno fino a che non ci si renderà conto che c'è un filo conduttore che lega quei macabri omicidi. Sarà il Commissario Capo, Giaime Delogu, ad indagare e a ritrovarsi a ricostruire con pazienza certosina, proprio lui che di pazienza ne ha ben poca, i tasselli di un puzzle composto da pezzi sparsi lontani nel tempo.


Dopo il suo primo romanzo Dossier Hoffman, edito da Aisara, Antonello Ardu ci offre una storia affascinante e intensa ambientata, prevalentemente, in una Cagliari insolita e misteriosa. Nato come giallo di cui possiede la classica impalcatura - assassinio, indagini, cattura del colpevole - Il fattore K si estende andando a trattare altri temi ricco com'è di vicende, lontane tra loro nel tempo e nello spazio, che si intersecano in un gioco di rimandi e di flash back senza che mai si perda il filo della narrazione. Storie che si dipanano tra Cagliari e la Barbagia, storie di vite, spesso ai margini, incastonate, come se fosse uno sbaglio, in una società che le annienta, le schiaccia, non le rispetta. Ed è in quella palude di vite sofferte, di sogni interrotti, di slanci mancati che nasce il desiderio ossessivo di vendetta, di riscatto. Vendetta ad ogni costo e con ogni mezzo. Emerge, nel corso della lettura, la dicotomia tra buoni e cattivi dove i cattivi sono troppo cattivi. E a questo quadro tutto umano che rispecchia, forse con intento polemico dell'autore, la società attuale si contrappone il mondo animale emblematicamente rappresentato dal gatto Arturo, grande protagonista del libro, portatore e attento custode di valori, in primis la solidarietà, che l'uomo - il cristiano - pare aver dimenticato nei meandri di quella estenuante ricerca del potere, del successo nel buon mome del dio denaro.
Numerosi sono i personaggi che affiancano il serial killer dal canto suo fornito di un'intelligenza fuori dal comune e, al tempo stesso, anch'egli vittima di un sistema marcio, putrescente, corrotto. Personaggi ribelli come il Commissario Capo Delogu, personaggi circondati da un alone di magia come Antine Satta che paiono vivere su questo mondo quasi per un errore dotati come sono di forte sensibilità e di sentimenti superiori, donne che combattono e non si arrendono, nonostante la crudeltà della vita. Quattrocento pagine che scorrono con piacere e che regalano, a fine lettura, amare riflessioni e profonde verità. Verità feroci, certo.

Vedi anche:
Savage Lane, Jason Starr