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mercoledì 6 maggio 2020

LILI - Hélène Bessette


Maman, mon amour

Titolo: Lili
Autrice: Hélène Bessette
Editore: Barbès
Anno: 2008
Genere: Romanzo
Pagine: 180
Traduzione: Tommaso Gurreri

Lili vive con sua madre in una casa della Provenza, casa che è anche una pensione. Ci sono tante aiuole tutte ben curate. Lili è la bambina, la bambina adorata della sua mamma Charlotte. Ma Lili piange. Lili ha vent’anni e piange. Perché piange? Perché non lo dice alla sua mammina? “Bisogna dire tutto alla propria madre” le ricorda mamma Charlotte. Niente segreti. Ma, in fondo, non c’è bisogno che Lili parli. Mamma Charlotte capisce, lei sa, le madri indovinano. Sempre. Charlotte lo sa: sa di quel ragazzo. Ma Lili non abbandonerebbe mai la sua mamma dopo tutto quello che ha fatto per la sua figliola, vero Lili? E poi c’è ancora Lili, con Henry, nella camere prestatale dalla sua amica Marthe. Lei e lui. Da soli. Piangono. No, non si baciano. Piangono insieme quei due. Ancora Lili che andrà via, ma poi tornerà dalla sua mamma. Come abbandonarla? E, poi, Lili che si sposerà. Forse senza amore. E non finisce ancora, perché arriverà lui, il suo nuovo amore. E poi…

Lili è un piccolo, ma toccante romanzo di un’autrice francese ancora poco conosciuta in Italia, la quale ci regala pagine dolorose e amare. Lili è un romanzo fatto di catene che imprigionano, fino a stritolarli,  i protagonisti. E quelle catene son fatte d’amore. Amore-prigione. Tutto ruota intorno al conflitto tra Lili e la madre che adora quella figlia tanto da volerla sempre con sé. Sarà quell’amore che priverà Lili della libertà di amare un uomo, di vivere, di essere pienamente se stessa. A Lili viene negata la libertà in quanto sempre costretta a scegliere tra sua madre e il suo uomo. Amore che è un ricatto. Si soffoca, manca l’aria. La Bessette con la sua scrittura pungente e affilata delinea alla perfezione il quadro di un rapporto malato. Certo, il tema del rapporto quasi ossessivo, o comunque non sano o conflittuale, tra madre e figlia non è certo nuovo nella letteratura, la mente vola verso le bellissime pagine de La pianista della Jelineck o anche ad alcune pagine della Nemirovskij, con la differenze che la Bessette colpisce e affonda, in forza del pressante ritmo della sua scrittura, a velocità sostenuta, senza quasi darci il tempo di comprendere da quale punto colpisca. E fa male. Interessante, indubbiamente, lo stile dell’autrice per l’originalità operando la stessa una sorta di capovolgimento dei principi cardine delle regole grammaticali ordinari ingenerando uno sconvolgimento della sintassi. Un ritmo martellante, singhiozzante come i pianti di Lili. E tale originalità si riverbera anche a livello visivo: nelle pagine sono presenti spazi vuoti, i versi risultano non regolari, sono presenti lettere maiuscole. E tale ribaltamento delle regole classiche pare quasi necessario nella narrazione: per dar voce al dolore di Lili, per sentire il lento sgocciolio delle sue lacrime, per udire il rumore sordo del silenzio. Ottima lettura.

giovedì 9 aprile 2020

IANCURA - Paolo Casuscelli


Esperienze del sublime

Titolo: Iancura
Autore: Paolo Casuscelli
Editore: Mucchi
Anno: 2019
Genere: Racconti
Pagine: 88


Dopo aver vinto un concorso per insegnante di scuola media, Casuscelli, sceglie l’Isola di Salina, nell’arcipelago delle Eolie, proprio quella che nessun altro avrebbe scelto. Al momento dello sbarco, reca con sé una ventina di tomi pensando che gli sarebbero bastati per poco, pochissimo tempo. Quanto si sbagliava! L’isola diviene per lui una grande opportunità, una risorsa. Se prima la sua vita si muoveva in una dimensione prettamente spirituale, muovendosi egli tra libri e polverose biblioteche, con l’arrivo a Salina riesce, in un certo senso, a sentire la corporalità delle cose. La natura, il mare e la pesca divengono parte della sua nuova vita. Ah, la pesca, quell’attività che gli riempirà il cuore. Pesca che è fatica, gioia, ma anche delusione. Già, può capitare, per dire, di pescare una cernia di otto chili e, poi, come niente perderla in mare. Vivere a Salina significa anche ritrovarsi la bidella in casa per avvisarti che sei in ritardo per la lezione e che ti intima di prepararti ché intanto lei ti prepara il caffè. Significa avere amici, certo eccentrici, come Gianni Re, con le loro filosofie di vita interessanti. Per non parlare poi degli alunni con i quali si crea un rapporto unico, un rapporto di appartenenza “perché chi è stato alunno continua a sentire l’appartenenza anche da adulto.”

Della raccolta di racconti dell’autore messinese colpisce, in primis, il titolo, Iancura, letteralmente biancore e che, per l’autore, è “la personale esperienza del sublime.” La raccolta contiene l’esperienza di insegnamento dell’autore nell’isola eoliana, una sorta di diario, almeno prima facie. In realtà, in Iancura scorre tanta vita, tante immagini, tante riflessioni. Un’analisi, infine, attenta e profonda di se stessi, la descrizione appassionata del rapporto con la natura e il ruolo del concetto di isola. Perché da un’isola si impara tanto, è un’opportunità “la cosa più importante che impari dall’isola è quella di fare di te stesso un’isola. Non ti spinge a chiuderti, ma a trovare la forza per fare di te una dimora. Un luogo in cui poter accogliere tanto la propria solitudine quanto la propria apertura all’altro” per dirla con le parole di Casuscelli. Numerosi e brillanti anche gli aneddoti sulla scuola non scevri, peraltro, di alcune critiche al sistema -prendiamo, per esempio, il registro, lo strumento più idiota della scuola - e, soprattutto il rapporto speciale che si instaura con gli alunni che esula da ciò che viene trasmesso e recepito, ma assume le vesti di una reciproca e irrazionale appartenenza. Ancora, l’importanza dello studio “meglio un liceo fatto male di una scuola per geometri o ragionieri fatta bene Salina è piena di geometri e ragionieri disoccupati i quali […] non hanno idea della storia della letteratura o della filosofia. E questa per è, per me, una mancanza grave non tanto nei confronti dei doveri scolastici, quanto della vita.” Le storie di Salina posseggono il sapore delle cose speciali anche perché narrate con uno stile curato, a tratti poetico. Sono storie che affascinano e rimangono nel cuore.


martedì 17 marzo 2020

FINALMENTE PARIGI - Mark Twain

Ah, Paris

Titolo: Finalmente Parigi
Autore: Mark Twain
Editore: Mattioli 1885
Anno: 2019
Genere: Viaggi
Pagine: 161
Traduzione: Livio Crescenzi

La partenza del piroscafo Quaker City da New York per la “Grande Escursione di Piacere in Europa e Terra Santa” è fissata per il giorno 8 giugno 1867: è un sabato. L’orario per il salpo è previsto alle dodici. Tra i partecipanti a quel tanto commentato viaggio vi è anche un giovane trentaduenne Mark Twain, il quale è riuscito a farselo finanziare dal Daily Alta California. E in quell’atteso sabato il giovane cronista osserva il molo affollato, i ponti dell’imbarcazione strapieni di bauli e valigie, ma soprattutto i crocieristi, provenienti da diverse città, con i loro orribili abiti da viaggio e il loro pigolio incessante tanto che “sembravano tani polli mogi e abbattuti che stessero facendo la muta delle penne.” In alto, si intravede issata una maestosa bandiera. È nell’insieme uno spettacolo tristissimo nonostante quello fosse un viaggio di piacere! Alfine, arriva l’ordine: Mollare! Ma piove, piove copiosamente: c’è una tempesta. Pertanto i passeggeri debbono rimanere ormeggiati nelle acque del porto. Domenica mattina la tempesta si placa, ma il mare è ancora agitato: resteranno ormeggiati fino al lunedì. Poi finalmente si solcherà l’oceano. I passeggeri iniziano subito ad adattarsi alla vita di bordo che, ben presto, diviene monotona come “la routine di una caserma”. Non noiosa, per carità! Ma, a onor del vero, ci va molto vicino. I crocieristi, iniziano ben presto a modificare il loro lessico e ad appropriarsi dei termini marinareschi “cabina a pruavia” e “cabina a proravia” diventano espressioni usuali. Il viaggio è appena agli inizi, torneranno a New York il 19 novembre…

Nel 1869 un non ancora famoso Mark Twain, pseudonimo di Samuel Langhome Clemens, diede alle stampe The innocent abroad Gli innocenti all’estero, volume nel quale raccontava, con piglio di cronista, di una crociera in Europa, Nordafrica e Terrasanta. Oggi, l’editore Mattioli 1885 ripropone quell’opera in due volume distinti: Finalmente Parigi, appunto, che narra della prima parte del viaggio e il volume In questa Italia che non capisco. Viaggio nel Belpaese, dedicato alla seconda parte della Grande Escursione. Finalmente Parigi, quindi, rientra nella produzione giovanile di Twain prima che egli assurgesse al rango ufficiale di grande scrittore, prima che Faulkner lo definisse come il più grande scrittore americano. In queste dense pagine ci offre una cronaca precisa di questo viaggio di piacere che, a pieno titolo, si inserisce in quel periodo ottocentesco nel quale il viaggio diviene strumento accessibile non più solo al ceto aristocratico ma anche alla borghesia, viaggio che reca in sé lo strumento per un arricchimento culturale, trasformandosi in una tappa dell’iter formativo e di crescita dell’uomo. Non è un caso che la prima agenzia di viaggi fu creata proprio nel 1865 da Thomas Cook, a Londra, il quale già venti anni prima aveva organizzato il primo pacchetto turistico della storia. In questo clima si inserisce anche il viaggio narrato da Twain che, con spirito critico e con l’acume e la sagacia che sempre lo caratterizzeranno, ci racconterà dei paesi visitati, senza mai dimenticare di scagliare la sua usuale dose dardi velenosi: i suoi compagni di viaggio sono dei pennuti, la comunità delle Azzorre “lenta, povera, inetta, assonnata e pigra”, una comunità fertile per gli imbrogli dei gesuiti. Nessun luogo sfugge alle mordaci parole di Twain, ma soprattutto nessuna persona, perché è vero che si parla di viaggi ma nel mirino del perfido cronista ci sono prevalentemente gli uomini, con i loro vizi, difetti, con le loro banalità.

domenica 15 marzo 2020

UN LEGAME SOTTILE - Paola Cosmacini

Di sage femme
Titolo: Un legame sottile
Autrice: Paola Cosmacini
Editore: Baldini & Castoldi
Anno: 2019
Genere: Saggio salute
Pagine: 215

L’ostetricia, da ob stare, stare davanti, ha le sue radici in Francia. Essa è innanzitutto un’arte, l’arte di assistere la partoriente e il neonato nelle prime ore di vita. Ci sono dei momenti fondamentali nell’evoluzione di tale arte prima che si arrivi a considerarla una vera e propria scienza. Nel 1513 nella luterana Strasburgo compare Der roszgarten, il primo libro a tema ostetrico. Testo fondamentale che costituirà, per più di due secoli, un importante punto di riferimento non solo per le levatrici. Ma anche per i medici. Al tempo della sua pubblicazione l’accouchement, il parto, è quasi esclusivamente un affare di donne e sarà fino alla metà del 600 che, in tale delicato momento, non si ricorrerà a figure maschili se non per casi particolarmente complicati per i quali è indispensabile l’intervento di un medico, quindi di un uomo. Di fatto, chi si occuperà per secoli del parto sarà la sage femme, ossia la figlia o moglie del medico capace di gestire il parto eutocico e distocico e alla quale anche la comunità religiosa aveva riconosciuto un certo status sociale autorizzandola, finanche, a battezzare in situazione drammatiche. Nel 1627 la sage femme Louyse Bourgeois promotrice e sostenitrice dell’eliminazione nel parto di vincoli - sostenendo come debba essere la donna a scegliere la posizione più adatta - pubblica un opuscolo, Apologie contre le rapport de Médecin con il quale critica l’ingerenza dei medici nel campo ostetrico. Con il tempo e con l’acquisizione di maggiori conoscenze sanitarie, la prerogativa femminile nel campo dell’ostetricia viene meno e ciò quando l’ostetricia assume, gradualmente, le forme di una disciplina medico-scientifica, quindi per ciò stesso di appannaggio maschile. Nasce quindi un sapere nuovo praticato e insegnato da una nuova figura, l’accoucher, esclusivamente maschile…
Paola Cosmacini, medico radiologo, divulgatrice scientifica, nel descrivere due figure fondamentali nel campo dell’ostetricia, Madame Marie Boivin e Monsieur Stéphane Tarnier, ci delinea, in modo completo e dettagliato, il lungo e tortuoso excursus storico dell’antica arte di assistere la partoriente. Un’arte che, per molti secoli è stata di esclusiva competenza della donna (in alcune epoche della donna-strega). Momento storico che passa anche attraverso le figure di Boivin che fu levatrice e divenne medico e di Tarnier il primo ostetrico con particolare attenzione a quel legame sottile che li unì. Due studiosi che, di fatto, non si conobbero personalmente, ma furono comunque uniti dalla smisurata passione per lo studio per la ricerca nonché mossi da una attenzione per la cura e l’assistenza delle persone sofferenti. Entrambi vissuti nella Parigi dell’Ottocento, “si passarono il testimone della scienza ostetrica e ginecologica”. Due mani piccole, delicate e femminili quelle della Boivin e due mani armate quelle di Tarnier: entrambi furono animati dal medesimo spirito medico avanguardista che ha rappresentato il “vero motore di un’ostetricia d’ancien regime verso l’alba dell’ostetricia moderna” (Tarnier è considerato anche l’ideatore della incubatrice neonatale). Un apprezzabile testo documentato e ricco di riferimenti bibliografici dietro il quale si intravede uno studio attento delle fonti storiche anche nel delineare sia quel sempre difficile e ostacolato percorso di evoluzione del ruolo della donna in campo medico sia quel passaggio storico nel quale il parto da momento intimo da svolgersi tra le quattro mura di una casa (con tutti i pericoli connessi alla salute della donna e del nascituro) diviene momento da svolgersi in ospedale (con maggiori garanzie per la salute).

giovedì 27 dicembre 2018

TESTI PRIGIONIERI - Jorge Luis Borges



Titolo: Testi prigionieri 
Autore: Jorge Luis Borges
Editore: Adelphi
Anno: 1998
Genere: Saggio letteratura
Pagine: 366
Traduzione: Maia Daverio

Testi prigionieri è una raccolta di biografie e recensioni del grande autore argentino ricca di spunti, di aneddoti interessanti, pungente e appassionante. Una piacevole immersione nell'infinito e magico mondo dei libri.
Carl Sandburg, classe 1878, visse numerosi destini senza ricorrere alla metempsicosi. Fu garzone di barbiere, imbianchino, carrettiere, vagabondo. Per quasi un anno sperimentò la vita militare prestando servizio a Porto Rico e quando tornò scelse di istruirsi. Grazie alle Poesie di Chicago l’America lo riconoscerà, ma non mancarono i denigratori che non lo riconoscevano come poeta in quanto le sue poesie erano prive di rime … Virginia Woolf, disegnata da Rothenstein vestita di nero con il solo colletto e i polsini di merletto bianco, era stata abituata, a non parlare a se non avesse qualcosa da dire. Quella scrittrice e stata definita il primo romanziere d’Inghilterra, ma le gerarchie lasciano il tempo che trovano certo è il fatto che stata una delle intelligenze e delle fantasie più delicate tra coloro che hanno tentato esperimenti con il romanzo inglese...Dire romanziere tedesco è un ossimoro: questa è la regola. La Germania è povera di romanzi pur essendo ricca di poeti lirici, eruditi, filosofi. Ma c’è un’eccezione: l’opera di Lion Feuchtwanger… Una delle buone consuetudini inglesi è quella di scrivere biografie di Giovanna D’Arco. In tanti si sono cimentati nell’impresa, anche Twain, anche De Quincey. Di recente anche Vita-Sackville West con il suo Santa Giovanna D’Arco che è tutt’altro che un omaggio...Nei testi polizieschi mediocri  la soluzione è di tipo materiale (pensiamo alla classica porta segreta), in quelli buoni è di tipo psicologico. Tra quelli buoni si annoverano sicuramente quelli di Chesterton, basta leggere un suo racconto a caso… Bisogna segnalare l’aumento vertiginoso delle biografie, ma, si sa, come gli uomini a un certo punto finiscano. Che fare? Non c’è problema: si può ricorrere ai fiumi o ai simboli. Non a caso Claude Rouget de Usle ha pubblicato la biografia di un inno, La Marsigliese…
Testi prigionieri raccoglie una lunga serie di biografie e di recensioni che Borges pubblicò nella rivista El Hogar negli anni tra il 1936 e il 1940. Si trattava di una rivista tendenzialmente femminile e la cui lettura era diffusa nei ceti medio alti della borghesia argentina del tempo. Oggi è possibile leggerli grazie all’impegno di due studiosi, DeRodriguez Monegal e Sacerio Garì, i quali, nel 1986, fecero in modo di diffonderli e farli uscire dalle pagine della rivista. Borges, quindi, periodicamente, scriveva recensioni brevi e biografie sintetiche e decisamente atipiche nelle quali più che una dettagliata analisi della vita dell’autore preso in considerazione mette in luce eventi particolari o aneddoti che, in qualche modo, hanno influito e determinato cambiamenti nella sua vita. Si tratta, indubbiamente, di testi scritti con finalità divulgative, destinati a un pubblico anche, e forse soprattutto, di non addetti ai lavori, con i quali arricchiva la rubrica dedicata, appunto, ad autori stranieri: gli autori e i libri trattati sono numerosi. E in essi c’è tutto Borges, il suo amore per i libri, il suo modo di essere lettore ad ampio spettro, la concezione per la quale un libro non è, né può essere, un mondo a sé, un universo isolato ma è, invece, un mondo che apre le porte verso altri mondi. Leggere è un’esperienza in senso ampio. Caratterizzati da un’estrema sinteticità, da un linguaggio accattivante e da una buona dose di ironia questi articoli, brevi ma intensi e pungenti,  si leggono con grande piacere e curiosità.