giovedì 12 aprile 2018

BASTARDO POSTO - Remo Bassini


Città bastarda

Titolo: Bastardo posto
Autore: Remo Bassini
Editore: Perdisa Pop
Anno: 2010
Genere: Romanzo noir
Pagine: 178


Paolo Limara è un giornalista famoso, scrive per “La civetta”. Un tempo si mormorava che sarebbe diventato il nuovo direttore, ma le cose cambiano - esattamente come cambiano le voci.  In certe notti senza nebbia e senza luna, dopo le tre, si ferma davanti a una vetrina per osservare un manichino senza sesso in un negozio chiuso da ormai quattro anni. Non si vergogna a star lì, immobile. Si ferma a macinare mille pensieri e fuma. Una sigaretta dopo l’altra. A mettere insieme pezzi di uno strano mosaico. La sua vita è distrutta. Paolo Limara è un uomo che soffre: Valeria è morta. Di incidente stradale, è stato detto. È morta proprio mentre parlava al telefono con sua zia Luigina. Valeria era la sua amante. Tutti quanti lo sanno, anche sua moglie Graziella. Valeria l’ha tradito. Forse. Era una grande troia. Forse. Paolo Limara non sa che dietro quella silenziosa vetrina c’è, al buio,  anche un’altra figura: è una donna, la ex proprietaria di quel negozio abbandonato…

Una storia crudele e velenosa quella che ci racconta Remo Bassini nel suo quarto romanzo tutto fatto di vite che si incrociano, si sfiorano e si distruggono. L’autore pare osservare - esattamente come fa il giornalista Paolo Limara - una vetrina nella quale però non ci sono manichini muti e senza sesso, ma uomini e donne e storie che richiamano altre storie. Storie di male. Tante.  L’autore, con abilità da cronista, ci presenta uno spettacolo zeppo di ipocrisie, di verità – molteplici e diverse – di pedofilia, di strane sparizioni, di malavita, di corruzione, di videopoker, di silenzi imposti, di famiglie distrutte e di mafia all’interno di una piccola città di provincia. Una città bastarda nella quale il senso di colpa, il dolore e le paure si mescolano fino a confondersi in una nebbia perennemente presente. E non si può tornare indietro. E non si possono più pronunciare quelle parole che dovevano essere pronunciate prima. Non si può scappare, non ci si può nascondere se si è giornalisti famosi, non è concessa la grazia di un dolore intimo da consumare tra le quattro mura domestiche. No, non è possibile anche perché il dolore privato non può esistere in questo bastardo posto. Le parole di Bassini precipitano come cascate, sono rapide, improvvisamente si interrompono senza che si possa percepire un seppur minima sensazione di pausa. Nessun riposo è consentito una volta che si è avvolti da quel vortice. Un vortice di parole che quasi frastornano che si susseguono e si consumano, quasi impercettibilmente, in sole cinque notti. Cinque notti intense e nere nelle quali tutti paiono destinati ad essere sconfitti e annientati. Dai rimorsi, dalle paure, da ciò che non si può combattere e da quello strano e incredibile, ma tremendamente verosimile, mosaico che si tenta lentamente di ricostruire forse troppo in ritardo. Forse perché è il gelo della morte che arriva sempre puntuale, se non in anticipo.

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