domenica 9 luglio 2017

TOCCA A TE - Kgebetli Moele

Mettersi in fila

Titolo: Tocca a te
Autore: Kgebetli Moele
Editore: Epoché
Anno: 2010
Pagine: 188
Genere: Romanzo
Traduzione: Monica Martignoni

Ho letto questo libro qualche anno fa e ne rimasi colpita per la massiccia dose di cinismo in esso presente. Un romanzo forte e senza pietà che raggiunge picchi di crudeltà altissimi. Ottima prova narrativa indubbiamente.

Due libri. Il libro dei vivi e il libro dei morti. Kutsho è un bimbo sudafricano un po’ infelice, che ama le feste e ama tanto ballare. Egli è soprattutto un bimbo che parte da una situazione svantaggiata. Si guarda attorno e vede le differenze tra la sua vita e quella degli altri bambini. Un giorno si chiede perché a casa sua non ci siano mai feste, perché il Natale è una cosa che accade solo nelle altre famiglie. Sua madre gli dà la risposta: quelle famiglie, dice, “possiedono un’auto e danno feste perché se lo possono permettere”. È da quel momento che l’obiettivo del piccolo Kutsho diviene quello di studiare, e tanto, di diventare qualcuno e, soprattutto, di uscire dalla miseria. Desidera la ricchezza e farà di tutto per ottenerla. Kutsho cresce e, piano piano, realizza i suoi sogni. Fino a che nella sua vita, quasi ormai perfetta, non succede qualcosa che cambia tragicamente le carte in tavola e lo porta a compilare, con una diligenza che sfiora la follia, un altro libro: il libro dei morti, di fattura artigianale ed elegantemente rilegato in pelle nera...

Secondo romanzo di un giovane scrittore sudafricano che è stato annoverato dal Sunday Indipendent tra i migliori libri dell’anno 2009. Un libro, attualmente fuori catalogo, crudo, agghiacciante e originale nel quale il protagonista indiscusso non sono certo i sogni, non è l’amore – pur presente – non è la bellezza – anch’essa presente - ma è il virus dell’HIV. È l’impalpabile virus che diviene voce narrante. Che domina e muove le sue pedine in una immaginaria scacchiera dove si gioca una partita con la morte. E si sa già chi sarà il vincitore. Una realtà triste e attuale raccontata in modo inusuale poiché Moele capovolge, abilmente,  gli usuali canoni di narrazione proponendoci un nuovo modo per avvicinarci e conoscere  questa realtà. Infatti, non sono più i malati che parlano, soffrono o si disperano. Non ci sono esami ematochimici né corsie di ospedali con camere asettiche né, tantomeno, terapie da rispettare. No, loro tacciono lasciando la parola a  quel mostro, che assetato di sangue come un vampiro, cerca corpi – giovani o meno giovani, ma rigorosamente sani - nei quali fare ingresso in modo spietato e, al tempo steso, subdolo. Perché quel mostro che non regala neanche una piccola speranza ha bisogno di allargare le schiere della sua legione infernale. Questa è la sua missione, da compiere senza un briciolo di pietà. Per nessuno. Senza discriminazioni, in nome di un assurdo principio di eguaglianza – sostanziale e formale - che, necessariamente, deve trovare applicazione. Con uno stile serrato ed essenziale Moele tratta un argomento molto delicato e tragico in modo cinico, quasi crudele, con una lucidità che lo allontana notevolmente da quei pietismi nei quali spesso cade la letteratura che affronta simili tematiche. Duecento pagine che suscitano interesse e scorrono via piacevolmente pur lasciando al lettore l’amaro in bocca.


sabato 8 luglio 2017

VELVET - Mary Gaitskyll

Amori vetrosi

Titolo: Velvet
Autore: Mary Gaitskill
Editore: Einaudi
Anno: 2017
Pagine: 480
Genere: Romanzo
Traduzione: Maurizia Balmelli


Il romanzo prende il titolo dal nome della piccola protagonista. Una bambina che vive una realtà poco, se non per niente, ovattata che conosce a fondo la durezza della vita. Una bimba alla quale la vita riserva un’opportunità. Uno stile efficace quello della Gaitskill che, a tratti, mi ha ricordato le atmosfere cupe e alcuni dei personaggi presenti dei racconti di Lucia Berlin. La vita è dura, pare dire l’autrice, ma è l’unica che abbiamo. E no, non esiste solo un tipo di amore: l’amore può assumere forme diverse. Può essere anche non ammantato di gentilezza, può essere duro, iroso, vetroso, ma è pur sempre amore. 


Crown Heights, Brooklyn. Era estate quel giorno, faceva molto caldo nella loro stanza. Dal condizionatore, rumoroso, cadevano gocce d’acqua che andavano a posarsi sulla bacinella. Velvet, undici anni, si sveglia come sempre: incollata alla schiena di sua madre che, a sua volta, abbraccia suo fratellino, Dante. Quel giorno i due bimbi dovevano salire in un pullman che li avrebbe condotti, per due settimane, da dei ricchi bianchi. Sarebbero stati separati. Solo per due settimane. La mamma doveva lavorare, spesso anche la notte, e non poteva farli finire in mezzo a una strada, poi il posto dove loro vivono è pieno di negritas cattive: tutto questo disse la mamma all’assistente sociale. Ginger ha 47 anni, sembra giovane, forse perché non ha mai avuto figli, forse perché non ha fatto carriera. Lei e suo marito Paul, conosciuto agli alcolisti anonimi, si occuperanno di Velvet. Per quelle due settimane. Il primo giorno propongono alla bimba di andare a vedere i cavalli che si trovano a due passi da casa loro. Arrivano alla scuderia, odore forte, molti cavalli e lei, la piccola dominicana, sente le loro voci. E tra quei cavalli, quelle voci che solo la piccola può comprendere incontra una cavalla pieno di cicatrici, La Mostruosa la chiamano. Non era la più bella, ma la migliore, pensò Velvet.

Velvet è il terzo romanzo dell’americana Mary Gaitskill, conosciuta anche come la scrittrice “ maledetta” per i temi, spesso forti, trattati nelle sue opere e anche per il suo passato movimentato: la stessa ha fatto di tutto, la fioraia, la spogliarellista e finanche la prostituta. Costruito con un’alternanza di voci, Velvet è un romanzo di forte impatto emotivo nel quale i protagonisti paiono portarsi dentro degli enormi vuoti che, nonostante tutto, cercano di colmare. A volte, senza saperlo. Cercano, perdono, si perdono, si ritrovano, in una corsa disperata per non sentire più l’eco di dolori e solitudini diverse, ma tutte imponenti. E quella corsa assume le forme di un’arrampicata verso vette che, a momenti, paiono irraggiungibili perché nessuno, in fondo, crede di meritarsi qualcosa. Per paura, per l’abitudine a non avere nulla di buono da stringere tra le braccia. Altalenante come la vita: alla durezza segue la tenerezza poi soppiantata dal cinismo. Per poi ricominciare. In fondo, è tutto amore. Fuori dagli schemi, fuori dalle rime baciate e dal caldo di abbracci. Amore è il legame che unisce Velvet alla sua cavalla, amore è quello che Ginger prova per la bimba che assume i foschi colori dell’egoismo e, ancora, amore è quello che prova la madre di Velvet per sua figlia e che assume la forma di parole violente, di minacce, di urla o di silenzi grevi.  Una storia al femminile dove forse nessuno capirà quale sarà il suo posto, forse perché un posto non c’è: rimane sempre la voglia di riscatto, la sete di qualcosa di buono e la speranza che, a nessuno, alla fine viene negata.

Altri libri:
L'estate di Ulisse Mele, Roberto Alba
L'autistico e il piccione viaggiatore, Rodaan Al Galidi
Monsieur Ibrhaim e i fiori del Corano, Eric Emmanuel-Schmitt
Montedidio, Erri De Luca
Terremoto, Chiara Barzini

giovedì 6 luglio 2017

I NUOVI MOSTRI: I GRUPPI DEDICATI AI LIBRI E AI LETTORI E...

Li vedete lì, bellini bellini, e vedete cuoricini e copertine di libri e recensioni che splendono, quasi accecano. E quei nomi: altisonanti, poetici, mistici, ma soprattutto colti. Sono i gruppi di lettori sparsi nel magico mondo virtuale.
Ah, che meraviglia poterci entrare.
Ecco, ci siete: siete entrati, fedelmente guidati dalla stella cometa facebookiana, e vi accolgono come se, per tutta la vita, avessero cercato proprio voi e, in lontananza, quasi in un clima da tramonto estivo, vi appare questa immagine:

Varcate il portone dorato e troverete ad attendervi un bellissimo tappeto rosso ricamato a mano con fili d'oro. Osservate, leggete, sfogliate post. 
E, nell'immediato, vi accorgete di quanto si vogliono bene là dentro. Di quanto si rispettano. Quanti cuoricini partono che pare di essere in cardiologia. Un giorno quei cuori saranno pure per voi, per le vostre belle recensioni, per le vostre parole. Stanno per nascere nuove amicizie basate sull'ammmore per i libri, nate dalla cultura, perché, si sa, chi legge ha una marcia in più. è più sensibile. 
Che bel quadretto, commovente: da incorniciare. Ma che bello.
Che bello un cazzo!

Iniziamo dall'inizio che sarà, poi, l'inizio della fine.
Non è vero che leggere rende sempre le persone migliori. Eh no, conosco merde che leggono in continuazione  (così almeno dicono): merde erano e merde son rimaste. 
Vediamo, a titolo solo esemplificativo senza pretesa di completezza, le principali caratteristiche degli adorati gruppi.

1) L'ADORAZIONE. Noterete, già dai primi attimi del vostro ingresso una strisciante e abnome adorazione per un membro del gruppo, scelto così ad minchiam, sembrerebbe. Già, ho una sorta di repulsione per l'adorazione che, di solito trasforma le persone in tappetini welcome, figuriamoci poi se basata sul nulla. E l'adorato in questione, gongola e gongola e qualunque cosa lui dica sarà cosparsa da miliardi di cuori, e di mi piace, e da un assordante oh collettivo di meraviglia. E ti vien voglia di intervenire e gridare: Ripigliatevi! l'adorato ha detto solo "sono andato in libreria" (che, volendo, ci possono andare tutti) o, al limite, ha detto "Buongiorno" che, vi assicuro è facilissimo da scrivere anche se non siete gli Unti da Sacro Signore di Facebook.

2) I SAPIENTI. Te li immagini impossibilitati quasi a vedere la tastiera perché sommersi da montagne montagne e montagne di libri. Nella tua mente li costruisci come esseri denutriti ché le parole dei libri han poche calorie, si sa. Parlano poco e quando parlano non lo fanno per interagire, ma solo per far sapere quanto la loro conoscenza sia vasta. Loro sono sentenze, verità assolute. Conoscono tutti gli scrittori del mondo, anche quelli di Marte e tutti i libri, anche e soprattutto quelli fuori catalogo e, chiaramente, anche quelli non ancora pubblicati. Un po' viene il dubbio - ma io non sono sensibile, ho già detto - che, di fatto, siano i googlatori più veloci del mondo, ma è un dubbio cattivo. Conoscono tutta la vita, compresa quell'età incerta che è la pubertà, dell'ultimo scrittore dimorante nell'ultimo villaggio della nera Africa e, naturalmente, l'hanno letto. In originale, ovviamente. 

3)LE LIBRERIE. Ci son quelli che amano le foto, niente di male per carità. Ma se chiedi loro: che libro stai leggendo? E loro rispondono postando la foto della propria libreria ti viene naturale chiederti che non abbiano capito la domanda. Allora ci riprovi e, magari, chiedi, se preferiscano la carne al sangue o di media cottura e loro postano, di nuovo, la foto della libreria, ma da altra angolazione, ti girano eccome se ti girano. E ti girano anche se pubblicano, per dire, la foto della libreria della casa al mare. E va bene che la libreria in oggetto è ordinata, in ordine alfabetico e/o per autore e/o colore e tremendamente immensa soprattutto se fai il raffronto con la tua che, allo stato attuale, ha la forma di un ammasso di scatoloni con lo scotch da pacchi di colore orribile, ma mi chiedo: è possibile comunicare per librerie? Per ripiani? 

4) I BLOGGER. In ogni gruppo degno di tale nome esiste un blogger che, veloce più di un lampo, ne approfitta per appiccicare il link della sua ultima recensione o della prima o quella che serve sul momento. Per esempio, uno dice, anche distrattamente, "pagliacco" e lui pubblica la sua recensione a Le opinioni di un clown. Oppure dici "treno" e, zac, ti vedrai subito apparire la sua recensione a Anna Karenina. Per il resto silenzio, non una parola, solo il link. Un misero link isolato che attende, impazientemente, una marea di mi piace. E io sono solidale con quel link che vive da solo non supportato dalle mani materne di una qualsivoglia argomentazione di contorno.

5)LE GARE. Subdolamente e silenziosamente nei gruppi nasce una malata competizione, un continuo affanno per raggiungere la vetta. Sì, la vetta del numero dei libri letti. C'è pure chi tiene il conto del numero delle pagine perché quando le cose si fanno, si fanno bene ovviamente. E in questa folle gara c'è chi - e garantisco sulla veridicità di quanto affermo - per non sentirsi secondo a nessuno, bara, insomma nella sua lista  di libri letti dalle ore 9.15 del 21.11.2015 alle ore 9.20 del 23.22.2016, aggiunge qua e là qualche libro non ancora letto ché, si sa, prima o poi, leggerà, quindi che differenza fa? I numeri, i numeri governeranno il mondo.

6) QUELLI CHE "LEGGIAMO, MA QUANDO SI TROMBA?" Ebbene sì, anche gli intellettualoidi dei gruppi FB hanno delle esigenze tutte carnali, chi l'avrebbe mai detto? Vi ho stupito, vero? Ma, sia chiaro, loro mica sono come gli altri. Mica vorrebbero spalmarsi nel letto con te come qualsiasi essere umano, per carità. No, loro guardano la tua testa, la tua intelligenza; a loro, menti superiori, non interessa il corpo, ma lo spirito. Loro son fatti di poesia e le vostre gambe son solo versi. E l'amplesso a cui anelano mica è fisico, no è mentale. Fidatevi. 

7)GLI SCRITTORI EMERGENTI. Diciamocelo chiaro: a loro, solitamente incompresi, bistrattati dalle case editrice -che-pubblicano-solo-quelli-famosi-ma-loro-son-più-bravi-, del gruppo e dei libri (degli altri) non gliene importa nulla. Hanno un solo pensiero dominante: parlare del loro libro. L'unico libro esistente sulla faccia della terra. E parleranno di fatica, non quella dei minatori per dire, ma la loro, e parleranno di sangue e sudore sparso, non in tempo di guerra, ma di quello per scrivere il loro libercolo, e parleranno di bellezza, non della luna, ma del loro libro. E quando, dopo tanto stalking, leggerai il loro libro e con eufemismi a tappeto dirai loro che è una ciofeca, tu per loro non esisti più. Insultano, delirano, sbraitano e, infine, spariscono. Non è magia questa?

mercoledì 5 luglio 2017

LEGGERE. PERCHÉ I LIBRI CI RENDONO MIGLIORI, PIÙ ALLEGRI E PIÙ LIBERI - Corrado Augias

Non solo pagine
Titolo: Leggere. Perché i libri ci rendono migliori, più allegri e più liberi
Autore: Corrado Augias
Editore: Mondadori
Anno: 2007
Pagine: 120
Genere: Saggio letteratura

I libri sui libri hanno sempre qualcosa di speciale perché sono un continuo rimando ad altri libri, ad altri messaggi e sentir parlare di libri da chi, del libro, ha fatto il proprio mondo è un'esperienza illuminante oltre che infinita.

"La letteratura non ha messaggi né valori morali da proporre, e quando ne ha, si tratta di cattiva letteratura. Il suo solo compito è di rappresentare la contraddittoria esperienza del tutto e del nulla della vita, del suo valore e della sua assurdità."

Un libro dev’essere l’ascia che spezza il mare ghiacciato dentro di noi” così diceva il grande Kafka. Ma, in fondo, perché si legge?  O non sarebbe meglio chiedersi perché si scrive? La scrittura è, tra le forme di comunicazione, la migliore. Ma la scrittura è anche una forma di comunicazione artificiosa e innaturale: un insieme di segni che, messi insieme, assumono un dato significato. Si tratta chiaramente di un’operazione mentale e di questa operazione mentale fa parte anche l’attività del leggere. E, quindi, per riprendere un passo di Diderot: chi sarà il padrone? Lo scrittore o il lettore? Entrambi, forse. O, invece, seguendo l’insegnamento di Umberto Eco, il vero padrone è il lettore, ossia l’interprete?  E cosa accade nel momento in cui ci si lascia andare al piacere di leggere? Quali sono i meccanismi di natura emotiva che ne nascono? Innanzitutto, la lingua è una struttura logica, ma è anche un complesso sistema emotivo atto a far sorgere sentimenti e non solo trasmettere informazioni. Leggere un testo, la lingua di un testo, è un’attività che richiede impegno, perché leggendo, vediamo e cogliamo i simboli riuscendo a vedere, non i simboli, ma le cose in sé.…
Scrittore, giornalista, conduttore televisivo, Corrado Augias, con questo piccolo libro ci apre le porte per farci entrare nel suo mondo costellato di libri. Tutto iniziò quel lontano giorno nel quale da “mediocre alunno di ginnasio” divenne uno studente interessato a ciò che leggeva. Era una mattina qualunque quando il suo professore di italiano lesse, a voce alta, un pezzo dei Sepolcri di Ugo Foscolo: quella lettura, ricca di passione ebbe la potenza di dissolvere la noia che dominava quella mattina che da qualunque, divenne speciale. In quel momento, nacque il suo amore per la lettura perché la lettura, che è atto tutt’altro che naturale, scaturisce per forza da un gesto di seduzione. Da quel folgorante inizio, l’autore prosegue nel narrare aneddoti interessanti e divertenti sulla sua vita di lettore, interessato, vorace e curioso. E in ogni pagina, in ogni vicenda descritta, in ogni citazione –alcune bellissime-viene alla luce, senza bisogno di evidenziarlo, un amore fuori dal comune per la pagina scritta.
"Lo scrittore Giuseppe Pontiggia, troppo presto scomparso, diceva: «Dobbiamo difendere la lettura come esperienza che non coltiva l’ideale della rapidità, ma della ricchezza, della profondità, della durata. Una lettura concentrata, amante degli indugi, dei ritorni su di sé, aperta più che alle scorciatoie, ai cambiamenti di andatura che assecondano i ritmi alterni della mente e vi imprimono le emozioni e le acquisizioni."
Hugo, Chandler, Sherazade, Bradbury, Chateubriand e tanti altri autori con i loro personaggi e le loro storie appaiono in queste intense pagine. Il testo è suddiviso in capitoli a seconda dei temi trattati che  vanno dalla lettura erotica, alla lettura che “fa male” e a quella che “fa bene”, per concludere con il sonetto del Belli Er mercato de Piazza Navona”., Da non sottovalutare anche gli innumerevoli spunti di lettura che obbligano quasi ad annotare, di tanto in tanto, un nome, un titolo per un “poi” che si vorrebbe non troppo lontano. Anche questa è seduzione.


Ch’er mercordí a mmercato, ggente mie,
sce siino ferravecchi e scatolari,
rigattieri, spazzini, bbicchierari,
stracciaroli e ttant’antre marcanzie,
nun c'è  ggnente da dí.
 Ma ste scanzìe
da libbri, e sti libbracci e sti libbrari.
che cce veinghen'a ffà? ccosa sc'impari
da tanti libbri e ttante libbrarie?
Tu ppijja un librro a ppanza vòta, e ddoppo
che ll'hai tienuto pe cquarc'ora in mano,
dimme s'hai fame o ss'hai maggnato troppo. 
Cche ppredicava a la Missione er prete?
«Li llibbri nun zò rrobba da cristiano:
fijji pe ccarità, nun li leggete»

20 marzo 1834 - Giuseppe Gioacchino Belli, Er mercato de Piazza Navona





Altri libri:





lunedì 3 luglio 2017

LA SIGNORINA ELSE - Arthur Schnitzler

Dentro Else

Titolo: La signorina Else
Autore: Arthur Schnitzler
Editore: Adelphi
Anno: 1988
Pagine: 123
Genere: Romanzo
Traduzione: Renata Colorni

Un flusso di coscienza ininterrotto, potente, schiacciante. Un libro meraviglioso, duro, atroce: un gioiello di scrittura.  

Siamo nei  primi anni del '900. Else è bella, giovane, di buona famiglia, figlia di un potente avvocato. Si sta godendo le sue vacanze in un lussuoso albergo quando un telegramma proveniente dalla madre le impone l’ingrato compito di salvare l’onore e il buon nome della famiglia. Infatti il suo amorevole genitore nell’esercizio della sua professione ha sottratto il denaro di un suo cliente onde far fronte agli oneri economici derivanti dalle sue insane passioni: il gioco d’azzardo e le speculazioni in Borsa. La giovane dovrà offrire in visione le sue leggiadre forme al ricco e lubrico visconte Dorsay, divenendo così merce di scambio. Inizierà per Else una lunga lotta interiore, un vorticare confuso e al tempo stesso lucido di pensieri che si sovrappongono si scontrano, si annullano, rimbalzano. Combattuta tra l’esigenza di salvare il padre e quella, altrettanto importante, di salvare la propria dignità, opterà alla fine per una scelta inusuale e inaspettata. Sceglierà una via alternativa e indubbiamente plateale che avrà il sapore, fortemente acre, di una vendetta. Ecco che nasce lo stupore, lo scompiglio, la confusione. Ci si attende la famosa quiete dopo la tempesta ma così non è, poiché i suoi pensieri continueranno a piroettare fino a condurla in una ulteriore strada. La sua strada. Lineare e priva di bivi forieri di dubbi...

“Tutto a casa nostra si risolve sempre con scherzi e battute, anche se nessuno di noi ha voglia di scherzare. Abbiamo paura gli uni degli altri, in verità, e ognuno di noi è solo.”(Pag.36)


La Else di Arthur Schnitzler rappresenta appieno la donna inserita in una società patriarcale e borghese, troppo gretta e troppo rigida per consentire a quegli esseri dotati dalla natura di candore e delicatezza di potersi esprimere, di poter avere dei sogni o, soprattutto, dei ruoli diversi da quelli rigorosamente decisi dal tempo, quel tempo, e dalle regole - mai frutto di dialettica democratica ma quasi imposte “perché cosi deve essere”. Una donna non può superare quei confini, non può lavorare o studiare se non quel minimo necessario che potrebbe servire al futuro marito per esibirla in società come un soprammobile di alta qualità. Classe A +. Insomma, donne fragili, mai di se stesse, ma sempre e comunque di proprietà di un uomo, marito o padre che sia. Vittime macchiate della colpa di possedere un corpo che può sempre essere utile per concludere affari economicamente vantaggiosi e moralmente biasimevoli.


Perché non ho mai guadagnato niente? Perché non ho imparato niente? Oh, qualcosa ho imparato, invece. Suono il pianoforte, conosco il francese, l'inglese e perfino un po di italiano, ho frequentato un corso di storia dell'arte..ahah! E se anche avessi imparato qualcosa di più furbo, a che mi servirebbe?(Pag. 25)

L’intera vicenda si svolge in piena Belle Époque nell’arco di mezza giornata con perfetta coincidenza tra il tempo narrato e il tempo della narrazione. Interessante la forma utilizzata dallo scrittore austriaco, che consente di entrare nei pensieri di Else grazie ad un sapiente utilizzo della tecnica del monologo interiore. Sono i flussi di coscienza della giovane che creano il romanzo, totalmente scevro di oggettività poiché tutto è filtrato attraverso le impressioni della ragazza, le sue considerazioni, le sue antipatie o simpatie. Non a caso Schnitzler è in qualche modo il nodo di congiunzione tra letteratura e psicoanalisi. Il suo nome è spesso associato a quello di Freud per quanto il loro supposto sodalizio sia stato, più che altro, epistolare oltre che fortemente enfatizzato. Non si può comunque negare che Freud rappresentò per Schnitzler uno stimolo sicuramente forte, ma è anche vero che lo scrittore viennese ha sempre avuto un rapporto ambiguo con le teorie freudiane, manifestando numerose riserve nei confronti della psicoanalisi soprattutto per la sua impostazione di fondo: la mente umana di per se stessa è irrazionale secondo Schnitzler, e non può essere soggetta a opere di “riordino” di natura psicoanalitica. Da qui la sua visione di un mondo incerto, non garante di certezze e fortemente instabile. Instabilità continue specchio della precarietà della società nella quale l'uomo - o in questo caso la donna - si trova a vivere.

Altri libri:
La marcia di Radetzky, Joseph Roth

venerdì 30 giugno 2017

L'AMORE NECESSARIO - Nadia Fusini

Cuore animale

Titolo: L’amore necessario
Autore: Nadia Fusini
Editore: Mondadori
Anno: 2008
Pagine: 130
Genere: Romanzo

La scrittura è un’arma, una cura, un parlare senza interruzioni, spesso a noi stessi. Con estremo coraggio.

"Siamo vuoti, tutti vuoti... o sono io, io sola, a non possedere nulla? Io sola a provare la sottile, inestirpabile, vorace sensazione che la vita non sia mai quella che vivo, ma sempre un'altra? È strano, ma non ho mai avuto la forza di illudermi di essere qualcosa... La mia forza è un'altra, ambigua, intrisa di orgoglio e di vergogna. Si nutre di coraggio, si affama di paura. Conta sul cuore, per me è questo l'organo dell'intelligenza. Col cuore penso. Che esiste il mondo, me lo assicura il mio cuore animale, vivo, pulsante…”

Alla luce di una lampada al neon una donna è seduta nel tavolino di un bar semideserto di un aeroporto. All’altro capo del tavolo siede uno sconosciuto che beve una birra. Un luogo qualunque. Lei pensa a quanto sia singolare il fatto che un luogo estraneo possa condurci dentro noi “così nel profondo, al centro di pensieri che non riusciamo a formulare quando ci aggiriamo in spazi che ci sono familiari.” La donna si sente sola perché lui, il suo lui, definisce libertà cioè che, invece, è un’assenza, il vuoto della sua presenza. E lì, in quel luogo estraneo, con quella solitudine che la assorbe sente un bisogno incontenibile di scrivergli. Prende un quaderno, per mettere a nudo la sua anima. Per parlare d’amore, del loro amore, di come accadde quel miracolo che, a ben vedere capita sempre nello stesso modo: due creature separate, quasi senza volerlo, si confondono. La mente torna al giorno nel quale si incontrarono. Per puro caso. Nessuno lo scelse, accadde appunto. Lei lo amava perché lui era lì e stava diventando il suo destino. Piano piano, parola per parola, la donna inizia ad avventurarsi in un precipizio d’amore che, lì in quel luogo estraneo, urla e protesta…

"Ma tu non sapevi, allora, di stare attizzando un fuoco che t'avrebbe bruciato, facevi così perché obbedivi alla legge impersonale della vita.
Chi è vivo cerca la vita, la fiamma."

Nadia Fusini, figura di spicco del panorama letterario italiano, nota in particolare per le sue traduzioni di autori del calibro di Virginia Woolf e di Shakespeare, per citarne solo qualcuno,  ci regala un romanzo epistolare che dimostra quali vette e luoghi nascosti dell’anima una lettera possa raggiungere. Con un linguaggio elegante, ricco di riferimenti a temi classici, le parole della protagonista ci portano nell’universo magico, tormentato e misterioso dell’amore, con una continua alternanza di delicatezza e di durezza entrambi necessari per descrivere un sentimento ricco di mille sfumature e sempre difficile da definire univocamente perché Amore è prigione, Amore turba, sconquassa, ma non finisce mai di incantare. La sua scrittura diviene lo specchio dentro il quale l’anima può rimirarsi, esprimersi, urlare. E la donna che scrive urla, si interroga, scava continuamente nei meandri del suo passato, del suo presente, del suo cuore riuscendo a dargli voce e una forma che sia vera. Perché è questo che lei, in fondo cerca: la verità ,o meglio, per dirla con le parole della stessa Fusini “La volontà di questo personaggio è quella di non lasciarsi ingannare perché l’innamoramento è spesso un inganno, come Titania che si innamora dell’asino.”


mercoledì 28 giugno 2017

LA VOLATILITÀ DELL'AMORE - Uwe Timm

In equilibrio precario

Titolo: La volatilità dell’amore
Autore: Uwe Timm
Editore: Mondadori
Genere: Romanzo
Pagine: 264
Traduzione: Matteo Galli


Un titolo splendido. Sì, a volte, mi fisso con i titoli.
Dialoghi intensi che, da soli, valgono tutto il libro.
E, in più, un romanzo che si pone come omaggio a Le affinità elettive di Goethe.
Insomma, le premesse c’erano tutte per avere delle ottime aspettative che, di fatto, non sono state deluse.

Eschenbach si è rifugiato, da alcuni mesi, in una piccola isola del mare del Nord, una riserva naturale. La sua nuova vita, quasi da Robinson Crusoe moderno, segue un ritmo lento e costante: lunghe camminate mattutine sulla spiaggia per cercare relitti per raccogliere ciò che il mare, giorno dopo giorno, trasporta e annotare puntualmente in un registro gli oggetti ritrovati oltreché osservare e studiare gli uccelli perché ora, dopo la disfatta e le perdite subite, è questa la sua nuova professione, il birdwachting. In una mattina che sembra identica a tutte altre, mentre si versa il tè bollente della colazione sente squillare il telefono. Non riconosce subito la voce. Quella voce. È la voce di Anna. Anna che non sente da sei anni, dal giorno in cui lei è sparita dopo un chiaro messaggio in segreteria “Ti prego. Non chiamarmi più. Non voglio e poi non ce la faccio più.” per trasferirsi a New York, Anna che, adesso, gli dice che, trovandosi ad Amburgo, vuole rivederlo e lo raggiungerà nell’isola…

“La conosceva bene, pensò, la conosceva ancora adesso. Quella frase: è ormai tempo di rivedersi.”


Uwe Timm, uno dei maggiori scrittori tedeschi contemporanei, con questo romanzo che è un omaggio a Le affinità elettive di Goethe, pare conoscere, nel profondo, gli effetti dell’amore a prima vista se non altro per averlo sperimentato personalmente: non è un caso, infatti, che il matrimonio con sua moglie abbia origine da un amore improvviso e fulminante tra i due che vivevano già rapporti stabili. Partendo da due coppie solide e affiatate Anna e Edwal, da un lato, e Eschenbach e Selma, dall’altro, l’autore tedesco fa irrompere in quell’equilibrio quasi perfetto, l’amore, il desiderio dirompente, generatore di caos e rovina. Desiderio barbaro, potente, invincibile, che non si piega, non conosce rinuncia. A dimostrare come l’amore, quell’amore, è un veleno che, per dirla con Eschenbach, dissacra il mondo, porta dolore, ma –al medesimo tempo– è libertà. E quando quella bestia fa ingresso nelle nostre vite, apparentemente prive di spigoli, tutto non potrà più essere come prima. Tutto cambierà. A nulla varranno i tentativi di riparazione che, comunque, risulterebbero maldestri e inadeguati.  La vicenda, narrata con uno stile sobrio, si snoda a ritroso e con lentezza piacevole che impone un continuo soffermarsi sugli intensi dialoghi che, da soli, contengono l’essenza di questo sentimento capace di trasformare l’essere umano.