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lunedì 3 luglio 2017

LA SIGNORINA ELSE - Arthur Schnitzler

Dentro Else

Titolo: La signorina Else
Autore: Arthur Schnitzler
Editore: Adelphi
Anno: 1988
Pagine: 123
Genere: Romanzo
Traduzione: Renata Colorni

Un flusso di coscienza ininterrotto, potente, schiacciante. Un libro meraviglioso, duro, atroce: un gioiello di scrittura.  

Siamo nei  primi anni del '900. Else è bella, giovane, di buona famiglia, figlia di un potente avvocato. Si sta godendo le sue vacanze in un lussuoso albergo quando un telegramma proveniente dalla madre le impone l’ingrato compito di salvare l’onore e il buon nome della famiglia. Infatti il suo amorevole genitore nell’esercizio della sua professione ha sottratto il denaro di un suo cliente onde far fronte agli oneri economici derivanti dalle sue insane passioni: il gioco d’azzardo e le speculazioni in Borsa. La giovane dovrà offrire in visione le sue leggiadre forme al ricco e lubrico visconte Dorsay, divenendo così merce di scambio. Inizierà per Else una lunga lotta interiore, un vorticare confuso e al tempo stesso lucido di pensieri che si sovrappongono si scontrano, si annullano, rimbalzano. Combattuta tra l’esigenza di salvare il padre e quella, altrettanto importante, di salvare la propria dignità, opterà alla fine per una scelta inusuale e inaspettata. Sceglierà una via alternativa e indubbiamente plateale che avrà il sapore, fortemente acre, di una vendetta. Ecco che nasce lo stupore, lo scompiglio, la confusione. Ci si attende la famosa quiete dopo la tempesta ma così non è, poiché i suoi pensieri continueranno a piroettare fino a condurla in una ulteriore strada. La sua strada. Lineare e priva di bivi forieri di dubbi...

“Tutto a casa nostra si risolve sempre con scherzi e battute, anche se nessuno di noi ha voglia di scherzare. Abbiamo paura gli uni degli altri, in verità, e ognuno di noi è solo.”(Pag.36)


La Else di Arthur Schnitzler rappresenta appieno la donna inserita in una società patriarcale e borghese, troppo gretta e troppo rigida per consentire a quegli esseri dotati dalla natura di candore e delicatezza di potersi esprimere, di poter avere dei sogni o, soprattutto, dei ruoli diversi da quelli rigorosamente decisi dal tempo, quel tempo, e dalle regole - mai frutto di dialettica democratica ma quasi imposte “perché cosi deve essere”. Una donna non può superare quei confini, non può lavorare o studiare se non quel minimo necessario che potrebbe servire al futuro marito per esibirla in società come un soprammobile di alta qualità. Classe A +. Insomma, donne fragili, mai di se stesse, ma sempre e comunque di proprietà di un uomo, marito o padre che sia. Vittime macchiate della colpa di possedere un corpo che può sempre essere utile per concludere affari economicamente vantaggiosi e moralmente biasimevoli.


Perché non ho mai guadagnato niente? Perché non ho imparato niente? Oh, qualcosa ho imparato, invece. Suono il pianoforte, conosco il francese, l'inglese e perfino un po di italiano, ho frequentato un corso di storia dell'arte..ahah! E se anche avessi imparato qualcosa di più furbo, a che mi servirebbe?(Pag. 25)

L’intera vicenda si svolge in piena Belle Époque nell’arco di mezza giornata con perfetta coincidenza tra il tempo narrato e il tempo della narrazione. Interessante la forma utilizzata dallo scrittore austriaco, che consente di entrare nei pensieri di Else grazie ad un sapiente utilizzo della tecnica del monologo interiore. Sono i flussi di coscienza della giovane che creano il romanzo, totalmente scevro di oggettività poiché tutto è filtrato attraverso le impressioni della ragazza, le sue considerazioni, le sue antipatie o simpatie. Non a caso Schnitzler è in qualche modo il nodo di congiunzione tra letteratura e psicoanalisi. Il suo nome è spesso associato a quello di Freud per quanto il loro supposto sodalizio sia stato, più che altro, epistolare oltre che fortemente enfatizzato. Non si può comunque negare che Freud rappresentò per Schnitzler uno stimolo sicuramente forte, ma è anche vero che lo scrittore viennese ha sempre avuto un rapporto ambiguo con le teorie freudiane, manifestando numerose riserve nei confronti della psicoanalisi soprattutto per la sua impostazione di fondo: la mente umana di per se stessa è irrazionale secondo Schnitzler, e non può essere soggetta a opere di “riordino” di natura psicoanalitica. Da qui la sua visione di un mondo incerto, non garante di certezze e fortemente instabile. Instabilità continue specchio della precarietà della società nella quale l'uomo - o in questo caso la donna - si trova a vivere.

Altri libri:
La marcia di Radetzky, Joseph Roth

giovedì 31 ottobre 2013

LA MARCIA DI RADETZKY - Joseph Roth

Basta trottare, signor Trotta
Titolo: La marcia di Radetzky
Autore: Joseph Roth
Editore: Adelphi
Anno: 1996
Pagine: 424
Genere: Romanzo
Traduzione: Laura Terreni, Luciano Foà


Bellissimo romanzo all'aroma di decadenza e accompagnato, con cadenze regolari, dalla marcia che dona il titolo all'opera.
Una decrizione dettagliata e malinconica della fine dell'Impero asburgico.
Roth insegna come si possa parlare di storia, senza ricorrere ad una didascalica narrazione di eventi, ma semplicemte attraverso la compiuta analisi della psicologia dei personaggi.
La storia siamo noi, disse qualcuno e le nostre illusioni e delusioni aggiungo io.
Tutto ruota intorno alla figura, destinata a comparire nei libri di lettura delle scuole dei giovani austriaci, del caro signor Trotta eroe di Solferino.
Non un eroe qualunque, ma colui che salvò, in tale battaglia, la vita all'imperatore. E il valore di tale gesto è destinato ad aumentare esponenzialmente poichè non stiamo parlando di un normale imperatore, ma di quell'Imperatore il cui potere deriva direttamente da Dio!
Un onore incommensurabile per suo figlio Franz e per suo nipote, Joseph Carl.
Ma come ogni onore che si rispetti c'è anche il peso di quel tributo. D'altronde il distintivo dell'Ordine di Maria Teresa pesa.
Già. Quel nonno, coccolato dall'imperatore, quel nonno eroe, quel nonno finito sui libri di storia (con una versione dei fatti peraltro modificata "a fini prettamente didattici) costituirà sempre per Carl la pietra di paragone e il parametro per misurare la sua inettitudine a fronte di cotanto uomo che ricevette, in una botta sola, la medaglia e il titolo nobiliare.
Roth delinea in modo magistrale ques'epoca di transizione nella quale si assiste al mutare degli equilibri socio-politici, al mutare dei valori, delle idee e al nascere di termini totalmente nuovi come "rivoluzione", come "sciopero". Addirittura, si scopre l'esistenza di nuove nazioni, grandissima scoperta per chi, come Trotta, aveva sempre creduto che il mondo e tutto il mondo fosse solo l'Austria protetta dalla mano di Dio.
E c'è in Franz Trotta la cieca ostinazione a non voler vedere questo mutamento e continua donchischiottescamente, a crogliolarsi nel suo mondo, straiandosi nella bambagia di ricordi che, in qualche modo, lo proteggono. Senza quasi mai temere di essere anacronistico.
Perché lui è figlio dell'eroe di Solferino, perché lui omette la parola rivoluzione dagli atti pubblici come se fosse un obbrobrio grammaticale, perché l'Imperatore si ricorda dei Trotta!!! E non vede che quell'Imperatore, ormai vecchio, è preoccupato solo di asciugarsi le goccioline d'acqua che cadono dal suo naso e vanno a confondersi nel bianco candido dei suoi baffi.
E, nel frattempo, suo figlio Carl Joseph, il sottotenente in tempo di pace, trascorre il suo tempo con le belle donne, dilapida il patrimonio nel gioco d'azzardo, chiede ripetutamente prestiti.
Rischia l'espulsione dall'esercito (che per lui non sarebbe tanto male), ma non sia mai! Il nipote dell'eroe di Solferino.
Bisogna, fino alla fine, salvare l'onore dei Trotta e con esso il buon nome della patria di quella patria che esiste nell'album dei ricordi ormai scoloriti del sottoprefetto. Insomma loro sono i Trotta!
Loro e l'imperatore son quasi una cosa unica. L'imperatore, infatti, li salverà anche stavolta causa il famoso debito di vita contratto nei campi insanguinati di Solferino.
Certo salverà Carl dall'ingnominia, anche se oramai, vecchio ammuffito con sulla pelle lo stesso colore del tramonto del suo impero, ha qualche confusione...confonde l'eroe di Solferino con il sottoprefetto e poi con il sottotenente. Ma che importa? Son passati tanti anni e oramai lui è vecchio. Lui è la storia, la geografia, lui è la vita: è Dio.
Roth ci offre una pregnante analisi psicologica di personaggi pieni di amarezza, di delusione forse la stessa provata dall'autore per la caduta dell'Impero. Caduta che non determinò soltanto un mutamento meramente giuridico-costituzionale ma stravolse il suo mondo con i tutti i valori nei quali fermamente credeva e ai quali si aggrappava come un naufrago ad una zattera.

Altri libri:
La signorina Else, Arthur Schnitlzer