lunedì 12 febbraio 2018

TERRADILEI - Charlotte Perkins Gilman


"Gelose come scimmie"
Titolo: Terradilei
Autore: Charlotte Perkins Gilman
Editore: La Vita Felice
Anno: 2015
Pagine: 476
Genere: Romanzo fantastico
Traduzione: Franco Venturi

Una bella scoperta questo romanzo che si colloca nella scia dei romanzi utopici e che, soprattutto, mi ha dato l’occasione di approfondire la figura di Charlotte Perkins Gilman e di conoscere il suo pensiero e le sue battaglie. Grande donna.
Terry, Vandick e Jeff sono tre amici che, per una serie di circostanze, partecipano ad una grande spedizione scientifica. Nel corso della stessa apprendono dell’esistenza di paese straordinario “dove non esistevano uomini, solo donne e bambine” così ripetevano i selvaggi che incontravano. Una leggenda, sicuramente. Un’invenzione. Ma, in ogni caso, decidono di cercare questo fantomatico paese e lo trovano pure. E la cosa sconvolgente è che quel Paese sembra perfetto: tutto in ordine e curato nei minimi dettagli, non un’erbaccia, non un rampicante in disordine e che dire delle piante? Tutte cariche di succosi frutti commestibili. E la cosa più imbarazzante per loro è scoprire che si tratta – ma guarda un po’! – di un Paese civile. Certo la civiltà senza uomini non è possibile, lo sanno bene loro! Gli uomini ci devono essere per forza, ovvio. Si tratta solo di trovarli e loro, chiaro, li troveranno e per un medico, un esploratore e un sociologo quali sono loro non ci saranno certo ostacoli a scovarli: a loro nulla può sfuggire. Poi, hanno visto i bambini: mica possono esistere bambini senza uomini, son cose che sanno tutti. Intanto vengono a stretto contatto con tre ragazze che, con tranquillità, si dondolano tra gli alberi: sono Alima, Celis e Ellador…
Terradilei, edito per la prima volta nel 1915, si colloca, storicamente, nell’epoca di maggior fioritura del romanzo utopico essendo lo stesso assurto al rango di strumento atto a esprimere forme di opposizione ai mali dell’industrializzazione, ma anche a dar voce – in concomitanza con i movimenti a favore del voto alle donne – alle esigenze del femminismo. E il femminismo è stato uno dei cavalli di battagli della Gilman, la “mediocre studente” divenuta grande intellettuale, conferenziera, sociologa ed economista oltre che, appunto, scrittrice. Dalla sua penna nasce questo meraviglioso romanzo fantastico che ci trasporta in un mondo utopico fatto solo di donne e bambine nelle cui righe è facile ritrovare il pensiero dell’autrice e, in particolare la teoria secondo la quale il patriarcato è solo un misero tassello nell’evoluzione della specie, obsoleto e da superare. Da ciò consegue come non possa esservi evoluzione della specie se la donna è confinata nelle grigie pareti domestiche vivendo un rapporto di dipendenza umana ed economica dal maschio: solo superando questi vincoli si potrà parlare di liberazione della specie umana. Con arguzia e una abbondante dose di ironia, Terradilei realizza la società perfetta, tutta al femminile, che si riproduce per partenogenesi, che vive un rapporto di profondo rispetto con la natura, e nella quale la maternità è non tanto un istinto, ma una religione. Date queste premesse non è un caso che tutte le certezze credute assolute dai curiosi visitatori vengano sfaldate piano piano insieme al loro bagaglio di luoghi comuni. E dire che loro credevano di essere il meglio che potesse esistere, e dire che, con estrema sicurezza, Terry diceva “Le conosciamo le donne, non sono capaci di organizzarsi tra loro. Non fanno che bisticciarsi, gelose come scimmie una dell’altra.”

Altre recensioni:
Il sogno più dolce, Doris Lessing


venerdì 9 febbraio 2018

IL SOGNO PIÙ DOLCE - Doris Lessing

Dipingendo generazioni 


Titolo: Il sogno più dolce
Autore: Doris Lessing
Editore: Feltrinelli 
Anno: 2017
Pagine: 455
Genere: Romanzo
Traduzione: Monica Pareschi

Ogni volta che leggo la Lessing rimango affascinata dalla sua prosa capace di creare dipinti, di persone, di epoche, di generazioni e di rimanere lì a contemplarli, quei dipinti.
Il sogno più dolce è un romanzo complesso che, con precisione e pagina dopo pagina, ricostruisce un’epoca.

È una sera d’autunno e Frances è insolitamente felice, fluttua quasi. L’origine di quello stato d’animo risiede nel telegramma ricevuto, tre giorni prima, dal suo ex marito Johnny – il compagno Johnny - con il quale annunciava di aver sottoscritto un contratto per il filmato su Fidel e, soprattutto, il pagamento di tutti gli arretrati. Tale evento le permetterà di accettare la proposta di ottenere una parte in un lavoro teatrale con due protagonisti di alto livello e, va da sé, che per un’attrice minore come lei questa potrebbe essere un’ottima occasione. E, chiaramente, le permetterà di rifiutare l’altra proposta di lavoro del Defender: gestire una rubrica di consulenza ai lettori. Perché il teatro è sempre stato il suo sogno. Si sporge dalla finestra e, dall’angolo, vede giungere il maggiolino di Johnny e capisce subito: quei tre giorni impegnati a immaginarsi di calcare le scene di colpo svaniscono. Mentre scende le scale ha l’amara certezza di dover scrivere al Defender per accettare quel lavoro. Vede Johnny, spavaldo ma anche contrito, e, attorno al tavolo, diversi ragazzi, tra i quali i loro due figli, Andrew e Colin che, come lei, sanno che quei soldi annunciati non ci sarebbero stati, come era già successo in passato, come succedeva sempre. E lui, l’ex marito, il compagno adorato dai ragazzi presenti figli esclusi, conferma, con stampato in viso un sorriso addolorato: nessun contratto, niente soldi, troppi problemi, colpa della CIA. Già, la CIA. E i due figli si ritrovano davanti a una scena già vissuta troppe volte: la stessa che si ripeteva dalla loro infanzia. Niente di nuovo….

Doris Lessing amatissima autrice scomparsa a novantaquattro anni, nel 2013, vincitrice di numerosi premi nonché del Nobel per la letteratura nel 2007, ci racconta, in queste pagine dense, una storia familiare degli anni sessanta (e oltre) precisando peraltro, nella prefazione, come l’opera non costituisca un’autobiografia avendo ella optato per “scrittura basata sull’invenzione per non far soffrire alcune persone. Anzi per proteggerle.” Con la sua prosa ammaliante, scorrevole e precisa nei minimi dettagli, la Lessing ci regala il ritratto di una generazione, di un’epoca attraverso la descrizione degli eventi che avvengono all’interno di una grande casa. Una casa, di proprietà della suocera di Frances, abitata non solo dagli stretti familiari, ma da una miriade di giovani che vedevano in quel luogo una sorta di rifugio, di punto di riferimento. Una casa che ricorda una comune nella quale si sviluppano, si moltiplicano e si infrangono anni di sogni, di illusioni, di lotte e si muovono anche personaggi poco empatici ad iniziare dal compagno Johnny che in nome dei suoi sogni, dei suoi ideali, della “causa” non si preoccupa di porre un freno al suo ego ipertrofico e al suo egoismo. E poi ci sono le donne – tre generazioni di donne rappresentate da Frances, Julia e Silvya– diverse, distanti ma anche vicine che dominano l’opera, senza che però il romanzo possa, neanche per errore, essere considerato “per sole donne” definizione che, peraltro, la Lessing ha sempre rifiutato. E se l’intento dichiarato dell’autrice era quello di creare lo spirito degli anni sessanta diciamo che ci è riuscita pienamente.

lunedì 5 febbraio 2018

UN DILEMMA - Joris-Karl Huysmans


Brutto posto, il mondo
Titolo: Un dilemma
Autore: Joris-Karl Huysman
Editore: Kogoi
Anno: 2014
Genere: Romanzo breve
Traduzione:Laura Minuto
Pagine: 122


Huysmans è un autore che ho amato molto in gioventù da quando, per la prima volta, lessi il suo capolavoro, Controcorrente. Era il mio periodo “francese” che, a dire il vero, è durato decenni. La passione per la letteratura francese, comunque, mi è rimasta e quando, per caso, ho avuto l’occasione di leggere questo piccolo romanzo non potevo lasciarmela sfuggire. E sì, quell’amore del passato per i francesi è riemerso con questo Huysmans non ancora decadente, lontano da quel linguaggio forbito e dai virtuosismi linguistici di Controcorrente,  ma sempre  capace di farmi adorare le sue parole. A concludere l’opera anche l’articolo Il mostro angosciante quanto basta.
Una improvvisa e violenta febbre tifoidea ha condotto a miglior vita il giovane Jules. Suo padre, il signor Lambois, incontra, presso la sua abitazione, Le Ponsart notaio nonché zio del defunto. Già, perché se tutto andrà liscio, e il giovane è morto intestato, ci sarebbero cinquantamila franchi a testa dell’eredità. Ma bisogna prima vedere se Jules abbia fatto testamento e lasciato una parte dei beni “a una certa persona”. Quella donna, quella sgualdrina che il signor Lambois incontrò nell’abitazione del figliolo con la quale conviveva e che si prendeva cura di lui. Certo lui gli disse che si trattava della domestica, ma il signor Lambois mica ci credette. E ora, a quanto pare, quella femmina, aspetta un figlio. Suo nipote. Per fortuna però che al mondo esiste il notaio Le Ponsart. Quella donna? Un piccolo inconveniente, un problema risolvibile e, addirittura, con poca spesa: basteranno cinquanta franchi. Sarà anche sua cura recarsi dalla donna, Sophie, per risolvere di persona la questione. La porrà di fronte a una scelta, una scelta ammantata dalle sue conoscenze nel campo del diritto, chiaro. Una scelta tra due opzioni, sarà Sophie a scegliere quella più vantaggiosa. Questo è il dilemma…
Pubblicato a puntate su una rivista nel 1887 Un dilemma in realtà è stato scritto nel 1884 anno nel quale Huysmans scrive Controcorrente romanzo-capolavoro nonché manifesto del decadentismo. Inevitabile pertanto un confronto tra le due opere e, in particolare, dei due personaggi cardine: il Des Esseint di Controcorrente, da un lato incarna – e realizza - la volontà di fuggire dal mondo ”costituito per la maggior parte da imbecilli e mascalzoni” rinchiudendosi nella sua raffinata tebaide e, dall’altro, la povera Sophie de Il dilemma che non è altro che una vittima, bersaglio ambito della crudeltà e della falsità della società borghese simboleggiata dal perfido notaio che ha in sé la totale assenze di scrupoli e di sentimenti. È il denaro il motore del mondo e, se per averlo, è necessario fare delle vittime non rileva. Un romanzo-specchio della crudeltà umana, della sete di potere nel quale pare vi sia poco spazio per la bontà. Un romanzo, peraltro, non ancora del tutto decadente, nel quale è ancora presente un Huysmans naturalista (basti pensare alle descrizioni dettagliate degli arredi delle case o, anche, dei lineamenti dei protagonisti), un Huysmans che, in qualche modo e anche se non del tutto, rimane legato a Zola nonostante “vi erano molte cose che Zola non poteva capire”. Il volume contiene anche l’articolo Il mostro tratto dalla raccolta più ampia Certains che è una disamina ammaliante, conturbante e inquietante di alcune opere d’arte e, in particolare, di alcune litografie di Redon. Se scopo di tale articolo era quella di ridarci le opere d’arte sotto la veste di incubi, non v’è dubbio che Huysmans ci sia riuscito.

mercoledì 2 agosto 2017

QUASI NIENTE - Mauro Corona, Luigi Maieron

“Se tuto gnènt”

Titolo: Quasi niente
Autori: Mauro Corona, Luigi Maieron
Editore: Chiarelettere
Anno: 2017
Genere: Saggio società
Pagine: 173

“Se tuto gnènt”(È tutto niente) è una citazione di Mario Rigoni Stern riportata all’inizio del libro e che, in qualche modo, ne costituisce uno dei fili conduttori. Quasi niente è una raccolta di discorsi tra due amici che si legge d’un fiato e nella quale si fa i conti con la vita, con se stessi, con quello che si è stati, con gli errori, con onestà e lealtà. Raccolta non indispensabile, forse, ma godibile.

In una malinconica giornata di ottobre i due si trovano di fronte al Col Nudo, la punta più alta delle Prealpi venete. Da piccolo, uno dei due, vedendo quella punta meravigliosa desiderava salirci. Era il suo sogno e avere sogni è tutto, i desideri, invece, ci spengono. Non è un caso che i sogni siano propri dell’infanzia che lasciano il posto ai desideri, tipici dell’età adulta. I due parlano delle donne di quei luoghi e ricordano la storia di Anna, cresciuta nel linguaggio della solitudine e morta per amore. Anna che non si vendica: lei non è capace di odiare, Anna è consapevole del fatto che il dolore è parte integrante della vita. E parlano del coraggio femminile della forza di quegli esseri che hanno l’innata capacità di elaborare il dolore, agli uomini non hanno insegnato a perdere, non hanno insegnato loro il valore della sconfitta che, spesso, è stimolo a migliorarsi. E continuano ricordando uomini che hanno visto in faccia il dolore e che di quel dolore ne hanno fatto la loro forza: Orlandin che aveva perso entrambe le mani a seguito dello scoppio di una bomba, a soli quindici anni. Orlandin che senza mani non poteva più suonare la sua fisarmonica e che, nella sua piccola bottega, voleva costruire nuovi arti che sapessero suonare. E ci riuscì. O la storia di Donada, il contrabbassista, che perse la falange dell’indice: il dito per lui più importante. Ma continuò a suonare: con un dito di legno vuoto simile a un ditale…

“Ma provando a vedere la vita con lealtà devo schierarmi dalla parte della donna. In queste valli sono stato uno dei primi a dire che era uguale al maschio, forse meglio. Nei libri ho dato alla donna il valore che ha e che merita, soprattutto a quelle donne che sono state sconfitte, picchiate, massacrate e alla fine ne sono uscite con dignità.” (Pag. 9)

Dall’amicizia tra Mauro Corona e Luigi Maieron, grande musicista friuliano, è nato questo libro che ha i toni di una lunga chiacchierata. E come le buone chiacchierate tra amici si può tranquillamente passare dai ricordi dell’infanzia, anche quelli tristi e dolorosi, al riportare in vita storie vecchie che hanno il sapore di leggende. E nelle pagine scorrono le vicende di personaggi comuni, ma che hanno qualcosa di speciale perché amavano la vita, perché erano animati da forti passioni come, per esempio, la musica. Personaggi che, solo in certi luoghi, son diventati leggendari, ma mai famosi, ai quali la penna di Mauro Corona si è ispirata nei suoi romanzi perché il loro ricordo non venisse a morire. E poi citazioni, richiami letterari e musicali, discorsi sull'educazione, sulle radici “elastiche” che per quanto ci si allontani da esse si potranno assottigliare, ma mai recidersi, sui mali del nostro tempo, parole a cascata dominate dalla compagnia calda e austera della montagna, saggia madre e anche matrigna. Montagna come libertà, montagna che è maestra. E la montagna, gli errori commessi e la vita insegnano, sempre.

“Alziamo il culo la mattina e ci sentiamo colpevoli di qualcosa che non abbiamo fatto. Siamo in trappola di noi stessi se non ci rassegniamo che possiamo anche perdere e fallire.” (Pag. 31)

E ci si rende conto, dopo anni, che la vera felicità sta nel non avere desideri e capire di non essere il centro del mondo, ma di esserne parte. Una sorta di riconciliazione con se stessi e con il mondo.


domenica 30 luglio 2017

LE DESTINAZIONI DEL CIELO - Giampaolo Cassitta

Una, nessuna, centomila verità

Titolo: Le destinazioni del cielo
Autore: Giampaolo Cassitta
Editore: Arkadia
Anno: 2014
Pagine: 176
Genere: Romanzo giallo

Anno 1985. Claudio Marceddu ha vinto il concorso per uditore giudiziario e dovrà espletare un periodo di prova presso il Tribunale di Sassari, così dice il telegramma che ha appena ricevuto. Il primo incarico non si fa attendere, appena arrivato il Procuratore Generale, Gianuario Perra Tassicai, gli consegna una lettera indirizzata al maresciallo. Dovrà indagare su un omicidio avvenuto nel lontano 1946 nelle campagne di Gosilì, un paesino di poche anime nel quale dovrà recarsi. E mentre si chiede il perché di quell’incarico il Procuratore Generale gli ricorda come non sia possibile amministrare la giustizia se prima non si conosce la storia, la gente e i suoni delle cose. In fondo, tutto è importante. E così Marceddu partirà per quel piccolo paesino per far luce sul caso…

Le destinazioni del cielo è il romanzo della verità e della sua infinita ricerca che dimostra come, spesso, non possa esistere una sola verità, ma tante sfumature della stessa. La storia si svolge a tappe e, per ogni tappa raggiunta, è lecito porre in discussione i risultati raggiunti precedentemente che parevano incontrovertibili. C’è chi, rinunciando alla giustizia, brama ardentemente solo la verità, chi cerca, invece, di nasconderla senza sapere che ciò che cerca di nascondere non è una verità assoluta e chi, infine, per anni la conosceva, ma non l’ha mai rivelata. Tutte quelle singole e discrepanti verità si scontreranno con l’ultima grande verità inaspettata e imprevedibile.  Cassitta mescola continuamente le carte, i ruoli, fa crollare le certezze a conferma del fatto che non esiste nulla di stabile a cui aggrapparsi. Son tutti colpevoli o tutti innocenti? Con uno stile fluido Le destinazioni del cielo ci dà una storia avvincente e misteriosa tra i paesaggi e i cieli della Sardegna di ieri e di oggi che, intatti, conservano il loro fascino.

Vedi anche:
Pierre, Nello Rubattu

venerdì 28 luglio 2017

IL SENSO DELLA LOTTA - Nicola Ravera Rafele

Titolo: Il senso della lotta
Autore: Nicola Ravera Rafele
Editore: Fandango
Pagine: 438
Genere: Romanzo

Corre tutte le mattine del lunedì, del mercoledì e del venerdì. Ne ha bisogno per non vivere in “uno stato di perenne stordimento”. Il pomeriggio lo trascorre in redazione, al Corriere della Sera e quando termina non torna mai a casa, esce ogni sera: per annientarsi perché “la consapevolezza è sempre stato un problema”. Neanche le droghe hanno funzionato. Corre anche quel giorno, un giorno diverso: il fiato gli si annoda in gola, il cuore inizia a palpitare, cade non tanto per il dolore, ma solo per la paura. “Musso Tommaso nato a Parigi il 2.1.1979?” questo gli chiede il medico con i suoi occhi neri con la bocca senza labbra: è il dottor Pinto. Gli chiede se suo padre ha mai avuto problemi di cuore. “Mio padre è morto nel 1983” risponde lui. E poi, il medico, gli dice di aver conosciuto suo padre e anche sua madre. È strano perché Tommaso non ha mai incontrato persone che conoscessero i suoi genitori. Per anni, Tommaso, ha reagito alle domande con un silenzio ostile, scontroso. D’altronde non è questo che succede agli orfani per terrorismo?. Il tempo è stato il suo alleato, lo ha aiutato a esercitare l’arte del distacco, a guardare le foto dei genitori solo di rado, tanto che i due genitori hanno perduto ai suoi occhi una connotazione familiare, sono diventate solo macchie ed è difficile “emozionarsi per l’assenza di una macchia”…

“Per tanti anni ho reagito alle domande con un silenzio scontroso.
Il pensiero di loro era una mosca da scacciare. A sentirli nominare avevo l’impressione di uno strappo in una rete, uno strappo che andava immediatamente ricucito. O il mondo intero poteva collassare in quella falla, sparire per lasciarmi a passeggiare nello spazio vuoto. È questo che succede agli orfani? O solo agli orfani per terrorismo?
(Pag. 23)

Nicola Ravera Rafele è uno scrittore precoce ha, infatti, esordito a soli 15 anni con Infatti purtroppo. Diario di un quindicenne perplesso e torna in libreria con il suo terzo romanzo nel quale tesse un intreccio tra la vita privata di Tommaso, figlio di terroristi, abbandonato all'età di quattro anni, e un’epoca storica che ha cambiato l’Italia. Attraverso la voglia di scoprire il passato dei suoi genitori, Tommaso, ricostruisce i sogni di un’epoca, i deliri di onnipotenza di una generazione che ha fatto della ribellione e del rifiuto del sistema il suo cavallo di battaglia, battaglia nella quale, alla fine, non si comprende quali e se ci siano stati vincitori. La sete di verità, la voglia di comprendere chi veramente fossero quei giovani che abdicarono al ruolo di genitori per la lotta armata,  spinge il protagonista a toccare argomenti dolorosi, a vedere l’imponente ruolo di quegli ideali ma anche la caduta degli stessi e udirne il rimbombo dell’ultimo tonfo. Tommaso bambino, bambino particolare che cerca protezione, sicurezza. Nella normalità.

“Quell'equilibrio silenzioso mi sembrava la migliore garanzia di protezione. Era il senso della durata. Mi piaceva fare i compiti perché fare i compiti faceva somigliare ogni giorno al precedente. Non ero un bambino a caccia di avventure. Mi spaventavano i rumori improvvisi, e se vedevo un film che faceva paura ero capace di non dormire per tutta la notte, e questo succcedeva quanto i miei coetanei già usavano il cinema horror come scusa per abbracciare la compagna di banco nel buio della sala.” (Pag. 31) 

Due generazioni a confronto per le quali capirsi sembra quasi impossibile. Impossibile capire un abbandono a quattro anni. Impossibile capire che possano esistere cose più importanti di un figlio. Ottima prova narrativa, per quanto il romanzo non riesca a mantenere per intero un livello alto, tra i dodici candidati al premio Strega e non rientrato nella cinquina, offre uno spaccato dell’Italia degli anni di piombo che  viene ricucita pazientemente, pagina dopo pagina, ricordo dopo ricordo, frammento dopo frammento dal tenace Tommaso per il quale a un certo punto la verità assume i connotati di un’ossessione. Perché conoscere è necessario, a un certo punto, per conoscere se stessi e capire cosa ci facesse un bimbo di soli quattro anni lontano dai suoi genitori.


mercoledì 26 luglio 2017

LE ALI DI CHRISTINA - Stefano Mosca

Leggermente volare

Titolo: Le ali di Christina
Autore: Stefano Mosca
Editore: Psicoline
Anno: 2014
Pagine: 66
Genere: Ragazzi


Il fedele servo si precipita dal re per comunicargli l’invasione del regno. Il sovrano comprende che è arrivato il momento tanto temuto e, immediatamente, ordina che la piccola Christina, sua figlia, sia rinchiusa nella torre. La figliola dorme beatamente nella sua stanza, ignara di tutto. La sua nutrice la tira giù dal letto: “Vieni, è arrivato il momento” le dice. Christina è stupita, pensa a un nuovo gioco o a un regalo da scartare: d’altronde è il giorno del suo undicesimo compleanno. Insieme salgono le sale del castello, attraversano tutte le stanze e la bimba quando comprende dove la nutrice la sta conducendo inizia a piangere. A nulla valgono le parole di consolazione dell’affezionata nutrice, parole pronunciate più per convincere se stessa che non la bambina. Christina si dimena e urla. Da anni era stata preparata a quel giorno, ma non pensava sarebbe arrivato così presto. La torre è fredda, con le mura grigie, senza intonaco, senza colore in essa vi è solo una finestra con una griglia ricoperta di ruggine impossibile da aprire...

Stefano Mosca, autore casertano, ci trasporta in un mondo surreale dai toni fiabeschi nel quale si assiste al percorso di crescita, soprattutto interiore, della piccola protagonista. Un percorso che parte da un abbandono, da parte del padre, e da una torre che ispira solo pensieri nefasti. Quasi a voler dire che la luce comunque la si trova in noi stessi. La luce e la libertà sono questi i temi di fondo della fiaba: già perché la vita è una lotta, continua e incessante contro un mondo che ci vuole marionette tutte uguali recitanti parti scritte da altri e solo la libertà ci salverà. Libertà in senso ampio, libertà come capacità o forza di eliminare quei fardelli imposti dalla società, da un mondo cattivo e malato che tende ad appiattire l’individualità in nome di una benefica e spesso comoda omologazione. E ci si adagia e ci si dimentica di se stessi, di  ciò che si ha dentro. E solo quando si acquisisce la consapevolezza di ciò che si è veramente, solo quando si riesce a liberarsi di limiti, condizionamenti, giudizi è possibile avere delle ali e volare leggeri. La fiaba di Christina è illustrata dai disegni a carboncino realizzati dallo stesso Mosca che, peraltro, è anche autore della copertina.

Altri libri:
Il libro di Bullerby, Astrid Lindgren