domenica 2 aprile 2017

LA PIÛ AMATA - Teresa Ciabatti

Titolo: La più amata
Autore: Teresa Ciabatti
Editore: Mondadori
Anno: 2017
Genere: Romanzo

È da febbraio che avevo in mente di leggere La più amata. Curiosità, ma non solo: era qualcosa di più, forse la sensazione che sarebbe stata una bella lettura. In effetti, lo è stata. Ci vuole molta forza e molta determinazione nel tornare indietro, nel ripercorrere il mondo incantato (o creduto tale, spesso) dell’infanzia per riscriverlo, riviverlo e capirlo. Libro duro, crudele e, indubbiamente, coraggioso.

Lei, Teresa, ha quarantaquattro anni e tutto quello che è lo deve a suo padre: egoista, superficiale, anaffettiva, diffidente, asociale. Lei credeva che suo padre la amasse immensamente, credeva di essere l’amore della sua vita e, soprattutto, era convinta del fatto che lui le raccontasse tutto, invece non le aveva raccontato nulla. Lui, il padre, è Lorenzo Ciabatti, primario chirurgo presso il San Giovanni di Orbetello, conosciuto semplicemente come il Professore. Lui, un santo, un benefattore. Tutti gli devono qualcosa, qualcuno gli deve tutto. Lui che provava un certo ribrezzo per gli africani, non per razzismo – figuriamoci il Professore un razzista!- ma semplicemente perché i neri sono esseri inferiori, chiaro no? Lui, vendicativo, calcolatore. Lui ateo che credeva solo negli uomini, o meglio, nella superiorità di alcuni uomini. Lui e il suo misterioso  anello d’oro con zaffiro da quattro carati. Lei, Teresa, dopo 26 anni dalla morte del padre -un dio quell’uomo, dicevano- decide di scoprire chi veramente fosse quell’uomo…

 “lo amo davvero? Non lo so, non sono abituata a valutare ciò che amo per i viventi”

Quanto coraggio serve per mettere a nudo un idolo soprattutto se quest’idolo è il proprio genitore? Indubbiamente molto e di certo non ne è mancato a Teresa Ciabatti, scrittrice e sceneggiatrice, nella sua ultima fatica. Usando la scrittura a mo’ d’arma tagliente ripercorre gli anni della sua infanzia e della adolescenza per far emergere la verità intorno a suo padre, l’idolo appunto. Una ricerca della verità che ha il sapore di una vera e propria ossessione. Pare che per l’autrice nessuno sia intoccabile, tantomeno quel dio in terra da tutti osannato. E alla dimensione intima e familiare, quei “Ciabatti per i quali i bambini non esistono” né esistono abbracci o carezze, si aggiunge un frammento di storia italiana, dell’Italia dei misteri e dei personaggi che li hanno creati e alimentati e nei quali nuotava il Ciabatti padre. Un libro crudo, crudele senza alcuna pietà. Per nessuno, neanche per se stessa: egoista, madre inadeguata, asociale, senza alcun rapporto con il fratello. Non è lei la buona e il resto del mondo i cattivi, sarebbe stato troppo semplice.Pagina dopo pagina le parole della Ciabatti divengono dardi infuocati che lasciano il segno. Già dalla sua uscita si vociferava una candidatura del romanzo al Premio Strega e, proprio in questi giorni, la candidatura è divenuta ufficiale a seguito della presentazione ad opera di Stefano Bartezzaghi e Edoardo Nesi.


sabato 1 aprile 2017

IL RISCATTO DI CAPO ROSSO - O. Henry

Idee quasi geniali

Titolo:  Il riscatto di Capo Rosso
Autore: O. Henry
Editore: Guanda
Anno: 2014
Traduzione: Luigi Brioschi
Pagine: 197
Genere: Racconti
Adoro i racconti, il loro concentrare in poche pagine una storia, una vita, emozioni, il loro colpo di grazia dato dal finale, spesso non previsto. Non conoscevo O. Henry ed è stata una piacevole scoperta. Una sfilza di personaggi un po’ buffi, piccoli truffatori, scansafatiche senza l’ambizione di divenire dei grandi malfattori. si muovono nelle pagine di questa raccolta caratterizzata  da un’alta cifra di umorismo. Lettura gradevolissima.
Alabama. Bill  e Sam ebbero la “temporanea folgorazione” di rapire un bambino onde raggiungere la somma mancante di duemila dollari per porre in essere una frode edilizia. Individuata la vittima in un bimbo di dieci anni attuano il loro piano. Ma le cose non vanno esattamente come avevano previsto... Il maggiore Talbot e sua figlia si trasferiscono a Washington dove prendono in affitto alcune stanze comprensive di uno studio nel quale il maggiore potrà lavorare al suo libro. Il tempo passa e, nel frattempo, i soldi finiscono... Andy e Tucker in possesso di un rotolo di biglietti grosso come il timone di una carrozza decidono di metter su un'agenzia matrimoniale ritenendo di poter, nell'arco di due mesi, raddoppiare il malloppo. Iniziano con un'inserzione sul giornale firmata “Cuore solitario”... Maggio è il mese dominato da spiriti pazzi e burloni e, soprattutto, è il mese nel quale Cupido si diverte a sparare alla cieca. E maggio pizzicò il vecchio e gottoso signor Coulson...

O. Henry, pseudonimo di William Sidney Porter, è stato un maestro nell’arte del racconto breve. I racconti della raccolta Il riscatto di Capo rosso si caratterizzano per la presenza di un finale sempre a sorpresa in grado di stravolgere l’intera vicenda o gli obiettivi iniziali che i protagonisti si erano prefissi. I suoi personaggi non sono mai dei grandi criminali, non potrebbero, per intenderci, occupare un ruolo in una grande associazioni a delinquere perché son quasi innocui, capaci di architettare piccole truffe, perdigiorno e, alla fine, è impossibile non provare per loro simpatia. Il punto forte di queste storie è, indubbiamente, la generosa dose di umorismo precisamente di quell’umorismo, come l’ha definito Manganelli, da contafavole molto vicino a quello di Mark Twain. Considerato come la risposta americana a Guy de Maupassant, altra figura di riferimento del genere racconto, con il quale ha sicuramente in comune la costruzione del finale, ma riesce comunque a distinguersene per la mancanza di quella cupezza che, invece, dà l’impronta a molti dei racconti dell’autore francese. E in quell’umorismo e quelle vicende che fanno sorridere e meravigliare Henry offre uno spaccato dell’America del suo tempo che l’autore, con occhio attento, ha registrato dall'interno della sua cella, durante gli anni della prigionia nel penitenziario dell’Ohio.


venerdì 31 marzo 2017

IL RIBELLE CON LE ALI - Marcel Roijards

"Tutto ha un cuore"

Titolo: Il ribelle con le ali. La storia di Icaro
Autore: Marcel Roijaards
Editore: Feltrinelli kids
Anno: 2015
Traduzione: Valentina Freschi
Genere: Ragazzi
Età: Dagli 11 anni

Scritto per ragazzi, Il ribelle con le ali, regala una buona dose di positività che fa sempre bene, a tutte le età. Quasi una fiaba, ma non solo. Interessante, inoltre, la struttura del libro che richiama lo schema di un’opera teatrale.

Ci sono lezioni e lezioni e quel che è certo è che le lezioni del maestro Matakanis erano ripetitive, non era un caso che, anche quel giorno, stavano ricominciando l’alfabeto che, in tutta onestà, sarebbero stati capaci di recitare anche nel sonno. Ma quel giorno la routine fu rotta dall’ingresso in aula di un nuovo allievo che con la sua tunica azzurra si distingueva nell’uniforme bianco delle altre. Alla richiesta del maestro su cosa volesse il nuovo arrivato, candidamente, rispose “Voglio una corona fatta con la luce del sole da mettermi in testa come un cappello" e anche “un pennello con cui dipingere di rosso tutto ciò che è nero.” Inutile dire che il maestro perse la pazienza e gli intimò il silenzio e l’immobilità, cose che a quanto pareva non gli appartenevano infatti, proseguì “se non si cambia, tutti i giorni sembrano uguali” informandosi, tra l’altro, su quali alfabeti conoscesse il sempre più furente docente: “Cosa ne pensa dell’alfabeto egizio? Di quello sud aromatico? Lo conosce? Io no, ma potremmo inventarlo". E fu così che il maestro lo punì, ma ciò non sembrò tanto grave a quel ragazzino bizzarro che aveva fatto subito breccia nel cuore degli allievi. Nacque tra loro una profonda amicizia: la vita divenne una bellissima avventura. E le donne? Tutte innamorate di lui. E lui? Che domande! Innamorato di tutte, ovvio. Almeno fino a che non conobbe Arianna, figlia del terribile Minosse. Ah! Per lei fu un amore diverso. Il fantasioso bimbo si chiamava Icaro, figlio di Dedalo l’abile artigiano costruttore del labirinto ordinato da Minosse per qualche diabolico scopo…


Marcel Roijaards è nato e cresciuto nel mondo del teatro: entrambi i suoi genitori – ma anche i nonni e i bisnonni - erano attori ed egli, seguendo la tradizione familiare è, oltre che attore -  anche drammaturgo e regista. Il legame con il mondo del teatro pare vivere nelle pagine e nella struttura di questo che è il suo primo romanzo del 2012: non è un caso che nella storia di Icaro ci sia un palcoscenico nel quale i suoi amici raccontano e rappresentano la sua brillante storia, il romanzo è suddiviso, inoltre, in scene e atti. È certo che di Icaro che sogna di volare, ribelle, fantasioso quasi all’eccesso sia impossibile non innamorarsi per il suo coraggio, per quell’esplosione di vita che lo caratterizza, piccolo che combatte – tutto e tutti- in nome dei sogni e dell’amore, abbatte mostri, umani troppo umani. E per quanto sia automatico individuare la classica linea di demarcazione tra buoni, Icaro, Dedalo e Parkos da un lato, e cattivi, Minosse il Minotauro e Kostas dall’altro, è anche vero che in questa bizzarra favola  “tutto ha un cuore” perché, forse, quelli che chiamiamo mostri non esistono. Pensato per i ragazzi è un romanzo adatto anche agli adulti per la botta, quasi violenta di ottimismo che regala e perché è ironico, divertente e fa ricordare come i sogni, che siano alati o meno, hanno bisogno di essere coltivati perché, come insegna Icaro tutto quanto è un’opportunità da cogliere.


giovedì 30 marzo 2017

CARTA FORBICE SASSO - Giulio Neri

Decadenze
Titolo: Carta forbice sasso
Autore: Giulio Neri
Editore: Asterios
Anno: 2016
Pagine: 142
Genere: Romanzo

Tangeri, anno 2112. “Tutte le città muoiono” così inizia la lettera di Egidio Sant Just, nato in una città morente, nella quale dichiara di essere venuto in possesso, nella sua gioventù, di una mole di pubblicazioni, diari e corrispondenza privata che, con le opportune ricerche storiografiche costituirà il libro di memorie, senza raccordo. Lo stesso racconta, attraverso le voci dei protagonisti, trent’anni di vita in una Cagliari agonizzante che ha perduto il suo ruolo di centralità. Partendo dall’anno 2037 si intrecciano le vicende dei vari personaggi e il ruolo centrale è occupato da una Onlus –I serafini di San Lucifero – fondata da Lucrezia Melecrinis, una santa, si dice. Ma lo è davvero una santa? Attorno a lei, il marito, un erotomane, il vecchio amante, Elia Farigu, con il  quale ebbe una relazione quando lui era un suo studente perché, come dirà Elia, all’epoca lei “doveva aver incontrato troppi uomini dalle rose facili e si inteneriva per i germogli” e lui lo era, un germoglio. E, ancora, il pugile Cappai e la bellissima Marta Sant Just, madre, appunto di Egidio…

“Carta, forbice, sasso.”
Mi avvicino. “La morra cinese?”
“Sì.”
“Perché?”
Si scosta appena. “Una metafora, credo…La carta avvolge il sasso, ma è tagliata dalle forbici…”
“Che il sasso può spezzare. Nessuno può dirsi certo della vittoria.”
Ora sorride. “Ma nemmeno della sconfitta.” (Pag.142)

Un’opera fuori dagli schemi quella nata dalla penna dell’antiquario cagliaritano Giulio Neri che, prima della pubblicazione con Asterios, aveva concorso al XXIX Premio Calvino. 
In un’ambientazione futura, in una città spopolata, “Cagliari vive di palpiti isolati, si accende per spegnersi nel giro di pochi minuti”, che si avvia al tramonto, si intrecciano le storie, frammentate, dei protagonisti. Un coro di voci si muove per tutto il libro, Marta, Lucrezia, Elia e tanti altri. E la decadenza della città pare riflettersi sulle vite di personaggi che suscitano, indubbiamente, poca empatia privi, come sono, di provare qualcosa che si avvicini a un sentimento puro o, almeno, sano.

“A condannarci non sono mai le certezze, ma i sospetti. Dunque aspetto che la storia si compia. Come al solito, senza capirla sino in fondo.”
(Pag. 108)

Su tutto paiono dominare i colori foschi degli intrighi, dei giochetti politici, delle ipocrisie che ne fanno un’opera amara, governata da un pessimismo di fondo. Perché in quella città che “nientifica” pare vi sia poco spazio per qualcosa di buono. Questo è l’uomo, questa è la Storia del futuro, questa è la Storia di sempre. Guerre, dolore, intrighi, sospetti.
Una lettura originale, sia per la struttura, sia per il linguaggio, a tratti aulico, forse non un romanzo nel senso canonico del termine, ma ben venga l’atipicità.

Vedi anche:
Pierre, Nello Rubattu


giovedì 23 marzo 2017

IL GIORNALISTA - Miriam Mafai

"Grazie a"


Titolo:Il giornalista
Autore: Miriam Mafai
Editore: Ensemble
Anno: 2013
Genere: Saggio
Pagine: 65

Un piccolo libro, denso di passione nato dalla penna della “ragazza rossa”  scomparsa nel 2012, Il giornalista apre le porte a numerose riflessioni su quello che è (diventato) il giornalismo e sul ruolo – complesso – delle donne in mondi da sempre considerati prerogativa maschile. Essenziale e diretto.

È l’anno 1957 quando, dopo una giovinezza consacrata anima e corpo alla politica,  una giovane entra nella redazione di un giornale come corrispondente da Parigi per il settimanale “Vie Nuove”. Lei, come tanti altri, ha questa chance perché “conosce qualcuno”. Ha la fortuna di essere amica, anche un po’ per caso, di Maria Antonietta Macciocchi, con la quale nel ’43 - in una Roma occupata dai nazisti - aveva fatto la Resistenza. Tale ingresso “facilitato” è atto, di per sé, a trasformarsi in una sorta di monito per chi, giovane inesperto, voglia avvicinarsi a questa professione: le porte di un giornale si aprono solamente se qualcuno, dall’interno, socchiude uno spiraglio, seppur piccolo. Sempre che, come spesso capita, non si preferisca bussare alla porta di un partito, preferibilmente di governo. Lei è Miriam Mafai…

“Un mestiere finito. Dequalificato. Asservito: ai partiti, ai potentati economici, alla pubblicità”.

Con un incipit duro che pare non lasciare speranza a chi voglia intraprendere la carriera del cronista,  la scomparsa Miriam Mafai, figura di spicco del giornalismo italiano,  in queste 62 pagine del 1986 ripercorre gli anni della sua carriera offrendoci, al contempo, uno spaccato sintetico di storia italiana, unito a profonde considerazioni sul ruolo delle donne in un mondo prettamente maschile. Inutile negare - e la Mafai non lo fa - come la via del giornalismo sia irta di difficoltà. Inutile negare come in un giornale si entri in forza di un “grazie a”. Ma non c’è solo questo. Perché dalle parole della Mafai, che del giornalismo ha fatto la sua vita e, indubbiamente, lo strumento per portare avanti le battaglie che l’hanno vista farsi portavoce di temi almeno in Italia percepiti come scomodi, emerge -come un faro che illumina percorsi oscuri - la passione per lo scrivere, per la verità, per la scoperta. Certo: sono pagine che risultano datate, ma a fine lettura sorge il dubbio che le parole della giornalista si possano, per buona parte, applicare alla realtà attuale. E vien da sé che ci si domandi: da allora è cambiato davvero qualcosa? 
E se cambiamento c’è stato, è stato in meglio? Dubito ergo sum.

martedì 21 marzo 2017

Il FILO DI MARIANNA - Maria Rosaria Petti

Creando nuovi mondi
Titolo: Il filo di Marianna
Autore: Maria Rosaria Petti
Editore: Iride
Anno: 2015
Genere: Romanzo
Pagine: 348

Sarebbe bello, un giorno, incontrare nella nostra casa Hemingway o la Yourcenar.
Sarebbe bello bere insieme un tè e chiacchierare e mescolare con la realtà il mondo dei libri. Marianna, la protagonista di questo romanzo ci riesce. E anche bene.

È il 18 dicembre del 2006, Marianna è nella cucina della sua casa di campagna, è mattino e fa colazione. Nizar, colui che lei considera il suo principe, è andato a fare la spesa. Nella casa c’è anche Agnese, ventenne che dorme ancora. Perché Agnese è lì? Perché Marianna era la migliore amica di suo padre e di sua madre. E sarà proprio Marianna a dover raccontare alla giovane dei suoi genitori. Della morte prematura del padre, Michi, e dello smarrimento di suo madre e della sua fuga in America. Inizia così per Marianna un lungo rimuginare nel passato, un battaglia con un profondo senso di nostalgia. Seguendo a ritroso il filo dei ricordi si ritrova catapultata il quel fatidico 1986, precisamente l’anno nel quale tutto cambiò. E rivede quella mattina piovosa: lei, sola in casa, intenta a scrivere quando le si palesano, senza preavviso alcuno, i suoi padrini letterari, Hemingway e la Yourcenar. Sì, proprio loro. Allucinazione? No, pare proprio di no. E comunque, nel dubbio, Marianna lasciò che la sua allucinazione “si mettesse a proprio agio” giacché lei di quei due aveva proprio bisogno…

Una dolce malinconia nasce dalle pagine dell’autrice napoletana quella stessa che accompagna, quasi sempre, i viaggi nel mondo dei ricordi. Marianna, è oramai una donna anziana, limitata nei movimenti, si guarda nello specchio e vede ciò che è stata: una dona in fuga, sognatrice, che con la sua schizofrenia onirica riesce, in qualche modo, a salvarsi: dal dolore, dalla disperazione, da ferite troppo profonde. Se un mondo, quello reale, non basta bisogna crearsene un altro intriso di letteratura e di cinema che, alla fine, diviene quasi vero e tangibile. Solo l’immaginazione, fervida non c’è dubbio, poteva garantirle di sopravvivere e tentare di assemblare i pezzi, spigolosi e taglienti, della sua vita frastagliata. Sono tentativi, è vero, perché alla fine siamo soli e la solitudine non è mai divisibile o condivisibile. E, forse, non è mai possibile fuggire davvero da un dolore. Perché il dolore ci attraversa sempre e comunque, come dirà Marianna. Malinconico, doloroso, Il filo di Marianna shakera realtà e immaginazione così convulsamente che, alla fine, tutto pare possibile: anche preparare un tè per Hemingway. Lettura piacevole nel complesso, forse appesantita da qualche pagina di troppo ma che, in qualche modo, ci permette di credere, almeno per un po’, a un salvifico mix di realtà e letteratura. 

venerdì 17 marzo 2017

BLITZ - David Trueba

Emoticon e poi muori
Titolo: Blitz
Autore: David Trueba
Editore: Feltrinelli
Anno: 2016
Traduzione: Francesca Pè
    Genere: Romanzo 
Pagine: 133



Si legge rapidamente questo romanzo che affronta il tema della fine di un amore, ma non solo. Trueba ha una scrittura rapida, saettante e, per quanto, non possa certamente essere considerato una grande opera, Blitz regala qualche ora di piacevole lettura, strappa qualche risata e ci si ritrova a parteggiare per il povero protagonista abbandonato dalla sua (non esclusivamente sua, a dire il vero) Marta. 
Beto è un giovane architetto e si trova con la sua fidanzata, Marta, a Monaco, per presentare ‒ nell’ambito del convegno Lebensgärten 2015 ‒ un progetto concorrente nella categoria “Prospettive future”. Al vincitore sarà assegnato un premio di diecimila euro. Marta è molto fiduciosa, Beto invece non crede che il suo progetto, rappresentato da un giardino per adulti la cui particolarità è data dalla presenza di un bosco di clessidre in scala umana, possa avere qualche chance. Alla presentazione ha pure il dubbio di essere stato troppo saccente, Helga – la loro accompagnatrice – gli fa invece i complimenti. I due giovani intendono partire il giorno dopo, ma un piccolo incidente modifica i loro piani: Marta partirà da sola, Beto si tratterrà a Monaco. Già, basta poco per cambiare idea, a volte basta un messaggio al telefono. Infatti mentre il giovane attende al bancone il suo kebab riceve un messaggio da Marta, che si trova proprio nel tavolo di fronte a lui, nel quale scrive “Non gli ho ancora detto niente. È dura. Uff. ta”. E, per finire, l’emoticon di un cuoricino. Quel messaggio è stato inviato a lui per errore, il vero destinatario è l’ex di Marta, con il quale, scoprirà qualche minuto dopo Beto, lei ha ricominciato a vedersi. Tutte le rotture hanno sempre qualcosa di ridicolo e, naturalmente, anche questa: Marta lo lascia mentre mangiano un kebab…
Dopo otto anni torna in libreria lo scrittore e regista spagnolo ‒ autore, tra i tanti, dell’apprezzato Quattro amici ‒ edito sempre da Feltrinelli, con un romanzo dai toni fortemente tragicomici regalandoci le avventure del trentenne Beto. Giovane, in cerca di una posizione lavorativa - la famosa solidità sempre cosa ben lontana per un giovane trentenne -, con poca fiducia in se stesso, con un amore che finisce in un lampo, un messaggio – con l’aggravante della maledetta emoticon-cuore più la doppia aggravante dovuta al fatto che Marta si è rifidanzata con l'ex (perché è vero che i tradimenti sono sempre cosa brutta e ingiusta, ma il tradimento con l'ex è peggio, lo sappiamo tutti). Basta poco per sconvolgere un’esistenza, per cambiare un percorso in qualche modo già tracciato, ma spesso basta poco anche per ricominciare. Blitz pare tutto incentrato sul concetto amico-nemico, di tempo simbolicamente rappresentato dal progetto di Beto stesso: la clessidra che non solo lo quantifica, ma è anche strumento che aiuta ad evadere. Siamo fatti di attimi, di piccoli granelli che scivolano nella nostra clessidra personale, a volte ci sfuggono, a volte, invece, sono talmente importanti da farci prendere direzioni impensate e, nonostante siano scivolati molto velocemente, riusciremo a ricordarli per sempre.