Visualizzazione post con etichetta Adolescenza. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Adolescenza. Mostra tutti i post

venerdì 6 aprile 2018

TERREMOTO - Chiara Barzini

Scosse e crescite

Titolo: Terremoto
Autrice: Chiara Barzini
Genere: Romanzo
Editore: Mondadori
Anno: 2017
Pagine. 336
Traduzione: Chiara Barzini – Francesco Pacifico

Con un titolo evocativo la Barzini ci porta nel movimentato, ma anche confuso, triste, malinconico mondo dell’adolescenza. Protagonista è Eugenia che si ritrova non solo a vivere quella complicata fase della vita (ho ancora ricordi terribili della mia adolescenza), ma per di più in un ambiente lontano da quello in cui è cresciuta perché costretta a seguire i suoi genitori in America.

 “Stavo guardando mia nonna, seduta a gambe incrociate e tette nude sulla spiaggia di El Matador, a Malibu, quando mi ricordai che da piccola io e lei pomiciavamo. Lei tirava fuori la lingua e io gliela dovevo leccare. Lo chiamava il gioco del lingua a lingua. Un raviolo molliccio le usciva di colpo dalla bocca in cerca di compagnia. Non potevo dirle di no. L’odore della sua saliva mi repelleva e il gioco non mi piaceva, ma mi era stato detto di farlo lo stesso perché lei era vecchia e io bambina. Andammo avanti così fino ai miei otto anni. La visione dei suoi seni nudi e penduli sulla spiaggia, quel giorno, mi sembrò fuori luogo come la sua lingua nella mia bocca anni prima. Era sempre tutto così nella mia famiglia. Non facevamo mai le cose come si deve
(Incipit)

Nel 1992 la giovane Eugenia si trasferisce, al seguito della famiglia, da Roma a Hollywood “per diventare ricchi e famosi” disse il padre, ma il genitore, inseguendo con quel trasferimento il sogno di diventare un grande regista, scordò di dirle che sarebbero andati a vivere nella San Francisco Valley. Ed ecco la famigliola italiana, con nonna al seguito, nelle strade americane. Il primo acquisto sarà una Ford Thunderbird decapottabile. Eccola Eugenia, nella Valley così lontana da quei fotogrammi di Hollywood che i suoi genitori avevano promesso sarebbero diventati la sua vita. La Valley è un luogo sconsolato, le cui strade hanno poco di accogliente. Poi c’è la scuola, con i metal detector, la diffusa paura delle gang: Eugenia, isolata, in quell'edificio affollato da migliaia di studenti si sente sperduta. È sola. Il suo modello di vita, consolatorio e salvifico, diviene la Vergine Maria alla quale si rivolge, dal giorno del trasferimento, per avere rassicurazioni materne, quelle che Serena, la madre, non riesce a darle perché troppo impegnata. Perché sempre altrove, con lo spirito. Ed è proprio a Maria che  si rivolge il primo giorno di scuola, con il terrore che le stringe il cuore e le rebook pumpins ai piedi “Maria, questo è il giorno più importante della mia vita (…) non voglio dover cercare un bagno. Ho paura di chiedere dov’è. Ti prego fa che non debba fare pipì”…

Terremoto, scritto in inglese poi tradotto in Italiano, è un romanzo sull'adolescenza che, in qualche modo, ha dei punti di contatto con l’esperienza personale dell’autrice poiché che, anch'ella, come Eugenia ha vissuto, da giovane, il trasferimento dall’Italia. L’adolescenza è, per definizione, una fase complessa, ma diviene ancor più difficile in queste pagine dal momento che ad essa si accompagna un traumatico distacco, non voluto ma subito. Lontana da tutto, lontana da tutti, Eugenia è sola, tremendamente sola, con due genitori hippie, preoccupati solo di far un film, quasi dimentichi della sua esistenza, sordi alle sue richieste. Eugenia combatte, con la tristezza nel cuore, fa di tutto per farsi accettare, si costruisce un immaginario costume di gomma che la proteggerà da quella vita. Piccola e inadeguata, diversa, con le reebok ai piedi quando tutte le altre ragazze avevano i tacchi. Cerca calore, amici, qualche parvenza di amore e qualcosa trova, personaggi spezzati come lei: Alo l’indiano con il cancro alla gola, Henry con l’orecchio mozzato, l’amico necrofilo, il persiano vittima di una gang. Un romanzo amaro, un vero terremoto, appunto, soprattutto interiore, spesso silenzioso, non urlato, appena accennato, ma lacerante. Non manca anche la tenerezza e lo spazio per un amore, quello per Deva, bella e diafana, in una terra dove per il romanticismo non c’è posto. La Barzini è riuscita a descrivere in modo incisivo l’ansia e la sofferenza del distacco, le difficoltà del crescere, il dolore di chi non ha punti di riferimento, alternando pagine altamente appassionanti -bellissima la parentesi della vacanza della protagonista in una piccola isola italiana e meravigliose le descrizioni dei paesaggi e della natura - a pagine con tono decisamente più basso.

Altre recensioni:
L'estate di Ulisse Mele, Roberto Alba
Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano, Eric-Emmanuel Schmitt
Montedidio, Erri De Luca
Velvet, Mary Gaitskill

domenica 2 aprile 2017

LA PIÛ AMATA - Teresa Ciabatti

Titolo: La più amata
Autore: Teresa Ciabatti
Editore: Mondadori
Anno: 2017
Genere: Romanzo

È da febbraio che avevo in mente di leggere La più amata. Curiosità, ma non solo: era qualcosa di più, forse la sensazione che sarebbe stata una bella lettura. In effetti, lo è stata. Ci vuole molta forza e molta determinazione nel tornare indietro, nel ripercorrere il mondo incantato (o creduto tale, spesso) dell’infanzia per riscriverlo, riviverlo e capirlo. Libro duro, crudele e, indubbiamente, coraggioso.

Lei, Teresa, ha quarantaquattro anni e tutto quello che è lo deve a suo padre: egoista, superficiale, anaffettiva, diffidente, asociale. Lei credeva che suo padre la amasse immensamente, credeva di essere l’amore della sua vita e, soprattutto, era convinta del fatto che lui le raccontasse tutto, invece non le aveva raccontato nulla. Lui, il padre, è Lorenzo Ciabatti, primario chirurgo presso il San Giovanni di Orbetello, conosciuto semplicemente come il Professore. Lui, un santo, un benefattore. Tutti gli devono qualcosa, qualcuno gli deve tutto. Lui che provava un certo ribrezzo per gli africani, non per razzismo – figuriamoci il Professore un razzista!- ma semplicemente perché i neri sono esseri inferiori, chiaro no? Lui, vendicativo, calcolatore. Lui ateo che credeva solo negli uomini, o meglio, nella superiorità di alcuni uomini. Lui e il suo misterioso  anello d’oro con zaffiro da quattro carati. Lei, Teresa, dopo 26 anni dalla morte del padre -un dio quell’uomo, dicevano- decide di scoprire chi veramente fosse quell’uomo…

 “lo amo davvero? Non lo so, non sono abituata a valutare ciò che amo per i viventi”

Quanto coraggio serve per mettere a nudo un idolo soprattutto se quest’idolo è il proprio genitore? Indubbiamente molto e di certo non ne è mancato a Teresa Ciabatti, scrittrice e sceneggiatrice, nella sua ultima fatica. Usando la scrittura a mo’ d’arma tagliente ripercorre gli anni della sua infanzia e della adolescenza per far emergere la verità intorno a suo padre, l’idolo appunto. Una ricerca della verità che ha il sapore di una vera e propria ossessione. Pare che per l’autrice nessuno sia intoccabile, tantomeno quel dio in terra da tutti osannato. E alla dimensione intima e familiare, quei “Ciabatti per i quali i bambini non esistono” né esistono abbracci o carezze, si aggiunge un frammento di storia italiana, dell’Italia dei misteri e dei personaggi che li hanno creati e alimentati e nei quali nuotava il Ciabatti padre. Un libro crudo, crudele senza alcuna pietà. Per nessuno, neanche per se stessa: egoista, madre inadeguata, asociale, senza alcun rapporto con il fratello. Non è lei la buona e il resto del mondo i cattivi, sarebbe stato troppo semplice.Pagina dopo pagina le parole della Ciabatti divengono dardi infuocati che lasciano il segno. Già dalla sua uscita si vociferava una candidatura del romanzo al Premio Strega e, proprio in questi giorni, la candidatura è divenuta ufficiale a seguito della presentazione ad opera di Stefano Bartezzaghi e Edoardo Nesi.


domenica 1 marzo 2015

MONTEDIDIO - Erri De Luca

Bumèrando
Titolo: Montedidio
Autore: Erri De Luca
Editore: Feltrinelli
Genere: Romanzo breve
Anno: 2007
Pagine:144


Adoro questo piccolo libro. La prima volta lo lessi in pullman durante un viaggio accidentato e lungo da Cagliari a Nuoro. Ricordo che eravamo una trentina di persone delle età più disparate e ci recavamo a Nuoro per un congresso dei Comunisti Italiani. Quando ancora ci credevo, aggiungo. E ricordo che, nonostante il sottofondo chiassoso, riuscii a leggere e a sottolineare questo libro e ad innamorarmi del piccolo protagonista napoletano. L’ho riletto adesso nella tranquillità di casa mia (se di tranquillità di può parlare vista la piccola e vispa bimba pestifera che ho generato) e l’amore per il piccolo protagonista non è stato scalfito, lo stesso non si può dire per i comunisti italiani, ma questa è un’altra storia. 


Le vicende si svolgono a Napoli nel quartiere di Montedidio. Lui ha appena compiuto tredici anni e il babbo, come è giusto che sia, l’ha messo a lavorare. Anzi, rispetto ai suoi coetanei l’ingresso nel mondo del lavoro è avvenuto in ritardo visto che era un po’ malatticcio. È il suo primo giorno nella bottega di mast’Errico. Imparerà a lavorare il legno e la sera annoterà i fatti del giorno in un avanzo di bobina regalatagli dal tipografo che è buono, in fondo, gli piace soltanto toccare il piscitiello ai ragazzini. Con sé porta sempre il bumeràn che proviene dall’Australia, ma non lo può lanciare perché nel suo quartiere non c’è lo spazio nemmeno per uno sputo. Fa niente: può sempre fare la mossa di tirarlo. Il bottega c’è anche Don Rafaniello, o’ scarparo, che ha la gobba dalla quale un giorno spunteranno le ali che lo porteranno a Gerusalemme: si sentono già scricchiolare le ossa delle ali. E poi c’è lei: Maria…


Tra gli stretti e chiassosi vicoli di Montedidio si staglia la figura di un tredicenne che fa la cronaca delle sue giornate e la fa in italiano, pur sentendosi un traditore del suo dialetto, perché l’italiano è zitto e ci può mettere i fatti “riposati dal chiasso napoletano”. 
Montedidio ha la sostanza di una favola, amara certo, nella quale l’io narrante ci porta nel suo brusco percorso di crescita privo di tappe intermedie che si traduce in uno sfondamento quasi violento di quelle porte che conducono nel mondo adulto. È un romanzo ricco di tenerezza e magia nel quale domina l’assenza, dirà molto saggiamente il protagonista “I grandi vanno dietro ai loro guai e noi restiamo nelle case sorde che non sentono più un rumore.
 Solo il nostro sentiamo e fa un po’ paura.” La solitudine, le assenze e le dolorose perdite si uniscono, quasi a creare una compensazione salvifica, con la forza, la voglia di vivere, “l’ammore” e, soprattutto, i sogni i quali, in qualche modo, si realizzeranno nella notte di Capodanno tra colorati e rumorosi fuochi d’artificio. De Luca ci regala una storia tenera, fiabesca ma non troppo, in un alternarsi di crudezza e lirismo che ha la capacità di incantare dalla prima all’ultima pagina. E il piccolo napoletano rimarrà con noi anche a libro terminato.