Titolo: La più amata
Autore: Teresa Ciabatti
Editore: Mondadori
Anno: 2017
Genere: Romanzo
È da febbraio che avevo in mente di leggere La più amata. Curiosità, ma non solo:
era qualcosa di più, forse la sensazione che sarebbe stata una bella lettura.
In effetti, lo è stata. Ci vuole molta forza e molta determinazione nel tornare
indietro, nel ripercorrere il mondo incantato (o creduto tale, spesso)
dell’infanzia per riscriverlo, riviverlo e capirlo. Libro duro, crudele e,
indubbiamente, coraggioso.
Lei, Teresa, ha quarantaquattro anni e tutto quello
che è lo deve a suo padre: egoista, superficiale, anaffettiva, diffidente,
asociale. Lei credeva che suo padre la amasse immensamente, credeva di essere
l’amore della sua vita e, soprattutto, era convinta del fatto che lui le
raccontasse tutto, invece non le aveva raccontato nulla. Lui, il padre, è
Lorenzo Ciabatti, primario chirurgo presso il San Giovanni di Orbetello,
conosciuto semplicemente come il Professore. Lui, un santo, un benefattore.
Tutti gli devono qualcosa, qualcuno gli deve tutto. Lui che provava un certo
ribrezzo per gli africani, non per razzismo – figuriamoci il Professore un
razzista!- ma semplicemente perché i neri sono esseri inferiori, chiaro no?
Lui, vendicativo, calcolatore. Lui ateo che credeva solo negli uomini, o
meglio, nella superiorità di alcuni uomini. Lui e il suo misterioso anello d’oro con zaffiro da quattro carati.
Lei, Teresa, dopo 26 anni dalla morte del padre -un dio quell’uomo, dicevano-
decide di scoprire chi veramente fosse quell’uomo…
“lo amo davvero? Non lo
so, non sono abituata a valutare ciò che amo per i viventi”
Quanto coraggio serve per mettere a nudo un idolo
soprattutto se quest’idolo è il proprio genitore? Indubbiamente molto e di
certo non ne è mancato a Teresa Ciabatti, scrittrice e sceneggiatrice, nella
sua ultima fatica. Usando la scrittura a mo’ d’arma tagliente ripercorre gli
anni della sua infanzia e della adolescenza per far emergere la verità intorno
a suo padre, l’idolo appunto. Una ricerca della verità che ha il sapore di una
vera e propria ossessione. Pare che per l’autrice nessuno sia intoccabile,
tantomeno quel dio in terra da tutti osannato. E alla dimensione intima e
familiare, quei “Ciabatti per i quali i bambini non esistono” né esistono
abbracci o carezze, si aggiunge un frammento di storia italiana, dell’Italia
dei misteri e dei personaggi che li hanno creati e alimentati e nei quali
nuotava il Ciabatti padre. Un libro crudo, crudele senza alcuna pietà. Per
nessuno, neanche per se stessa: egoista, madre inadeguata, asociale, senza
alcun rapporto con il fratello. Non è lei la buona e il resto del mondo i
cattivi, sarebbe stato troppo semplice.Pagina dopo pagina le parole della
Ciabatti divengono dardi infuocati che lasciano il segno. Già dalla sua uscita
si vociferava una candidatura del romanzo al Premio Strega e, proprio in questi
giorni, la candidatura è divenuta ufficiale a seguito della presentazione ad
opera di Stefano Bartezzaghi e Edoardo Nesi.
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