Creando nuovi mondi
Titolo: Il filo di Marianna
Autore: Maria Rosaria Petti
Editore: Iride
Anno: 2015
Genere: Romanzo
Pagine: 348
Sarebbe bello, un giorno, incontrare nella nostra casa
Hemingway o la Yourcenar.
Sarebbe bello bere insieme un tè e chiacchierare e
mescolare con la realtà il mondo dei libri. Marianna, la protagonista di questo
romanzo ci riesce. E anche bene.
È il 18 dicembre del 2006, Marianna è nella cucina
della sua casa di campagna, è mattino e fa colazione. Nizar, colui che lei
considera il suo principe, è andato a fare la spesa. Nella casa c’è anche
Agnese, ventenne che dorme ancora. Perché Agnese è lì? Perché Marianna era la
migliore amica di suo padre e di sua madre. E sarà proprio Marianna a dover
raccontare alla giovane dei suoi genitori. Della morte prematura del padre,
Michi, e dello smarrimento di suo madre e della sua fuga in America. Inizia
così per Marianna un lungo rimuginare nel passato, un battaglia con un profondo
senso di nostalgia. Seguendo a ritroso il filo dei ricordi si ritrova
catapultata il quel fatidico 1986, precisamente l’anno nel quale tutto cambiò.
E rivede quella mattina piovosa: lei, sola in casa, intenta a scrivere quando
le si palesano, senza preavviso alcuno, i suoi padrini letterari, Hemingway e
la Yourcenar. Sì, proprio loro. Allucinazione? No, pare proprio di no. E
comunque, nel dubbio, Marianna lasciò che la sua allucinazione “si mettesse a proprio agio” giacché lei
di quei due aveva proprio bisogno…
Una dolce malinconia nasce dalle pagine dell’autrice
napoletana quella stessa che accompagna, quasi sempre, i viaggi nel mondo dei
ricordi. Marianna, è oramai una donna anziana, limitata nei movimenti, si
guarda nello specchio e vede ciò che è stata: una dona in fuga, sognatrice, che
con la sua schizofrenia onirica riesce, in qualche modo, a salvarsi: dal
dolore, dalla disperazione, da ferite troppo profonde. Se un mondo, quello
reale, non basta bisogna crearsene un altro intriso di letteratura e di cinema
che, alla fine, diviene quasi vero e tangibile. Solo l’immaginazione, fervida
non c’è dubbio, poteva garantirle di sopravvivere e tentare di assemblare i
pezzi, spigolosi e taglienti, della sua vita frastagliata. Sono tentativi, è
vero, perché alla fine siamo soli e la solitudine non è mai divisibile o
condivisibile. E, forse, non è mai possibile fuggire davvero da un dolore.
Perché il dolore ci attraversa sempre e comunque, come dirà Marianna.
Malinconico, doloroso, Il filo di Marianna shakera
realtà e immaginazione così convulsamente che, alla fine, tutto pare possibile:
anche preparare un tè per Hemingway. Lettura piacevole nel complesso, forse
appesantita da qualche pagina di troppo ma che, in qualche modo, ci permette di
credere, almeno per un po’, a un salvifico mix di realtà e letteratura.
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