venerdì 20 novembre 2015

BASTARDIA - Hélia Correia

IL MARE, SUO PADRE
Titolo: Bastardia
Autore: Hélia Correia
Editore: Caravan
Anno: 2011
Genere: Romanzo
Pagine: 95
Traduzione: Serena Magi - Vincenzo Barca

Un libro piccolo, dalla copertina con le tonalità del blu e del viola, che pare un dipinto nel quale l’immaginazione, il mito e i sogni si fondono per lasciarci una storia ricca di fascino. Un libro sulle possibilità, sul coraggio di abbandonare il noto e tuffarsi nell’ignoto, per cercare i sogni e ritrovarsi.

Nella seconda metà dell’Ottocento, nella terra di Portogallo,  un piccolo e povero paesino della provincia lusitana impone ai suoi abitanti la tradizione la tradizione, non formalmente dichiarata, di non abbandonare il luogo natio. Così è per tutti. O meglio, per  quasi tutti: infatti, la vita pare offrire una sorte diversa a un giovane nato da una madre sterile in virtù del sortilegio di Pilar la strega.  Il giovane è Moséis Duarte, ossessionato dal mare, suo padre, e dalle sirene, sue sorelle, intraprenderà il viaggio che lo porterà ad abbandonare il suo villaggio e le braccia calorose e protettive di sua madre per recarsi, in un primo momento, a Leira dove suo zio lo attende per offrirgli un lavoro, un’occasione…


"Quando un uomo incontra una sirena la delusione è irrimediabile"
(Incipit)

La Correia, grande autrice contemporanea portoghese, dispone le sue parole, come note su un immaginario pentagramma,  producendo una incantevole melodia dai toni fiabeschi. Melodia intrisa di realismo magico, di simbolismo, di superstizione, di slancio verso sogni fuoriusciti da qualche cassetto dimenticato aperto.  In questa melodia, dolce e amara al tempo stesso come quello delle sirene, muove i suoi passi Moséis, personificazione dell’anelito verso l’ignoto, raffigurato dal mare pensiero dominante,  da quella “linea all’orizzonte”. La sua ricerca è indubbiamente faticosa, ma necessaria per trovare se stesso.  Nel mondo nato da tali note tutto – ma proprio tutto -può accadere, anche di trovarsi entro scenari propri di altri romanzi. Non è un caso che Moséis, giunto a Leira si trovi in un luogo quasi sconvolto dalla vicenda di padre Amaro, quello stesso padre Amaro de Il crimine di padre Amaro di De Queiroz. Perché storie  e personaggi si possono confondere e non è raro che personaggi di storie lette altrove, possano entrare, non con forza, ma con naturalezza, in altre storie: in questa, per fare un esempio. Data questa premessa non è bizzarro, anzi risulta cosa normale, immedesimarsi in Moséis che, in qualche modo, incarna quell’ansia dell’uomo traducentesi in desiderio di fuga che ci avviluppa quando la vita pare stringerci con i suoi lacci troppo stretti,  quando vogliamo allentare quella morsa che ci toglie il respiro e scegliamo l’ignoto, qualunque cosa esso sia, di qualunque sostanza esso sia fatto, preferendolo a ciò che quotidianamente viviamo e talora  odiamo.



venerdì 13 novembre 2015

L'AMORE CATTIVO - Francesca Mazzucato

C'ERAVAMO TANTO NON-AMATI

Titolo: L'amore cattivo
Autore: Francesca Mazzucato
Editore: Giraldi
Anno: 2015
Pagine: 210
Genere: Romanzo



L’amore cattivo è, di fatto, un non-amore e la Mazzucato, scrittrice, giornalista e traduttrice, l’ha  raccontato con una intensità simile a quella con cui si racconta l’amore, con una grande sensibilità, con forza, con passione offrendoci un meraviglioso romanzo che sfianca, spezza, sfalda, sfascia fa male lasciandoci un segno del suo passaggio, incidendosi nell’anima, nel cuore e nella pelle.

“Stuprata dalla realtà e scheggiata dalla sfiducia. Vivi tra il bisogno di una fiaba e la vita che ti ha tolto un possibile lieto fine.”

(Pag. 102)
 
Nora è una quarantenne, vive a Milano, ha un lavoro che ama, è una donna coraggiosa nonostante tutto. Nonostante il suo passato, la sua infanzia di amore negato. Orfana dell’amore materno, schiacciata da sensi di colpa, dalla bulimia, dai tagli sul corpo. Era solo una bambina, una bambina sbagliata, imperfetta, inetta. Ha poche amiche, la sua vita è sempre stata solitaria. Quel passato fa ancora male e basta poco perché si ricatapulti nel suo presente, nella sua nuova vita: è sufficiente una telefonata di sua madre. Di nuovo ansia, panico, buio. Ma la vita pare regalarle qualcosa di bello che si incarna in Alessandro. Lo incontra in libreria. Dolce, colto, intelligente e pure bello.  Perde la testa, lui è diverso: così crede. Tutto va molto in fretta nonostante piccoli segnali, nonostante quegli atteggiamenti di Alessandro che lei non comprende bene, ma lo giustifica. Andranno a vivere insieme, ma ha come la sensazione di essere controllata, di non essere libera…

“L’amore cattivo morde il corpo e lo sventra. Avvilisce l’anima. La rimpicciolisce e la devasta. L’amore cattivo incenerisce ogni cosa. È piromane, assassino, criminale. Difficile però che resti lontano, escluso, in prigione. La cenere aumenta man mano. In maniera infida. Giorno dopo giorno. Restano polvere odore di bruciato, impronte di baci malefici. L’amore cattivo è senza suono e senza odore. La frontiera fangosa delle anime prostituite.”

(Pag. 171)

C’è l’amore che accoglie, protegge e riscalda e c’è l’amore cattivo che annulla ogni slancio, gela il cuore, ferisce è quello  nato dalle macerie di abbracci materni mancati, di parole d’affetto non  dette, di privazioni di sicurezze, di parole non ascoltate. Nora, delicata, intelligente cerca di soddisfare quel bisogno tutto umano di calore, bisogno innato di cui è rimasta solo una sete insaziabile. Crescere senza amore rende orfani. Per sempre. Parole taglienti, crude quelle della Mazzucato che riesce a scandagliare l’animo umano per portarci in un percorso, tutto salite e profondi precipizi, nelle troppe fragilità dell’animo femminile. Animo femminile tragicamente sensibile privato dei sogni più importanti: quelli dell’infanzia.
A fine lettura rimane un vuoto fatto di silenzi perché dove non c’è amore, o c’è un amore cattivo che è lo stesso, le parole son davvero poca cosa.

mercoledì 11 novembre 2015

E ADESSO? - Brigitte Giraud

ERAVAMO NOI
 Titolo: E adesso?
Autrice: Brigitte Giraud
Editore: Guanda
Anno: 2009
Genere: Romanzo
Traduzione: Marcella Uberti-Bona



Un romanzo forte, doloroso. Come si può raccontare la morte? Come si può raccontare ciò che siamo, quello che proviamo noi che restiamo? Siamo vittime di un elemento, potente e inattaccabile, che cancella vite, senza chiederci il permesso, e non ci dà possibilità di appello. Non c’è tutela. E continuiamo a vivere con pezzi mancanti. Diventiamo mosaici incompleti che non potranno più splendere.

“Era prima, era altrove. Eravamo noi. Stasera Claude è morto, e io sono viva. Mi lascia senza averlo voluto, per distrazione. Mi lascia con il mio desiderio, con le mie domande.”

Claude non c’è più. Non sentirà più la sua voce, le sue mani non la toccheranno più, il suo profumo svanito. Claude era suo marito. Claude è morto all’improvviso in un incidente in moto dopo qualche ora di sofferenza in ospedale. Non c’è stato nulla da fare, diranno i medici. Muore senza avvisarla. Muore tre giorni prima del trasloco nella loro nuova casa. La loro prima vera casa. E ora? Bisogna scegliere la bara, scegliere la musica per la cerimonia e contattare l’organista, andare al supermercato per fare la spesa per il ricevimento successivo al funerale e lei ha sempre odiato quel genere di ricevimenti. Come potrà vivere adesso dopo vent’anni di vita felice insieme? Perché non si sono abbracciati forte quella mattina? Perché solo un saluto fugace, un leggero sfioramento? E, soprattutto, come dire al loro figlio di solo otto anni che il suo caro papà è morto? Com’è possibile mettere in una sola frase la parola morte con la parola papà?...
Un romanzo che si concentra in un uno spazio temporale brevissimo: quel piccolo frammento di tempo, l’adesso, ossia quel segmento di esistenza che ci si trova a vivere tra la notizia della morte di una persona amata e il dopo. Una sorta di limbo fatto di vuoto incolmabile, di dolore, di domande che la Giraud descrive con coraggio e sobrietà senza mai farsi vincere dal patetismo. La morte vista come elemento onnipotente a fronte del quale neppure un amore solido e duraturo può nulla. Perché l’amore non ci prepara a sufficienza perché nell’ipotetico bugiardino dei sentimenti non è indicata la perdita come conseguenza della sua assunzione. Si rimane sperduti, soli, con il peso dei ricordi che, a volte, sollevano e, a volte, ci trascinano nel baratro. E rimaniamo, a respirare, a parlare a muoverci ancora: siamo condannati alla sopravvivenza, comunque. Quasi una punizione. E non possiamo né autotutelarci né ricorrere a tribunali per ottenere la riparazione per il torto subito. No, ci teniamo la perdita, la solitudine, il dolore in tutte le sue sfumature.
“Si vive, è normale, poi si muore, e nessuno ci è abituato. Allora improvvisi. Imbastisci il niente con il niente.”

Caratterizzato da periodi brevi e incisivi, a dir poco martellanti E adesso? è uno scavo nell’animo umano, nei sentimenti profondi, è uno svelare noi stessi con le nostre paure, una conferma del piccolo che siamo rispetto all’immensità della morte. Atroce.



martedì 10 novembre 2015

DANNATO CUORE - Pier Bruno Cosso


CHIARA COME LA NOTTE
Titolo: Dannato cuore
Autore: Pier Bruno Cosso
Editore: Parallelo45
Anno: 2015
Pagine: 200





Dannato cuore è il secondo romanzo, pubblicato dalla Casa Editrice Parallelo45, dello scrittore sassarese Pier Bruno Cosso. Un romanzo che si svolge nell’arco di una settimana affrontando varie tematiche: morte, dolore, amore, speranza e rinascita. Non manca nulla, insomma.
“In fondo la vita è fatta di mezzi minuti che ti possono rivoltare l’esistenza”

Cagliari. Chiara si trova nel cimitero di San Michele. Il suo è un appuntamento fisso. Lì, davanti alla lapide di sua sorella morta in un incidente. Silenzio, ricordi, pensieri. Dolore muto. Ma quel giorno qualcosa pare turbare quel momento. Nella lapide un fiore e un bigliettino “Grazie a te, se io sopravvivo. Un pensiero per sempre”. E non solo: la ragazza ha anche avuto la sensazione che qualcuno la stesse spiando. Chiara non sa chi possa spiarla, non sa da chi possano provenire quelle parole, non sa che da quel bigliettino scaturiranno una serie di eventi a catena che, con la forza di un uragano, avranno l’idoneità di trasformarla, di stravolgere la sua vita, di farla diventare diversa e farla uscire da quella gabbia di dolore che si è costruita giorno dopo giorno…

Chiara ci porta nel suo mondo dipinto dalle grigie tonalità del dolore per la perdita di sua sorella. Dolore, maligno mostro che se, spesso, unisce i superstiti in nome di una sorta di solidarietà luttuosa e che, in questo caso, divide, sfascia i rapporti familiari, crea incomprensioni, silenzi difficili da sopportare o parole che son come tizzoni ardenti che bruciano, lacerano in un continuo formarsi di cicatrici dell’anima impossibili da risanare. Perché la morte di una persona cara non lascia solo ferite, la morte improvvisa lascia in sospeso tante cose: difese, accuse, parole, silenzi. Quello di Chiara è, essenzialmente, un viaggio in senso soprattutto metaforico. La vita stessa, pare dire l’autore, è un viaggio: a volte lento, a volte veloce. Viaggio talora senza freni in ripide discese, talaltra con il freno a mano tirato: per paura, forse. E comunque si intraprenda il viaggio, per quanto sia accidentato o tortuoso esso riesce a portare alla consapevolezza di se stessi e dei desideri veri, quelli più intimi. Un inno all’essere in contrapposizione al dover essere che, spesso, la società ci impone. Quasi un invito a prendere la macchina, a trovare l'essenza del nostro essere smarrito in qualche paura, in qualche obbligo stabilito altrove per non essere più, o solo, ciò che gli altri hanno fatto di noi. Su tutto domina Cagliari, città bulimica, viva, grande e piccola allo stesso tempo con i suoi abitanti cosi fortunati per il privilegio di avere il mare a due passi e che spesso non riescono nemmeno a comprendere la grandezza di quel dono. Cagliari con i suoi palazzi antichi e suggestivi, con i suoi stretti vicoli, con quel caldo che riscalda i corpi, ma spesso non riscalda l’anima. Cagliari che vive e respira.  Emerge, nonostante il dolore e le vite strizzate in crudeli meccanismi, un ottimismo di fondo: siamo sempre troppo impegnati a rincorrere il tempo, spesso convinti che non sia mai abbastanza e  un’opprimente ansia ci comprime, ma il tempo è un concetto relativo. Basta sempre poco perché un’esistenza cambi, migliori, si trasformi. Una storia avvincente nella quale la protagonista, muovendosi per la Sardegna, nell’arco di pochi giorni, si trova catapultata in una realtà completamente diversa, perde i punti di riferimento peraltro già precari, e, dopo una serie di avventure degne di un film d’azione e- a tratti- anche romantico, si ritrova ad essere un’altra persona. D’altronde, nella vita tutto è possibile. Anche l’incredibile. Anche l’impossibile. Anche l’amore.

Altri libri:
Pierre, Nello Rubattu
 

lunedì 2 novembre 2015

COME POTEVA ESSERE UNA STORIA D'AMORE - Giuliano Bugani

COME?

Titolo: Come poteva essere una storia d'amore
Autore: Giuliano Bugani
Editore: Bébert
Anno: 2014
Pagine: 63

Poche pagine di una intensità unica. Per raccontare di sentimenti, di dolore, di lacrime e di solitudine. Due racconti diversi e affascinanti in modo diverso.

Nel primo racconto dopo tanti anni, dopo un divorzio, lui e lei, ormai cinquantenni, iniziano a scriversi. Lei ha appena pubblicato un romanzo e vorrebbe lui alla presentazione. E continueranno questa strana corrispondenza forse – è tutto un forse - per trovare risposte perché, inevitabilmente, il tempo trascorso ha bisogno di essere suggellato da un resoconto. O forse hanno solo bisogno di dirsi che hanno sbagliato tutto. E si incontreranno per parlare che è cosa ben diversa dal raccontare. E forse in quell'incontro saranno pronti anche a dirsi addio seppur circostanze non previste... Nel secondo racconto compaiono e dominano la scena tre donne: Maria, Rosaura e Margarita, madri di ragazzi desaparecidos. Ormai sono consapevoli di non poter esser più essere felici, ma sanno che le loro voci non possono essere assorbite dall'oblio. Devono ancora lottare. Contro la dispersione della memoria...

Come poteva essere una storia d'amore è una piccola opera composta da due brevi componimenti destinati ad essere rappresentati a teatro. Due brani diversi nelle quali a dominare incontrastato è il pathos e se nel primo brano si scava nel passato di una coppia e la storia rimane confinata nell'intimo arricchito da note di rimpianto e da una forte melanconia, nel secondo racconto, a più voci, è il dolore che canta e parla, un dolore non più intimo, ma quello di tutte le madri, di una nazione intera, quasi a voler divenire di valenza universale. E la bellezza, soprattutto nel secondo racconto, Donnarckica – che, tra l'altro, si trova depositato presso la Casa della memoria di Santiago del Cile nella sede dell'Associazione dei familiari dei desaparecidos – risiede, nonostante tutto, nella descrizione della crudeltà solo umana capace di ingenerare implacabili sofferenze da cui sgorgano, grazie alla penna affilata di Bugani, parole che trafiggono e incantano allo stesso tempo perché ricche di rabbia, intense e tragicamente vere.