mercoledì 11 novembre 2015

E ADESSO? - Brigitte Giraud

ERAVAMO NOI
 Titolo: E adesso?
Autrice: Brigitte Giraud
Editore: Guanda
Anno: 2009
Genere: Romanzo
Traduzione: Marcella Uberti-Bona



Un romanzo forte, doloroso. Come si può raccontare la morte? Come si può raccontare ciò che siamo, quello che proviamo noi che restiamo? Siamo vittime di un elemento, potente e inattaccabile, che cancella vite, senza chiederci il permesso, e non ci dà possibilità di appello. Non c’è tutela. E continuiamo a vivere con pezzi mancanti. Diventiamo mosaici incompleti che non potranno più splendere.

“Era prima, era altrove. Eravamo noi. Stasera Claude è morto, e io sono viva. Mi lascia senza averlo voluto, per distrazione. Mi lascia con il mio desiderio, con le mie domande.”

Claude non c’è più. Non sentirà più la sua voce, le sue mani non la toccheranno più, il suo profumo svanito. Claude era suo marito. Claude è morto all’improvviso in un incidente in moto dopo qualche ora di sofferenza in ospedale. Non c’è stato nulla da fare, diranno i medici. Muore senza avvisarla. Muore tre giorni prima del trasloco nella loro nuova casa. La loro prima vera casa. E ora? Bisogna scegliere la bara, scegliere la musica per la cerimonia e contattare l’organista, andare al supermercato per fare la spesa per il ricevimento successivo al funerale e lei ha sempre odiato quel genere di ricevimenti. Come potrà vivere adesso dopo vent’anni di vita felice insieme? Perché non si sono abbracciati forte quella mattina? Perché solo un saluto fugace, un leggero sfioramento? E, soprattutto, come dire al loro figlio di solo otto anni che il suo caro papà è morto? Com’è possibile mettere in una sola frase la parola morte con la parola papà?...
Un romanzo che si concentra in un uno spazio temporale brevissimo: quel piccolo frammento di tempo, l’adesso, ossia quel segmento di esistenza che ci si trova a vivere tra la notizia della morte di una persona amata e il dopo. Una sorta di limbo fatto di vuoto incolmabile, di dolore, di domande che la Giraud descrive con coraggio e sobrietà senza mai farsi vincere dal patetismo. La morte vista come elemento onnipotente a fronte del quale neppure un amore solido e duraturo può nulla. Perché l’amore non ci prepara a sufficienza perché nell’ipotetico bugiardino dei sentimenti non è indicata la perdita come conseguenza della sua assunzione. Si rimane sperduti, soli, con il peso dei ricordi che, a volte, sollevano e, a volte, ci trascinano nel baratro. E rimaniamo, a respirare, a parlare a muoverci ancora: siamo condannati alla sopravvivenza, comunque. Quasi una punizione. E non possiamo né autotutelarci né ricorrere a tribunali per ottenere la riparazione per il torto subito. No, ci teniamo la perdita, la solitudine, il dolore in tutte le sue sfumature.
“Si vive, è normale, poi si muore, e nessuno ci è abituato. Allora improvvisi. Imbastisci il niente con il niente.”

Caratterizzato da periodi brevi e incisivi, a dir poco martellanti E adesso? è uno scavo nell’animo umano, nei sentimenti profondi, è uno svelare noi stessi con le nostre paure, una conferma del piccolo che siamo rispetto all’immensità della morte. Atroce.



martedì 10 novembre 2015

DANNATO CUORE - Pier Bruno Cosso


CHIARA COME LA NOTTE
Titolo: Dannato cuore
Autore: Pier Bruno Cosso
Editore: Parallelo45
Anno: 2015
Pagine: 200





Dannato cuore è il secondo romanzo, pubblicato dalla Casa Editrice Parallelo45, dello scrittore sassarese Pier Bruno Cosso. Un romanzo che si svolge nell’arco di una settimana affrontando varie tematiche: morte, dolore, amore, speranza e rinascita. Non manca nulla, insomma.
“In fondo la vita è fatta di mezzi minuti che ti possono rivoltare l’esistenza”

Cagliari. Chiara si trova nel cimitero di San Michele. Il suo è un appuntamento fisso. Lì, davanti alla lapide di sua sorella morta in un incidente. Silenzio, ricordi, pensieri. Dolore muto. Ma quel giorno qualcosa pare turbare quel momento. Nella lapide un fiore e un bigliettino “Grazie a te, se io sopravvivo. Un pensiero per sempre”. E non solo: la ragazza ha anche avuto la sensazione che qualcuno la stesse spiando. Chiara non sa chi possa spiarla, non sa da chi possano provenire quelle parole, non sa che da quel bigliettino scaturiranno una serie di eventi a catena che, con la forza di un uragano, avranno l’idoneità di trasformarla, di stravolgere la sua vita, di farla diventare diversa e farla uscire da quella gabbia di dolore che si è costruita giorno dopo giorno…

Chiara ci porta nel suo mondo dipinto dalle grigie tonalità del dolore per la perdita di sua sorella. Dolore, maligno mostro che se, spesso, unisce i superstiti in nome di una sorta di solidarietà luttuosa e che, in questo caso, divide, sfascia i rapporti familiari, crea incomprensioni, silenzi difficili da sopportare o parole che son come tizzoni ardenti che bruciano, lacerano in un continuo formarsi di cicatrici dell’anima impossibili da risanare. Perché la morte di una persona cara non lascia solo ferite, la morte improvvisa lascia in sospeso tante cose: difese, accuse, parole, silenzi. Quello di Chiara è, essenzialmente, un viaggio in senso soprattutto metaforico. La vita stessa, pare dire l’autore, è un viaggio: a volte lento, a volte veloce. Viaggio talora senza freni in ripide discese, talaltra con il freno a mano tirato: per paura, forse. E comunque si intraprenda il viaggio, per quanto sia accidentato o tortuoso esso riesce a portare alla consapevolezza di se stessi e dei desideri veri, quelli più intimi. Un inno all’essere in contrapposizione al dover essere che, spesso, la società ci impone. Quasi un invito a prendere la macchina, a trovare l'essenza del nostro essere smarrito in qualche paura, in qualche obbligo stabilito altrove per non essere più, o solo, ciò che gli altri hanno fatto di noi. Su tutto domina Cagliari, città bulimica, viva, grande e piccola allo stesso tempo con i suoi abitanti cosi fortunati per il privilegio di avere il mare a due passi e che spesso non riescono nemmeno a comprendere la grandezza di quel dono. Cagliari con i suoi palazzi antichi e suggestivi, con i suoi stretti vicoli, con quel caldo che riscalda i corpi, ma spesso non riscalda l’anima. Cagliari che vive e respira.  Emerge, nonostante il dolore e le vite strizzate in crudeli meccanismi, un ottimismo di fondo: siamo sempre troppo impegnati a rincorrere il tempo, spesso convinti che non sia mai abbastanza e  un’opprimente ansia ci comprime, ma il tempo è un concetto relativo. Basta sempre poco perché un’esistenza cambi, migliori, si trasformi. Una storia avvincente nella quale la protagonista, muovendosi per la Sardegna, nell’arco di pochi giorni, si trova catapultata in una realtà completamente diversa, perde i punti di riferimento peraltro già precari, e, dopo una serie di avventure degne di un film d’azione e- a tratti- anche romantico, si ritrova ad essere un’altra persona. D’altronde, nella vita tutto è possibile. Anche l’incredibile. Anche l’impossibile. Anche l’amore.

Altri libri:
Pierre, Nello Rubattu
 

lunedì 2 novembre 2015

COME POTEVA ESSERE UNA STORIA D'AMORE - Giuliano Bugani

COME?

Titolo: Come poteva essere una storia d'amore
Autore: Giuliano Bugani
Editore: Bébert
Anno: 2014
Pagine: 63

Poche pagine di una intensità unica. Per raccontare di sentimenti, di dolore, di lacrime e di solitudine. Due racconti diversi e affascinanti in modo diverso.

Nel primo racconto dopo tanti anni, dopo un divorzio, lui e lei, ormai cinquantenni, iniziano a scriversi. Lei ha appena pubblicato un romanzo e vorrebbe lui alla presentazione. E continueranno questa strana corrispondenza forse – è tutto un forse - per trovare risposte perché, inevitabilmente, il tempo trascorso ha bisogno di essere suggellato da un resoconto. O forse hanno solo bisogno di dirsi che hanno sbagliato tutto. E si incontreranno per parlare che è cosa ben diversa dal raccontare. E forse in quell'incontro saranno pronti anche a dirsi addio seppur circostanze non previste... Nel secondo racconto compaiono e dominano la scena tre donne: Maria, Rosaura e Margarita, madri di ragazzi desaparecidos. Ormai sono consapevoli di non poter esser più essere felici, ma sanno che le loro voci non possono essere assorbite dall'oblio. Devono ancora lottare. Contro la dispersione della memoria...

Come poteva essere una storia d'amore è una piccola opera composta da due brevi componimenti destinati ad essere rappresentati a teatro. Due brani diversi nelle quali a dominare incontrastato è il pathos e se nel primo brano si scava nel passato di una coppia e la storia rimane confinata nell'intimo arricchito da note di rimpianto e da una forte melanconia, nel secondo racconto, a più voci, è il dolore che canta e parla, un dolore non più intimo, ma quello di tutte le madri, di una nazione intera, quasi a voler divenire di valenza universale. E la bellezza, soprattutto nel secondo racconto, Donnarckica – che, tra l'altro, si trova depositato presso la Casa della memoria di Santiago del Cile nella sede dell'Associazione dei familiari dei desaparecidos – risiede, nonostante tutto, nella descrizione della crudeltà solo umana capace di ingenerare implacabili sofferenze da cui sgorgano, grazie alla penna affilata di Bugani, parole che trafiggono e incantano allo stesso tempo perché ricche di rabbia, intense e tragicamente vere.

sabato 18 luglio 2015

MONSIEUR IBRAHIM E I FIORI DEL CORANO - Eric-Emmanuel Schmitt


Amicizia senza confini

Titolo: Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano
                            Autore: Eric-Emmanuel Schmitt 
                   Editore: E/O 
Anno: 2011
Pagine: 128
Traduzione: Alberto Bracci Testasecca


Era da tempo che volevo leggere questo romanzo forse perché la visione del film omonimo mi aveva, a dir poco, incantato. Forse perché quando sento la parola Parigi il mio cuore, sempre e comunque, si illumina. Ma, fino a oggi, non ne avevo avuto l’occasione. Son contenta di averlo letto anche se, a dire il vero, mi aspettavo qualcosa di più. No, non mi ha affascinato questo piccolo romanzo per quanto non si possa dire che sia ‘na schifezza (giammai mi permetterei signor Schmitt)

Le vicende narrate si svolgono a Parigi alla fine degli anni cinquanta. Mosé è un ragazzino ebreo che vive solo con suo padre in una casa silenziosa e buia. Nel corso delle sue giornate trascorse in giro per il rione conosce il signor Ibrahim, un musulmano, proprietario di un negozio di alimentari nei confronti del quale Mosé compirà, di tanto in tanto, qualche furtarello. Un giorno nel negozio farà ingresso nientemeno che la bellissima Brigitte Bardot alla quale il commerciante venderà l’acqua a un prezzo decisamente esagerato. E sarà esattamente da quel giorno chiassoso e illuminato dalla bellezza della Bardot che nascerà un grande sentimento di amicizia tra il piccolo Momo, così ribattezzato dal negoziante, e Monsieur Ibrahim il quale diverrà per l’adolescente il punto di riferimento e, soprattutto, colui che gli permetterà di aprire una fessura in quel mondo ermeticamente chiuso e rigido degli adulti che, fino a quel momento, gli era risultato inaccessibile e ostile…

Eric-Emmanuel Schmitt, autore di grande successo in Francia, ci regala una storia, storia-lampo, di amicizia raccontata con gli occhi vispi e attenti di un ragazzino, Momo. Pochissime pagine nelle quali il sentimento dell’amicizia domina incontrastato nonostante le difficoltà del vivere quotidiano e la solitudine domestica e, soprattutto, nonostante le diversità dei due protagonisti: quasi a voler dimostrare come l’amicizia non conosca limiti di età o di credo religioso. Quell’amicizia, intensa e viva, si pone in antitesi con il silenzio, la depressione e i colori grigi che, invece, regnano nella casa di Momò: un padre poco comunicativo, rigido che continuamente lo tortura con terribili confronti con suo fratello Popol. Con un linguaggio semplice – a volte, anche troppo e non sempre giustificabile con la tenera età del protagonista– Momo ci conduce nella sua vita, nelle sue stradine e nel suo difficoltoso percorso di crescita nel quale i punti di riferimento sono da ricercarsi al di fuori della famiglia di origine, al di fuori di quel famoso nido protettivo che lui, in concreto, non ha mai avuto. Scorre via troppo velocemente la storia di Momo. E per quanto gli spunti siano interessanti e i personaggi principali amabili il romanzo, nel complesso, manca, anche a causa della sua brevità o, se vogliamo, a causa di una “delicatezza” forse eccessiva, di quella intensità atta a regalare emozioni. Intensità che, al contrario, si ritrova tutta nel film tratto dal romanzo, per la regia di François Duyperon, in cui regna maestosamente uno splendido Omar Sharif. 



martedì 10 marzo 2015

Intervista a Valeria Angela Conti

Girasola ospita la terza tappa del blogtour ideato dalla casa editrice Libro Aperto International Publishing volto a far conoscere il romanzo Ti presento il mio ex di Valeria Angela Conti (tutte le tappe del blogtour: qui)
In questa terza tappa  troverete, qui di seguito, una chiacchierata tra me e Valeria Angela Conti.


Da dove e come nasce l’idea del tuo romanzo?
Beh, credo che ognuno di noi abbia qualcosa, nel suo passato, che non riesce a cancellare. Io ho voluto dare voce a tutte quelle ragazze che tentano disperatamente di dimenticare chi le ha fatte soffrire, per poter andare avanti.


In Ti presento il mio ex un ex, appunto, dopo anni di assenza torna a scombussolare l’equilibrio raggiunto da Lauren. Perché l’hai fatto tornare? Per dirci che gli ex sono in qualche modo pericolosi? O, ancora, per dirci che nonostante le apparenze di una vita perfetta, l’amore – quello vero – è in grado di scardinare ogni certezza?
Nel mio libro, l'ex torna per fare capire a Lauren come sarebbe stato se non se ne fosse mai andato. Quando qualcuno ci abbandona si tende sempre a idealizzarlo, chiunque esso sia e si dimenticano invece le cose brutte, quelle che non andavano bene. Ma alla fine tutti i nodi vengono al pettine.

Nel tuo romanzo c’è qualche personaggio nel quale ti riconosci?
 Sicuramente in tutti i miei personaggi c'è qualcosa di me.

Quali letture prediligi? E, in particolare, nella stesura del tuo romanzo c’è stato qualche autore che ti ha ispirato?
 Mi piacciono le letture leggere, divertenti e ironiche, ma anche quelle più profonde e riflessive. In questo libro ho tentato un mix di entrambe le cose. No, non mi sono ispirata a nessun autore in particolare. Mi hanno definita la Kinsella in salsa italiana (magari) ma credo di avere uno stile tutto mio.

La tua è una commedia dalle tinte rosa, divertente, tragicomica, ma pur sempre romantica, un genere che -solitamente e con le dovute eccezioni- è apprezzato dalle donne. Pensi che potrebbe piacere anche agli uomini e perché?
Credo di sì. A mio marito è piaciuto, e lui è molto critico e sincero.

Stai scrivendo altro?
Sto scrivendo il mio settimo romanzo e sono felicissima di continuare a scriver.

Non dimenticate la terza tappa del 18 marzo:
https://salottodeilibri.wordpress.com/

domenica 1 marzo 2015

MONTEDIDIO - Erri De Luca

Bumèrando
Titolo: Montedidio
Autore: Erri De Luca
Editore: Feltrinelli
Genere: Romanzo breve
Anno: 2007
Pagine:144


Adoro questo piccolo libro. La prima volta lo lessi in pullman durante un viaggio accidentato e lungo da Cagliari a Nuoro. Ricordo che eravamo una trentina di persone delle età più disparate e ci recavamo a Nuoro per un congresso dei Comunisti Italiani. Quando ancora ci credevo, aggiungo. E ricordo che, nonostante il sottofondo chiassoso, riuscii a leggere e a sottolineare questo libro e ad innamorarmi del piccolo protagonista napoletano. L’ho riletto adesso nella tranquillità di casa mia (se di tranquillità di può parlare vista la piccola e vispa bimba pestifera che ho generato) e l’amore per il piccolo protagonista non è stato scalfito, lo stesso non si può dire per i comunisti italiani, ma questa è un’altra storia. 


Le vicende si svolgono a Napoli nel quartiere di Montedidio. Lui ha appena compiuto tredici anni e il babbo, come è giusto che sia, l’ha messo a lavorare. Anzi, rispetto ai suoi coetanei l’ingresso nel mondo del lavoro è avvenuto in ritardo visto che era un po’ malatticcio. È il suo primo giorno nella bottega di mast’Errico. Imparerà a lavorare il legno e la sera annoterà i fatti del giorno in un avanzo di bobina regalatagli dal tipografo che è buono, in fondo, gli piace soltanto toccare il piscitiello ai ragazzini. Con sé porta sempre il bumeràn che proviene dall’Australia, ma non lo può lanciare perché nel suo quartiere non c’è lo spazio nemmeno per uno sputo. Fa niente: può sempre fare la mossa di tirarlo. Il bottega c’è anche Don Rafaniello, o’ scarparo, che ha la gobba dalla quale un giorno spunteranno le ali che lo porteranno a Gerusalemme: si sentono già scricchiolare le ossa delle ali. E poi c’è lei: Maria…


Tra gli stretti e chiassosi vicoli di Montedidio si staglia la figura di un tredicenne che fa la cronaca delle sue giornate e la fa in italiano, pur sentendosi un traditore del suo dialetto, perché l’italiano è zitto e ci può mettere i fatti “riposati dal chiasso napoletano”. 
Montedidio ha la sostanza di una favola, amara certo, nella quale l’io narrante ci porta nel suo brusco percorso di crescita privo di tappe intermedie che si traduce in uno sfondamento quasi violento di quelle porte che conducono nel mondo adulto. È un romanzo ricco di tenerezza e magia nel quale domina l’assenza, dirà molto saggiamente il protagonista “I grandi vanno dietro ai loro guai e noi restiamo nelle case sorde che non sentono più un rumore.
 Solo il nostro sentiamo e fa un po’ paura.” La solitudine, le assenze e le dolorose perdite si uniscono, quasi a creare una compensazione salvifica, con la forza, la voglia di vivere, “l’ammore” e, soprattutto, i sogni i quali, in qualche modo, si realizzeranno nella notte di Capodanno tra colorati e rumorosi fuochi d’artificio. De Luca ci regala una storia tenera, fiabesca ma non troppo, in un alternarsi di crudezza e lirismo che ha la capacità di incantare dalla prima all’ultima pagina. E il piccolo napoletano rimarrà con noi anche a libro terminato.