domenica 15 marzo 2020

UN LEGAME SOTTILE - Paola Cosmacini

Di sage femme
Titolo: Un legame sottile
Autrice: Paola Cosmacini
Editore: Baldini & Castoldi
Anno: 2019
Genere: Saggio salute
Pagine: 215

L’ostetricia, da ob stare, stare davanti, ha le sue radici in Francia. Essa è innanzitutto un’arte, l’arte di assistere la partoriente e il neonato nelle prime ore di vita. Ci sono dei momenti fondamentali nell’evoluzione di tale arte prima che si arrivi a considerarla una vera e propria scienza. Nel 1513 nella luterana Strasburgo compare Der roszgarten, il primo libro a tema ostetrico. Testo fondamentale che costituirà, per più di due secoli, un importante punto di riferimento non solo per le levatrici. Ma anche per i medici. Al tempo della sua pubblicazione l’accouchement, il parto, è quasi esclusivamente un affare di donne e sarà fino alla metà del 600 che, in tale delicato momento, non si ricorrerà a figure maschili se non per casi particolarmente complicati per i quali è indispensabile l’intervento di un medico, quindi di un uomo. Di fatto, chi si occuperà per secoli del parto sarà la sage femme, ossia la figlia o moglie del medico capace di gestire il parto eutocico e distocico e alla quale anche la comunità religiosa aveva riconosciuto un certo status sociale autorizzandola, finanche, a battezzare in situazione drammatiche. Nel 1627 la sage femme Louyse Bourgeois promotrice e sostenitrice dell’eliminazione nel parto di vincoli - sostenendo come debba essere la donna a scegliere la posizione più adatta - pubblica un opuscolo, Apologie contre le rapport de Médecin con il quale critica l’ingerenza dei medici nel campo ostetrico. Con il tempo e con l’acquisizione di maggiori conoscenze sanitarie, la prerogativa femminile nel campo dell’ostetricia viene meno e ciò quando l’ostetricia assume, gradualmente, le forme di una disciplina medico-scientifica, quindi per ciò stesso di appannaggio maschile. Nasce quindi un sapere nuovo praticato e insegnato da una nuova figura, l’accoucher, esclusivamente maschile…
Paola Cosmacini, medico radiologo, divulgatrice scientifica, nel descrivere due figure fondamentali nel campo dell’ostetricia, Madame Marie Boivin e Monsieur Stéphane Tarnier, ci delinea, in modo completo e dettagliato, il lungo e tortuoso excursus storico dell’antica arte di assistere la partoriente. Un’arte che, per molti secoli è stata di esclusiva competenza della donna (in alcune epoche della donna-strega). Momento storico che passa anche attraverso le figure di Boivin che fu levatrice e divenne medico e di Tarnier il primo ostetrico con particolare attenzione a quel legame sottile che li unì. Due studiosi che, di fatto, non si conobbero personalmente, ma furono comunque uniti dalla smisurata passione per lo studio per la ricerca nonché mossi da una attenzione per la cura e l’assistenza delle persone sofferenti. Entrambi vissuti nella Parigi dell’Ottocento, “si passarono il testimone della scienza ostetrica e ginecologica”. Due mani piccole, delicate e femminili quelle della Boivin e due mani armate quelle di Tarnier: entrambi furono animati dal medesimo spirito medico avanguardista che ha rappresentato il “vero motore di un’ostetricia d’ancien regime verso l’alba dell’ostetricia moderna” (Tarnier è considerato anche l’ideatore della incubatrice neonatale). Un apprezzabile testo documentato e ricco di riferimenti bibliografici dietro il quale si intravede uno studio attento delle fonti storiche anche nel delineare sia quel sempre difficile e ostacolato percorso di evoluzione del ruolo della donna in campo medico sia quel passaggio storico nel quale il parto da momento intimo da svolgersi tra le quattro mura di una casa (con tutti i pericoli connessi alla salute della donna e del nascituro) diviene momento da svolgersi in ospedale (con maggiori garanzie per la salute).

sabato 14 marzo 2020

IL COMMEDIANTE TRASFORMATO - Stefan Zweig

Protezioni
 
 Titolo: Il commediante trasformato
Autore: Stefan Zweig
Editore: Vie Del Vento
Anno: 2019
Genere: Teatro
Pagine: 41
Traduzione: Claudia Ciardi


Nel grande salone in stile rococò fa ingresso la contessa, la favorita del principe, la quale domanda alla sua damigella quali siano le novità. La zelante damigella le consegna il programma dei divertimenti settimanali: caccia alla volpe, giostra, festa da ballo, ricevimenti. Insomma, una settimana intensa, ma – di fatto – il solito tran tran. Inoltre, la damigella in questione si premura anche di comunicarle come là fuori, da parecchio tempo, ci sia un giovane che attende, impaziente, udienza. Si tratta di un commediante. Giovane, magro, dinoccolato. Viene fatto entrare, la contessa lo guarda con estrema curiosità e non senza una certa superiorità – certo, normale in lei – gli chiede un bel “Desidera?”. Al che il giovane prende la parola evidenziando, in particolare, il fatto che nessuno protegga i teatranti e come la loro vita sia spesso governata dal vento e dall’inedia e, pertanto, egli implora “la sua misericordia affinché la contessa conceda a lui e alla sua compagnia protezione”. Questo cerca: aiuto, protezione e sicurezza. Di questo ha bisogno l’arte, altrimenti non si può andare avanti. All’improvviso, a interrompere le richieste del giovane, si ode un forte trambusto davanti alla porta della sala e, repentinamente, fa ingresso un uomo, il cavaliere, ben noto alla contessa…

Pubblicato dalla casa editrice Via del Vento nella collana i Quadernidiviadelvento, che si è posta l’obiettivo di riscoprire testi inediti e rari del ‘900, Il commediante trasformato si inserisce nella produzione giovanile di Zweig. Infatti il teatro fu uno dei primi amori del grande autore tedesco e pare come, nonostante nelle opere successive e più conosciute egli abbia preso altre strade, che quel primo amore non si sia mai affievolito. Trattasi di un’opera in atto unico nella quale si analizzano e espongono, tramite la voce del commediante, le angustie, i crucci, le sofferenze dell’attore, del suo ruolo nella società. Attore non votato a un buon destino quanto piuttosto votato a morte certa se privo di tutela o protezione da un potente. Attore destinato, senza tale ancora di salvezza, a vivere ai margini: “non abbiamo altro tetto che questo carro esposto a vento e pioggia” dirà il nostro commediante. E nonostante questo inizio desolante il teatrante, nel corso delle vicende che si sviluppano nel palazzo, acquisisce forza e una grande consapevolezza di sé e del suo ruolo, da qui il trasformato del titolo. Nell’opera non è difficile cogliere echi shakespeariani, ma anche tematiche nostrane come quelle di Pirandello “tra un’ora damerino ventenne metterò in scena la sua persona. E tutto quello di cui fa sfoggio […]mi appenderò tutto come una maschera con quell’aria tronfia che le appartiene. Non uno ma cento come lei farei vivere in un’ora”. Lo stesso Pirandello che, peraltro volle tradotto in tedesco dallo Zweig il suo dramma Non si sa come. Un atto unico decisamente affascinante per stile e tematiche e che, inevitabilmente. stimola a conoscere ancor meglio lo Zweig drammaturgo.

sabato 30 novembre 2019

TRE PREGHIERE - Jane Austen

Amen

Titolo: Tre preghiere 
Autrice: Jane Austen 
Editore: Oligo 
Anno: 2019 
Pagine: 38 
Genere: Saggio religione 
Traduzione: Cristiano Ferrarese

È giunta la sera, la giornata volge al termine, si è soli con se stessi, in una stanza silenziosa. È, questo, quindi, il momento più adatto perché le nostre parole, i nostri pensieri si possano rivolgere a Lui, l’Onnipotente. Per chiedere il Suo misericordioso perdono per i peccati commessi, perché Egli insegni a ognuno di noi a comprendere quanto i nostri cuori siano colmi di peccato. E ogni cuore, è necessario, che si ponga delle domande quotidiane: abbiamo forse trascurato quelli che sono i nostri doveri? Abbiamo arrecato, volontariamente o inconsapevolmente, un dolore, un qualsiasi dolore, ad altri esseri umani? E si chiede a quel Dio per il quale non abbiamo alcun segreto, a quel supremo Essere che tutto vede e tutto sente, di difenderci sempre dal male. Si domanda – ora e sempre – costante protezione per tutti, in particolare per gli ammalati, per chi soffre, per chi è orfano, per le vedove. Per chi è solo. E si prega affinché la divina pietà possa giungere a tutti coloro che sono rinchiusi e privati del bene della libertà personale…
Il piccolo volume edito da Oligo riproduce tre preghiere della sera contenute in un manoscritto messo all’asta da due nipoti di Charles Austen, fratello della nota scrittrice inglese. Ma come ogni manoscritto che si rispetti anche questo ha fatto sorgere dei dubbi circa la vera paternità dell’opera che parrebbe non integralmente frutto della penna della scrittrice per via delle diverse calligrafie che vi compaiono, ma – sembrerebbe – come il contenuto rientri, comunque nell’orbita della famiglia Austen. Al di là della querelle, trattasi, comunque, di un ritrovamento importante, soprattutto per gli appassionati, nel quale, appunto, emerge il forte sentimento religioso della famiglia Austen, non è un caso che il padre della scrittrice fosse un pastore anglicano. È forte la devozione che traspare da queste pagine, così come il bisogno di perdono, la consapevolezza di essere dei peccatori, ma anche la richiesta di aiuto non solo per se stessi, ma altruisticamente anche per chi soffre. Il volume, scarno, risulta molto ben curato ed è, anche, arricchito e impreziosito da bellissime riproduzioni di incisioni risalenti al XIX secolo.


giovedì 21 novembre 2019

MATRIOSKA - Cristina Comencini

Diverse, ma non troppo

Titolo: Matrioska
Autrice: Cristina Comencini
Editore: Feltrinelli
Anno: 2004 
Pagine:191
Genere: Romanzo


Antonia, l’artista napoletana, la scultrice, si presenta agli occhi di Chiara con un caftano rosso a coprire il suo immenso corpo: il corpo più sterminato che Chiara abbia mai visto. In testa, Antonia, porta un turbante scuro. “Faccio questo libro solo per i soldi”, queste le parole della scultrice. Già, perché Chiara ha accettato l’incarico di scrivere una biografia dell’artista. Solo dopo qualche minuto di conversazione, la futura biografa sente premerle dentro una strana sensazione, quasi un senso di ripulsa nei confronti di quella donna monumentale, forse per il suo eccessivo esibizionismo senile, per quella fastidiosa totale assenza di pudore e anche per il suo autoritarismo. Ma la scrittrice, nonostante quella prima impressione, andrà avanti pur non sapendo ancora come quell’incontro, strano e poco piacevole, sarà l’inizio non solo di un percorso lavorativo, ma anche di una conoscenza di se stessa. Non sa ancora che Antonia, come dirà più avanti scrivendo il libro, assomigli “a una bambola russa che ne contiene altre più piccole, tutte con i pomelli rossi e gli occhi bistratti”, una matrioska, insomma. Ancora non lo sa, ma inizia tirando fuori il suo piccolo registratore…
Cristina Comencini, regista e scrittrice, con Matrioska esegue il ritratto di due donne profondamente diverse sia per carattere, sia per professione, sia per esperienze di vita. Antonia è tendenzialmente proiettata verso il “ciò che è stato”, Chiara, invece, è lanciata verso il suo futuro: la sua crescita professionale, il rapporto con suo marito e la crescita dei figli. Talmente diverse che lo scontro è inevitabile così come è inevitabile il non fuggire in quella sorta di battaglia, ma scontrarsi e combattere continuamente. Ma alla fine, tale lotta non è mai fine a se stessa perché il tutto si inserisce in un quadro nel quale le due protagoniste, in qualche modo, si avvicinano e si completano. Ad un certo punto, si verifica una sorta di transfert: “da quando l’ho incontrata sono assediata dai miei ricordi, li mischio ai suoi”, dirà Chiara. La Comencini, con la delicatezza che le è propria, riscostruisce un universo femminile in tutte le sue articolazioni e complessità. Sia la complessità di Antonia, la matrioska, e della sua vita colma di tante storie che si intersecano, si moltiplicano, si sovrappongono. Sia la complessità, meno evidente, di Chiara che si ritrova a rievocare ricordi del suo passato legato a una madre mancante. E la figura della madre (nelle sue esplicazioni/varianti di rifiuto, abbandono, morte), infine, diviene una sorta di punto di contatto tra le due protagoniste. Divise, ma unite.


venerdì 4 ottobre 2019

L'ISOLA DEI PESCECANI - Paola Ravani


Di sogni e prigioni
Titolo: L’isola dei pescecani
Autrice: Paola Ravani
Editore: Einaudi ragazzi
Anno: 2019
Pagine: 156
Genere: Ragazzi
Età: dai 12 anni

"L'isola dei pescecani, affusolata e panciuta in lontananza, assomigliava a uno squalo con la bocca spalancata, pronto ad azzannare con i denti aguzzi chiunque si avvicinasse" (Incipit)
Due giovani fratelli, Ruben e Babila, vivono nell’isola blu. Hanno, come tutti nella loro terra, il terrore dell’Isola dei pescecani che si scorge in lontananza “mai dirigere la prua verso l’isola dei Pescecani” ripetevano, da tempo immemore, gli anziani. Un monito, quello. Una regola di vita. Un insegnamento da non trasgredire. Ma, nonostante ciò, i genitori di Babila e Ruben violarono quel precetto e si avventurano in mare, diretti verso l’isola del terrore, per non fare mai ritorno nella loro terra. Lasciando, sulla terraferma, due orfani. Ruben e Babila hanno sogni, tanti, ma paiono destinati, come tutti, a non poter mai abbandonare il luogo natio. Ruben dovrà fare il pescatore, così vuole la tradizione. Dovrà abbandonare il sogno di divenire musicista? E sua sorella Babila dovrà rinunciare al suo smisurato amore per i libri? Rinunciare a fare l’insegnante? Pare proprio di sì. Ma un giorno qualcosa di inaspettato potrà sconvolgere quegli equilibri….
L’isola dei pescecani ha il sapore e i profumi dei vecchi libri d’avventura che hanno costellato la nostra infanzia. Ruben e Babila ci conducono nel loro mondo, ristretto, nel quale comunque i sogni mettono radici. I due condividono la quotidianità nella loro isola avulsa dal resto del mondo, condividono il dolore per la perdita dei loro genitori. Attorno a loro ruota una serie di personaggi: amici, nemici, animi divorati dall’avidità, ma anche anime delicate e gentili, il tutto nella tradizionale dicotomia buoni-cattivi. Ma nell’intreccio narrativo domina su tutto la natura, con la sua fauna e il suo mare, madre e matrigna, selvaggia e buona e, in particolare, l’isola, intesa in senso fisico ma anche metaforico, isola che protegge, ma che può essere anche carcere.  La Ravani è riuscita, indubbiamente, a ben orchestrare una storia avvincente, all’insegna dell’avventura nella quale dominano il coraggio, la voglia – quasi la necessità – di un riscatto, ma anche all’insegna dei grandi sentimenti, dell’amore in senso lato, inteso come amore familiare, fraterno, come amicizia. Un romanzo ricco di forti messaggi sulla opportunità, talora, di non temere ciò che non si conosce, un invito a osare perché non sempre ciò che temiamo è davvero così orribile. Un libro sulla Natura, sulla crudeltà della medesima, ma – alla fin dei conti – in una ipotetica bilancia sarà sempre la cattiveria umana a superare quella della natura.


martedì 17 settembre 2019

IL FRUTTO DEL FUOCO - Elias Canetti

L'intensità della giovinezza

Titolo: Il frutto del fuoco
Autore: Elias Canetti
Editore: Adelphi
Anno: 1994
Genere: Saggio biografico
Pagine:375
Traduzione: Renata Colorni, Andrea Casalegno

Lui era abituato, ai cambiamenti. Già da bambini accettava, senza polemica alcuna, i posti nuovi: mai vi si era ribellato. Tutto ciò fino a quando ebbe sedici anni. Infatti, fu proprio a quell’età – correva l’anno 1921 – che visse, con una forte amarezza, il distacco da Zurigo, città nella quale, infatti, avrebbe voluto trascorrere tutta la sua esistenza. Quel cambiamento fu una dolorosa ferita che riteneva insanabile. Fu così che si ritrovò catapultato a Francoforte, in un ambiente completamente diverso, nel quale visse con addosso quel sentimento dominante di nostalgia. Andò, con la madre e il fratello Georg, ad abitare in una pensione: vivevano in due stanze e consumavano i pasti in una sala comune con gli altri pensionanti. C’era, a quella tavola condivisa, la signora Raham la quale scendeva a mangiare soltanto ogni tanto per via della linea. Tutti, o meglio tutti gli uomini, la desideravano. Poi c’era una vedova di guerra, la signora Kupfer e suo figlio Oskra e tanti altri, chi per molto tempo, chi per breve tempo. Sua madre, a essere onesti, alla pensione godeva di una certa considerazione, senza però avere mai un ruolo dominante…
Il frutto del fuoco costituisce la seconda parte della biografia dell’autore insignito del premio Nobel per la letteratura nell’anno 1981. Se nella prima parte, La lingua salvata, il tema erano gli anni dell’infanzia, ne Il frutto del fuoco si condensa il decennio (1921-1931) della giovinezza. L’opera rientra, a pieno titolo, nel bildungsroman: è il romanzo di formazione del giovane Canetti che, appunto, si ritrova in un mondo nuovo fervido di spinte intellettuali. Ma ci saranno anche i compagni di scuola, le intense e profonde discussioni, le amicizie, i conflitti con la madre. Saranno la Berlino di Brecht e la Vienna di Karl Kraus, nella quale si laureò in chimica, ad accompagnarlo in questi anni, fondamentali per la sua crescita intellettuale e spirituale ed è sempre di questi anni la nascita del suo interesse per il concetto di massa, quella cosiddetta “pulsione di massa”, in eterno contrasto con la pulsione della personalità che, infine, costituiranno il punto di partenza per la sua evoluzione che, poi, confluiranno con sviluppi ulteriori nella sua monumentale opera Massa e potere. Una giovinezza intensa quella di Canetti, acuto osservatore della società che lo circondava, sempre attento a studiare con meticolosità il mondo nel quale si trovava a vivere, inserito in ambienti che, in qualche modo, gli hanno consentito di esprimere e meglio ampliare quella grandezza che già, ab origine, egli possedeva.


lunedì 16 settembre 2019

Concorso di poesia "Il Parnaso"

Concorso di poesia "IL PARNASO" 

Sezione speciale poesia sperimentale destrutturalista.
Gratuito.

Per visionare modalità di partecipazione clicca qui