sabato 18 luglio 2015

MONSIEUR IBRAHIM E I FIORI DEL CORANO - Eric-Emmanuel Schmitt


Amicizia senza confini

Titolo: Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano
                            Autore: Eric-Emmanuel Schmitt 
                   Editore: E/O 
Anno: 2011
Pagine: 128
Traduzione: Alberto Bracci Testasecca


Era da tempo che volevo leggere questo romanzo forse perché la visione del film omonimo mi aveva, a dir poco, incantato. Forse perché quando sento la parola Parigi il mio cuore, sempre e comunque, si illumina. Ma, fino a oggi, non ne avevo avuto l’occasione. Son contenta di averlo letto anche se, a dire il vero, mi aspettavo qualcosa di più. No, non mi ha affascinato questo piccolo romanzo per quanto non si possa dire che sia ‘na schifezza (giammai mi permetterei signor Schmitt)

Le vicende narrate si svolgono a Parigi alla fine degli anni cinquanta. Mosé è un ragazzino ebreo che vive solo con suo padre in una casa silenziosa e buia. Nel corso delle sue giornate trascorse in giro per il rione conosce il signor Ibrahim, un musulmano, proprietario di un negozio di alimentari nei confronti del quale Mosé compirà, di tanto in tanto, qualche furtarello. Un giorno nel negozio farà ingresso nientemeno che la bellissima Brigitte Bardot alla quale il commerciante venderà l’acqua a un prezzo decisamente esagerato. E sarà esattamente da quel giorno chiassoso e illuminato dalla bellezza della Bardot che nascerà un grande sentimento di amicizia tra il piccolo Momo, così ribattezzato dal negoziante, e Monsieur Ibrahim il quale diverrà per l’adolescente il punto di riferimento e, soprattutto, colui che gli permetterà di aprire una fessura in quel mondo ermeticamente chiuso e rigido degli adulti che, fino a quel momento, gli era risultato inaccessibile e ostile…

Eric-Emmanuel Schmitt, autore di grande successo in Francia, ci regala una storia, storia-lampo, di amicizia raccontata con gli occhi vispi e attenti di un ragazzino, Momo. Pochissime pagine nelle quali il sentimento dell’amicizia domina incontrastato nonostante le difficoltà del vivere quotidiano e la solitudine domestica e, soprattutto, nonostante le diversità dei due protagonisti: quasi a voler dimostrare come l’amicizia non conosca limiti di età o di credo religioso. Quell’amicizia, intensa e viva, si pone in antitesi con il silenzio, la depressione e i colori grigi che, invece, regnano nella casa di Momò: un padre poco comunicativo, rigido che continuamente lo tortura con terribili confronti con suo fratello Popol. Con un linguaggio semplice – a volte, anche troppo e non sempre giustificabile con la tenera età del protagonista– Momo ci conduce nella sua vita, nelle sue stradine e nel suo difficoltoso percorso di crescita nel quale i punti di riferimento sono da ricercarsi al di fuori della famiglia di origine, al di fuori di quel famoso nido protettivo che lui, in concreto, non ha mai avuto. Scorre via troppo velocemente la storia di Momo. E per quanto gli spunti siano interessanti e i personaggi principali amabili il romanzo, nel complesso, manca, anche a causa della sua brevità o, se vogliamo, a causa di una “delicatezza” forse eccessiva, di quella intensità atta a regalare emozioni. Intensità che, al contrario, si ritrova tutta nel film tratto dal romanzo, per la regia di François Duyperon, in cui regna maestosamente uno splendido Omar Sharif. 



martedì 10 marzo 2015

Intervista a Valeria Angela Conti

Girasola ospita la terza tappa del blogtour ideato dalla casa editrice Libro Aperto International Publishing volto a far conoscere il romanzo Ti presento il mio ex di Valeria Angela Conti (tutte le tappe del blogtour: qui)
In questa terza tappa  troverete, qui di seguito, una chiacchierata tra me e Valeria Angela Conti.


Da dove e come nasce l’idea del tuo romanzo?
Beh, credo che ognuno di noi abbia qualcosa, nel suo passato, che non riesce a cancellare. Io ho voluto dare voce a tutte quelle ragazze che tentano disperatamente di dimenticare chi le ha fatte soffrire, per poter andare avanti.


In Ti presento il mio ex un ex, appunto, dopo anni di assenza torna a scombussolare l’equilibrio raggiunto da Lauren. Perché l’hai fatto tornare? Per dirci che gli ex sono in qualche modo pericolosi? O, ancora, per dirci che nonostante le apparenze di una vita perfetta, l’amore – quello vero – è in grado di scardinare ogni certezza?
Nel mio libro, l'ex torna per fare capire a Lauren come sarebbe stato se non se ne fosse mai andato. Quando qualcuno ci abbandona si tende sempre a idealizzarlo, chiunque esso sia e si dimenticano invece le cose brutte, quelle che non andavano bene. Ma alla fine tutti i nodi vengono al pettine.

Nel tuo romanzo c’è qualche personaggio nel quale ti riconosci?
 Sicuramente in tutti i miei personaggi c'è qualcosa di me.

Quali letture prediligi? E, in particolare, nella stesura del tuo romanzo c’è stato qualche autore che ti ha ispirato?
 Mi piacciono le letture leggere, divertenti e ironiche, ma anche quelle più profonde e riflessive. In questo libro ho tentato un mix di entrambe le cose. No, non mi sono ispirata a nessun autore in particolare. Mi hanno definita la Kinsella in salsa italiana (magari) ma credo di avere uno stile tutto mio.

La tua è una commedia dalle tinte rosa, divertente, tragicomica, ma pur sempre romantica, un genere che -solitamente e con le dovute eccezioni- è apprezzato dalle donne. Pensi che potrebbe piacere anche agli uomini e perché?
Credo di sì. A mio marito è piaciuto, e lui è molto critico e sincero.

Stai scrivendo altro?
Sto scrivendo il mio settimo romanzo e sono felicissima di continuare a scriver.

Non dimenticate la terza tappa del 18 marzo:
https://salottodeilibri.wordpress.com/

domenica 1 marzo 2015

MONTEDIDIO - Erri De Luca

Bumèrando
Titolo: Montedidio
Autore: Erri De Luca
Editore: Feltrinelli
Genere: Romanzo breve
Anno: 2007
Pagine:144


Adoro questo piccolo libro. La prima volta lo lessi in pullman durante un viaggio accidentato e lungo da Cagliari a Nuoro. Ricordo che eravamo una trentina di persone delle età più disparate e ci recavamo a Nuoro per un congresso dei Comunisti Italiani. Quando ancora ci credevo, aggiungo. E ricordo che, nonostante il sottofondo chiassoso, riuscii a leggere e a sottolineare questo libro e ad innamorarmi del piccolo protagonista napoletano. L’ho riletto adesso nella tranquillità di casa mia (se di tranquillità di può parlare vista la piccola e vispa bimba pestifera che ho generato) e l’amore per il piccolo protagonista non è stato scalfito, lo stesso non si può dire per i comunisti italiani, ma questa è un’altra storia. 


Le vicende si svolgono a Napoli nel quartiere di Montedidio. Lui ha appena compiuto tredici anni e il babbo, come è giusto che sia, l’ha messo a lavorare. Anzi, rispetto ai suoi coetanei l’ingresso nel mondo del lavoro è avvenuto in ritardo visto che era un po’ malatticcio. È il suo primo giorno nella bottega di mast’Errico. Imparerà a lavorare il legno e la sera annoterà i fatti del giorno in un avanzo di bobina regalatagli dal tipografo che è buono, in fondo, gli piace soltanto toccare il piscitiello ai ragazzini. Con sé porta sempre il bumeràn che proviene dall’Australia, ma non lo può lanciare perché nel suo quartiere non c’è lo spazio nemmeno per uno sputo. Fa niente: può sempre fare la mossa di tirarlo. Il bottega c’è anche Don Rafaniello, o’ scarparo, che ha la gobba dalla quale un giorno spunteranno le ali che lo porteranno a Gerusalemme: si sentono già scricchiolare le ossa delle ali. E poi c’è lei: Maria…


Tra gli stretti e chiassosi vicoli di Montedidio si staglia la figura di un tredicenne che fa la cronaca delle sue giornate e la fa in italiano, pur sentendosi un traditore del suo dialetto, perché l’italiano è zitto e ci può mettere i fatti “riposati dal chiasso napoletano”. 
Montedidio ha la sostanza di una favola, amara certo, nella quale l’io narrante ci porta nel suo brusco percorso di crescita privo di tappe intermedie che si traduce in uno sfondamento quasi violento di quelle porte che conducono nel mondo adulto. È un romanzo ricco di tenerezza e magia nel quale domina l’assenza, dirà molto saggiamente il protagonista “I grandi vanno dietro ai loro guai e noi restiamo nelle case sorde che non sentono più un rumore.
 Solo il nostro sentiamo e fa un po’ paura.” La solitudine, le assenze e le dolorose perdite si uniscono, quasi a creare una compensazione salvifica, con la forza, la voglia di vivere, “l’ammore” e, soprattutto, i sogni i quali, in qualche modo, si realizzeranno nella notte di Capodanno tra colorati e rumorosi fuochi d’artificio. De Luca ci regala una storia tenera, fiabesca ma non troppo, in un alternarsi di crudezza e lirismo che ha la capacità di incantare dalla prima all’ultima pagina. E il piccolo napoletano rimarrà con noi anche a libro terminato.


mercoledì 25 febbraio 2015

CONTRO L'OCCIDENTE - Alberto Abruzzese

CONTRO

Titolo: Contro l'Occidente. Analfabeti di tutto il mondo uniamoci
Autore: Alberto Abruzzese
Editore: Bevivino
Anno: 2010
Pagine: 253
Genere: Saggio



Non avrei, forse, mai pensato di leggere questo libro. Forse.

Ma la vita ti porta delle cose e se le porta a te vuol dire che le devi far tue in qualche modo. Certo,  del libro di Abruzzese non si può dire la tanto e usata –spesso abusata - frase “L’ho divorato” visto che la sua scrittura, forse anche per il tema trattato, richiede un certo impegno e dosi massicce di concentrazione. A piccoli passi, a piccole dosi, lentamente e con i sensi vigili: così l’ho letto.



“Caro lettore, ti scrivo”.  Così inizia questo complesso saggio. Ma perché scrive al lettore? Per interrompere quel patto, quella complicità che lega e ha da sempre legato – a mo’ di contratto sinallagmatico - un lettore all’autore. Per suscitare reazioni forti che nascano, se possibile, dalle viscere del cervello. Messaggi. Messaggi irrimediabilmente contro. Contro il libro. Contro gli scrittori, contro gli autori, gli intellettuali, le istituzioni, le politiche ed estetiche della scrittura, contro la lettura e i lettori. Non per ingannarvi, o miei cari lettori, non per farvi perdere minuti del vostro prezioso tempo, ma semplicemente per formularvi un invito. Un invito importante: l’invito ad ascoltarvi attentamente e arrivare a scoprirvi analfabeti e accettare, con serenità, il barbaro che c’è in voi. Date queste premesse, è quantomeno opportuna una solidarietà impossibile e perciò stessa pensabile – necessariamente pensabile - tra gli analfabeti. Unitevi e uniamoci. Perché il libro non è più un’arma o una difesa? Esso è morto perché mortale come un qualsiasi altro prodotto che ha esaurito il suo ciclo produttivo? Perché questo scontro? Perché ascoltare le ragioni del non-lettore? Siamo tutti moderni Prometeo? O Don Giovanni?... 


Analfabeti di tutto il mondo uniamoci è stato pubblicato per la prima volta nel 1996, due anni dopo l’ingresso sulla scena politica di Silvio Berlusconi e preceduto da Elogio del tempo nuovo. Perché Berlusconi ha vinto, viene ripresentato, immutato nei contenuti, nell’anno 2010, con il titolo Contro l’Occidente. Alberto Abruzzese è uno studioso e un grande conoscitore dei processi sociali e comunicativi del nostro secolo, non poteva esimersi dallo studiare quei fenomeni che si sono sviluppati nel Belpaese che, a dire il vero, di bello ha ben poco. Avvento dei new media, epoca di grandi mutamenti e, in particolare, l’evoluzione - sin troppo rapida - dei linguaggi virtuali a cui è corrisposta la nascita di forme di de-civilizzazione e barbarie.                                                        Ricco di metafore e impensabili richiami mitologici e biblici, non didascalico e non scevro di una certa ironia né privo, a dire il vero, di passi un tantino ostici e di non immediata percezione, ci offre una spietata analisi del tragico che si insinua nel passaggio, spesso troppo rapido, da un sistema comunicativo ad un altro che trova voce in Christine de Il fantasma dell’Opera richiamato dallo stesso autore “ Trovandomi davanti allo specchio, d’un tratto non l’ho più visto… l’ho cercato dietro ma non c’era più lo specchio, né il camerino… Ebbi paura e gridai” . Buio. Disorientamento. Urlo di terrorizzata angoscia che rappresenta, pienamente, la perdita e l’incapacità di ritrovare luoghi e immagini di identificazione. E che la lentezza della lettura sia con voi, o lettori.


martedì 27 gennaio 2015

FANTASMI A CAGLIARI. IL RITORNO DELLE ANIME - Pierluigi Serra

A VOLTE RITORNANO

Titolo:  Fantasmi a Cagliari
Autore: Pierluigi Serra
Anno: 2014
Editore: Libro Aperto International Publishing
Pagine: 204


Molti dei ricordi della mia infanzia trascorsi in un piccolo paese della Barbagia di Seulo sono legati a storie nelle quali il confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti era molto labile, facile da oltrepassare. Non era infatti cosa fuori dal comune, in quei vecchi racconti, che i morti, di tanto in tanto, varcassero l’oltretomba e andassero a cercare i loro cari per una visita-lampo, per semplicemente accomodarsi nella sedia della cucina a volte senza neanche proferire verbo o, anche, per annunciare qualche evento futuro. E io quelle anime non le ho mai immaginate come ectoplasmi, ma come esseri tangibili forse per la forza insita in quei racconti che conferiva loro una sorta di materialità quasi a voler rafforzare un fatto che doveva considerarsi vero. Col tempo son diventata scettica, tremendamente scettica ma pur sempre affascinata dalle storie di fantasmi almeno quelli letterari visto che, ormai nessuno mi racconta quelle belle storie provenienti da voci profonde. È naturale che un libro come “Fantasmi a Cagliari” abbia attratto la mia attenzione. In un solo titolo due cose che mi incantano: i fantasmi e Cagliari.



A detta di molti non sarebbe raro incontrare per le vie di Castello un corpo senza testa che alteramente passeggia trascinando in mano la propria testa. Così come può accadere che una vecchia edizione de L’uomo che ride di Hugo spostato dalla proprietaria ritorni, nel corso della notte, nella libreria dalla quale era stato rimosso. O, ancora, può succedere che in una casa situata in Piazza Martiri ripetutamente compariano a turbare la vita di due donne  is duennas, apparizioni notturne…



  Io non credo ai fantasmi e i fantasmi non esistono: era questo il pensiero che dominava la mia mente mentre mi accingevo a leggere questo bel libro. A fine lettura, invece quel pensiero si è come sbiadito perché soppiantato da un altro: il valore delle storie, il valore del passato, del ricordo, la necessità – spesso trascurata – di non far cadere nell’oblio voci lontane nel tempo. Già perché Pierluigi Serra in questa opera ha, con piglio quasi scientifico, svolto un’opera di conservazione di storie dal sapore antico delle quali è necessario conservare il profumo. Non si parla di fantasmi tout court si parla di una città al limite del magico, esoterica,  ed è di palmare evidenza come tutta l’opera sia stata il frutto di lunga e paziente ricerca e di una grande capacità di ascolto. Se a ciò si aggiunge l’abilità dello scrittore, e del giornalista quale egli è, nel mettere insieme quelle tante voci e mescolare, con maestria, eventi storici realmente accaduti con un mondo surreale ne vien fuori una lettura interessante nella quale la curiosità del lettore è tenuta sempre desta. E’ un libro scorrevole e ben curato e leggerlo è come fare una lunga passeggiata nel tempo e nello spazio, una meravigliosa passeggiata in una Cagliari misteriosa e fortemente intrisa di fascino caratterizzata da mille sfaccettature e da ombre che si intersecano, si sovrappongono, si confondono armoniosamente. Non è un caso che a fine lettura venga il desiderio di armarsi di un buon paio di scarpe sportive e fare una lunga camminata nei luoghi, nelle strade e nelle case richiamate nel libro per trovare, forse, qualcuna di quelle ombre nel cocente sole cittadino.


mercoledì 14 gennaio 2015

LA COMPAGNIA DEL CORVO - James Barclay

DI CORVI E MAGIA

Titolo: La compagnia del corvo
Autore: James Barclay
Editore: Nord
Anno: 2010
Pagine: 518
Traduzione: Adria Tissoni

Credo di avere un piccolo grande limite: il fantasy. Non riesco ad amarlo fino in fondo, forse non lo comprendo, fatto sta che tutte le volte che leggo un libro appartenente a tale genere è come se vivessi una sensazione di allontanamento da ciò che mi piace e, a fine lettura, non riesco ad essere pienamente soddisfatta. Certo ci sono le eccezioni, anzi l'eccezione: l'immenso Il signore degli anelli che, fantasyasticamente, mi è rimasto nel cuore. Ma non demordo, io continuo a provarci, non sia mai che riesca a superare il mio limite ché quelli che capiscono le cose del mondo dicono sia cosa buona e giusta. E per me le cose del mondo son sempre mistero. Per esempio, intorno al genere di cui parlo, è un mistero il fatto che i romanzi fantasy facciano sempre parte (se va bene) di una trilogia e io, puntualmente, inizi dal secondo o dal terzo, è un mistero il fatto che tali romanzi abbiano sempre un numero di pagine superiore a 459. Basta.

Approdo, nella lettura, nella Terra di Balaia e lì trovo loro. Loro che son giovani, son forti e tenaci, non combattorno per un presunto o deviante spirito nazionalista e nemmeno per la inflazionata gloria. No, niente di tutto ciò. Combattono per ottenere in cambio sonanti vergargenti. Mercenari. Sono il Corvo. Uniti da un solenne giuramento che fa nascere tra loro legami indissolubili, in vita e anche dopo la morte. Ad essi è affidata una tra le missioni più importanti e più difficile della loro decennale carriera. Il destino di Balaia è minacciato dal ritorno dei Lord Stregoni i quali si son liberati dall'incantesimo che li aveva confinati nella prigione di mana per ben tre secoli. Il Corvo dovrà scortare il Mago Oscuro nella ricerca del Ruba Aurora -incantesimo potente - e degli annessi catalizzatori per portarlo nelle Terre Desolate e, ovviamente, lanciarlo contro i maligni Lord Stregoni. In una accesa lotta contro il tempo dovranno raggiungere tale incantesimo prema dei Lord onde evitarne un uso improprio che potrebbe determinare una conseguenza disastrosa: l'eliminazione del sole dal cielo. Vale la pena rischiare la vita e l'anima per aiutare l'ambiguo Mago Oscuro? Ha davvero un senso quella che pare assumere i caratteri di un'ultima missione? E, ancora, valgono più i sentimenti di amicizia che legano i membri del Corvo o l'esigenza di salvare il mondo?...

Primo romanzo di una trilogia intitolata Le cronache del corvo, quasi totalmente ispirato ai giochi di ruolo, come ha sottolineato lo stesso Barclay, autore inglese precocissimo. 
Del fantasy classico La compagnia del corvo possiede indubbiamente tutti gli ingredienti anche se, paiono, non perfettamente dosati. Alla scarna e insipida caratterizzazione dei personaggi fa da contrappeso un'ottima e ritmata descrizione delle battaglie - che si tratti di lotte contro le Ali nere o contro i Dragonene - e degli incantesimi. La magia permea ogni singola vicenda. Magia bianca, nera, sortilegi di ogni forma e natura. Lo schema, ricorda, a grandi linee, quello de Il Signore degli Anelli: la lunga ricerca di un oggetto ricco di potenzialità e, in astratto, idoneo a cambiare le sorti del mondo, le battaglie all'ultimo sangue e i sentimenti di amicizia e solidarietà tra coloro che appartengono al Ci totaorvo, ma anche la linea di demarcazione - anche se, spesso, molto sottile e facilmente valicabile - tra i buoni e i cattivi. 
Nel complesso, il romanzo risulta ben strutturato e, man mano che si procede nella lettura, si chiariscono, a tappe, quei punti che all'inizio parevano incomprensibili. Ben ritmato, continue scene di azione infarcite di quella buona magia che, complessivamente, rendono la lettura appassionante a patto, però, che del genere si sia estimatori e io...