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martedì 27 agosto 2019

LO STRADONE - Francesco Pecoraro

Ristagni

Titolo: Lo stradone
Autore: Francesco Pecoraro
Editore: Ponte Alle Grazie
Anno: 2019
Genere: Romanzo
Pagine: 443

Città di Dio. L’uomo ha oramai settant’anni e abita, da circa vent’anni, al settimo piano di una palazzina, lì nello Stradone dove “la città fa una pausa”. In quel frammetto di città dove insiste lo Stradone ci sono entità umane diacroniche, tutte estranee tra di loro: vecchi come lui che si incontrano al bar, il Porcacci, a bere un caffè che è sempre cattivo, dove ci si scambiano poche parole o, al contrario, dove si possono dire stronzate per ore perché li, al Porcacci nessuno te se ‘ncula, ed è proprio questo il bello, alla fine. Ma c’è anche il tifo per ‘a squadra  che pare quasi unirli questi estranei perché essa assurge a “ultimo ente simbolico” che dà un senso di appartenenza con quel suo avere “tacitamente la precedenza su tutto e tutti”. La facciata del suo palazzo è esposta a nord, non prende mai il sole. E da lì il suo occhio vigile e sensibile vede tutto, soprattutto vede ciò di cosa sono capaci gli incapaci, vede come l’inerzia dell’amministrazione, la stupidità di tecnici-architetti-urbanisti incida negativamente su una porzione di citta, o meglio di non-città. O forse non è esattamente così: forse è vero che la città che si costruisce è un prodotto collettivo: “la città demmerda è un’incerta auto-celebrante messa in figura della gente demmerda che ci abita e la costruisce”. Ma tant’è. L’uomo, l’anziano, il fallito, sta bene e sta male nello Stradone, incasellato nella categoria degli Inutili o, meglio, dei Dannosi. Il Sistema gli ha concesso una pausa pre-morte (morte, non trapasso, non scomparsa) con una pensione calcolata ai tempi della socialdemocrazia…
Francesco Pecoraro, poeta, scrittore e architetto, è tornato, quest’anno, in libreria dopo un intervallo di sei anni dall’uscita del suo precedente romanzo, La vita in tempo di pace, che gli valse numerosi encomi dalla critica. Lo Stradone, in primis, è un’opera, con le sue 400 pagine e oltre, che affascina anche per il suo essere ibrida, non essendo facile inserirla univocamente in una precisa categoria: è un romanzo, ma anche un saggio, anche un memoriale. Manca lo schema tipico del romanzo, del “raccontare una storia” con tutti i tipici elementi che una storia dovrebbe avere. La vera protagonista è, alla fine, una voce, senza nome: voce che proviene da un anziano, con i capelli diradati, guance infossate, pelle ingiallita, un anziano come altri, come tutti gli anziani del mondo. Voce che incessantemente parla, di sé, dei suoi fallimenti, dei suoi sogni di accademico infranti, del suo inserimento in un Ministero, del suo inserirsi, poi, nel partito socialista, della corruzione, dell’arresto. Ma è anche una voce che parla di quella porzione di città nella quale si fabbricavano i mattoni per la creazione della città di Dio. E che parla dell’oggi, dei “jeans falso consumati. Falso strappati.” E delle “birre falso-artigianali”. E noi, incantati, seguiamo quelle parole che ci portano al degrado, al Ristagno, a quel senso di non-appartenenza costante. E vediamo quei vecchi, nello Stradone, con i loro terribili giubbotti multi-tasche, che consumano la loro pensione raschiando gratta&vinci, vediamo la loro solitudine e sentiamo anche le voci dei fornaciari, con il loro peso di mattoni da 36 kg, e er Partito e la sindacalizzazione e Lenin in Italia e l’edilizia con la sua necessaria speculazione e le case dell’IACP. Tutto vediamo e sentiamo. Un’opera nuova, originale quella creata da Pecoraro anche per l’uso sapiente di registri narrativi differenti, per il passaggio, sempre senza sbavature, da linguaggi prettamente letterari, elevati, poetici, aulici talora, all’uso di linguaggi tecnici o all’uso del romanesco o, anche, alla trasformazione di lemmi onde ricavarne neologismi.

Articolo già pubblicato su Mangialibri


lunedì 26 settembre 2016

I LIBRI SI PRENDONO CURA DI NOI - Régine Detambel

Mondi magici

Titolo: libri si prendono cura di noi
Autore: Régine Detambel
Editore: Ponte alle Grazie
Anno: 2016
Traduzione: Francesco Bruno
Genere: Saggio salute /Benessere
Pagine: 120

Interessante questo piccolo volume che si immerge nel mondo dei libri senza però fornire le classiche soluzioni miracolose che, spesso, son poco credibili.

I libri contengono già tutto, compresa l’arte di amare. Non esiste, infatti, nessun sentimento o emozione che sfugga a una rappresentazione verbale. Ed è proprio su questo che nasce e si sviluppa la biblioterapia, già sperimentata nei primissimi del ‘900, e definita compiutamente, nel 1961, nel Webster International come “l’utilizzo di un insieme di letture scelte quali strumenti terapeutici in medicina e psichiatria. E un mezzo per risolvere problemi personali grazie a una lettura guidata.” Pertanto, il libro è lo strumento dotato di forza immensa e capace di attuare un processo di liberazione e apertura oltreché modo eletto per uscire da forme di isolamento, per reinventarsi, riscoprirsi e rinascere. Il biblioterapeuta, nel suo percorso, dovrà semplicemente spingere il lettore a divenire “lettore di se stesso” in quanto le parole non hanno mai un fine in sé ma in noi. I libri, quelli buoni, sono quelli che incidono –a mo’ di bisturi- sulla sensibilità del lettore – in modo tale che egli riuscirà a vedere, con occhi completamente nuovi, gli oggetti più conosciuti come se li vedesse per la prima volta…
Régine Detambel, kinesiologa e scrittrice francese, in questo piccolo saggio ha riunito il materiale elaborato, nel corso degli anni, da vari studiosi in relazione al concetto e allo sviluppo della biblioterapia. Non è un caso che la stessa, sin da bambina, raccogliesse, ritagliasse e incollasse, con certosina pazienza le citazioni più diverse con una passione quasi da collezionista, lei stessa chiama i pezzi di tali raccolte “francobolli”. Interessante l’approccio adottato volto a creare una biblioterapia che sia creativa e che sia in grado di scuotere, come insegna Kafka con la metafora dell’ascia, abbandonando la c.d. biblio-coaching, di stampo anglosassone, tutta incentrata su letture “facili” e didascaliche. No, i libri devono essere complessi, lasciare spazio a interpretazioni,, a introspezioni, a tuffi e profonde nuotate nel nostro animo perché solo così potremmo trovarci o ritrovarci. No, quindi, a una biblioterapia medicalizzata in quanto tale arte non è né può ridursi a una semplice prescrizione: inutile, pertanto, attendersi da un biblioterapeuta un elenco di titoli tematici. In linea di massima, un libro interessante per l’approccio nuovo e lontano da libri simili nei quali, spesso, l’autore si pone sulla cattedra a dettare soluzioni magiche. Certo è, comunque, che la presenza costante – e quasi martellante – di citazioni e richiami renda la lettura un po’ macchinosa.

Altri libri:
Leggere. Perché i libri ci rendono migliori, più allegri e più liberi, Corrado Augias
Testi prigionieri, Jorge Luis Borges