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mercoledì 27 marzo 2019

L'AMORE A VOLTE ESAGERA - Andrea Gruccia

Amarsi e origamarsi

Titolo: L'amore a volte esagera
Autore: Andrea Gruccia
Editore: Milena
Anno: 2018
Genere: Poesia
Pagine: 176

Amore è un rimescolarsi, basta poco “basta muovere un dito per mescolarmi / e ritornano i miei occhi da bambino” perché “quando ci amiamo / sopportiamo meglio il veleno”. L’amore è una cura, è il desiderio di sentire dentro di sé l’amata “vorrei sentirti in me senza paura / come carote che crescono con radici più profonde / scoprirci come piccole querce/ nate vicine.” Sentire e cercarsi, non importa per quanto, potrebbe anche essere per sempre “voglio metterci tutta la vita / a cercarti in me.” L’amore è profumo, è nutrimento “profumavi di pop-corn / mangiati sopra un pube”, è odore unico che scava, è un continuo annusare “ti avrei annusato il collo per ore / girata di schiena sul balcone/ nel momento in cui il sole incontra l’ombra / nessun fiume ha lo stesso odore. o, ancora “il tuo profumo mi ara e mi solca / mi gira la pelle a un’altra aria.” L’amore è spirito, pensiero, ma anche corpo, “indossami”, pelle, mani “restaurami” è sorriso “quando sorridi apri gabbie”...
Andrea Gruccia, di natali torinesi, è scrittore, poeta, fotografo e pittore. L’amore a volte esagera è la sua seconda raccolta poetica nella quale l’amore - nella sua eterna dicotomia di carne e spirito - domina, travolge, annienta, si espande: esagera, appunto. Nei versi di Gruccia il sentimento amoroso è quello che coinvolge tutti i sensi, è un inno alla donna: donna-oceano, donne che sono primavere portatili, donne che hanno l’ordine stesso delle nuvole. La donna amata è il più delle volte perfetta “sei lo stampo dell’amore che vorrei”. Ma i versi contengono anche numerosi riferimenti a tutto il creato: alla luna, agli oceani, alla natura con i continui richiami al mondo floreale, ci son le bianche robinie, e i fiori di sambuco “ombrellini capovolti di fiori bianchi”. E, in fondo, rimane una sorta di senso di fugacità, un sapore amaro “la felicità è una lattina / colpita da fucili ad aria compressa /cadiamo per pochi soldi / a volte non ci solleviamo più.” La lingua di Gruccia è vasta, ricca  e variegata, gioca con le parole, crea nuovi vocaboli -“ti origamo” “voglio diventare musantropo”-, di linguaggi fantasiosi, nei cui meandri è possibile vedere anche cani blu che si trovano sulla luna o  persone che diventano orti. 

Articolo già pubblicato su Mangialibri

mercoledì 5 aprile 2017

IL SIGILLO DELLA POESIA - Alda Merini

Gorghi
Titolo: Il sigillo della poesia
Autore: Alda Merini (a cura di Piero Manni)
Editore: Manni
Anno: 2013
Pagine: 247
Genere: Poesia



I Navigli, la poesia, la vita, il manicomio, ricordi dell'infanzia, la giovinezza, la passione. 
C'è tanto della Merini in questo appassionante libro.




Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.

Nacque a Milano, il 21 a primavera pur non essendo conscia del fatto che “nascere folle /aprire le zolle / potesse scatenare tempesta”.
Sua madre era una donna bellissima e molto autoritaria. Non era concesso ai figli confidarle, per esempio, un amore né tantomeno una piccola disubbidienza perché certamente li avrebbe messi in punizione. A natale, e solo a Natale, nella loro casa un grosso cappone cuoceva per quattro ore e c’erano anche i presepi semoventi. Dopo aver terminato le scuole elementari decise di voler entrare in convento. Andò perciò a Vercelli e a casa sua ne fecero quasi una malattia: tutti i suoi familiari sostenevano che lei sarebbe stata sicuramente una buona madre. Ma lei come donna di casa non valeva molto ma si reputava una madre nata, una madre “morale”, mentale quindi non una di quelle madri che si occupano quotidianamente di tener pulita la casa, di quelle che costantemente spolverano o che stanno attente a che i figli non sporchino la casa. No, una madre diversa. Lei era Alda Merini…

Piero Manni è stato l’editore storico di Alda Merini da quando nell’anno 1987, nella rivista “L’immaginazione” pubblicata dallo stesso e diretta da Maria Grazia d’Oria, apparvero sette poesie della merini.
Manni e Merini iniziarono a frequentarsi con una certa regolarità e a conversare per telefono è da quelle conversazioni che è nato questo volume che, come lo stesso editore ha dichiarato, è un omaggio ad Alda in onore della loro amicizia.

Ad accompagnare i componimenti poetici si trovano frammenti di testimonianze, aneddoti e ricordi di un’anima sensibile, angosciata, immersa senza sosta in “quel fluire della vita in gorghi insondabili e amari” ma comunque sempre aperta verso gli altri, verso il mondo. Ed è forse in questo accorgersi del mondo, in questo tendere la mano e il cuore verso gli altri che la poesia prolifera. Perché, per dirla con la Merini, in “questo mio andare per i Navigli ho sempre parlato e aiutato tutti quelli che mi tendevano la mano; è anche grazie a loro, grazie a ciò che mi hanno insegnato che io ho fatto e faccio poesia”