Ossimori
Titolo: La musica a Terezín
Autore: Joža Karas
Editore: Il nuovo Melangolo
Anno: 2011
Pagine: 250
Genere: Saggio storia
Traduzione: Francesca R. Recchia Luciani, Raffaele Pellegrini
Cecoslovacchia. Narra la leggenda che Rip è il
luogo nel quale il patriarca Cerch, con tribù al seguito, si insediò dopo lungo
vagare. Rip è terra prospera, è un paradiso terrestre. E 13 secoli dopo, a poca
distanza da quel leggendario paradiso, 140.000 persone innocenti precipiteranno
negli abissi dell’inferno. La storia vuole che Terezín nasca nel 1780 quando
Giuseppe II, al precipuo scopo di proteggere i suoi territori e preservarli da
una temuta invasione germanica da nord, fece erigere, appunto, una città
fortificata: la città di Teresa, Terezín, in onore di sua madre. 24 Novembre
1941: cambia la “destinazione d’uso” di Terezín e il primo convoglio di ebrei
arriva. Ne seguiranno altri, tanti altri. Il bagaglio dei deportati è
costituito da soli 50 kg di beni di prima necessità e dalla speranza, leggera
come una piuma ma resistente come l’edera…
Joža Karas ci presenta un importante documento frutto di dieci anni quasi
ininterrotti di lavoro, di ricerca di documenti e di testimonianze. Una
perfetta ricostruzione di quel campo di concentramento che la propaganda
nazista ha stato sempre definito, quasi con orgoglio, il “campo modello”. A prima
vista, infatti, Terezín potrebbe sembrare un’eccezione al sistema di
sterminio messo in piedi dal nazismo. Ma è solo apparenza perché, di fatto,
Terezín rientrava in un programma specifico della politica tedesca del tempo
rispondente ad esigenze di carattere pratico. Era necessario fornire un quadro
edulcorato di tale campo perché destinato, in un primo momento, a ebrei anziani
ed ex combattenti della prima guerra mondiale che si erano distinti in campo
tedesco e, in seguito, a ebrei importanti la cui scomparsa avrebbe destato un
ingiustificabile scandalo internazionale. Pura strategia politica. Pertanto,
per tali ebrei – prima facie privilegiati - Terezín non era altro che
l’anticamera per l’inferno. Per Auschwitz. E in tale tetra anticamera si
assiste, nonostante tutto, alla nascita di una fervente vita culturale.
Composizioni musicali, concerti, rappresentazioni teatrali. Il tutto a dispetto
dell’aridità, del fetore di morte, della violenza. Perché la musica era
necessaria per sopravvivere. Perché non era un hobby: era la vita. E Karas con
estrema precisione, grazie ad alcuni passi indubbiamente commoventi oltre che
grazie alle recensioni musicali e al materiale fotografico inserito, è riuscito
a rappresentare dettagliatamente quell’ossimoro vivente che è stato
Terezín, a dimostrare, per dirlo con le parole di una splendida canzone di
Fabrizio De André, che “Dai diamanti non
nasce niente, dal letame nascono i fior”.
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