Nudo dolore
Titolo: La malerba
Autore: Cesare Cuscianna
Editore: Antigone
Anno: 2009
Pagine: 139
Genere: Romanzo
Lei ha avuto una madre fortemente disturbata che
collezionava uomini e sogni che, puntualmente, si sono infranti. Ha avuto un
padre quasi assente che non si poneva scrupoli ad approfittare di lei, piccola
creatura innocente. Questa è stata la sua infanzia. Far da madre a sua madre e
fuggire da suo padre. E con questo bagaglio di ferite mai curate inizia il suo
ingresso nel mondo adulto, lei insetto perennemente imprigionato in una bolla
d’ambra. Lei non è gli altri. Traccia i confini, netti e invalicabili, tra sé e
il resto del mondo. Si nutre di un solo yogurt a fronte dei pranzi succulenti
dei suoi colleghi. Vuole digiunare per sentirsi pura, per sparire. Anoressia
quasi come vendetta. Per autopunirsi e punire. Solo cancellandosi potrà privare
gli altri del gusto di osservarla, studiarla, esaminarla e, forse, capirla.
Anche lei spera in un uomo. Un uomo che la possa salvare, ma che sia anche il
suo aguzzino. Un giorno quell’uomo arriva. È Gurka. Più che il suo compagno, il
suo gemello…
Romanzo di un autore emergente, finalista al premio Calvino. Un libro che è un
continuo precipitare verso il basso, verso un baratro preannunciato. Cuscianna
analizza con meticolosità psicoanalitica e con molta delicatezza il tema
dell’anoressia, senza soffermarsi sugli aspetti esteriori di tale
patologia, ma attraverso un'analisi spietata dei meccanismi mentali della
protagonista. È un libro che non lascia nessuna speranza. Un viaggio
all’interno di un’anima lacerata da ferite già in cancrena. Pelle, cuore,
anima, tutti squarciati e dai quali sgorga, incessantemente, un acre veleno.
Olezzo di decomposizione. E in tutto questo nessuno spiraglio, nessuna luce di
redenzione. Una vita segnata con l’indelebile inchiostro dei mali insanabili.
Non si intravede alcun lieto fine. Non esiste lieto fine. Non ci sono i buoni.
Son tutti cattivi. E cinicamente crudele è la protagonista, la sua vita, la
vita. Parole che come scalpelli acuminati scalano erte montagne per non
giungere mai a una vetta. Nessuna speranza. Nessuna salvezza. Una condanna
eterna. Non c’è conforto. Non c’è amore, quello con la A maiuscola e neanche
quello con la a minuscola. Non c’è posto per l’amore panacea di tutti i mali.
Si dice che l’amore sia cura infallibile, “perché se c’è l’amore c'è tutto”. Ma
se siamo incapaci di amare? Se l’amore è una debolezza che appartiene ai
bisogni e alle illusioni dell’infanzia? Non ci si può permettere di amare.
Perché si è destinati a rimanere piccoli insetti incarcerati. E non c’è
possibilità di evasione. Non si può correre e scappare sentire il vento
in faccia e guardarsi indietro con soddisfazione, vedendo gli ostacoli
ormai superati. No, non si può se quegli ostacoli sono a lato, dietro, davanti
e dentro di noi, con noi, per noi. Un romanzo crudo, senza buonismi. La
descrizione di un dolore non abbigliato da vittimismi o antipatiche retoriche.
Un dolore nudo. Rappresentato senza teatralità, con parole ritmate e
delicatamente rispettose, senza che quelle sofferenze possano, anche solo
potenzialmente, divenire squallidi fenomeni da talk-show televisivo. Niente
lacrime in eccesso per parlare di quelle silenti pene che non hanno bisogno,
per essere credibili, di trasposizioni cinematografiche e/o teatrali. Parole
solo sussurrate la cui forza deriva da quell’abile scavo fatto da un geologo
esperto.
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