venerdì 23 agosto 2019

SEMPRE CARO - Marcello Fois

Titolo: Sempre caro
Autore: Marcello Fois
Editore: Einaudi
Anno: 2015
Genere: Romanzo
Pagine: 100

Si diceva che Bustianu, dopo pranzo, stesse andando a fare una passeggiata: il “sempre caro”. Così la chiamava, proprio come la poesia di Leopardi. E con “sempre caro” egli non intendeva il colle, intendeva proprio prendersi un po’ di fresco in altura e godersi il panorama. Si diceva che Bustianu fosse pensieroso e ciò poteva solo significare che avesse tra le mani una causa complessa e che, pare, non volgesse al meglio. Stava difendendo un giovane, Zenobi, bello come il sole che si era messo nei guai: accusato di aver derubato degli agnelli per poi rivenderseli. E nulla, quella causa non andava proprio bene, dato che il giovine si era dato alla latitanza. E, no, ripeteva zia Rosina, madre di Zenobi, che non poteva aver fatto una cosa simile suo figlio: lei lo conosceva bene. E poi, c’era anche la storia di Sisinnia, bella come una madonnina, e pare che tra lei e il giovane latitante ci fosse del tenero. E pare ancora che il padre di lei, della madonnina, fosse pure contento di quella simpatia tra i due. E allora, perché Zenobi avrebbe dovuto rubare gli agnelli proprio a Casula Pès, padre di Sisinnia? Perché?...

Sempre caro fa parte del progetto letterario di Marcello Fois mirante a creare una saga con personaggio fisso e di cui costituisce il primo volume, seguito da Sangue dal cielo e L’altro mondo, tutti editi da Einaudi. Il protagonista Bustianu trova la sua origine in un personaggio realmente esistito: il grande avvocato, poeta e intellettuale nuorese Sebastiano Satta. La storia raccontata rispecchia lo schema tipico del giallo: delitto-indagine- individuazione del colpevole, ma si arricchisce di nuovi elementi tanto da potersi indubbiamente definire un giallo atipico che fuoriesce da quelli che sono i rigidi confini di tale genere. Un romanzo di più ampio respiro quindi, innovativo sia per l’impianto narrativo sia, e soprattutto, per lo stile e per l’uso attento e originale della lingua utilizzata dall’autore. In primis, risulta strutturata su più voci che si alternano senza sovrapporsi: un primo narratore che ci presenta Bustianu; Bustianu stesso che ci racconta la storia dal suo punto di vista e, infine, un terzo narratore. Voci con tre registri narrativi diversi e che, talora, attingendo all’oralità, tessono un romanzo intricato, poetico, con bellissime descrizioni che restituiscono immagini di paesaggi agresti, ma anche riflessioni sulla società sarda dell’ottocento, sul ruolo-missione dell’avvocato, sul concetto di giustizia. Su tutto domina la lingua utilizzata da Fois: si passa da interi periodi in sardo a singoli lemmi e anche, traduzioni letterali in italiano, di modi di dire o espressioni tipicamente sarde. Un romanzo sui generis come lo definisce Camilleri nella prefazione che, nel concentrarsi sul concetto di lingua dell’autore, richiama, a proposito, le parole di Sergio Atzeni: “quando cerco una parola che abbia un suono diverso, che porti a una specificazione più precisa, uso il sardo. Credo che questo sia il contributo che ogni etnia regionale dovrebbe portare”.

mercoledì 21 agosto 2019

DIALOGHI DI ORDINARIA AMMINISTRAZIONE - Virginie Priolo

Parla che ti passa

Titolo: Dialoghi di ordinaria amministrazione
Autrice: Virginie Priolo
Editore: La Zattera
Anno: 2019 
Pagine: 116


"Tesoro, è evidente che ci sia qualcosa che ti turba, ma se non me lo spieghi io non posso aiutarti." questa è la domanda che, una mattina, in bagno, Guido pone a sua moglie poco prima di recarsi al lavoro. La domanda delle domande. Chiaramente Laura, la di lui moglie, risponde, come da tradizione un significativo "Ma no, non è niente di che." E, sempre come da tradizione, da quel piccolo niente si scatena una valanga di, in ordine sparso: tu non mi ascolti mai, non ti emozioni se io ti propongo le cose, perché non posso ingelosirmi anche io, il tutto, naturalmente, senza dimenticare di riportare alla luce un episodio accaduto tempo prima. Non sia mai che la memoria non venga stimolata abbastanza... Che bellezza andare al supermercato insieme, c'è pure la Nutella in offerta e la magia di quelle corsie che, magicamente, si trasformano, in buone occasioni per polemiche, discussioni, ma poi, domanda Guido, chi è 'sto Luca che frequenta la loro figliola?... Ci sono anche le cene a casa di amici che, guarda un po', iniziano a litigare brutalmente. E, infine, la buonanotte. 

Virginie Priolo, psicologa cagliaritana e mediatrice familiare, ci offre, con il suo esordio, uno spaccato di vita quotidiana, analizzando, attraverso i dialoghi dei protagonisti, il complesso e articolato mondo delle relazioni umane: d'amore, d'amicizia, di parentela. La struttura narrativa evoca più una pièce teatrale che  un vero e proprio romanzo dalla cui lettura è facile immaginarsi una chiara suddivisione in atti ove i dialoghi danno vita a scene estrapolate dalla quotidianità di ognuno di noi. I battibecchi tra marito e moglie, non sempre letali e spesso contenenti tanto amore, le discussioni con gli amici, il rapporto con i figli, insomma cose comuni un po' a tutti noi, ma la differenza risiede sempre nelle modalità con le quali il dialogo (un qualsivoglia dialogo) viene instaurato e si sviluppa perché è proprio da ciò, anche nei piccoli frammenti di routine giornaliera, che i rapporti umani possono arricchirsi, migliorare o deteriorarsi o morire del tutto. Dialoghi di ordinaria amministrazione è frizzante, divertente, ironico, ma lascia spazio a riflessioni circa l'importanza di quel dono che possediamo: le parole. Parole con le quali si costruiscono mondi e, spesso, sta a noi scegliere quanti, e soprattutto quali, mondi costruire. Si legge in un soffio, regala quella leggerezza positiva, fa sorridere e, alla fine, non si esime dal propinarci una dose di amarezza, perché alla fine, l'opera è, in qualche modo, lo specchio di quello che è la vita: attimi, piccoli gesti, gioie e dolori. 


martedì 6 agosto 2019

SULLA TRACCIA DI NIVES - Erri De Luca

Titolo: Sulla traccia di Nives
Autore: Erri De Luca
Editore: Feltrinelli
Anno: 2016
Genere: Saggio intervista
Pagine: 160

Sono in due: lui, lo scrittore Erri e lei, l’alpinista. È una notte fortunata, senza vento. Quel vento che quando c’è bisogna saperlo ascoltare perché sa essere molto prepotente e questo lo sa bene chi, come Nives, frequenta le alte quote. Vento che, nelle alte quote, diviene padrone del tempo. Diviene, è una persona. E lei gli parla, gli racconta: il vento sa ascoltare. In fondo, lei attende sempre che lui faccia comunque il suo lavoro. E pur non sapendo quando smetterà di salire, nonostante non possa sapere quali saranno i risultati, potrà dire, ogni volta, di avergli fatto compagnia. Sempre. In quelle cime e ridiscese in compagnia del vento ed evidenzia, Nives, il concetto di “ridiscese” perché non basta una cima raggiunta, bisogna ridiscenderla quella cima con la stanchezza al culmine e con il peso di quello svuotamento che dà l’arrivo in cima. Scendere è, essenzialmente, “disfare la salita, scucire tutti i punti dove hai messo i passi”. Cime e ridiscese: sono il punto più distante da casa…

Il libro nasce da una chiacchierata-intervista notturna tra Erri De Luca e la famosa alpinista Nives Miroi, avvenuta in una tenda, in Himalaya, prima di una salita. Un alternarsi di voci, di riflessioni intorno alla natura, al concetto di sfida, ai sogni, al rapporto – spesso difficile – tra l’uomo e la montagna. Emergono, dalle parole rese dai due sotto un cielo stellato, due persone molto diverse: se lo scrittore risulta tendenzialmente calato in un mondo quasi spirituale o anche visionario, l’alpinista emerge, invece, in tutta la sua concretezza. E, alla fine, Nives Miroi, la cosiddetta tigre di alta montagna, con la sua personalità e la tenacia con la quale persegue i suoi obiettivi, affascina e incuriosisce, lo scrittore – che, in qualche modo, la sovrasta, lasciandole poco spazio – certamente non incuriosisce col suo offrirci ampi e ripetuti richiami alle sacre scritture, sviluppando, oltremisura, l’assunto per il quale “molta scrittura sacra è alpinista”. Sviluppi che, a onor del vero, talora non affascinano, talora cadono in retoriche affermazioni che stonano profondamente con un personaggio come la Meroi della quale, a fine lettura, si ha la sensazione di aver letto veramente poco essendo certi che avesse – o avrebbe potuto avere – tante cose interessanti da raccontare sul suo mondo, sulla sua vita, sui profumi e i suoni della montagna.

Articolo già pubblicato su Mangialibri. 

mercoledì 3 luglio 2019

LA PRESUNTA STORIA VERA DI GIULIA E GIULIO - Giovanni Follesa


Il gigante egoista

Titolo: La presunta storia vera di Giulia e Giulio
Autore: Giovanni Follesa
Editore: Arkadia
Anno: 2018
Genere: Romanzo
Pagine: 208


Roma, anno 2032. Giulia e Giulio sono due fratelli, gemelli, figli del grande Ernesto Luigi Saccherio, il magistrato, l’uomo che ha dato una svolta al Paese e, soprattutto, a un sistema politico fatto di mollezze e di corruzione, Ernesto chiamato dai figli anche il Papa e, da Giulia, il “grande egoista di merda”. Saccherio padre ha votato la sua esistenza al diritto, appartiene alla categoria di coloro che posseggono una dirittura morale tale da contrastare il decadimento della politica degli anni passati. Con lui,  grazie al suo operato si è attuata una grande trasformazione di tutto il sistema, sotto il vessillo della giustizia, dell’onestà: anche la Chiesa non ha più sede in Italia, ma in Sudamerica. Tutto è cambiato. E di quel padre egoista, egocentrico, sia Giulio sia Giulia seguiranno le orme: entrambi studieranno legge. E impareranno ad amare, seppure in modi diversi, quella materia. Forse perché in quella casa si respirava, in ogni attimo, il diritto, forse perché, nonostante l’insofferenza ne hanno sentito forte il fascino. O la paura. I due giovani hanno quasi terminato il loro percorso di studi, sono alle soglie della laurea. Quando Giulia si recherà dall’esimio professor Bozzolo per chiedere di discutere la tesi con lui, scoprirà che il fratello, di lei più talentuoso e con una visione quasi mistica del diritto, si è già recato dal professore. Vista la duplice richiesta, Bozzolo propone ai due gemelli una tesi congiunta sull’analisi dei fatti, storici e sociali, che hanno portato al quadro attuale: insomma un’analisi dei mutamenti che hanno condotto al vigente sistema con il trasferimento della Chiesa in terra sudamericana. Nel far questo i due giovani dovranno accedere al bunker paterno, il suo archivio segreto, contenente una mole immensa di documenti. I due figlioli troveranno un accordo con il padre: potranno varcare quella porta blindata e ogni giorno, per un mese in tutto, potranno consultare quei documenti. “Troverete la mia vita disegnata su queste carte. Ci troverete il vostro futuro” sentenzierà il grande Saccherio….
Pubblicato per i tipi di Arkadia nel 2018 e recante in copertina la riproduzione del bellissimo dipinto di Sergio Fiorentino, La presunta vera storia di Giulia e Giulio si presenta, già dalle prime pagine, come un romanzo in grado di catturare l’attenzione del lettore, facendolo immergere, piano piano, in una vicenda intricata e costruita abilmente. Ambientato in un futuro non troppo lontano, il 2032, il romanzo ci presenta un nuovo periodo storico nel quale il passato (che, di fatto è il nostro presente) è stato spazzato via. E parallelamente a tale analisi, vi è uno scavo profondo nei rapporti familiari, in affetti tormentati, in mancanze, in ferite sempre purulente. Un viaggio, tortuoso, nell’infanzia dei due gemelli. E, passo dopo passo, con una tensione crescente, scandita da quelle giornate nel bunker paterno, prenderà vita un quadro dalla tinte fosche. Follesa è bravo nel regalarci dosi sempre crescenti di inquietudine, con una gradualità dosata, come uno stillicidio che mantiene sempre viva l’attenzione. Ha molte facce questo romanzo, come la verità che mai è un blocco uniforme e compatto e, di fatto, pone una lunga serie di quesiti. È presente un’analisi del potere nelle sue mille sfaccettature - esiste, alla fine un potere, che sia anche buono? Forse potere e giustizia saranno sempre destinati ad essere riposti nei cassetti degli ossimori insuperabili. Il romanzo è anche un esame sulla verità, sulla sua ardua ricerca e sul fatto che, alla fine dei conti, il suo raggiungimento - o presunto tale-  mai del tutto risulta soddisfacente. Fa riflettere tanto questo libro. Sia sul ruolo delle scelte, di certe scelte, soprattutto politiche, quelle che spesso, con il tempo, perdono di senso e delle quali si smarrisce il filo originario che le ha fatte sviluppare. Sia, infine, su quella che è la situazione politica attuale, su quella che è stata e su quella che sarà. E Follesa non pare regalare speranze: difficile vedere spiragli di luce quando il buio è divenuto parte integrante di noi stessi. Nel chiudere il libro tanta amarezza, senso di impotenza, sensazione che tutto pare destinato a ripetersi solo con volti e nomi diversi, ma che tutto, in fondo, rimanga uguale. Ottimo romanzo, ottima caratterizzazione dei personaggi, ricco di contenuti che non dà risposte, ma ci fa porre tante domande, il tutto con uno stile scorrevole, pulito senza sbavature. Leggerlo è un’esperienza.
Articolo già pubblicato nella rivista Làcanas


giovedì 13 giugno 2019

COL CORPO CAPISCO - David Grossman

Titolo: Col corpo capisco
Autore:David Grossman
Editore: Mondadori
Anno: 2017
Pagine: 308
Genere: Racconti
Traduzione: Alessandra Shomroni

Shaul li vede, li sente. Vede sua moglie Elisheva con l’altro, basta che chiuda gli occhi. E vede come Elisheva afferra la spalla dell’uomo e si piega per togliersi le scarpe. La vede aggrapparsi a quel corpo. I vestiti sparsi per terra. Shaul sa. E li vede anche in quella giornata di ottobre quando si trova a bordo di una Volvo con una gamba ingessata, mentre sua cognata, la moglie di suo fratello, Esti, è al volante. Dopo trenta minuti di viaggio i due cognati non hanno ancora iniziato qualcosa di simile a una conversazione. Esti ancora non sa che quel viaggio sarà l’occasione per sentire la storia di Elisheva e Shaul e di quel tradimento, di quel terribile tradimento che ossessiona Shaul, ma di cui lui ha la certezza pur non avendoli mai seguiti quei due. E forse anche Esti avrà qualcosa da raccontare… Sua madre è ammalata, a letto. Lei, Rotem, sua figlia, è tornata da Londra: è da due anni che non si vedono. La guarda, quella donna morente, e per quanto si forzi non riesce a collegarla alla donna che era, la regina delle indovine, ma che di lei non sa nulla. Rotem ha scritto e, soprattutto, ha scritto di sua madre. E, ora, al suo capezzale, le leggerà, sera dopo sera, quelle parole. Parole del passato, dell’infanzia, delle lezioni di yoga che sua madre, all’epoca, teneva e di quel ragazzino…
Col corpo capisco è il secondo dei due lunghi racconti che compongono l’opera del celebre autore israeliano e che, appunto, dà il titolo alla medesima. Racconti differenti certo, ma uniti da due elementi cardine: il corpo e il sentimento della gelosia, seppur visti con prospettive diverse. Infatti, se da un lato,  si descrive, con minuzia e con precisione quasi chirurgica com’è tipico di Grossman, il sentimento di gelosia all’interno di un matrimonio, dall’altro, la gelosia sarà il tarlo che intaccherà, in modo quasi traumatico, il rapporto di una figlia con la madre. E tutta la narrazione sarà un ruotare attorno al binomio corpo-gelosia, in una sorta di danza che alterna realtà e immaginazione, alternanza che, a tratti, viene meno, fino a creare una totale commistione tra realtà e pensiero fino a non scorgere più di alcuna linea di confine tra i due, creando terreno fertile per una dimensione nebulosa, sfumata, tipica del mondo onirico. Come negli altri suoi romanzi, Grossman riesce, e in ciò è sempre abile, a mettere a nudo l’animo umano, a compiere complesse analisi introspettive, a trasformare i corpi, tangibili, in sensazioni, per definizione non tangibili, a ridurre tutto al rango di sentimento. Ma nel far ciò porta tutto all’esasperazione e la lettura è, a tratti, faticosa, fors’anche per la ricchezza della sua lingua esacerbata dal continuo e ripetuto ricorso ad aggettivi che, ridondanti, affaticano.
Articolo già pubblicato su Mangialibri



mercoledì 24 aprile 2019

LA RAGAZZA DI MARSIGLIA - Maria Attanasio



Titolo: La ragazza di Marsiglia
Autore: Maria Attanasio
Editore: Sellerio
Anno: 2018
Pagine: 400


È il 1849, è passato un anno dai moti rivoluzionari siciliani al quale il giovane partecipò. Quel giovane, il 17 maggio, con i capelli alla nazarena e una barba folta, si accinge a salire su un veliero per Marsiglia. Vi arriverà quattordici giorni dopo, più morto che vivo. La sua idea era quella di restarvi per poco tempo per poi recarsi a Parigi, dopo aver guadagnato qualcosa. Ma dimorare a Parigi, per un esule italiano, non è cosa facile. Decide, quindi, di spostarsi a Nizza e, infine, opta per Torino. L’attesa per ottenere il visto è lunghissima, quasi snervante, ma finalmente sente, dalla voce dei gendarmi sempre vigili, “tutto in ordine potere passare”. Finalmente! Prende una carrozza, per recarsi in via Vanchiglia, dall’amico, il calabrese, che l’avrebbe ospitato.  Apre il finestrino di quella carrozza, lo colpisce, come un fulmine,  il passo sfrontato di un donna, la quale, quasi voler rispondere a un muto richiamo, si gira verso di lui, sostenendone lo sguardo. Era proprio lei! La stessa donna che aveva incontrato a Marsiglia, all’ufficio passaporti. Scende velocemente dalla carrozza, ma la perde, non riesce più a scorgerla. Ma la incontrerà di nuovo. Quella donna è Rosalia Montmasson. Quel giovane è Francesco Crispi...

Il grande merito, seppur non unico a ben vedere, di questo splendido romanzo nato dalla penna dell’autrice siciliana, è quello di restituirci la figura di Rosalia Montmasson, figura storica che la politica, gli eventi storici, le ragioni di opportunità avrebbero voluto cancellare. Rosalia Montmasson fu la moglie di Crispi, l’unica donna  che partecipò all’impresa dei Mille. Una donna forte, tenace, con una personalità esplosiva, che emerge non in quanto “moglie di” ma in quanto donna caparbia, decisa e che ha sempre vissuto animata dalla passione. Una donna fortemente indipendente, mai di nessuno, ma solo di se stessa. È questa donna che Crispi, suo marito, voleva cancellare: perché così doveva essere, perché così egli avrebbe potuto tranquillamente convolare a nozze con un’altra donna, senza –non sia mai- esser accusato di bigamia. Certi mali – e il primo matrimonio, in quest’ottica, lo era – vanno eliminati alla radice. Un romanzo estremamente coinvolgente che entra nel mito di Mazzini, nel Risorgimento italiano,  con i suoi ideali, con le sue illusioni e delusioni, con i suoi personaggi piccoli e grandi. Dietro le parole della Attanasio emerge una grande opera di studio, di ricerca sui pochi documenti a disposizione, su ripetuti accessi ai luoghi calcati da Rosalia, che, per l’autrice, era diventata, come ha  detto la stessa, una vera ossessione. Un romanzo che è anche un prezioso saggio, vincitore peraltro di numerosi premi, e a noi non resta che ringraziare per averci donato, o restituito, la meravigliosa ragazza di Marsiglia.


sabato 20 aprile 2019

STORIE DI PRIMOGENITI E FIGLI UNICI - Francesco Piccolo

Dal lato della strada


Titolo: Storie di primogeniti e figli unici
Autore: Francesco Piccolo
Editore: Einaudi
Anno: 2015
Genere: Racconti
Pagine: 128

Quando era piccolo, su indicazione della madre, doveva tenere suo fratello per mano: cosa buona e giusta, per carità! Un po’ più strano, però, era il fatto che la madre precisasse come lui, in quanto fratello maggiore, dovesse stare dal lato della strada dove, guarda caso, passavano le macchine… Ah, le caramelle Charms! Un tempo, prima che togliessero loro i coloranti, studiava con Francesca, con quelle caramelle arcobaleno sulla scrivania e, di tanto in tanto, ne mangiavano una, scegliendone con cura il colore. Inevitabilmente arrivava il momento nel quale litigavano: l’ultima charms al lampone. Poi tutto si sbiadì, tutte uguali, tutte beige. Ma questo accadde dopo… Santino aveva otto anni quando, con la sua famiglia tornò dall’Africa. E il primo periodo, il piccolo, a ogni risveglio, credeva di sentire sua madre dire “vai a prendere l’acqua dal pozzo.” Poi si ricordava di essere in Italia, si ricordava che tutto era diverso… Chi abita al Sud dimentica gli ombrelli. Quelli del Sud si sorprendono quando piove, non hanno dimestichezza con la pioggia. E anche lui, puntualmente, dimenticava gli ombrelli. Continuava a disseminare ombrelli per la città, nonostante sua madre gli ripetesse sempre di stare attento. Ma lui non poteva farci niente….

Nove sono i racconti che compongono questa esilarante raccolta data alle stampe, per Feltrinelli, nell’anno 1996 e che segna la data dell’esordio narrativo di Francesco Piccolo. Nove piccole grandi storie, nove “debutti nella vita” come li definisce lo stesso autore, accomunati dal tema dell’essere figli unici o primogeniti, con le annesse sfortune e fortune del caso. Con il suo stile ironico, divertente e indubbiamente trascinante, l’autore ci apre le porte al mondo dell’infanzia e dell’adolescenza, prendendo spunto da eventi comuni, quotidiani che, senza mai cadere nella banalità, di fatto ci inducono talora a riflettere, talora a sorridere, talora a immergerci in episodi della nostra infanzia. Sì, perché è questo che fa Piccolo: scegliere e catturare piccoli dettagli, all’apparenza non rilevanti, e costruirci su delle belle storie, infarcendole con una buona dose di ilarità e che, alla fine, e inevitabilmente rimangono nel cuore. Nove storie che colpiscono e che regalano, seppur in misura diversa qualcosa: alcuni nostalgia, altri malinconia, altri risate. E, a fine lettura, si ha la sensazione di quanto, in fondo, sia bello ricordarsi delle colorate charms o riportare alla memoria compagni di classe che, magari, avevamo dimenticato, come gli ombrelli di uno dei raccaonti,  o anche solo ricordarsi che siamo stati bambini., prima che tutto assumesse quel monotono colore beige.