“Se tuto gnènt”
Titolo: Quasi niente
Autori: Mauro Corona, Luigi Maieron
Editore: Chiarelettere
Anno: 2017
Genere: Saggio società
Pagine: 173
“Se tuto
gnènt”(È tutto niente) è una citazione di Mario Rigoni Stern
riportata all’inizio del libro e che, in qualche modo, ne costituisce uno dei
fili conduttori. Quasi niente è una
raccolta di discorsi tra due amici che si legge d’un fiato e nella quale si fa
i conti con la vita, con se stessi, con quello che si è stati, con gli errori,
con onestà e lealtà. Raccolta non indispensabile, forse, ma godibile.
In una malinconica giornata di ottobre i due si
trovano di fronte al Col Nudo, la punta più alta delle Prealpi venete. Da
piccolo, uno dei due, vedendo quella punta meravigliosa desiderava salirci. Era
il suo sogno e avere sogni è tutto, i desideri, invece, ci spengono. Non è un
caso che i sogni siano propri dell’infanzia che lasciano il posto ai desideri,
tipici dell’età adulta. I due parlano delle donne di quei luoghi e ricordano la
storia di Anna, cresciuta nel linguaggio della solitudine e morta per amore.
Anna che non si vendica: lei non è capace di odiare, Anna è consapevole del
fatto che il dolore è parte integrante della vita. E parlano del coraggio
femminile della forza di quegli esseri che hanno l’innata capacità di elaborare
il dolore, agli uomini non hanno insegnato a perdere, non hanno insegnato loro
il valore della sconfitta che, spesso, è stimolo a migliorarsi. E continuano ricordando
uomini che hanno visto in faccia il dolore e che di quel dolore ne hanno fatto
la loro forza: Orlandin che aveva perso entrambe le mani a seguito dello
scoppio di una bomba, a soli quindici anni. Orlandin che senza mani non poteva
più suonare la sua fisarmonica e che, nella sua piccola bottega, voleva
costruire nuovi arti che sapessero suonare. E ci riuscì. O la storia di Donada,
il contrabbassista, che perse la falange dell’indice: il dito per lui più importante.
Ma continuò a suonare: con un dito di legno vuoto simile a un ditale…
“Ma
provando a vedere la vita con lealtà devo schierarmi dalla parte della donna.
In queste valli sono stato uno dei primi a dire che era uguale al maschio,
forse meglio. Nei libri ho dato alla donna il valore che ha e che merita,
soprattutto a quelle donne che sono state sconfitte, picchiate, massacrate e
alla fine ne sono uscite con dignità.” (Pag. 9)
Dall’amicizia tra Mauro Corona e Luigi Maieron, grande
musicista friuliano, è nato questo libro che ha i toni di una lunga
chiacchierata. E come le buone chiacchierate tra amici si può tranquillamente
passare dai ricordi dell’infanzia, anche quelli tristi e dolorosi, al riportare
in vita storie vecchie che hanno il sapore di leggende. E nelle pagine scorrono
le vicende di personaggi comuni, ma che hanno qualcosa di speciale perché
amavano la vita, perché erano animati da forti passioni come, per esempio, la
musica. Personaggi che, solo in certi luoghi, son diventati leggendari, ma mai
famosi, ai quali la penna di Mauro Corona si è ispirata nei suoi romanzi perché
il loro ricordo non venisse a morire. E poi citazioni, richiami letterari e
musicali, discorsi sull'educazione, sulle radici “elastiche” che per quanto ci
si allontani da esse si potranno assottigliare, ma mai recidersi, sui mali del
nostro tempo, parole a cascata dominate dalla compagnia calda e austera della
montagna, saggia madre e anche matrigna. Montagna come libertà, montagna che è
maestra. E la montagna, gli errori commessi e la vita insegnano, sempre.
“Alziamo
il culo la mattina e ci sentiamo colpevoli di qualcosa che non abbiamo fatto.
Siamo in trappola di noi stessi se non ci rassegniamo che possiamo anche
perdere e fallire.” (Pag. 31)
E ci si rende conto, dopo anni, che la vera felicità
sta nel non avere desideri e capire di non essere il centro del mondo, ma di
esserne parte. Una sorta di riconciliazione con se stessi e con il mondo.