Arsenico e perdite
Titolo: Quello che è successo a Joana
Autore: Valério Romão
Editore: Caravan
Anno: 2017
Genere: Romanzo
Pagine: 120
Traduzione: Vincenzo Barca
Questo piccolo romanzo inizia con un sogno che, già da
solo, varrebbe un libro a parte per la sua efficacia. E la dimensione onirica
permarrà per tutta la lettura, mescolandosi con una realtà troppo dura da
accettare e da vivere. Quello che è
successo a Joana è un romanzo di forte impatto emotivo, capace di
sconvolgere e di angosciare e, sia chiaro, non solo per la storia in sé che è
atroce, ma per la potenza della penna di Romão: una penna che riesce a creare
ferite profonde, a soffocarci quasi. E, naturalmente, per l'ottima traduzione di Vincenzo Barca.
Joana si sveglia, gridando, da un brutto sogno. L’ultimo
fotogramma che ricorda di quell’incubo terribile sono le sue gambe ricoperte di
sangue. Si siede sul letto e, al suo fianco, vede il marito Jorge il quale
continua a dormire incatenato nel suo solito sonno pesante, era stanca
sicuramente. Lei lo copre, fa freddo: è dicembre. Dicembre è un mese triste,
quello che le piace meno perché freddo e ostile, il mese in cui morirono i suoi
genitori. Scosta le lenzuola, crede di aver riportato nella realtà l’ultimo
frammento di sogno: ha la sensazione di avere le gambe bagnate di sangue. C’è
una pozza, la sente, verifica con la mano: non è sangue. Si tratta di un
liquido trasparente dall’odore agrodolce e comprende che, nella realtà, le si
sono rotte le acque. Scuote Jorge per svegliarlo. Bisogna andare subito in
spedale. Il bambino vuole nascere al settimo mese. Per fortuna che lei,
previdente e precisa, aveva preparato tutto in anticipo e, chiaramente, anche
la roba per un prematuro. Anche per uno scricciolo di sole 31 settimane…
Quello
che è successo a Joana è il secondo romanzo del poeta, traduttore e e scrittore
portoghese che con Autismo, edito nel
2012, dovrebbe far parte della trilogia Paternidades
faalhads – paternità mancate. Già perché è di perdite, di mancanze, o,
meglio, di ciò che sarebbe potuto essere ma non è stato che parla questo
intenso romanzo. Romão, con la sua scrittura ritmica, sincopata ci trascina –
con Joana – in una storia vorticosa che ha il sapore dell’assurdo.
La vicenda
si svolge nell’arco di una giornata che pare un’eternità tra un ambiente
ospedaliero -che riporta le atmosfere del racconto Sette piani di Dino Buzzati e anche Il castello di Kafka- e i
pensieri deliranti, sospesi tra la dimensione reale e quella onirica della
protagonista.
Sono i pensieri di Joana che dominano la scena, il suo flusso di
coscienza riportato dall’autore come se lui stesso fosse Joana, come se anche
il lettore diventasse Joana e vivesse, in prima persona, il suo dramma. Parole
a cascata, assenza di punteggiatura, un affannarsi, di corsa, verso un baratro,
dolore e sogno che si fondono e si diramano caoticamente. Romão ci regala una
storia che turba, scuote l’anima, ci offre una massiccia e amara dose di
arsenico e dopo averci inebriato con
quel veleno ci regala un fulmineo momento di serenità, quasi di pace. Forse.
Altri libri:
Bastardo posto, Remo Bassini
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