"Di storie e di stelle"
Titolo: Anni d’infanzia. Un bambino nel lager
Autore: Jona Oberski
Editore. Giuntina
Anno: 1996
Pagine: 119
Traduzione: Amina Pandolfi
Genere: Romanzo autobiografico
La ferocia e il dolore raccontati da uno spettatore e cronista speciale: un bambino.
Il bimbo e la madre era stati presi dai soldati. Buio,
in un luogo con le pareti di legno. Odori sconosciuti e rumori che confermavano
la presenza di altre persone. La madre lo accarezza, lui chiede del papà. La
madre lo consola dicendogli che è stato tutto uno sbaglio e che presto
sarebbero tornati a casa, dal padre. Una settimana dopo, insieme ad altre poche
persone, tornano davvero a casa. Ricomincia la vita normale, il compleanno del
bimbo e quel regalo meraviglioso, un burattino, i giochi in strada. Ma anche i
negozianti che si rifiutano di dar loro qualcosa, anche se pagano, e la stella
gialla cucita nei vestiti. Una mattina il bimbo viene svegliato dalle urla di
un uomo. Capisce che devono sbrigarsi. Devono partire, senza perdere tempo: il
soldato continua a urlare. La mamma prepara le valigie. Il bimbo si ricorda del
suo burattino: troppo tardi, la valigia era già stata chiusa. Il papà stacca il
burattino dal muro e glielo porge: dovrà portarlo il piccolo. Camminano con quelle valigie pesanti,. Arriva
un camion, salgono con tanta altra gente. Il bimbo vedeva solo cappotti. Poi il
viaggio in treno e, infine, la separazione dal padre – il bimbo starà con la
madre - e una baracca: dal numero della stessa capisce che è un’altra rispetto
a quella della volta precedente…
"La mamma mi aveva cucito sul cappotto una stella gialla.
Disse:<Guarda, ora hai anche tu una stella bella come
quella del papà>."
L’olandese Jona Oberski, classe ’38, ha vissuto sulla
propria pelle l’esperienza del lager: era, allora, un bambino. E, dopo lunghi anni
di analisi, ha ritrovato il bambino che lui è stato, il testimone di
quell’atroce esperienza, e lo ha fatto parlare: infatti, nonostante Anni d’infanzia sia stato pubblicato nel
1978, trent’anni dopo l’esperienza vissuta, è comunque il bambino Oberski che
parla non già l’adulto. Non è un caso che lo stesso Oberski abbia affermato che
la guerra, prima del percorso terapeutico a cui si è sottoposto, per lui non
era mai esistita e quando scrisse il libro voleva semplicemente “esprimere ciò che quella vicenda aveva
significato per un bambino (…) e quando scrissi Anni d’infanzia i ricordi erano
vividissimi come sono stati raccontati nel libro.”
"La sera la mamma mi domandò che cosa avevo fatto
durante il giorno. Le raccontai che ero stato insieme ai ragazzi più grandi. Mi
domandò se mi prendevano così senz'altro con loro e io le spiegai che ora sì,
mi prendevano con loro, perché avevo superato la prova. Ero stato
all'osservatorio. Lei mi domandò che cos'era, un osservatorio. Risposi che lo
sapeva benissimo, che lì c'erano i cadaveri e che sapeva anche benissimo che
mio padre era stato gettato sopra gli altri cadaveri e che non aveva neppure un
lenzuolo e io avevo detto ai bambini che ne aveva sì uno, mentre avevo visto
benissimo che non ne aveva. Mi misi a strillare che lei era matta a lasciare
che lo buttassero così sugli altri cadaveri senza lenzuolo."
Una
storia atroce che suscita tenerezza, ma sempre raccontata con estrema precisione
per quella grande capacità che hanno i bambini di osservare i dettagli. L’esperienza
del campo di concentramento vista attraverso il filtro degli occhi dei bambini
che, con il loro candore, riescono a narrare episodi dolorosi e tristi (che sia
la morte del padre o la follia della madre o, ancora, lo svolgere il compito di
aiutante in cucina per raschiare i pezzi di patate rimasti attaccati al fondo
dei pentoloni) con un una semplicità che solo loro hanno il privilegio di
possedere. Dal romanzo è stato tratto, nel 1993, anche un film, Jona che visse
nella balena, per la regia di Roberto Faenza.
Altri libri:
La scena perduta, Abraham Yehoshua
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La scena perduta, Abraham Yehoshua
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