Amicizia senza confini
Titolo: Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano
Titolo: Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano
Autore: Eric-Emmanuel Schmitt
Editore: E/O
Anno: 2011
Pagine: 128
Traduzione:
Alberto Bracci Testasecca
Era da tempo
che volevo leggere questo romanzo forse perché la visione del film omonimo mi
aveva, a dir poco, incantato. Forse perché quando sento la parola Parigi il mio
cuore, sempre e comunque, si illumina. Ma, fino a oggi, non ne avevo avuto
l’occasione. Son contenta di averlo letto anche se, a dire il vero, mi
aspettavo qualcosa di più. No, non mi ha affascinato questo piccolo romanzo per
quanto non si possa dire che sia ‘na schifezza (giammai mi permetterei signor
Schmitt)
Le vicende
narrate si svolgono a Parigi alla fine degli anni cinquanta. Mosé è un
ragazzino ebreo che vive solo con suo padre in una casa silenziosa e buia. Nel
corso delle sue giornate trascorse in giro per il rione conosce il signor
Ibrahim, un musulmano, proprietario di un negozio di alimentari nei confronti
del quale Mosé compirà, di tanto in tanto, qualche furtarello. Un giorno nel
negozio farà ingresso nientemeno che la bellissima Brigitte Bardot alla quale
il commerciante venderà l’acqua a un prezzo decisamente esagerato. E sarà
esattamente da quel giorno chiassoso e illuminato dalla bellezza della Bardot
che nascerà un grande sentimento di amicizia tra il piccolo Momo, così
ribattezzato dal negoziante, e Monsieur Ibrahim il quale diverrà per
l’adolescente il punto di riferimento e, soprattutto, colui che gli permetterà
di aprire una fessura in quel mondo ermeticamente chiuso e rigido degli adulti
che, fino a quel momento, gli era risultato inaccessibile e ostile…
Eric-Emmanuel
Schmitt, autore di grande successo in Francia, ci regala una storia,
storia-lampo, di amicizia raccontata con gli occhi vispi e attenti di un ragazzino,
Momo. Pochissime pagine nelle quali il sentimento dell’amicizia domina
incontrastato nonostante le difficoltà del vivere quotidiano e la solitudine
domestica e, soprattutto, nonostante le diversità dei due protagonisti: quasi a
voler dimostrare come l’amicizia non conosca limiti di età o di credo
religioso. Quell’amicizia, intensa e viva, si pone in antitesi con il silenzio,
la depressione e i colori grigi che, invece, regnano nella casa di Momò: un
padre poco comunicativo, rigido che continuamente lo tortura con terribili confronti
con suo fratello Popol. Con un linguaggio semplice – a volte, anche troppo e
non sempre giustificabile con la tenera età del protagonista– Momo ci conduce
nella sua vita, nelle sue stradine e nel suo difficoltoso percorso di crescita
nel quale i punti di riferimento sono da ricercarsi al di fuori della famiglia
di origine, al di fuori di quel famoso nido protettivo che lui, in concreto,
non ha mai avuto. Scorre via troppo velocemente la storia di Momo. E per quanto
gli spunti siano interessanti e i personaggi principali amabili il romanzo, nel
complesso, manca, anche a causa della sua brevità o, se vogliamo, a causa di
una “delicatezza” forse eccessiva, di quella intensità atta a regalare emozioni.
Intensità che, al contrario, si ritrova tutta nel film tratto dal romanzo, per
la regia di François Duyperon, in cui regna maestosamente uno splendido Omar
Sharif.