Titolo: Isola mia
Autore: Massimo Menzi
Editore: Spettri
Anno: 1982
Marco è un bambino nato e cresciuto in un’isola dimenticata dal mondo, dalle istituzioni, dai poeti che non la cantano, dai fotografi che non la immortalano. È l’isola del silenzio e delle attese. Marco non ha amici. Vive la sua solitudine come un dono. Il dono fattogli dal destino che è un gran bastardo, ma lui non pare accorgersene. E il piccolo diviene grande. E cerca di fertilizzare quell’arida terra con i suoi pensieri. Lo chiamano il filosofo quando non decidono, a seconda della luna che li osserva, che sia solo uno con le rotelle non esattamente a posto. Ma la vita riserva sorprese anche in quell’isola arida dimenticata perfino dai diavoli. E le sorprese metteranno in moto meccanismi che stravolgeranno il tessuto impermeabile di quella terra.
Ho trovato questo libro per caso. Non l’avrei degnato di uno sguardo se il libraio, con la sua faccia gialla come la pagina di un vecchio libro, non mi avesse detto: "Lo devi leggere".
Era un ordine il suo. Di fronte a tale perentorietà non ho opposto resistenza alcuna. Non potevo. Onde per cui, l’ho portato a casa. Nonostante le perplessità. Non mi convinceva né il formato, decisamente grande, né il colore delle pagine, giallo come la faccia del libraio. Ma, soprattutto, aveva un odore strano simile all’odore che emana la frutta in procinto di marcire. Insomma, una sorta di libro in decomposizione. Nonostante questi non ameni particolari, appena arrivata a casa, mi è venuta la smania, quasi incontrollabile, di leggerlo. Ed è andata avanti così, per ore. Mi son dimenticata della cena, forse ho rischiato pure il divorzio per “assenza da questo mondo”, ma non riuscivo, sul serio, a staccarmi da quelle pagine. Marco, il protagonista mi catturava. L’isola descritta nel libro, è diventata, pagina dopo pagina, tangibile, fedifraga, troia e santa, formosa, chiacchierona e silenziosa. Per farla breve, ho trascorso la notte in bianco. Adesso, io non sono una tipina facilmente influenzabile, non sono di quelle che declamano “Questo libro mi ha cambiato la vita”, però, se proprio devo essere sincera questo libro ha qualcosa che non ho mai trovato in nessun altro romanzo. E credo che sia proprio uno di quei libri che possiede quella magica capacità di smuovere qualcosa dentro. E di farlo con vigore, quasi raschiando le pareti del cuore. L’autore, Massimo Menzi, è per me, un perfetto sconosciuto. Mi viene solo da chiedermi perché nessuno ne abbia mai parlato. Che fine hanno fatto i critici letterari? Perché far marcire questo libro? Perché? Non finirò mai di domandarmelo. Mai.
E’ un romanzo perfetto e, credetemi, non esagero. La trama, sviluppata su più livelli, non ha un attimo – dico un attimo – di cedimento. Ogni azione, ogni parola, ogni pensiero è incasellato al posto giusto: è un mosaico perfetto. E’ una trama divina e diabolica al tempo stesso, è il paradiso e l’inferno contemporaneamente. Ma al di là della trama che, ripeto, non presenta alcuna falla, lo stile di Menzi è, a dir poco, meraviglioso. Scrive da dio. Uno stile folgorante, quasi ammaliante, incisivo. E’ una perla. Peccato perderla. Peccato soprattutto che Menzi non sia mai esistito, peccato che Isola mia non sia mai stato scritto. Peccato, davvero.
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