Titolo: Sul soffitto
Autore: Éric Chevillard
Editore: Del Vecchio
Anno: 2015
Pagine: 144
Traduzione: Gianmaria Finardi
Genere: Romanzo
Per me che amo i personaggi fuori dalle righe, tremendamente strampalati, che ho una grande passione per le situazioni dominate dall'assurdo, questo romanzo è stato un balsamo, un'esperienza divertente e entusiasmante. Bello immergersi in un mondo “non-normale”, bello seguire le avventure da altre
prospettive, dal soffitto per esempio. Bello sfidare le leggi, soprattutto quella
di gravità.
Il grigio. Il grigio delle nuvole, dell’elefante,
dell’ippopotamo. Grigio è la “sottile
manifestazione del visibile, ciò che si distingue appena dal nulla o se ne
avvicina di più”. Anche lui è un uomo vestito di grigio, dalla testa ai piedi, un uomo
comune, “uno che somiglia”, ma nonostante il suo grigiore, tutte le volte che
esce, le persone lo notano, lo guardano –male, sia chiaro- additandolo. Lui,
fin da bambino, esce con una sedia rovesciata sulla testa e con essa vive un
rapporto simbiotico. C’è pure chi non lo addita: sono i suoi amici. Come
l’impagliatrice di sedie che cresce i suoi bambini nella sua pancia e non li
partorisce per evitare che conoscano le brutture del mondo, come Kolski che
attende che il suo fetore un giorno assuma consistenza per poter modellare una
statua “un’opera colorita, leggera, indistruttibile che avrebbe chiamato la primavera” o come Topouria l’uomo che
crede di essere una gru. Capita che un giorno vengano sbattuti fuori dalla loro
abitazione, il cantiere di una biblioteca mai realizzata e decidano di
trasferirsi a casa dei genitori di Méline, la sua fidanzata. Lì vivranno sul
soffitto, a testa in giù, sfidando la legge di gravità… Chevillard, autore di numerosi romanzi, vincitore di numerosi premi nonché creatore del blog "Autofictif" nel quale, giornalmente, pubblica tre aforismi di carattere ironico e provocatorio, con Sul soffitto, edito in Francia nel 1997, per la prima volta viene pubblicato e tradotto in Italia: finalmente, mi vien da dire. Entrare nel mondo di Chevillard significa rimanere spiazzati, destabilizzati, perdere punti di riferimento, cambiare continuamente prospettiva. Il protagonista e i suoi amici fuori dalle righe, ci conducono, con continua ironia, in un mondo capovolto e, soprattutto, in un universo destinato a privarsi della fissità o routine che dir si voglia. Non
è un caso che Chevillard sia stato considerato
l’erede di Alfred Jarry, esponente della patafisica il cui obiettivo era,
appunto, quello di studiare le regole che studiano le eccezioni. È chiaro il
volersi distaccare drasticamente dalle convenzioni, dagli usi e, in genere, da
tutto ciò che sia codificato o comunemente accettato e dato per normale e vero.
Distacco dalle convenzioni non solo per quanto concerne la trama –che già di
per sé basterebbe - e per i concetti spesso complessi, ma anche per lo stile e
il lessico utilizzato, assai ricercato, per l’uso particolare dei segni di
interpunzione, per i periodi talora prolissi e l’uso abnorme di incisi che
aprono altri mondi all’interno della narrazione. A fine lettura rimane un senso
di smarrimento e la certezza di aver letto un bellissimo romanzo certamente
merito anche dell’ottima traduzione. Una curiosità: l’artista canadese Ted
Hierbert ha reso omaggio all’opera con il progetto On the ceiling realizzando 39 fotografie ritraenti persone con una
sedia in testa o appese al soffitto. Buon rovesciamento.
Per me che amo i personaggi fuori dalle righe, tremendamente strampalati, che ho una grande passione per le situazioni dominate dall'assurdo, questo romanzo è stato un balsamo, un'esperienza divertente e entusiasmante. Bello immergersi in un mondo “non-normale”, bello seguire le avventure da altre
prospettive, dal soffitto per esempio. Bello sfidare le leggi, soprattutto quella
di gravità.
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