Pagine

martedì 27 febbraio 2018

PAZIENTE 64 - Jussi Adler-Olsen


Sezione Q, Atto IV

Autore: Jussi Adler-Olsen
Editore: Marsilio
Anno: 2014
Genere:Thriller
Pagine: 522
Traduzione: Maria Valeria D’Avino


Novembre 1985. Nete è con suo marito, Andreas Rosen, a una cena in onore del vincitore del Gran Premio nordico per la medicina. Tra gli invitati intravede una figura. Quella figura le si avvicina: è lui, Curt Ward. È invecchiato, son passati 25 anni. “Sei la puttana del dottor Rosen, adesso?” le dice e continua ricordandole l’isola di Sprøgo, i suoi aborti, la sterilizzazione. Nete fugge dalla sala con suo marito. In auto solo silenzio e distanze incolmabili. Poi lui le dice “Stasera faccio la valigia” e continua a guidare, lei alza una mano, la avvicina al volante, lo afferra e lo tira a sé: la strada sparisce, attraversano una siepe e toccano il mare… Novembre 2010. Carl Mørk ha appena appreso la notizia che la proprietaria di un’agenzia di escort è stata aggredita con l’acido solforico quando Rose, la sua assistente, le recapita una pila di fascicoli relativi a casi irrisolti e, tra questi, quello riguardante la scomparsa, negli anni ’80, di Rita Nielsen. Carl non sa ancora che quella sparizione è il primo tassello di una lunga indagine…

Grande esponente del thriller scandinavo, Adler-Olsen, presenta la quarta indagine della Sezione Q diretta da Carl Mørk che, stavolta, lavorerà con Rose e Assad. Abilissimo nel costruire una trama ad incastri sapientemente articolata e portare il lettore, tassello dopo tassello, ad una verità crudele nella quale il vero protagonista è l’uomo con il suo bagaglio di follia. Un paziente scavo nel passato della storia danese che porterà alla luce l’orrore di una vicenda – quella relativa all’isola di Sprøgo divenuta celebre per l’internamento di donne ritenute promiscue o affette da ritardi mentali e sottoposte a tecniche coattive di sterilizzazione– capace di dimostrare come il male e l’insania possano trovare terreno fertile ovunque anche in paesi che, nel comune immaginario, son ritenuti per definizione perfetti e impeccabili. Avvincente e scorrevole come solo un buon thriller sa essere: non resta che attendere la traduzione italiana della quinta indagine già edita in lingua originale col titolo Mark Effetken.



domenica 25 febbraio 2018

UNA VITA NON BASTA - Luciano Minerva


Vite da polpo

Titolo:  Una vita non basta.Memorie di una metamorfosi
Autore: Luciano Minerva
Editore: Robin Edizioni
Anno: 
Genere: Romanzo
Pagine: 248


Lorenzo Arquati, portiere in una squadra di calcio di provincia, non ha nemmeno vent'anni quando raggiunge il record di inviolabilità tra i dilettanti: in 25 partite non ha preso neanche un gol. Quel record potrebbe cambiare la sua vita e farlo entrare nel grande mondo del calcio, quello vero. Così vorrebbe suo padre, ma così non sarà visto che il destino decide diversamente: un giorno, infatti, Lorenzo  precipita in mare con la sua moto e il suo corpo non sarà ritrovato. Ma non sarà comunque la fine. Quella tragica caduta segnerà per il giovane portiere l'inizio di una nuova vita: non sarà più un uomo, ma un polpo. E la più significativa scoperta di quella nuova vita sarà comprendere come si possa vivere senza le parole riuscendo ad avere una vita intensa anche all'interno di un acquario...

In un alternarsi di tre voci narranti - quella di Lorenzo, di sua madre che scrive lettere che non spedirà e di un giornalista sportivo - si muove una surreale storia che fonde, con abilità, la realtà con la fantasia. Sarà il concetto di trasformazione il tema centrale è, infatti, quell'anomala trasformazione da uomo in polpo che consentirà al giovane Lorenzo di recuperare la dolcezza e la tenerezza del passato di suo bisnonno, la forza della sua esistenza fatta di duro lavoro in miniera, di lotte contro i soprusi, di valori da difendere. E grazie a questo scavo nella memoria acquisterà un senso ancora più profondo il concetto di legame con la propria terra, con le proprie radici. E il giovane portiere riscoprirà, in qualche modo, se stesso e comprenderà il senso della propria esistenza assaporando, paradossalmente, il significato della libertà proprio all'interno di uno spazio ridotto qual è quello dell'acquario. Un romanzo delicato che oltrepassando i rigidi confini tra possibile e impossibile regalerà la voglia di sognare della quale si ha sempre bisogno.


mercoledì 21 febbraio 2018

LE PAROLE DEL GIGLIO - Oscar Wilde

Inno all'oralità 

Titolo: Le parole del giglio
Autore: Oscar Wilde
Editore: Verbavolant
Anno: 2010
Genere: Racconti
Pagine: 179
Traduzione: Maria Teresa Monteforte




Un giovane, appassionato di matematica, inventa un modello di poltrona pieghevole in grado di offrire comodità occupando pochissimo spazio. Un giorno, si trova a dover presentare, grazie all’intermediazione di un suo caro amico, la sua prodigiosa invenzione a un gruppo di milionari che inizialmente rimangono sbalorditi dall’invenzione. Ma sarà proprio l’amore per i calcoli del giovane studioso a determinare l’insuccesso della sua creazione… Un uomo nel cui corpo arde l’anima di Narciso, del dottor Faust e di Don Giovanni dopo aver letto, sognato e vissuto tutto, inizia a provare gioia solo nel giocare con le parole, riuscendo, così, ad incantare e a divertire i suoi spettatori, fino a che, ahimè, non è costretto ad iscriversi tra i Quaranta Immortali… Un talentuoso scultore si innamora perdutamente di una donna vecchia e brutta che lo tradisce con un musicista cieco. Sarà la scoperta del tradimento a far aprire gli occhi al nostro scultore... Brutta cosa nascere da una madre irlandese e da un padre inglese, soprattutto quando non si riesce a stabilire un corretto equilibrio tra le due parti e si finisce rinchiusi in una fredda stanza di un manicomio… Joe è un povero diavolo che vive di espedienti. Un giorno, essendo rimasto con le tasche vuote invita il suo caro e incredulo amico Tom nel ristorante più lussuoso di Londra per consumare una cena a base di ostriche. I soldi non costituiranno alcun problema se mangeranno tante ostriche fino a che non troveranno una perla con la quale pagare il conto. Ma le cose non vanno esattamente come Joe sperava…

Le parole del giglio è una raccolta di racconti, finora inediti, che risalgono agli anni tra il 1891 e il 1899, periodo nel quale Wilde soggiornò in Francia e che si sono conservati grazie alla trasmissione degli stessi da parte di Gide, Lorrain e altri amici dello scrittore. L’edizione Verbavolant - curata da Gianni Di Noto Ascenzo - ci offre anche, accanto alla versione in lingua italiana, anche quella originale in francese per assaporare meglio le parole con le quali Wilde incantava i suoi uditori senza farci fuorviare dai limiti, innegabili e immancabili, di ogni traduzione - per quanto curata. È così possibile apprezzare anche le imprecisioni e i refusi originali di Wilde, che pur amando la lingua d’Oltralpe e parlandola correntemente non era certo un madrelingua. Sono racconti simili a fiabe, con una morale sottesa, e chi ha già apprezzato le storie de Il principe felice e di Una casa di melograni qui potrà trovare le medesime atmosfere e lo stesso spirito distante, se vogliamo, dal freddo cinismo della sua opera più famosa, Il ritratto di Dorian Gray. Emerge chiaramente la voglia di raccontare e di conquistare dell’autore, la sua innata predisposizione alla conversazione e al racconto che ha sempre contraddistinto questo dandy eccentrico, amato, invidiato e al tempo stesso biasimato. Non è un caso che per Wilde la parola – orale, non scritta - fosse l’essenza stessa dell’esistenza, egli stesso affermò come per lui fosse impossibile non pensare in racconto, come per lo scultore è impossibile non pensare in marmo. Ed è una fortuna come le sue parole, che potevano perdersi nel corso degli anni, siano state conservate da chi, attentamente, lo ascoltava. 






lunedì 19 febbraio 2018

SOTTO LE CIGLIA CHISSÀ - Fabrizio De André


"Metteva l'amore sopra ogni cosa"

Titolo: Sotto le ciglia chissà
Autore: Fabrizio De André
Genere: Biografie / Diari
Editore: Mondadori
Anno: 2016
Pagine: 237



"Non sono i ciechi ad aver bisogno di un bastone, ognuno di noi ha bisogno di una luce, di un'idea, di una speranza."

Ho letto con piacere Sotto le ciglia chissà, una raccolta, frammentaria, di pensieri del grande cantautore genovese. Amato, adorato sin da bambina. Tanti pensieri, sparsi qua e là, su tutto e dai quali emerge tutta la sua grandezza.

Parole, scrittura, musica, Perché scrivere? Per paura. “Paura che si perda il ricordo della vita e delle persone di cui scrivo. Per paura che si perda il ricordo di me”. Domande e risposte, “Non chiedete a uno scrittore di canzoni cosa ha pensato, che cos’ha sentito prima dell’opera: è proprio per non volervelo dire che si è messo a scrivere. La risposta è nell’opera”. Sogni, desideri, utopie come necessita “Io penso che un uomo senza utopia, senza sogno, senza ideali, vale a dire senza passioni e senza slanci sarebbe un mostruoso animale fatto semplicemente di istinto e di raziocinio, una specie di cinghiale laureato in matematica pura”. Paradisi, qui, sulla terra “La vita in Sardegna è forse la migliore che un uomo possa augurarsi: ventiquattromila chilometri di foreste, di campagne, di coste immerse in un mare miracoloso dovrebbero coincidere con quello che io consiglierei al buon Dio di regalarci come Paradiso”. E, naturalmente, Genova, città “severissima” che, in ciò, assomiglia alla Sardegna e nella quale ci si ritorna volentieri perché non è un’amante, ma “Genova è mia moglie”…


Senza tempo e senza concatenazione sono i pensieri sparsi che formano questa opera frutto dell’attività certosina di raccolta da parte di Dori Ghezzi e conservate presso l’Università di Siena nel Centro Studi dedicato al grande cantautore. Uno zibaldone di parole, dettato dalla necessità istintuale di fissare sulla carta pensieri, osservazioni, impressioni, critiche che De André annotava su ciò che, sul momento, aveva a disposizione: agende, libri, buste o scontrini. C’è tutto De André: il suo sarcasmo, il suo spirito anarchico, la sua ironia affilata e feroce. C’è l’amore, c’è l’attenzione, tutta sua, per l’umanità ai margini, la cura e il rispetto per le lingue minori, le lingue dell’anonimato, il rapporto genitori e figli. C’è il profumo della terra sarda e il legame fortissimo con Genova e i suoi carruggi. Ci sono anche momenti dell’infanzia con i suoi ricordi e l’eredità lasciata. E mentre si leggono questi frammenti per quanto essi siano eterogenei si ha quasi l’impressione di riuscire a metterli in un ordine, fuori dall’ordine, e aggiungere nuovi tasselli a una figura che riesce sempre a colpire la nostra mente e il nostro cuore con la consapevolezza, al tempo stesso, che rimarranno sempre degli spazi da colmare per ricostruire una figura che ha qualcosa di immenso. E oggi, manca, manca tanto.


venerdì 16 febbraio 2018

LUCE D'ESTATE ED È SUBITO NOTTE - Jón Kalman Stefánsson


Titolo: Luce d’estate ed è subito notte
Autore: Jón Kalman Stefánsson
Editore: Iperborea
Anno: 2013
Genere: Romanzo
Pagine: 304
Traduzione: Silvia Cosimini

Io so che qualunque cosa possa dire di questo libro, non potrò mai avvicinarmi alla bellezza in esso contenuta.

"Stavamo quasi per scrivere che la particolarità del paese consiste nel non averne nessuna, ma in effetti non è del tutto vero. Sicuramente esistono altri luoghi in cui la maggior parte delle case ha meno di novant'anni, luoghi che non vantano nessun personaggio rinomato, nessuno che si sia fatto notare nello sport, nella politica, nel commercio, nella poesia, nel mondo del crimine. Qualcosa di diverso rispetto ad altri luoghi, però, sembriamo averla: qui non c'è una chiesa. E nemmeno un cimitero." 
(Incipit)

Sono voci, sono parole. Sono loro. Loro, raccontano. Di un piccolo paese dell’Islanda, raccontano di 400 anime che passeggiano, fluttuano quasi, in quell’intervallo tra la nascita e la morte.
Voci che parlano di un paese nel quale non c’è una chiesa, non c’è un cimitero.
Un paesino abitato da un uomo ricco  che, un giorno, si mise a sognare in latino e tutto cambiò: il suo sguardo iniziò a volgersi solo verso le stelle.
Un paesino dove lo spazio per il tradimento non manca né tantomeno quello per la vendetta. Fredda, silenziosa e atroce, come quella di una moglie. 
In quelle case c’è anche qualcuno che decide di non sopportare il peso di un’assenza e sceglie di salutare questo mondo. Ci sono anche i fantasmi, forse. E c’è la bellezza, tangibile, della ragazza con un vestito in velluto…

Un romanzo corale nel quale scorrono, come incantate melodie, piccole storie, di amore, di dolore, di sogni, di attesa. Ma forse queste storie non sono proprio così piccole poiché il romanzo di Stefánsson, nella sua abbacinante bellezza, è fatto di minuti frammenti, di quotidianità, di normalità che, nel suo narrare –fortemente  lirico – diventano immensi solo come la poesia sa essere. Non succede nulla eppure succede tutto: in quelle pagine si muove, scalpita, scalcia lei: la vita. Bellissima e crudele al tempo stesso. Generosa e avara. Perché ogni storia, per quanto banale possa apparire, ha in sé un germe di ricchezza. Perché ogni storia ha diritto di essere ascoltata.  
Un romanzo con una scrittura magistrale, intenso, profondo, ma anche – a tratti- ironico che dà tanto e apre la strada a riflessioni circa il “senso”. 
Il senso di tutto, del buio, del cielo, della notte, della vita, della morte.
Perché tutto ha un senso oppure no, ma ciò che conta davvero è domandarselo.


mercoledì 14 febbraio 2018

OMBRA - Karin Alvtegen


Le parti oscure

Titolo: Ombra
Autore: Karin Alvtegen
Editore: Nottetempo
Anno: 2010
Genere: Noir
Pagine: 437
Traduzione: Carmen Giorgetti Cima
                             

Un bambino nel parco di Skansen attende sua madre. È un bambino abituato ad aspettare, ma questa volta sua madre non arriverà. Egli ha con sé poche cose: un registratore, un libro di Bambi, una bottiglia di gassosa e un bigliettino contenente un breve messaggio scritto con una bella grafia “Prendetevi cura di questo bambino. E perdonatemi”. Trent’anni dopo il liquidatore distrettuale Marianne Folkesson si trova nell’appartamento dell’anziana Gerda Persson, morta da tre giorni. Unico elemento a disposizione per ricostruire il passato della defunta è lo scompartimento del freezer contenente, accuratamente avvolti nella pellicola, i romanzi del premio Nobel per la letteratura Alex Ragnerfeldt. Il liquidatore distrettuale ancora non sa che scavare nel passato di Gerda significa togliere il coperchio a un vaso pieno di misteri, di intrecci, di segreti. E, soprattutto, di ombre che, tassello dopo tassello, riaffioreranno…

Karin Alvtegen è una delle più famose scrittrici svedesi contemporanee che, a buon diritto, si colloca nel genus del thriller psicologico e che è stata investita da quel fenomeno più ampio che ha consentito alla letteratura scandinava di fuoriuscire dai confini ristretti del mercato nazionale per raggiungere un successo a livello internazionale. Ombra è il terzo romanzo dell’autrice tradotto in Italia. La Alvtegen è abilissima nel riuscire a infondere nel lettore grandi quantità di suspence e di farlo servendosi di un preciso contagocce che, gradualmente, aumenta le dosi riuscendo permettendo di evitare cali di tensione e a creare gradevoli effetti a sorpresa. Niente è mai come sembra. La trama si svolge su una moltitudine di livelli e le strade si biforcano in una pluralità di direzioni per poi re-incrociarsi proprio quando ci si attendeva un vicolo cieco. Non mancano anche riflessioni di carattere filosofico o quasi che, a onor del vero, non paiono affrontate con gli strumenti – o conoscenze - giusti e, pertanto, risultano superficiali o inopportune o incomplete a seconda dei casi. Ma allo stesso tempo sono i personaggi, che – sinceramente – non si fanno amare e che sono molto simili tra loro, a portarci, inevitabilmente, a fare delle riflessioni. A porci quelle domande, forse troppo conosciute ma archiviate per mancanza di condizioni di procedibilità. Domande eterne e sempre attuali: è sufficiente la ricchezza per raggiungere quell’intangibile e agognato senso di felicità?  La fama colmerà il vuoto dell’esistenza o le paure? È giusto passeggiare con le scarpe chiodate sul cuore di chi ci ama per scalare la vetta del successo?

lunedì 12 febbraio 2018

TERRADILEI - Charlotte Perkins Gilman


"Gelose come scimmie"
Titolo: Terradilei
Autore: Charlotte Perkins Gilman
Editore: La Vita Felice
Anno: 2015
Pagine: 476
Genere: Romanzo fantastico
Traduzione: Franco Venturi

Una bella scoperta questo romanzo che si colloca nella scia dei romanzi utopici e che, soprattutto, mi ha dato l’occasione di approfondire la figura di Charlotte Perkins Gilman e di conoscere il suo pensiero e le sue battaglie. Grande donna.
Terry, Vandick e Jeff sono tre amici che, per una serie di circostanze, partecipano ad una grande spedizione scientifica. Nel corso della stessa apprendono dell’esistenza di paese straordinario “dove non esistevano uomini, solo donne e bambine” così ripetevano i selvaggi che incontravano. Una leggenda, sicuramente. Un’invenzione. Ma, in ogni caso, decidono di cercare questo fantomatico paese e lo trovano pure. E la cosa sconvolgente è che quel Paese sembra perfetto: tutto in ordine e curato nei minimi dettagli, non un’erbaccia, non un rampicante in disordine e che dire delle piante? Tutte cariche di succosi frutti commestibili. E la cosa più imbarazzante per loro è scoprire che si tratta – ma guarda un po’! – di un Paese civile. Certo la civiltà senza uomini non è possibile, lo sanno bene loro! Gli uomini ci devono essere per forza, ovvio. Si tratta solo di trovarli e loro, chiaro, li troveranno e per un medico, un esploratore e un sociologo quali sono loro non ci saranno certo ostacoli a scovarli: a loro nulla può sfuggire. Poi, hanno visto i bambini: mica possono esistere bambini senza uomini, son cose che sanno tutti. Intanto vengono a stretto contatto con tre ragazze che, con tranquillità, si dondolano tra gli alberi: sono Alima, Celis e Ellador…
Terradilei, edito per la prima volta nel 1915, si colloca, storicamente, nell’epoca di maggior fioritura del romanzo utopico essendo lo stesso assurto al rango di strumento atto a esprimere forme di opposizione ai mali dell’industrializzazione, ma anche a dar voce – in concomitanza con i movimenti a favore del voto alle donne – alle esigenze del femminismo. E il femminismo è stato uno dei cavalli di battagli della Gilman, la “mediocre studente” divenuta grande intellettuale, conferenziera, sociologa ed economista oltre che, appunto, scrittrice. Dalla sua penna nasce questo meraviglioso romanzo fantastico che ci trasporta in un mondo utopico fatto solo di donne e bambine nelle cui righe è facile ritrovare il pensiero dell’autrice e, in particolare la teoria secondo la quale il patriarcato è solo un misero tassello nell’evoluzione della specie, obsoleto e da superare. Da ciò consegue come non possa esservi evoluzione della specie se la donna è confinata nelle grigie pareti domestiche vivendo un rapporto di dipendenza umana ed economica dal maschio: solo superando questi vincoli si potrà parlare di liberazione della specie umana. Con arguzia e una abbondante dose di ironia, Terradilei realizza la società perfetta, tutta al femminile, che si riproduce per partenogenesi, che vive un rapporto di profondo rispetto con la natura, e nella quale la maternità è non tanto un istinto, ma una religione. Date queste premesse non è un caso che tutte le certezze credute assolute dai curiosi visitatori vengano sfaldate piano piano insieme al loro bagaglio di luoghi comuni. E dire che loro credevano di essere il meglio che potesse esistere, e dire che, con estrema sicurezza, Terry diceva “Le conosciamo le donne, non sono capaci di organizzarsi tra loro. Non fanno che bisticciarsi, gelose come scimmie una dell’altra.”

Altre recensioni:
Il sogno più dolce, Doris Lessing


venerdì 9 febbraio 2018

IL SOGNO PIÙ DOLCE - Doris Lessing

Dipingendo generazioni 


Titolo: Il sogno più dolce
Autore: Doris Lessing
Editore: Feltrinelli 
Anno: 2017
Pagine: 455
Genere: Romanzo
Traduzione: Monica Pareschi

Ogni volta che leggo la Lessing rimango affascinata dalla sua prosa capace di creare dipinti, di persone, di epoche, di generazioni e di rimanere lì a contemplarli, quei dipinti.
Il sogno più dolce è un romanzo complesso che, con precisione e pagina dopo pagina, ricostruisce un’epoca.

È una sera d’autunno e Frances è insolitamente felice, fluttua quasi. L’origine di quello stato d’animo risiede nel telegramma ricevuto, tre giorni prima, dal suo ex marito Johnny – il compagno Johnny - con il quale annunciava di aver sottoscritto un contratto per il filmato su Fidel e, soprattutto, il pagamento di tutti gli arretrati. Tale evento le permetterà di accettare la proposta di ottenere una parte in un lavoro teatrale con due protagonisti di alto livello e, va da sé, che per un’attrice minore come lei questa potrebbe essere un’ottima occasione. E, chiaramente, le permetterà di rifiutare l’altra proposta di lavoro del Defender: gestire una rubrica di consulenza ai lettori. Perché il teatro è sempre stato il suo sogno. Si sporge dalla finestra e, dall’angolo, vede giungere il maggiolino di Johnny e capisce subito: quei tre giorni impegnati a immaginarsi di calcare le scene di colpo svaniscono. Mentre scende le scale ha l’amara certezza di dover scrivere al Defender per accettare quel lavoro. Vede Johnny, spavaldo ma anche contrito, e, attorno al tavolo, diversi ragazzi, tra i quali i loro due figli, Andrew e Colin che, come lei, sanno che quei soldi annunciati non ci sarebbero stati, come era già successo in passato, come succedeva sempre. E lui, l’ex marito, il compagno adorato dai ragazzi presenti figli esclusi, conferma, con stampato in viso un sorriso addolorato: nessun contratto, niente soldi, troppi problemi, colpa della CIA. Già, la CIA. E i due figli si ritrovano davanti a una scena già vissuta troppe volte: la stessa che si ripeteva dalla loro infanzia. Niente di nuovo….

Doris Lessing amatissima autrice scomparsa a novantaquattro anni, nel 2013, vincitrice di numerosi premi nonché del Nobel per la letteratura nel 2007, ci racconta, in queste pagine dense, una storia familiare degli anni sessanta (e oltre) precisando peraltro, nella prefazione, come l’opera non costituisca un’autobiografia avendo ella optato per “scrittura basata sull’invenzione per non far soffrire alcune persone. Anzi per proteggerle.” Con la sua prosa ammaliante, scorrevole e precisa nei minimi dettagli, la Lessing ci regala il ritratto di una generazione, di un’epoca attraverso la descrizione degli eventi che avvengono all’interno di una grande casa. Una casa, di proprietà della suocera di Frances, abitata non solo dagli stretti familiari, ma da una miriade di giovani che vedevano in quel luogo una sorta di rifugio, di punto di riferimento. Una casa che ricorda una comune nella quale si sviluppano, si moltiplicano e si infrangono anni di sogni, di illusioni, di lotte e si muovono anche personaggi poco empatici ad iniziare dal compagno Johnny che in nome dei suoi sogni, dei suoi ideali, della “causa” non si preoccupa di porre un freno al suo ego ipertrofico e al suo egoismo. E poi ci sono le donne – tre generazioni di donne rappresentate da Frances, Julia e Silvya– diverse, distanti ma anche vicine che dominano l’opera, senza che però il romanzo possa, neanche per errore, essere considerato “per sole donne” definizione che, peraltro, la Lessing ha sempre rifiutato. E se l’intento dichiarato dell’autrice era quello di creare lo spirito degli anni sessanta diciamo che ci è riuscita pienamente.

lunedì 5 febbraio 2018

UN DILEMMA - Joris-Karl Huysmans


Brutto posto, il mondo
Titolo: Un dilemma
Autore: Joris-Karl Huysman
Editore: Kogoi
Anno: 2014
Genere: Romanzo breve
Traduzione:Laura Minuto
Pagine: 122


Huysmans è un autore che ho amato molto in gioventù da quando, per la prima volta, lessi il suo capolavoro, Controcorrente. Era il mio periodo “francese” che, a dire il vero, è durato decenni. La passione per la letteratura francese, comunque, mi è rimasta e quando, per caso, ho avuto l’occasione di leggere questo piccolo romanzo non potevo lasciarmela sfuggire. E sì, quell’amore del passato per i francesi è riemerso con questo Huysmans non ancora decadente, lontano da quel linguaggio forbito e dai virtuosismi linguistici di Controcorrente,  ma sempre  capace di farmi adorare le sue parole. A concludere l’opera anche l’articolo Il mostro angosciante quanto basta.
Una improvvisa e violenta febbre tifoidea ha condotto a miglior vita il giovane Jules. Suo padre, il signor Lambois, incontra, presso la sua abitazione, Le Ponsart notaio nonché zio del defunto. Già, perché se tutto andrà liscio, e il giovane è morto intestato, ci sarebbero cinquantamila franchi a testa dell’eredità. Ma bisogna prima vedere se Jules abbia fatto testamento e lasciato una parte dei beni “a una certa persona”. Quella donna, quella sgualdrina che il signor Lambois incontrò nell’abitazione del figliolo con la quale conviveva e che si prendeva cura di lui. Certo lui gli disse che si trattava della domestica, ma il signor Lambois mica ci credette. E ora, a quanto pare, quella femmina, aspetta un figlio. Suo nipote. Per fortuna però che al mondo esiste il notaio Le Ponsart. Quella donna? Un piccolo inconveniente, un problema risolvibile e, addirittura, con poca spesa: basteranno cinquanta franchi. Sarà anche sua cura recarsi dalla donna, Sophie, per risolvere di persona la questione. La porrà di fronte a una scelta, una scelta ammantata dalle sue conoscenze nel campo del diritto, chiaro. Una scelta tra due opzioni, sarà Sophie a scegliere quella più vantaggiosa. Questo è il dilemma…
Pubblicato a puntate su una rivista nel 1887 Un dilemma in realtà è stato scritto nel 1884 anno nel quale Huysmans scrive Controcorrente romanzo-capolavoro nonché manifesto del decadentismo. Inevitabile pertanto un confronto tra le due opere e, in particolare, dei due personaggi cardine: il Des Esseint di Controcorrente, da un lato incarna – e realizza - la volontà di fuggire dal mondo ”costituito per la maggior parte da imbecilli e mascalzoni” rinchiudendosi nella sua raffinata tebaide e, dall’altro, la povera Sophie de Il dilemma che non è altro che una vittima, bersaglio ambito della crudeltà e della falsità della società borghese simboleggiata dal perfido notaio che ha in sé la totale assenze di scrupoli e di sentimenti. È il denaro il motore del mondo e, se per averlo, è necessario fare delle vittime non rileva. Un romanzo-specchio della crudeltà umana, della sete di potere nel quale pare vi sia poco spazio per la bontà. Un romanzo, peraltro, non ancora del tutto decadente, nel quale è ancora presente un Huysmans naturalista (basti pensare alle descrizioni dettagliate degli arredi delle case o, anche, dei lineamenti dei protagonisti), un Huysmans che, in qualche modo e anche se non del tutto, rimane legato a Zola nonostante “vi erano molte cose che Zola non poteva capire”. Il volume contiene anche l’articolo Il mostro tratto dalla raccolta più ampia Certains che è una disamina ammaliante, conturbante e inquietante di alcune opere d’arte e, in particolare, di alcune litografie di Redon. Se scopo di tale articolo era quella di ridarci le opere d’arte sotto la veste di incubi, non v’è dubbio che Huysmans ci sia riuscito.