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lunedì 19 febbraio 2018

SOTTO LE CIGLIA CHISSÀ - Fabrizio De André


"Metteva l'amore sopra ogni cosa"

Titolo: Sotto le ciglia chissà
Autore: Fabrizio De André
Genere: Biografie / Diari
Editore: Mondadori
Anno: 2016
Pagine: 237



"Non sono i ciechi ad aver bisogno di un bastone, ognuno di noi ha bisogno di una luce, di un'idea, di una speranza."

Ho letto con piacere Sotto le ciglia chissà, una raccolta, frammentaria, di pensieri del grande cantautore genovese. Amato, adorato sin da bambina. Tanti pensieri, sparsi qua e là, su tutto e dai quali emerge tutta la sua grandezza.

Parole, scrittura, musica, Perché scrivere? Per paura. “Paura che si perda il ricordo della vita e delle persone di cui scrivo. Per paura che si perda il ricordo di me”. Domande e risposte, “Non chiedete a uno scrittore di canzoni cosa ha pensato, che cos’ha sentito prima dell’opera: è proprio per non volervelo dire che si è messo a scrivere. La risposta è nell’opera”. Sogni, desideri, utopie come necessita “Io penso che un uomo senza utopia, senza sogno, senza ideali, vale a dire senza passioni e senza slanci sarebbe un mostruoso animale fatto semplicemente di istinto e di raziocinio, una specie di cinghiale laureato in matematica pura”. Paradisi, qui, sulla terra “La vita in Sardegna è forse la migliore che un uomo possa augurarsi: ventiquattromila chilometri di foreste, di campagne, di coste immerse in un mare miracoloso dovrebbero coincidere con quello che io consiglierei al buon Dio di regalarci come Paradiso”. E, naturalmente, Genova, città “severissima” che, in ciò, assomiglia alla Sardegna e nella quale ci si ritorna volentieri perché non è un’amante, ma “Genova è mia moglie”…


Senza tempo e senza concatenazione sono i pensieri sparsi che formano questa opera frutto dell’attività certosina di raccolta da parte di Dori Ghezzi e conservate presso l’Università di Siena nel Centro Studi dedicato al grande cantautore. Uno zibaldone di parole, dettato dalla necessità istintuale di fissare sulla carta pensieri, osservazioni, impressioni, critiche che De André annotava su ciò che, sul momento, aveva a disposizione: agende, libri, buste o scontrini. C’è tutto De André: il suo sarcasmo, il suo spirito anarchico, la sua ironia affilata e feroce. C’è l’amore, c’è l’attenzione, tutta sua, per l’umanità ai margini, la cura e il rispetto per le lingue minori, le lingue dell’anonimato, il rapporto genitori e figli. C’è il profumo della terra sarda e il legame fortissimo con Genova e i suoi carruggi. Ci sono anche momenti dell’infanzia con i suoi ricordi e l’eredità lasciata. E mentre si leggono questi frammenti per quanto essi siano eterogenei si ha quasi l’impressione di riuscire a metterli in un ordine, fuori dall’ordine, e aggiungere nuovi tasselli a una figura che riesce sempre a colpire la nostra mente e il nostro cuore con la consapevolezza, al tempo stesso, che rimarranno sempre degli spazi da colmare per ricostruire una figura che ha qualcosa di immenso. E oggi, manca, manca tanto.


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