Senza speranza
Titolo: Il ladro del silenzio
Autore: Rawi Hage
Editore: Garzanti
Anno: 2011
Genere: Romanzo
Anno: 2011
Genere: Romanzo
Pagine: 350
Traduzione: Serena Lauzi
Traduzione: Serena Lauzi
Perché la vita, spesso, è angoscia. Angoscia che si nutre di se stessa, che ci consuma e non ci regala nient'altro: né speranza, né sogni.
Siamo in Canada. A Montréal. Lui, inquieto, si aggira per le strade di quella 
gelida e innevata città. Lui ama Shohreh, anche se non si fida dei suoi 
sentimenti. Certo, le donne gli provocano sensazioni talmente forti da 
causare nel suo corpo anomale metamorfosi: basta infatti una caviglia 
femminile perché i suoi denti divengano aguzzi e la schiena si 
ingobbisca. Basta così poco. Per fortuna, forse, c’è la terapista con la
 quale parlare. Con la quale poter confessare finanche che, da bambino, 
lui è stato un insetto. Sì, per l’esattezza, uno scarafaggio. E gli 
scarafaggi, in effetti, sono gli inquilini abituali del suo appartamento
 i quali, indisturbati, girovagano tra stoviglie ammucchiate sul lavello
 e maleodoranti. I soldi stanno finendo, lo stomaco inizia a lamentarsi:
 è necessario trovare, al più presto, un lavoro. Ma prima è forse meglio
 andare a cercare, tra le gelide strade canadesi, Reza, il musicista 
iraniano-gran bastardo, che gli deve restituire ancora i suoi quaranta 
dollari. Certo, nella sua terra, il Libano, era tutto diverso. Certo, in
 Libano c’era la sua adorata sorella… 
Dopo il grande successo di critica e i numerosi premi vinti con il suo primo romanzo Come la rabbia al vento,
 Rawi Hage, scrittore libanese, ora emigrato in America, ci offre con Il
 ladro del silenzio un romanzo forte, duro, velenoso. Tutto incentrato 
sulla figura di un gruppo di emigrati mediorientali in Canada, nel 
gelido Canada. Forse troppo freddo per il loro sangue. È un romanzo nel 
quale tutto pare sfaldarsi, a iniziare da quei miseri appartamenti che 
ricordano, in qualche modo, gli ambienti bukowskiani dei tempi peggiori,
 quelli in cui, per usare le sue stesse parole, “Ognuno di noi ha i suoi
 inferni, si sa. Ma io ero in testa, di tre lunghezze sugli 
inseguitori”. Si sfaldano i sogni, le speranze, la vita e le vite. Poi, 
riaffiora il passato e con esso i dolori e pubblici e privati. Le parole
 di Hage sono terribili  in quanto non lasciano spazio alla speranza - 
 se non, forse, nella storia d’amore -  perché anch’essa è troppo umana e
 tutto ciò che è umano pare non possa far parte, se non a costo di 
forzature, di quest’opera. Insomma, Hage ci regala una storia che lascia
 nel lettore una sorta di angoscia e a ciò, indubbiamente, contribuisce,
 e non in misura marginale, lo stile che, in molti punti della 
narrazione, tende ad essere decisamente lento e prolisso quasi a voler 
amplificare quel già drastico quadro, tutto e solo umano, di degrado e 
di sofferenza.  
Bastardo posto, Remo Bassini
Girl gang, Ashley Little

 





