"L'emozione non ha capelli"
Titolo: La cantatrice calva
Autore: Eugène Ionesco
Editore: Einaudi
Anno: 1958
Pagine: 55
Traduzione: Gian Renzo Morteo
Traduzione: Gian Renzo Morteo
Genere: Teatro
Scrivere
de La cantatrice calva significa addentrarsi in un terreno difficile. È un’opera
che ho letto tantissime volte e che, tante volte ancora, rileggerò sempre con crescente
entusiasmo. Lo so. E nonostante la conosca benissimo, so che non riuscirò a rendere con
le parole la bellezza che quest’opera trasuda, non riuscirò a descrivere l’emozione
che ogni dialogo mi regala. Dico solo che di questa bellezza, indefinibile, ne
ho bisogno.
La
scena si apre sul salotto dei coniugi Smith
“Interno
borghese inglese, con poltrone inglesi. Serata inglese. Il signor Smith,
inglese, nella sua poltrona e nelle sue pantofole inglesi, fuma la sua pipa
inglese e legge un giornale inglese accanto a un fuoco inglese. Porta occhiali
inglesi; ha baffetti grigi, inglesi. Vicino a lui, in un’altra poltrona
inglese, la signora Smith, inglese, rammenda un paio di calze inglesi. Lungo
silenzio inglese. La pendola inglese batte diciassette colpi inglesi.”
I due tengono una conversazione assai banale, “Le
patate sono molto buone col lardo”“ Il pesce era fresco. Mi sono pure leccata
i baffi.” che rispecchia il modello di quelle contenute nei manuali redatti per l’apprendimento di una lingua straniera.
Arriva
la cameriera Mary, la quale annuncia la visita dei coniugi Martin.
Intanto
gli Smith si allontanano annunciando di volersi cambiare d’abito (torneranno, certo, ma con gli stessi abiti).
Nell'assenza
dei padroni di casa i Martin parlano tra loro come se si fossero appena
conosciuti e, per via di una lunga serie di strampalate coincidenze, scoprono
di essere marito e moglie (guardate un po': abitano entrambi al n. 19 della via Bromfield ed entrambi al quinto piano. E, addirittura, hanno entrambi una figlioletta che si chiama Alice!)
Tornano
gli Smith e arriva il comandante dei pompieri alla ricerca di un incendio da spegnere, ovvio. La
conversazione prosegue sulla base di aneddoti che i personaggi, a turno,
raccontano. E quando il signor Smith pronuncia la frase “Abbasso il lucido!”
qualcosa nella stanza cambia: la conversazione assume una piega diversa o,
meglio degenera in una sorta di litigio nel quale predominano più che le parole, il non-sense, i suoni e i giochi di parole…
Rappresentata
per la prima volta a Parigi nell’anno 1950, al Théâtre des Noctambules, La
cantatrice calva, commedia in un unico atto, non riscosse grande successo.
Ne è
passata di acqua sotto i ponti da allora e, oggi, non può negarsi un valore
incommensurabile a questa commedia, o meglio anti-commedia come la definì lo
stesso autore nel sottotitolo, ascritta al teatro dell’assurdo e che,
innegabilmente ha segnato una importante evoluzione nella storia della drammaturgia. Inutile
trovare nell'opera un filo logico o, comunque, una trama caretterizzata da
azione-evoluzione o, anche, colpi di scena. Inutile dire che la cantatrice
calva del titolo, di fatto, venga solo citata incidentalmente (come quella che “si
pettina sempre allo stesso modo”) e che, pertanto, non abbia un ruolo cardine
nella commedia, inutile trovare personaggi che agiscono. Ma di ben altro è
ricca la commedia. Il punto forte e affascinante oltre misura dell’opera è
indubbiamente il linguaggio: solo un grande autore come Ionesco poteva – come di
fatto ha fatto – farne un uso così libero, fuori dagli schemi, quasi esagerato
o, se vogliamo esasperato. Prende le parole, le fa giocare, ruotare,
rovesciare, ne scopre la malleabilità, l’elasticità, i mille volti, le scompone
e le ricompone per poi disgregarle di nuovo e ricominciare in un gioco che pare
–e di questo ne siamo ben contenti – non voler finire. E dietro quei dialoghi
carichi di non-sense, di ripetizioni, di assonanze, di acrobazie, di rime si nasconde, pur
sempre, una spietata analisi di una società, quella borghese, vuota, fatta di
luoghi comuni, priva di vera sostanza. I signori Smith, con i loro divani
inglesi e le loro conversazioni inglesi, o i signori Martin più che essere
persone sono schemi da riempire che, ci si accorge con un senso di amarezza,
non possono essere riempiti.
"Prendete un circolo, coccolatelo, e diventerà vizioso!" dirà, a un certo punto, il signor Smith.
Prendete La cantatrice calva, leggetelo e sarete coccolati, dico io.
"Prendete un circolo, coccolatelo, e diventerà vizioso!" dirà, a un certo punto, il signor Smith.
Prendete La cantatrice calva, leggetelo e sarete coccolati, dico io.
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