Infanzie infelici
Titolo: Ogni angelo è tremendo
Autore: Susanna Tamaro
Genere: Romanzo autobiografico
Editore: La Nave di Teseo
Anno: 2018
Pagine. 268
Una lettura faticosa, farraginosa, e un sospiro di
sollievo a lettura ultimata. E, in qualche modo, ho rivissuto le sensazioni
provate tanto tempo fa alla lettura del grande successo della Tamaro, Va’ dove ti porta il cuore che, appunto,
mi lasciò una sensazione non piacevole. Insomma, ci sono amori che non potranno
mai nascere.
Italia, Trieste. Quando lei nacque, nell’anno 1957, la bora soffiava forte. La bora, una bora
scura e intrisa di neve, continuava a soffiare quando uscì dal sanatorio mentre
con i genitori percorreva una ripida salita che li avrebbe condotti a casa, la
prima casa della sua vita. Quella casa si trovava in una palazzina di cemento
armato costruita, nell’immediato dopoguerra, sulle macerie di un edificio
distrutto dalle bombe. In quegli anni “costruire case e mettere al mondo figli
era l’imperativo quasi biologico” e i suoi genitori, come tutti, non si sottrassero
a tali impegni tassativi. Allora, suo padre e sua madre, erano giovani e anche
ingenui e, in nessuna circostanza, furono anche solo sfiorati dal dubbio che un
figlio anziché un “arpione lanciato verso il futuro” potesse, invece, diventare
un’ancora che, una volta che è stata issata a bordo, ha la forza e la capacità
di trascinare con sé strascichi dal fondale del passato. No, non lo sapevano né
lo immaginavano. Forse perché, quei due, non “avevano mai avuto davvero il
tempo di osservare il mondo con gli occhi di un neonato.”…
Riprendendo un verso di Rilke, appunto Ogni angelo è tremendo, nel 2013, la
Tamaro ha consegnato ai lettori la sua biografia, ripercorrendo gli anni della
sua infanzia, dell’adolescenza fino all’età adulta, fino alla Tamaro autrice
del best-seller Va’ dove di porta il
cuore e delle opere successive. E ne vien fuori il ritratto di una infanzia
triste, fatta di dolore, di solitudine, il malinconico dipinto di una bambina
perennemente insonne che, per intere ore, piangeva. Apparentemente senza
motivo. L’autrice espone, senza remore, il suo mondo sempre minaccioso e la sua
visione del mondo esterno, anch’esso terribilmente non protettivo, minaccioso
anch’esso. E, infine, quel dolore, quelle assenze, quei pianti, quella
solitudine, quelle fragilità che, dall’infanzia, si incollano alla pelle, si
trasformano, senza sparire del tutto, in forza, in cambiamento. In opportunità.
In strade differenti. Da un lato, indubbiamente è un viaggio introspettivo che
possiede quasi il sapore di una seduta terapeutica, di cui però ci si sente
spettatori invadenti o, comunque non invitati, e che, dall’altro lato, risulta
purtroppo confuso, poco omogeneo, spesso ripetitivo e prolisso.
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