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giovedì 12 maggio 2016

PER LETTERA - Iselin C. Hermann




"Piccoli gesti"

Titolo: Per lettera
Autore: Iselin C. Hermann
Editore: Mondadori
Anno: 1999
Pagine: 138
Traduzione: Bruno Berni
Genere: Romanzo epistolare

"19 dicembre. A Jean-Luc Foreur.

In qualche punto sotto la pelle, dove la carne diventa fluida, vedo il suo quadro “Sans titre 2,22x2come era esposto nella Galleria Y a Parigi.

O forse: i colori, le linee, le sfumature mi sono entrati nel corpo.  Anche se non lo possiedo quel quadro mi appartiene.

Grazie,

Delphine.”
(Incipit)


Così inizia questo breve romanzo epistolare, con queste parole con le quali Delphine comunica al pittore, Fourier, di sentire suo il quadro dallo stesso dipinto. Non attende risposte. E, invece, Jean Luc le risponderà. Inizierà così tra i due una fitta corrispondenza germe di una passione che – giorno dopo giorno – diviene sempre più incontenibile e nella quale arte e desiderio si fonderanno per confluire in un epilogo inaspettato, totalmente inaspettato. Disperato in qualche modo.


In questi tempi fatti di mail, whatsapp, like e unlike vari ritornare, con le parole della Iselin, alla vecchia cara lettera restituisce il sapore di momenti lontani nei quali attaccare il francobollo e far volare le parole aveva qualcosa di magico, per non parlare dei giorni vissuti nell’attesa di una risposta. E in Per lettera le parole producono un frastuono emotivo e corporeo quasi tangibile. L’amore nasce con le parole e per le parole e, alla fine, poco conta chi sia a pronunciarle/scriverle, perché rimangono, comunque, il veicolo privilegiato per esprimere l’animo umano, per dipingere sguardi solo immaginati, sentimenti, le emozioni. Ma sono anche lo strumento per creare e crearsi mondi immaginifici, per forgiare volti e, finanche, toccare un corpo, nonostante le distanze.
E lettera dopo lettera, seguiamo, con tensione crescente, quelle parole (a volte intense, a volte banali come solo l’amore può essere) che, a tratti, uniscono i due e, a tratti, paiono allontanarli. E chiedersi se sia mai possibile che due persone –innamorate, legate – riescano ad amarsi esattamente nello stesso identico modo.
E, ancora, chiedersi se, talvolta, non sia meglio rimanere in quel limbo sicuro alimentato dalle nostre fantasie e riscaldato da un desiderio solo mentale piuttosto che spingersi oltre, fino a rendere tutto corporeo, materiale, tangibile. 


“Solo ora, guardandomi indietro, so quanto ero felice. Felice e spensierata. Nella mia euforia credevo che tutto fosse possibile. E credevo che la felicità più grande fosse incontrare te. Che stupida! Quanto ero avida! Non rendermi conto che ero felice perché sospesa. Non giungere a destinazione, non arrivare a nulla, questa è la felicità più grande.” (Pag. 126)


Un libro che, nella sua normalità, riesce, alla fine a stupire. Un libro che pone domande, forse non dà risposte perché, spesso, non esistono.

Altri libri:
Le ho mai raccontato del vento del Nord, Daniel Glattauer

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