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sabato 23 febbraio 2013

LA CUGINA AMERICANA - Francesca Segal

                                                                                 Il triangolo sì
Titolo: La cugina americana
Autore: Francesca Segal
Editore: Bollati Boringhieri
Anno: 2012
Pagine: 352
Traduzione: Manuela Faimali







Biblioteca. In bella vista scorgo ‘La cugina americana’ e mi ricordo di quella entusiastica recensione letta, qualche giorno fa, su l’Internazionale che, appunto, parlava di “un notevole romanzo d’esordio” con il quale la Segal riesce a trasportare L’età dell’innocenza “il libro di Edith Wharton che racconta uno scandalo nell’alta società della New York del 1870, nella comunità ebraica di Londra dei nostri giorni”. A ciò si aggiunga che il romanzo è edito da Bollati Boringhieri, casa editrice che gode della mia stima. Di solito, almeno.
Ecco date queste premesse, afferro il libro e lo porto a casa per scoprire, a fine lettura, come si tratti non di un romanzo, ma di una collezione. Già, proprio così: una collezione di ‘ovviamente’. Siamo nel nord di Londra. Adam, giovane in carriera, sta per sposare la ovviamente dolce, gentile e perfetta Rachel. Cosa succede, quindi? Cosa potrebbe rovinare questo quadretto così perfetto? Ovviamente, l’arrivo del terzo incomodo, altrimenti come si potrebbe formare l’ovvia figura geometrica dello stereotipato triangolo? L’altra, Ellie, sempre ovviamente, è altissima, bellissima, ribelle e, ovviamente, è l’esatto contrario di sua cugina Rachel. Rachel ricorda, quasi con fastidio, una madonnina infilzata, sempre pronta ad aiutare gli altri, vive nel suo mondo ovattato, è innocente come una bimba. Ellie, invece, è sfrontata, non molto amata, tutt’altro che pudica – si mormora abbia girato pure un pornazzo. Insomma, per farla breve, il povero Adam –futuro marito perfetto – perde decisamente la testa per la cuginetta americana. Si innamora proprio, almeno così dice. Ed è pure deciso a stravolgere quella sua vita così impeccabilmente perfetta…

Va bene, io non amo i romanzi rosa.
Ma, sinceramente, la scrittura della Segal, nel suo romanzo d'esordio, non mi è parsa degna di nota, né originale, né fresca (come è stata definita). Lineare quanto basta per propinarci una storiellina vecchia come il mondo. Interessante, forse, il quadro dettagliato che offre della borghesia ebraica, sempre pronta a preparare ricevimenti, a sparlare, ipocrita, unita al fine di proteggere i propri membri nei confronti di elementi pericolosi. Ma, è anche vero, che tutte le borghesie si assomiglino un po’, pertanto niente di nuovo anche qui. Al di là di questo, parliamo della storia in sé, del tradimento, del triangolo che mi è parso privo di slanci particolari. Per esempio, decidete di consumare un tradimento, vabbe’, capita anche nelle migliori famiglie, è risaputo questo, ma, , che almeno ci sia del sesso sfrenato. È il minimo che ci si aspetta. Invece, la Segal ci offre una passione troppo tiepida. Poco fuoco, insomma. E non va mica bene se mi parli di corna. In generale, i personaggi risultano antipatici, sempre impegnati a mangiare, a fare pettegolezzo, sempre impegnati ad essere perfetti per poter stare comodamente inseriti nel loro ambiente rigido e, spesso, settario, fondamentalmente privo di eventi straordinari. Vite fatte di ordinaria amministrazione, un mare piatto che non ammette bufere di sorta, ma neanche leggeri venticelli primaverili. Un bel – si fa per dire – polpettone rosa abbagliante.
Fastidioso, decisamente.

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