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giovedì 27 dicembre 2018

TESTI PRIGIONIERI - Jorge Luis Borges



Titolo: Testi prigionieri 
Autore: Jorge Luis Borges
Editore: Adelphi
Anno: 1998
Genere: Saggio letteratura
Pagine: 366
Traduzione: Maia Daverio

Testi prigionieri è una raccolta di biografie e recensioni del grande autore argentino ricca di spunti, di aneddoti interessanti, pungente e appassionante. Una piacevole immersione nell'infinito e magico mondo dei libri.
Carl Sandburg, classe 1878, visse numerosi destini senza ricorrere alla metempsicosi. Fu garzone di barbiere, imbianchino, carrettiere, vagabondo. Per quasi un anno sperimentò la vita militare prestando servizio a Porto Rico e quando tornò scelse di istruirsi. Grazie alle Poesie di Chicago l’America lo riconoscerà, ma non mancarono i denigratori che non lo riconoscevano come poeta in quanto le sue poesie erano prive di rime … Virginia Woolf, disegnata da Rothenstein vestita di nero con il solo colletto e i polsini di merletto bianco, era stata abituata, a non parlare a se non avesse qualcosa da dire. Quella scrittrice e stata definita il primo romanziere d’Inghilterra, ma le gerarchie lasciano il tempo che trovano certo è il fatto che stata una delle intelligenze e delle fantasie più delicate tra coloro che hanno tentato esperimenti con il romanzo inglese...Dire romanziere tedesco è un ossimoro: questa è la regola. La Germania è povera di romanzi pur essendo ricca di poeti lirici, eruditi, filosofi. Ma c’è un’eccezione: l’opera di Lion Feuchtwanger… Una delle buone consuetudini inglesi è quella di scrivere biografie di Giovanna D’Arco. In tanti si sono cimentati nell’impresa, anche Twain, anche De Quincey. Di recente anche Vita-Sackville West con il suo Santa Giovanna D’Arco che è tutt’altro che un omaggio...Nei testi polizieschi mediocri  la soluzione è di tipo materiale (pensiamo alla classica porta segreta), in quelli buoni è di tipo psicologico. Tra quelli buoni si annoverano sicuramente quelli di Chesterton, basta leggere un suo racconto a caso… Bisogna segnalare l’aumento vertiginoso delle biografie, ma, si sa, come gli uomini a un certo punto finiscano. Che fare? Non c’è problema: si può ricorrere ai fiumi o ai simboli. Non a caso Claude Rouget de Usle ha pubblicato la biografia di un inno, La Marsigliese…
Testi prigionieri raccoglie una lunga serie di biografie e di recensioni che Borges pubblicò nella rivista El Hogar negli anni tra il 1936 e il 1940. Si trattava di una rivista tendenzialmente femminile e la cui lettura era diffusa nei ceti medio alti della borghesia argentina del tempo. Oggi è possibile leggerli grazie all’impegno di due studiosi, DeRodriguez Monegal e Sacerio Garì, i quali, nel 1986, fecero in modo di diffonderli e farli uscire dalle pagine della rivista. Borges, quindi, periodicamente, scriveva recensioni brevi e biografie sintetiche e decisamente atipiche nelle quali più che una dettagliata analisi della vita dell’autore preso in considerazione mette in luce eventi particolari o aneddoti che, in qualche modo, hanno influito e determinato cambiamenti nella sua vita. Si tratta, indubbiamente, di testi scritti con finalità divulgative, destinati a un pubblico anche, e forse soprattutto, di non addetti ai lavori, con i quali arricchiva la rubrica dedicata, appunto, ad autori stranieri: gli autori e i libri trattati sono numerosi. E in essi c’è tutto Borges, il suo amore per i libri, il suo modo di essere lettore ad ampio spettro, la concezione per la quale un libro non è, né può essere, un mondo a sé, un universo isolato ma è, invece, un mondo che apre le porte verso altri mondi. Leggere è un’esperienza in senso ampio. Caratterizzati da un’estrema sinteticità, da un linguaggio accattivante e da una buona dose di ironia questi articoli, brevi ma intensi e pungenti,  si leggono con grande piacere e curiosità.

giovedì 6 dicembre 2018

TEMPESTA - Jean-Marie Gustave Le Clézio

Ah, la mer

Titolo: Tempesta
Autore: Jean-Marie Gustave Le Clézio
Editore: Rizzoli
Anno: 2018
Pagine: 180
Genere: Racconti
Traduzione: Maurizia Balmelli



Isola di Udo, Mar del Giappone. Dopo trent’anni, lo scrittore Philip Kyo, torna nell’isola. Tante cose sono cambiate, riconosce a malapena i luoghi, le spiagge, i colori. Trent’anni prima si recò in quell’isola con Mary Song. Mary Song e i suoi bei capelli neri, i suoi occhi color delle foglie di autunno. Mary Song che cantava il blues. Mary Song che scelse proprio quell’isola, non per lui, ma solo per farsi inghiottire dal mare.Per affogare la sua disperazione: se ne andò in una sera di calma piatta. Perché è tornato? Forse per morire, come Mary Song. O, forse, solo per la tempesta. In quell’isola vive una tredicenne, June, figlia di una donna del mare, raccoglitrice di orecchie marine. Non ha un padre, June. È sola. Ama il mare più di ogni altra cosa. E nelle sue passeggiate incontra il signor Kyo, al porto. Diventano amici….Ghana. All’età di otto anni, la piccola Rachel scopre di non avere una madre. O meglio scopre che la signora che fino a quel momento l’ha cresciuta non è la sua vera madre. E Bibi, l’adorata Bibi, non è sua sorella. Lei è figlia di uno stupro. Quando Rachel scoprì la triste verità, viveva in una villa sul mare. Bei vestiti, tanti giocattoli. E quelli che credeva i suoi genitori litigavano, sempre. Lei smise di essere una bambina e la famiglia Badou fu travolta dalla rovina. Arrivò la guerra, la rovina e la partenza verso la Francia…
L’autore, francese e mauriziano come egli stesso ama definirsi, insignito del Premio Nobel per la Letteratura nell’anno 2008, con Tempesta, uscito per la prima volta nel 2014, ci affascina con due racconti delicati e toccanti. In uno scenario nel quale il mare, il vento e il passato costituiscono lo sfondo dominante si muovono, quasi in punta di piedi, i personaggi di queste storie. Storie di ritorni, di ricordi e di laceranti ferite risalenti all’infanzia che segnano i futuri percorsi in modo indelebile. L’infanzia come marchio doloroso, infanzia come perdita, infanzia come dolore. Entrambe le giovani protagoniste dei due racconti, June e Rachel, sono bambine-donne ferite, sanno di aver perso qualcosa senza averla, in fondo, mai avuta. E, nonostante tutto, sperano senza mai parlare veramente di speranza. Non si possono spezzare le catene del passato, non può June, non può Rachel e non può nemmeno il professor Kyo che vive con i fantasmi della sua codardia, della sua inerzia (forse). Nessuno può, ma tutti continuando ad andare avanti, forse attendendo qualcosa, qualcuno. Con una scrittura delicata, lineare e quasi scarna, Le Clézio riesce a scandagliare i sentimenti umani regalandoci pagine di intensa lettura.

martedì 4 dicembre 2018

DIO È TORNATA - Vauro Senesi

Ella

Titolo: Dio è tornata
Autore: Vauro Senesi
Editore: Piemme
Anno: 2018
Pagine: 270
Genere: Romanzo


Sa. Ha la consapevolezza di se stessa all’interno del ventre materno. Si percepisce. Sente il dolore fisico: dolore e amore che si fondono nel magico momento della creazione. Sa. Sa che sta per essere generato, partorito. Stavolta però è diverso: sarà partorito donna. “Fatto uomo sono concepita donna. Donna mi sono generata”. Ha molto freddo e si sofferma sulla sua nudità, non potendo non ricordare come sia nudi che si nasce. Ai piedi del letto vede una coperta ruvida, di colore marrone, e se la avvolge al corpo. Sarà Don Mario a trovarla per strada, e come suo solito, si preoccupa per quella giovane, scossa da tremiti di freddo ma con le mani calde, le chiede di seguirla e lei lo fa. Arrivano nell’abitazione del sacerdote: ad accoglierli trovano Giuseppina la quale, appena li scorge, chiede dove il buon Don Mario abbia raccattato quella ragazza. Perché, è chiaro, una cosa è la carità, che a nessuno si nega, un’altra cosa è portarsi in casa ogni squinternata che Dio manda in terra…
Vauro Senesi, vignettista satirico, giornalista e anche scrittore, ci offre un ritorno di Dio in terra con il quid pluris  della sua declinazione al femminile. Un Dio, quello di Senesi, fuori dai canoni ordinari. Se vogliamo, non onnipotente, che si arrovella con una infinità di dubbi, terreni e no. Un Dio-donna che si cala a perfezione in un mondo terreno, toccando e assaporandone ogni cosa. Conosce il male, il dolore, e già, conosce intensamente pure il dolce sapore dell’amore, la gioia dell’innamoramento, il fuoco della passione negli occhi e nelle parole mute di un mimo, il cui nome è Mimmo. Dio è fragile, insicura e percorre tutti gli anfratti di questo materiale mondo, con passo incerto, titubante, vivendo avventure tragicomiche, leggendo nell'animo delle persone, immedesimandosi con le figure incontrare, rivivendone in modo quasi fisico il loro passato. È empatico questo Dio-donna, si fonde con l’altro, riflette, ascolta, cerca di comprendere senza mai giudicare. E nel suo agire è come se quella netta linea di demarcazione tra divino e umano si dissolvesse.Nonostante la lettura non risulti della stessa intensità per tutta la durata del romanzo, essendo alternata da momenti alti e da altri poco convincenti, nel complesso, vista anche l’interessante idea di partenza, si rivela una gradevole lettura, seppur non imperdibile