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domenica 28 settembre 2014

LA METÀ DEL GIGANTE - Gianfranco Cambosu

CEDIMENTI
Titolo: La metà del gigante
Autore: Gianfranco Cambosu
Editore: Barbera
Pagine: 192
Genere: Romanzo




Siamo nella Sassari degli anni novanta. Pietro Aglientu è un bibliotecario trentenne che sogna di diventare scrittore, il suo sogno pare destinato a non rimanere rinchiuso in un cassetto quando l'editore della Sogni Esagerati, Riccardo Golia, gli comunica, appunto, l'intenzione di voler pubblicare il suo romanzo. E mentre Pietro attende che il suo grande sogno diventi realtà, la Casa Editrice organizza un corso di scrittura alla quale lui parteciperà pur non avendo mai l'occasione di incontrare Golia con il quale avrà sempre, e soltanto, contatti epistolari. Il punto di riferimento dell'aspirante scrittore saranno due collaboratrici, Barbara e Lisa, che lo inviteranno a ripercorre e recuperare il suo passato. Tale ricerca sarà lo strumento che porterà alla luce una dolorosa verità...

La metà del gigante è il romanzo della ricerca di se stessi attraverso il passato attraverso, soprattutto, quello strumento magico che son le fotografie capaci di immortalare istanti e sguardi consentendo di recuperare momenti distrattamente abbandonati perché la vita, in sé. è troppo veloce e insegna un'insana indifferenza verso i particolari i quali -spesso- contengon l'essenza di una vera esistenza. 
È presente, nelle parole di Cambosu, l'acre, e talora insopportabile, sapore che hanno il crollo di quelle certezze costruite giorno dopo giorno: quando quell'impalcatura stabile, che pare inattaccabile e quasi eterna, inizia a scricchiolare, ci si sente perduti poiché quello scricchiolio - che, a un certo punto, diviene lacerante e assordante, ci ricorda, in qualche modo, che è necessario ricominciare e ricominciare fa sempre un po' paura. Saranno le certezze di Pietro, il protagonista, a crollare in una maniera sconvolgente dato che saranno messe in discussione le sue stesse radici, il suo senso di apparenenza e quando son le radici ad essere messe in discussione l'effetto è sempre destabilizzante: nulla è più atroce del domandarsi chi si è veramente, chi si è stati e chi sono stati quelli che ci hanno fatto crescere, ci hanno educato e accompagnato in ogni istante della nostra vita. 
Pietro è un sognatore, forse poco calato nella realtà, incapace di prendere decisioni importanti, preferisce lasciarsi vivere: troppo affannoso vivere. Si trascina una storia d'amore con una donna, Luana, che forse non ama. Si lascia vivere da quel rapporto anaffettivo, senza slanci, senza passione. Ma quella situazione precaria Pietro l'accetta in quanto rappresenta, in qualche modo, un equilibrio. 
La metà del gigante, vincitore del Premio Barney 2013, definito dall'autore stesso un romanzo di formazione dimostra ancora una volta l'abilità di Cambosu nel tessere trame e originali non scevre, come nei suoi precedenti romanzi, di un alone di mistero sempre incalzante il tutto con uno stile elegante, lineare e molto curato. 
Una lettura scorrevole e intensa.


Altri libri:
Pierre, Nello Rubattu


sabato 27 settembre 2014

UN PASSO INDIETRO - Nicole Pizzato


Anche i ricchi piangono. Il ritorno

Titolo: Un passo indietro
Autore: Nicole Pizzato
Editore: Prospettiva
Anno: 2013
Pagine: 345
Genere: Romanzo

Siamo sotto il caldo sole della Sicilia. Elisabetta Primo, figliola di Don Marcella e della contessina Marianna, ha ventuno anni e dopo un periodo trascorso nell'isolamento, a seguito della fine - imposta dalla crudele quanto fascista genitrice - del suo amore impossibile, cerca di riprendere in mano la sua vita. Cosa non certo semplice impigliata com'è in un mondo che pare non appartenerle, anzi pare proprio disgustarla. La sua famiglia è ricca, sua madre è l'emblema di una società snob, frivola e i suoi amici, o presunti tali, vivono in un mondo di agiatezze e paiono preoccuparsi solo dell'apparire, delle feste cosiddette "ignoranti", dei viaggi e dei bei vestiti (anche le pantofole devono essere quantomeno di Gucci). Ma in quel mondo che Elisabetta rifiuta c'è ancora spazio per l'amore?  C’è spazio per il brasiliano Raoul, l’autista di famiglia bello come il sole, ma di una classe sociale incompatibile con la sua? C’è spazio per la vera amicizia una volta eliminate le maschere create per nascondere sofferenze che affondano le loro radici nel passato? Per quanto ambientaro nell'Italianissima Sicilia Un passo indietro ricorda, quasi prepotentemente, la trama di una telenovela sudamericana della quale possiede tutti i crismi: gli abiti scintillanti, la madre autoritaria e snob, il fluire del denaro, la netta contrapposizione tra ricchi e poveri, l’impossibilità dettata da una legge naturale per i ricchi di mescolarsi con i poveri (non sia mai) mancherebbe solo l’elemento principe di quel genere televisivo, ossia il famoso test del DNA idoneo a rivelare a qualcuno dei protagonisti che colui che ha creduto suo padre, in effetti, non lo è, ma per il resto c’è tutto. E come se non bastasse alcune parti del romanzo ricordano certi scenari adolescenziali del bel mondo Mocciano che mi han subito fatto venire il sospetto che questo libro non l’avrei salvato. Ma sono obiettiva e, per onestà, inizio dalle cose buone: l’idea di fondo, basata sull’anticonformismo della giovane protagonista, non è certo deprecabile, anzi nasce un sentimento di solidarietà per Elisabetta e per le sue lotte. Certo, non basta mai l’idea di fondo, soprattutto se non sviluppata bene, come una materia prima pregiata annientata da mani poco sapienti di un artigiano. Infatti, nell’evolversi della narrazione ci si perde in temi troppo complessi come la mafia, l’anoressia, e l’amore omosessuale trattati con estrema semplicità e che, finendo nel calderone, non riescono comunque ad amalgamarsi armonicamente con il resto. 
Da non sottovalutare, infatti non l’ho per niente sottovalutata, la presenza di imprecisioni, di refusi e di abbondanti e abnormi errori ortografici e grammaticali che rendono la lettura eccessivamente fastidiosa per non dire urticante. E se questo non bastasse (ma vi assicuro: era più che sufficiente) viene in soccorso un uso arbitrario, per non dire fantasioso e scriteriato, dei segni di interpunzione che incitano inesorabilmente a un abbandono della lettura e a una preghiera, per chi fosse credente, affinché nella memoria non rimanga traccia del libercolo.
Ah! Dimenticavo: non posso non ricordare, per amor di precisione, come i vari capitoli siano intervallati da brani che dovrebbero essere poesie. Insomma: se la prosa dovesse esser insufficiente consolatevi con la poesia.